Giovan Giacomo Leonardi

Vissuto tra il 1498 ed il 1562. Accompagna Francesco Maria della Rovere nella visita alle fortificazioni di Chioggia, Vicenza, Legnago, Pesaro e revisiona sempre i progetti elaborati da altri ingegneri.

Intraprese, come il fratello maggiore Antenore, la carriera militare: fu al servizio di Francesco II Sforza, duca di Milano, e di vari condottieri imperiali e contribuì con i suoi suggerimenti a fortificare Pavia durante l'assedio francese del 1525. Negli stessi anni entrò al servizio di Francesco Maria I Della Rovere, duca di Urbino e capitano generale delle forze di terra della Serenissima, che ne intuì le capacità diplomatiche. Il L. fu presto incaricato di sostituire l'oratore del duca a Venezia, Baldo Antonio Falcucci, che morì in quella città, come riferisce Sanuto, il 20 ag. 1528. Presentate le credenziali in Collegio (4 nov. 1528), iniziò subito la sua attività, consistente per lo più nel ragguagliare il Collegio stesso su movimenti, azioni e lettere del duca, e nel sollecitare il soldo, sempre lesinato dalla Repubblica, dovuto alle milizie.

Ma erano anche i tempi della renovatio urbis del doge Andrea Gritti e delle contestuali accese discussioni sulla fortificazione della Terraferma. Il L. si inserì ad alto livello in tale dibattito e, di conseguenza, nella vita culturale veneziana. In questo fu favorito dalle frequentazioni di Valerio Superchi, autorevole medico e letterato, originario di Pesaro e, da tempo, sodale e corrispondente, tra gli altri, di Sperone Speroni, Pietro Bembo e Pietro Aretino. Il legame fu poi rafforzato, secondo il testamento di Superchi (13 dic. 1540), dal matrimonio, rimasto senza prole, del L. con la figlia di questo, Elisabetta (1538), che seguì di qualche anno quello di Antenore con l'altra figlia, Barbara, la quale ebbe "figlioli assai" (Arch. di Stato di Venezia, Notarile, Testamenti, b. 191/672).

Rinnovato il contratto del duca di Urbino per la "condota" delle milizie con la Serenissima (7 apr. 1529), il L. si recò a Pesaro il 29 genn. 1530 e, tornato a Venezia, il 16 marzo informava il Collegio del rifiuto, da parte del duca, di passare al servizio dell'imperatore Carlo V.

Del resto i legami tra Venezia e la corte urbinate non potevano essere più stretti, se solo si ha presente il fitto carteggio di questi anni, pubblicato da Gronau, tra il L., Francesco Maria I e la duchessa sua moglie Eleonora Gonzaga. Il L. fu il mediatore tra mondo artistico e letterario veneziano e la corte di Urbino: conobbe Tommaso Diplovatazio, trattò con Sebastiano Serlio; Bembo gli fece avere iscrizioni celebrative per la roveresca villa Imperiale presso Pesaro (1532-33) e a Tiziano, del quale secondo l'Aretino era intimo, commissionò nel luglio 1532 le prime opere per la corte urbinate: la Testa di Annibale (perduta), il Cristo e la Adorazione dei pastori (Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Palatina, nn. 228, 243).

Tornato il duca, il 5 dic. 1530, si doveva dar mano alla fortificazione di Vicenza; il L. curò e presentò per conto di questo le relazioni programmatiche (4 luglio e 17 sett. 1532) e operative, per lo Stato da Terra e quello da Mar, davanti al Senato e al Consiglio dei dieci. Tali interventi lo videro confrontarsi con Michele Sammicheli, Vittore Fausto, Giangiorgio Trissino (il L. ne sottoscrisse il testamento l'11 ott. 1543), Niccolò Tartaglia, Daniele Barbaro e con il doge Andrea Gritti, come hanno ricostruito Scalesse (nell'edizione da lui curata del Libro delle fortificazioni) e Concina (1983 e 2001). Ne venne una quantità di scritti (in gran parte presso la Biblioteca Oliveriana di Pesaro) molto apprezzati e ordinati dal L. in trentadue libri, dal titolo Il principe cavaliero, pronti per la stampa, ma mai pubblicati. Il L. seguì Francesco Maria I nell'ispezione di Vicenza e Verona e andò a Mantova, dove incontrò l'ambasciatore Marcantonio Contarini (9 novembre - 16 dic. 1532). Siglò un nuovo contratto tra la Repubblica e il duca, eletto ancora capitano generale il 18 marzo 1534, e quindi ottenne dal Senato (18 dic. 1535), per il medesimo, lettere di presentazione per l'incontro a Napoli con Carlo V. Altrettanto importanti furono i rapporti con Guidubaldo II, figlio ed erede del duca di Urbino, per il quale il L. si impegnò con successo in una complessa battaglia legale (10 ott. 1536) contro Luigi Gonzaga, che gli contestava il titolo di duca di Camerino. E sempre per Guidubaldo, il 9 marzo 1538, il L. comprò, tra l'altro, da Tiziano la "donna nuda" (Gronau, p. 93), ossia la Venere di Urbino (Firenze, Uffizi, n. 1437).

Morto Francesco Maria I, il 20 ott. 1538, il L. continuò nel suo incarico a Venezia e, per i servigi resi, il 26 luglio 1540 fu creato conte di Monte l'Abbate da Guidubaldo II e poté aggiungere allo stemma la quercia dei Della Rovere. Compose il Trattato di armi e artiglieria (1540) e il Cavaliero ambasciatore, dedicato a Guidubaldo II (1542, ambedue manoscritti nella Biblioteca Oliveriana), e ottenne di nuovo, ma solo come governatore generale, la condotta delle milizie veneziane per Guidubaldo II (29 dic. 1542, 12 marzo 1546), assistendolo inoltre nel rifacimento delle mura di Senigallia (1546). A Venezia non fu meno apprezzato: ideò un apparato, non realizzato, per un assalto navale a una fortezza, in bacino S. Marco, per l'arrivo di Ferdinando, figlio del re dei Romani Ferdinando d'Asburgo (novembre 1549), e riferì in Collegio sulla questione della neutralità di Ferrara (28 febbr. 1552). Non riuscì, tuttavia, a ottenere una nuova condotta e il grado di capitano generale, ambito da Guidubaldo II (30 ag. 1552). Avuto il consueto donativo del Senato per gli ambasciatori in partenza (21 genn. 1553), seguì a Roma Guidubaldo II, designato capitano generale della Chiesa; lo consigliò sulla sistemazione della cinta muraria e, soprattutto, attese alla stesura del Libro delle fortificazioni dei nostri tempi (1553) e altri scritti. Seguirono quattro anni a Venezia, poi il congedo definitivo dal Senato (3 ott. 1558) e il ritorno a Montelabbate nei dintorni di Pesaro, dove completò il riordino del Principe cavaliero, per il quale ottenne da Emanuele Filiberto di Savoia un inutile privilegio di stampa (5 sett. 1561).

Il 6 novembre seguente testò a favore della moglie Elisabetta e morì poco dopo, il 4 genn. 1562, come riportato dall'iscrizione nel monumento sepolcrale nella chiesa di S. Francesco di Pesaro.