Giovanni Francesco Fiammelli

 

FIAMMELLI, Giovanni Francesco. - Nacque quasi certamente a Firenze, come si desume dalla denominazione "fiorentino" con cui sempre appare nei frontespizi delle sue opere. Sfugge però la precisa data della sua nascita, che deve collocarsi intorno alla metà del sec. XVI.

Tra i numerosi ingegneri militari di cui, a detta degli storici, Firenze pullulava in questo periodo, egli doveva essere una figura di spicco se nel 1578 Alessandro Farnese, neo governatore dei Paesi Bassi, lo volle con sé. L'eco di questa importantissima esperienza si coglie in ogni pagina delle sue opere. Nel 1579 come ingegnere militare prese parte all'espugnazione di Maastricht e vide, come egli stesso narra con orgoglio (Il principe difeso, l. II, c. 8), un suo concittadino, Vincenzo Machiavelli, salire sulla breccia e guidare alla presa della città. Al servizio del Farnese il F. rimase molti anni. Sappiamo che ancora nel 1592 egli riceveva l'incarico di compiere una ricognizione nell'accampamento di Enrico IV sotto Rouen, incarico che, come racconta in una delle sue opere (Il principe guerriero, IV, c. 7), espletò con successo in pieno giorno, utilizzando una serie di stratagemmi, tra cui quello di vestirsi color di terra.

Alla morte del Farnese, avvenuta sullo scorcio di questo stesso anno, sembra che il F. rinunciasse a servire oltre nell'esercito e tornasse in patria con l'amico colonnello Celso Celsi, romano, già suo compagno alla partenza per le Fiandre, stabilendosi a Roma. Qui il F. poté finalmente porsi allo studio delle predilette discipline scientifiche e, in primo luogo, della meccanica, nella quale, come egli stesso narra (Il principe difeso, VI, c. 17), progredì velocemente, riuscendo in breve tempo, nel 1596, a far navigare una nave carica senza vento e una galera senza remi, con un meccanismo basato sul movimento di un sistema di ruote a palette fissate sulle estremità di verricelli girati da più uomini.

Nello stesso anno, alla presenza del papa e dell'amico Celsi, fu chiamato a dare una dimostrazione del suo modo di rilevare la pianta di un esercito, in occasione di una "mostra" di soldati che partivano al comando di G. F. Aldobrandini per l'Ungheria, tenutasi al Borghetto sulla via Flaminia (Riga matematica, p. 46). La collaborazione del F. fu ancora richiesta due anni dopo, nel 1598, allorché l'esercito pontificio mosse alla volta di Ferrara in condizioni, sembra, di grande disorganizzazione e impreparazione, come ebbe egli stesso a rilevare, osservando come un solo bombardiere fosse capace di tirar di mira (Il principe guerriero, I, c. 7). Fu questa la sua ultima campagna militare. Sembra infatti che, tornato a Roma, abbia vestito l'abito di scolopio (sul frontespizio de Il principe cristiano del 1602 egli si definisce "fratello della Congregazione delle scuole pie") e abbia continuato a scrivere libri sull'arte militare, senza tuttavia riuscire con tale attività a procacciarsi un sufficiente benessere.

La produzione del F. va posta tutta negli anni successivi alla sua attività di ingegnere militare e di essa è soprattutto espressione. Cinque sono le opere che furono date alle stampe fra il 1602 e il 1606. La prima reca il titolo Il principe cristiano guerriero e apparve a Roma nel 1602. Dedicata a Alessandro Medici, cardinale e arcivescovo di Firenze, l'opera, iniziata già da molto tempo, si pone consapevolmente sulla linea della trattatistica sul principe, non tiranno, come quello del Machiavelli, ma cristiano e non in pace, ma in guerra. In quattro libri l'autore delinea l'immagine del "principe ideale" nella quale certamente sono ravvisabili tratti della figura del Farnese.

Se in questa prima opera può dirsi illustrata la filosofia dell'uomo politico cristiano, nella seconda, che reca il titolo Modo di ben mettere in ordinanza gli eserciti (Roma 1603), l'attenzione è rivolta soprattutto al tema dell'ordina mento dell'esercito, tema la cui importanza, come l'autore sottolinea nella dedica al cardinale Antonio Facchinetto, aveva avuto modo di constatare nella sua esperienza in Fiandra e che egli intende trattare senza allontanarsi dalle "certe" regole di Euclide e degli antichi matematici, e seguendo nondimeno l'osservanza moderna.

Nella terza opera, Il principe difeso ... nel quale si tratta di fortificazione, oppugnazione, espugnazione, o difesa (Roma 1604), dedicata a Filippo III re di Spagna, il F. affronta il tema della fortificazione e in 8 libri lo esamina in tutti i suoi risvolti. Interessante, in questa summa di arte militare, il tentativo messo in atto dall'autore di dare un fondamento scientifico-matematico all'arte della guerra e, in particolare, di assumere a sua base la geometria euclidea.

Del grande interesse del F. per la matematica e la geometria è testimonianza la quarta opera a stampa, dal titolo La riga matematica..., pubblicata anch'essa in Roma nel 1605. Dedicata al "gran principe di Toscana", Cosimo de' Medici, e preceduta da una serie di componimenti poetici, fra cui uno dello stesso F., e da un breve dialogo tra l'autore e il fratello Pier Maria, nel quale si esorta a non accontentarsi "della bella scienza" appresa "nelli autori stampati", ma "a pratticare" e "iriventare", l'opera in quattro libri si propone di insegnare un metodo facifissinio basato sul semplice ausilio di una "riga, o diritto bastone, overo lama di semplice pugnale" per rilevare piante, per misurare altezze, distanze e profondità di qualsivoglia luogo da lontano, con il tentativo di dare piena dimostrazione alle proporzioni euclidee. Una riesposizione delle idee del F. nel campo dell'arte militare possono considerarsi I quesiti militari... pubblicati in Roma nel 1606.

Ignoriamo la data esatta della sua morte. Essa dovette però avvenire, se una lettera inviata da P. Beni al conte Fazi di Urbino, datata Padova 30 luglio 1613 (Pesaro, Bibl. Oliveriana, ms. 429: Lettere d'uomini illustri non pesaresi, n. 53), si riferisce effettivamente a lui, dopo il 1613 e probabilmente a Padova.