Antonio Lupicini

 

LUPICINI, Antonio. - Nacque a Firenze "di nobile legnaggio" (Zambrini) intorno al 1530 (Promis) da Giovanni Antonio detto Lupo, resosi famoso in occasione dell'assedio di Firenze per aver difeso il campanile di S. Miniato, sottoposto per tre giorni continui al tiro dei cannoni di Filiberto di Châlons, principe d'Orange, semplicemente "con balle di lana legate in più luoghi nelle facce di detta Torre" (come ricordò lo stesso L. in Architettura militare(, p. 26); non si conosce il nome della madre.

Ugualmente ignoto è il nome della moglie, ma si hanno notizie sicure di cinque figli, di cui quattro maschi - Cosimo e Baccio, rispettivamente ingegnere e scultore, Giovambattista e Donato, pittori - e una femmina, di nome Magdalena, entrata nel 1597 nel convento della Ss. Concezione di Fuligno in via Faenza a Firenze.

Non si sa quasi nulla della sua formazione, al di là di un giovanile interesse per l'arte della guerra e per "le matematiche" manifestatosi negli anni che precedono la sua partecipazione, come soldato dell'esercito mediceo agli ordini di don García di Toledo, agli assedi di Monticchiello (28 febbraio - 16 marzo 1553) e di Montalcino (27 marzo - 15 giugno 1553).

Nel 1577 fece parte del corpo di ingegneri militari toscani inviati dal granduca di Toscana Francesco I de' Medici, con denaro e soldati, in soccorso dell'imperatore Rodolfo II sottoposto alla pressante minaccia turca (Maggiorotti). Il compito del L. fu di mettere in campo una serie di interventi di miglioria delle piazzeforti imperiali, tra cui quella praghese, e di predisporre nuove opere di fortificazione per il rafforzamento delle difese di Vienna.

Col rientro a Firenze, tra la fine del 1578 e l'inizio dell'anno successivo, il L. riprese gli studi di topografia, astronomia, architettura militare e, principalmente, di ingegneria idraulica, campo nel quale si conquistò, nel breve volgere di pochi anni, una solida reputazione e una fama di specialista che, dalle corti e dagli Stati italiani in stretto contatto con il Granducato mediceo, si estese travalicando i confini d'Italia.

Nel 1584 fu chiamato dalla Repubblica di Venezia per una serie di interventi nella laguna finalizzati al miglioramento dello spurgo dei canali, al controllo del livello delle acque e all'esecuzione di una serie di "stanze sotterranee in quella città" (Promis, p. 656). Se questo incarico suggellava la raggiunta notorietà del L. come ingegnere idraulico, la chiesa dei Ss. Iacopo e Lorenzo in via Ghibellina (Carrara et al.), ultimata a Firenze proprio nel 1584 secondo i suoi disegni, testimoniava la sua autonoma capacità di ampliare il proprio raggio d'intervento dalle scienze "meccaniche" e dalle fortificazioni al campo dell'architettura religiosa.

Oltre a costituire un importante banco di prova delle proprie capacità professionali, il cantiere fornì l'occasione per fissare le soluzioni tipologiche, stilistiche e decorative che il L. adottò, diversi anni più tardi, nel rifacimento del complesso conventuale fiorentino della Ss. Concezione di Fuligno.

Nell'ottobre del 1585, per volontà di Francesco I de' Medici, il L. lasciava Firenze alla volta di Mantova, con lo scopo di dirimere, in qualità di arbitro, una controversia sorta tra Carlo e Claudio Gonzaga in merito a una divisione di beni.

Il compito affidatogli è indicativo della stima goduta dal L. presso la corte medicea a quest'epoca, non solo come tecnico ma anche e soprattutto come diplomatico.

È possibile che nel corso di questo suo primo soggiorno nella città dei Gonzaga il L. si sia recato alla Mirandola, dove erano ancora in corso i lavori di fortificazione della città avviati nel 1552, fornendo suggerimenti o, forse, svolgendo compiti ben più importanti sul piano progettuale o della direzione del cantiere (Carpeggiani, 1978). Il 15 maggio 1589, esaudendo una richiesta avanzata precedentemente dal duca Vincenzo I Gonzaga, il L. inviava da Firenze una lettera al duca, precisando i termini essenziali di un ambizioso piano di risanamento della capitale ducale, presumibilmente basato su un'idea maturata nel biennio 1585-86. La bozza di piano-programma, accolta con disinteresse forse per i costi eccessivi, fu riproposta in forma più articolata e con maggiore ricchezza di dettagli sedici anni dopo.

A settembre 1589 il L. era di nuovo a Venezia impegnato nei lavori di miglioria della laguna. Lo attesta una lettera indirizzata al granduca di Toscana Ferdinando I de' Medici nella quale il L., oltre a fornire un accurato resoconto dello stato di avanzamento dei lavori, informava il granduca di alcuni suoi scritti intorno ai piani di bonifica di Pisa e del Valdarno.

Per oltre un triennio, dalla fine del 1589, il L. operò in Toscana, dirigendo diversi lavori di sistemazione idraulica del corso dell'Arno e fornendo i disegni per l'ampliamento della chiesa e del convento della Ss. Concezione di Fuligno, in via Faenza a Firenze. La direzione del cantiere, avviato il 13 maggio 1593, fu affidata al capo maestro Iacopo dell'Ancisa (Paatz; Carrara et al.).

Nel maggio del 1594, scrivendo al Senato della Repubblica di Venezia, rilasciava un parere su Palmanova, il cui impianto, già dalle prime formulazioni, aveva denunciato la predilezione degli intendenti militari veneziani per gli schemi radiali apparsi in vari trattati tra cui, appunto, quello del L., stampato a Firenze nel 1582 (Ghironi - Manno).

Il L. partecipò come ingegnere militare alla campagna del 1594 in difesa dei confini orientali dell'Impero asburgico minacciati "dalle centinaia di migliaia di uomini messi in campo dai turchi" (Zangheri, p. 248). Aggregato al contingente toscano di stanza nelle regioni centrorientali dell'Europa, diresse, con Giovanni Altoni e Gabriello Ughi, alcuni importanti interventi per il rafforzamento delle difese di Giavarino (Gyor), "sulla qual piazza aggiravansi tutti gli sforzi di quella campagna" (Promis, p. 657). Piazza di copertura e, allo stesso tempo, di manovra, Giavarino fu presa sotto assedio dalle truppe di Sinān Pasha proprio nel 1594, mentre ospitava le truppe medicee agli ordini di don Giovanni e don Antonio de' Medici. Il L. prese parte alla sua difesa, trovandosi quasi sempre in disaccordo con il soprintendente ai lavori della fortezza, l'ingegnere Nicola Perlin. Ispezionò varie piazze tra cui l'isola sul Danubio presso Comorra (Komárno), di forma triangolare, che "propose di fortificare [(] con tre fortini situati sui tre vertici" (Maggiorotti, p. 110). Nel 1595 partecipò all'assedio di Strigonia (Esztergom) e Vicegrado (Visegrád) tenute entrambe dai Turchi (Rocchi). Non si sa per quanto tempo si sia trattenuto in Austria e in Ungheria e se i suoi spostamenti, compreso il ritorno in Italia, abbiano coinciso con quelli delle milizie toscane; ma nell'estate del 1596 era sicuramente in patria.

Con un breve del 9 ag. 1596, infatti, papa Clemente VIII nominava un collegio di "architetti idrostatici" formato da "Padre Giovanni Rossi della compagnia di Gesù, Giovanni Fontana, architetto di Sua Beatitudine, Antonio Lupicini e Carlo Maderno architetti in Roma", per studiare il modo di regolare il corso del Velino (Bergui, p. 11).

Il 27 marzo 1597, con apposito decreto, Ferdinando I de' Medici nominava il L. "suo ingegnere in Pisa", facendolo subentrare al capomaestro Raffaello Pagni (o di Pagno), da poco scomparso, "ed ingegnere altresì dell'uffizio dei fossi di quella città" (Tanfani Centofanti, p. 46).

Presso questo ufficio, nel quale entrò anche il figlio Cosimo, avviatosi, come il padre, alla professione di ingegnere, il L. aveva prestato la sua opera già prima di essere chiamato ad assumerne la direzione. Alcuni anni prima, infatti, in occasione di una delle tante piene dell'Arno, non solo aveva fatto collocare alcuni ripari di sua concezione a S. Michele degli Scalzi, ma aveva anche ripristinato quei tratti di argine a Zambra, infranti dalla piena.

Nel mese di giugno di quello stesso anno fu interpellato dai Deputati in merito al restauro del duomo di Pisa, devastato da un incendio, per decidere se sostituire le quattro colonne di sostegno della parete del coro, seriamente danneggiate, con altrettanti pilastri.

La ferma opposizione del L. in merito a un intervento così radicale costrinse i Deputati, favorevoli invece al rimpiazzo, a rivolgersi all'arcivescovo di Pisa Carlo Antonio Dal Pozzo, affinché dirimesse la controversia. A complicare la situazione si aggiunse il granduca che, per nulla convinto delle ragioni addotte dal L., giudicato di modesta levatura come architetto civile, avallò la decisione dell'arcivescovo di affidare la soluzione del problema a don Giovanni de' Medici, apprezzato in molti ambienti per la sua formazione polivalente.

Il comportamento del L. alimentò probabilmente incomprensioni e malumori tanto che l'arcivescovo, nel 1598, "giudicandolo inabile ad assumere la direzione dei lavori, lo fece allontanare dal cantiere" (Casini, p. 156). Questa incresciosa vicenda segna l'inizio di una breve, ma difficile, fase della sua carriera professionale e umana. Il 30 giugno 1602, infatti, per una serie di errori compiuti nella costruzione di uno sbarramento sul Serchio, tra la pescaia di Ripafratta e la riva del fiume, non solo fu esonerato dalla carica di ingegnere capo dell'Ufficio dei fiumi e fossi, ma fu persino condannato al risarcimento dei danni che le autorità superiori stimarono in 726 scudi (Pardini).

Nel giugno del 1605 il L. era nuovamente a Mantova, come prova una relazione presentata al duca Vincenzo I Gonzaga, contenente le linee essenziali del piano abbozzato nel 1589. Nel documento erano sommariamente illustrate le azioni da intraprendere per migliorare le difese della città, bonificare i bacini lacustri alimentati dal Mincio e, allo stesso tempo, aumentare le entrate della capitale ducale. Non si sa per quanto tempo si sia trattenuto a Mantova; ma è certo che prestò la sua opera, nella doppia veste di ingegnere idraulico e militare, anche a Ostiglia, alle Quadrelle e a Casale Monferrato. Nel Ducato monferrino gonzaghesco il L. curò la costruzione della rete fognaria di Casale e il completamento della cortina muraria di raccordo verso est del centro urbano con la cittadella militare iniziata nel 1590 secondo i disegni di Germanico Savorgnan e sotto la direzione di Bernardino Facciotto (Fochessati; Carpeggiani, 1978 e 1998).

Dopo un breve soggiorno in Toscana, nell'aprile del 1606 il L. si recò nuovamente nel Mantovano per dirigere i lavori di sistemazione idraulica del Po, limitatamente al tratto di riva compresa tra Ostiglia e la rocca omonima (Bertolotti). Pochi giorni dopo il completamento delle opere, il fiume straripò, sfondando gli argini sulla sponda opposta a quella ostigliese, in prossimità del castello di Revere. Nonostante la presenza in loco del L., il duca inviò sul posto Gabriele Bertazzolo, giovane e valente ingegnere idraulico che dal 1602 ricopriva la carica di prefetto generale delle Acque dello Stato gonzaghesco. In completo disaccordo con le soluzioni presentategli dal L., Bertazzolo stese un'accurata relazione indirizzata al duca, nella quale, rendendo ragione della propria posizione, richiamava in modo circostanziato i termini essenziali della proposta dell'anziano rivale, evidenziandone le carenze tecniche e l'insostenibilità dei costi di realizzazione. L'accoglimento delle soluzioni prospettate dal giovane prefetto delle Acque coincide non solo con l'uscita di scena del L., ma, più in generale, con la fine della sua attività di cui da questo momento, non si ha più notizia.

Geometra, astronomo, ingegnere idraulico, architetto civile, artigliere e ingegnere militare, il L. fu anche un valente e prolifico trattatista. Di lui sono pervenute sei opere a stampa, brevi "discorsi" e trattati di architettura militare, ingegneria idraulica e astronomia, pubblicati tra il 1576 e il 1591; ma le fonti d'archivio e le testimonianze dei contemporanei informano dell'esistenza di altri lavori, tra cui un Discorso presentato al duca di Toscana Cosimo I de' Medici nel 1560 e scritti vari di geometria e astronomia dei quali però si è persa ogni traccia (Cantini).

Tra i suoi lavori conosciuti di scienza delle fortificazioni si ricordano due Discorsi di architettura militare (29 genn. 1576 e 8 giugno 1578) entrambi pubblicati in G. Lanteri - G. Zanco, Delle offese et diffese della città, et fortezze( (Venezia 1601) e, soprattutto, Architettura militare con altri avvertimenti appartenenti alla guerra, stampato a Firenze da Giorgio Marescotti nel 1582, e Discorsi militari, uscito cinque anni più tardi sempre a Firenze per i tipi di Bartolomeo Sermartelli. Concepiti rispettivamente in funzione delle azioni belliche di difesa e di attacco, questi due ultimi scritti costituiscono la prima e la seconda parte di un trattato completo sulle fortificazioni; si articolano in diversi capitoli (cinque il primo, arricchito da altrettanti disegni esplicativi tra cui la nota pianta di fortezza esagonale con cavalieri di ferro di cavallo posti alla gola e sulla capitale dei sei bastioni angolari, e trenta il secondo) corrispondenti ad altrettanti schemi teorici illustrati in dettaglio che, secondo l'intenzione dell'autore, avrebbero dovuto comporre un quadro sufficientemente completo della tematica di attacco e difesa inerente alla fortificazione "alla moderna". Come molti manuali tardo cinquecenteschi, anche questi del L. scontano uno specialismo tanto accentuato quanto privo di rinnovamento. Il fine ultimo, del resto, era l'esposizione di procedure semplici a uso di un qualsiasi capitano, "la volgarizzazione di un sapere piuttosto che l'esplorazione di nuove frontiere" (Finotto, p. 170).

Scrisse anche un Breve discorso( sopra la reduzione dell'anno e emendazione del calendario (Fiorenza, G. Marescotti, 1578), in cui contestò la proposta avanzata da Luigi Lilio per la riforma del calendario che prese poi il nome di "gregoriana", e un Discorso sopra la fabrica e uso delle nuove verghe astronomiche (ibid. 1582), in cui illustrò le applicazioni di questi regoli calcolatori, che includevano una bussola magnetica e servivano anche da traguardi, alla balistica, alla topografia e alla cartografia.

La sua grande esperienza in campo idraulico, maturata in più di cinquanta anni di attività, è stata tramandata in due brevi studi: Discorso [(] sopra i ripari del Po, et d'altri fiumi, che hanno gl'argini di terra posticcia, e Discorso [(] sopra i ripari delle inondazioni di Fiorenza, entrambi stampati a Firenze, presso Marescotti, rispettivamente nel 1587 e nel 1591. Il L. fu, probabilmente, il più grande ingegnere idraulico italiano del tardo Cinquecento, un raro specialista con estese conoscenze dei fenomeni di erosione delle sponde e un'assoluta padronanza delle tecniche di regolazione del corso dei fiumi, progettazione e costruzione di dighe, muri a retta, argini a strati alterni di terra e protezioni a materasso. I lavori idraulici da lui diretti riflettono la crescente necessità, manifestatasi già nel passaggio tra XV e XVI secolo e affermatasi come bisogno assoluto nel secondo Cinquecento, di "particolari organizzazioni di studio, finanziamento e controllo delle bonifiche" (Harris, p. 116). I suoi interventi non furono mai esclusivamente delle risposte a problemi pratici, ma importanti occasioni per trattare quegli stessi problemi su basi scientifico-tecnologiche verificate e trasmissibili.

Il Lupicini morì in età avanzata, probabilmente a Firenze intorno al 1607.