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Recensioni |
Susi Snyder & Wilbert van der Zeijden, B61: residui di guerra fredda - Le posizioni dei paesi della Nato sulle armi nucleari tattiche in Europa
Il disarmo nucleare è uno degli obiettivi fondanti l’attività scientifica dell’Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo, sorto nel 1982 all’epoca della vicenda degli euromissili.
Nel corso degli anni Archivio Disarmo si è impegnato su tale tematica. Infatti, tra l’altro, dapprima ha provveduto (insieme all’Unione Scienziati per il Disarmo) alla versione italiana dell’annuario del prestigioso Stockholm International Peace Research Institute sin dal 1983, dando poi vita alla serie di rapporti della”
Clessidra atomica”, nonché - più recentemente - ad un numero speciale di “Difebarometro” sull’opinione pubblica italiana e le armi nucleari e ad una specifica pubblicazione dal titolo “La minaccia nucleare. L’Occidente, l’Oriente e la proliferazione alle soglie del XXI secolo”, ad un convegno internazionale “Si può fermare la proliferazione nucleare? L’attualità del Trattato di non proliferazione e la crisi iraniana” (2007), con la partecipazione del direttore generale dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, Mohamed ElBaradei. Più recentemente, all’interno del sito www.archiviodisarmo.it, si è provveduto alla creazione di una sezione denominata “Nuclear News”. Questo sta a testimoniare l’attenzione particolare con cui Archivio Disarmo ha seguito tale tematica, sia durante il periodo del bipolarismo e della cosiddetta guerra fredda, sia nel ventennio successivo, quando, per la maggioranza dell’opinione pubblica, gli arsenali nucleari sembravano essere solo un residuo del passato, mentre in realtà rimanevano e rimangono un elemento contemporaneamente fondamentale e destabilizzante degli equilibri e delle tensioni mondiali.La vicenda iraniana da un lato e quella nordcoreana dall’altro hanno messo in evidenza l’obsolescenza del Trattato di non proliferazione nucleare, che urge di una profonda revisione e di un aggiornamento in relazione al nuovo, complesso quadro internazionale, in relazione anche agli strumenti dell’AIEA ormai insufficienti. Inoltre la seppur contenuta presenza di potenze nucleari extra TNP pone sfide ed interrogativi alla comunità internazionale, anche in relazione agli accordi statunitensi di cooperazione nucleare con l’India nel 2009, che mettono duramente a prova l’attendibilità di un Trattato, il cui rispetto è invocato a fasi alterne. Anche la dislocazione delle armi nucleari tattiche USA sul territorio europeo (residuo della guerra fredda) costituisce un
vulnus all’art. 1 del TNP, che permane ancora nell’epoca della globalizzazione. Tale articolo, infatti, sancisce che gli Stati militarmente nucleari si debbano impegnare a non trasferire armi nucleari all’estero e inoltre a non assistere in alcun modo, mediante trasferimento di informazioni o di personale, alcun Stato militarmente non nucleare. L’obsolescenza e l’inutilità delle bombe B61 (nel giudizio quasi unanime degli alleati NATO, USA compresi) non sembra provocarne una conseguente eliminazione nel quadro della distensione Est-Ovest. Mentre permangono in merito posizioni differenziate tra gli alleati, quella governativa italiana appare esitante ed indecisa, né favorevole, né contraria. Addirittura, nei confronti dell’opinione pubblica, i nostri governi continuano a non smentire e a non affermare la presenza delle bombe sul territorio nazionale, nota invece a livello internazionale. Il nostro Istituto, pur con un’ispirazione decisamente pacifista, ritiene che occorre cercare concretamente le vie possibili e percorribili per un mondo meno armato e lo studio “B61: residui di guerra fredda” dell’IKV olandese si pone proprio in tale prospettiva, quella di un pacifismo realistico che vuole dare un effettivo contributo al disarmo ed alla collaborazione internazionale. Questa ricerca, pertanto, s’inserisce pienamente nel solco di un’azione di studio e di analisi propositiva che l’Archivio Disarmo intende offrire a quanti si trovano a doversi confrontare operativamente con le sfide del XXI secolo.Maurizio Simoncelli