Forte San MICHELE - Werk Kaiserin Elisabeth

Forti prima cerchia

 

Alcune note personali a cura del sig. Flavio Andreis abitante nella zona limitrofa al forte.

 

Nel dopoguerra e fino al 1960 ho abitato a San Michele Extra (frazione a est di Verona), nella località nota tuttora come “il Forte”, così chiamato dall’esistenza fino a quella data della mole rimanente del grande forte austriaco della prima cinta esterna che insisteva originariamente su una vasta area perpendicolarmente alla S.S. 11.

La mia famiglia si era dovuta trasferire presso la casa dei miei nonni materni dopo che mio padre, durante guerra incaricato del comando della polveriera di Bolzano, venne catturato l’8 settembre 1943 dai nazisti e portato in campo di concentramento in Germania e la nostra abitazione all’interno della polveriera occupata dall’esercito tedesco.

La casa dei miei nonni si trovava incongruamente isolata di circa cento o più metri rispetto alla strada statale n. 11 Verona-Vicenza, in fondo ad una strada bianca che curvava fino all’abitazione e si concludeva in una vasta area di profonde ex-cave. Un osservatore del secondo dopoguerra si poteva domandare per quale ragione la casa fosse stata costruita così fuori mano e lontana dalla strada statale, a margine della grande proprietà agricola del ricco possidente Forti (casualmente quasi omonimo del “Forte”) - in seguito lascito al Comune con il vincolo di impiego per utilità pubblica – senza che si trattasse di una casa colonica. Per l’appunto i miei nonni, che venivano da Colognola ai Colli e decisero di inurbarsi quando loro e i loro figli diventarono operai rispettivamente al Tiberghien, alle Officine Ferroviarie e da Mondadori, avevano acquistato a prezzo conveniente un terreno edificabile in periferia, dove avevano costruito la abbastanza grande loro casa a lato della strada statale, con la grande estensione delle fortificazioni in faccia.

Fino alla Prima Guerra Mondiale il Forte austriaco sbarrava la strada e costringeva la stessa a compiere un grande semicerchio prima che la statale n. 11 potesse riprendere il percorso rettilineo verso San Martino Buon Albergo. L’intera area fu sdemanializzata con un appalto che prevedeva il trasferimento della proprietà con il vincolo che il forte fosse demolito e la strada raddrizzata. L’appalto fu vinto da Astori, il padre del proprietario di cui mio nonno diventò il custode della proprietà e la cui famiglia io frequentavo da ragazzo e adolescente. Una volta demolita la parte centrale del forte e altre parti e la strada statale raddrizzata, i miei nonni si ritrovarono ad abitare in fondo ad una strada bianca, un cul-de-sac. Le vaste estensioni e dimensioni del forte furono sfruttate dal nuovo proprietario come fonte di materiali da costruzione e come grandi cave di ghiaia, successivamente abbandonate. Un appezzamento oltre la strada rimase o fu venduto all’AGIP.

Davanti alla casa dei nonni c’erano dunque nel secondo dopoguerra grandi avvallamenti e profonde vaste buche che raggiungevano la strada statale. Al centro di esse si ergeva un muro lungo circa quaranta metri e alto almeno dieci metri, dello spessore di più di un metro, di forma semicircolare, di materiale misto, evidentemente appartenente alla parte sottostante, forse alle fondamenta del forte. Il muro, per la forma e la mole, poteva far pensare al resto di un anfiteatro antico e faceva una certa impressione. Il muro era interrotto e diruto da entrambi i lati e quindi il semicerchio originario doveva essere maggiore. Noi ragazzi ci divertivano a camminare e correre pericolosamente in alto da un capo all’altro della sua superficie abbastanza piana, da far pensare che dovesse un tempo poggiarvi una notevole elevazione.

Il muro era circondato dalla grande cava, oltre la quale, a circa trenta metri, si ergeva la restante, pur sempre di dimensioni considerevoli, mole del forte, lunga all’incirca 50-60 metri e larga una quarantina, con copertura originaria, un allineamento di feritoie e anche di finestre inferriate . All’interno era intatti volti e camere e in una parte di esse nel dopoguerra vi si era installato un curioso individuo solitario ma innocuo e anche simpatico, che vi allevava polli e si era creato una vera e propria abitazione piuttosto ordinata, con camera da letto, cucina, ecc. Il forte era adiacente alla strada statale n. 11 e diruto da quella parte.

Dall’altro lato della strada statale una vasta proprietà pertinente al forte apparteneva alla famiglia Astori, la cui abitazione principale era in Verona città, Via Leoncino. Il padre dell’Astori che io conobbi e frequentai da ragazzo e adolescente vi aveva costruito negli anni 1920 un bella villa sopraelevata, con ampio giardino pensile, che insistevano su una parte emergente dell’ex-forte e sulla parte inferiore intatta, una serie di grandi gallerie semicircolari con feritoie, adibite in parte a cantina per il vino fatto nella proprietà stessa da mio nonno, che era il guardiano della proprietà. Ora quell’area è occupata dall’Alliance Hotel (inizialmente Hotel Agip, ha poi cambiato almeno due volte gestione e nome).

Nel 1960 Astori, che per molti anni aveva invano cercato di realizzare dalla vasta proprietà sia di qua che di là della strada statale senza trovare acquirenti (salvo per un piccolo – purtroppo - appezzamento acquistato per poco prezzo da mio nonno dopo molta insistenza del proprietario), vendette a uno o più costruttori l’intera area e tutto d’un tratto il resto del forte emergente venne totalmente demolito e ne nacque l’attuale grande quartiere di abitazioni civili, cancellando del tutto la topografia preesistente, mentre l’area già deposito AGIP è diventata distributore di benzina.

La parte del forte in elevazione, rimasta in piedi fino agli anni 1960 fungeva durante la Seconda Guerra Mondiale da rifugio, specialmente quando si intensificarono i bombardamenti diurni e notturni tra il 1943 e il 1945, al punto che alcune intere famiglie, tra cui la mia, ci trasferirono per un certo periodo le loro camere da letto. Ciascuna famiglia occupava un volto e appendeva delle lenzuola per la riservatezza. La mia famiglia era composta allora solo da donne, salvo me bambino e mio nonno, perché mio padre e due zii erano prigionieri di guerra rispettivamente in Germania, Grecia e India.

La famiglia Astori, che io in virtù dell’impiego di mio nonno frequentavo regolarmente, aveva due figlie, suppergiù della mia età e di cui con il passare degli anni ho perso ogni contatto. Negli elenchi telefonici il cognome non appare più e non saprei dire se le figlie vivano tuttora a Verona .

Per concludere, potrei affermare di essere ormai tra i pochi che hanno visto e “vissuto” il vecchio Forte di S.Michele sia esternamente che internamente e probabilmente l’unica persona ad avere percorso in lungo e in largo la parte sottostante all’attuale livello stradale, ad avere ammirato la grandiosità dell’opera in pietre di grandi dimensioni tagliate con struttura poligonale, un’opera architettonica degna di confronto con l’antichità classica.