MAGGI, Girolamo. - Nacque ad Anghiari, presso Arezzo, circa nel 1523, da Paolo e da una Luisa di cui non si conosce il casato, che ebbero di sicuro anche un altro figlio, Bartolomeo.
Compì i primi studi di lettere e diritto avendo come precettore Pietro Antonio Ghezzi da Laterina. Le condizioni economiche abbastanza prospere della famiglia gli permisero di frequentare l'Università, dapprima a Perugia, poi a Pisa, ove conobbe Francesco Robortello e conseguì la laurea in diritto nel 1546; seguì inoltre corsi allo Studio bolognese. In questi anni probabilmente si dedicò all'apprendimento del greco e dell'ebraico.
Scarse sono comunque le notizie sulla vita del M., ricavate per lo più, salvo acquisizioni della critica recente, da quanto egli scrisse di sé nelle sue opere. Tra il 1546 e il 1548 compose la sua prima opera, che stampò a Venezia, i Cinque primi canti della guerra di Fiandra (Comin da Trino, 1551).
Nello stesso anno il M. completò anche gli Ingegni et invenzioni militari, rimasto manoscritto (Firenze, Biblioteca nazionale, Palat., 464; altra redazione: Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Mss. it., cl. IV.42 [= 5364]) con dedica al duca Cosimo I de' Medici.
Nel 1552 fu incaricato da Cosimo I di seguire i progetti di fortificazione di Anghiari, nell'ambito di un più generale quadro di rafforzamento delle difese della Valdichiana per il passaggio dei Francesi durante la guerra di Siena. Negli anni successivi esercitò la professione giuridica nella sua città, ma è nota una sua visita a Bologna nel 1553 e probabilmente anche a Ferrara (dove conobbe Giovan Battista Giraldi Cinzio), durante la quale ebbe la possibilità di presentare al duca Ercole II d'Este un manoscritto, che è verosimilmente da identificare con il codice contenente La prima parte della espugnatione delle città e fortezze ora alla Houghton Library, Harvard College Libraries (Typ., 261): si tratterebbe di una rivisitazione degli Ingegni composta nel 1551, per la quale ricevette in cambio una collana d'oro.
Nel biennio 1556-57 (o tra il 1558 e il 1560), grazie ai buoni uffici di Giacomo, Giulio e Vincenzo Vitelli, principi di Cisterna, fu giudice ad Amatrice, nel territorio del Regno di Napoli. Secondo Trichet (c. A9), nel 1556 scrisse un opuscolo De veteri Etruriae situ, con dedica a Pietro Angeli da Barga, che Trichet dice d'avere letto nella Biblioteca reale svedese nel 1652, ma di tale opera non restano tracce. Nel 1560 si stabilì a Venezia, dove, secondo Bayle, lavorò come correttore di bozze nella bottega di Giordano Ziletti forse solo per la cura dei propri libri; il nome del M., tuttavia, compare almeno in un'altra edizione di Ziletti, il De quadripertita iustitia di Gaspar Casal (Venetiis 1563) nella quale si legge una lettera del M. al teologo Diego de Paiva.
Nel 1562 uscirono a Basilea i cinque libri De mundi exustione et die iudicii libri quinque (H. Petrus; poi Venezia, G. Ziletti, 1564), conclusi due anni prima.
Nel 1563 per l'officina di Ziletti uscirono le Variarum lectionum, seu Miscellaneorum libri IIII (poi ibid. 1564), dissertazione su diverse materie, dall'arte militare (bombarde) a questioni mediche e filosofiche, e i De fato libri novem di G. Serina con una prefazione e delle brevissime perioche del Maggi. Nel 1564 pubblicò il Della fortificatione delle città (Venezia, R. Borgominieri; poi ibid. 1584), scritto insieme con Iacopo Fusti Castriotto, morto l'anno prima.
Il giudizio dei contemporanei e degli storici sull'opera non è esente da riserve: G. Alghisi nel Delle fortificazioni (Venezia 1570) espresse valutazioni molto critiche, Ferrari riconosce i limiti del M. e Hale demolisce le sue pretese invenzioni, inserendolo tuttavia nella ricca tradizione di trattati d'arte militare usciti dai torchi soprattutto veneziani e che, nello specifico degli studi sulle fortificazioni, contava all'epoca solo i trattati di Giovanni Battista Zanchi (1554) e di G. Sentieri (1557).
Il Delle fortificazioni assicurò comunque grande notorietà al M., tanto che intorno al 1570 divenne ingegnere militare al servizio della Serenissima. Nel febbraio di quell'anno presentò al Consiglio dei dieci una relazione sui mezzi più efficaci per la difesa dell'isola di Cipro (Arch. di Stato di Venezia, Misc. codd., 109) e fu inviato nell'isola. Ottenne una provvigione di 400 ducati più una congrua prebenda ai figli in caso di morte (200 ducati); nella stessa circostanza fu nominato cavaliere di S. Marco. Prima di partire per Cipro curò l'edizione dei Consiliorum, seu potius Responsorum di Mariano e Bartolomeo Soccini (Venezia, D. e G.B. Guerra, 1571), ma dei quattro volumi di cui si compone l'edizione solo gli ultimi due sono di sua responsabilità esclusiva.
Lo sbarco a Cipro avvenne il 25 maggio 1570. Da Marcantonio Bragadin il M. fu mandato a Nicosia, ma dopo la caduta della città fu richiamato a Famagosta, sotto assedio dal 25 febbr. 1571. Il M. si adoperò con zelo per la difesa, contribuendo a rafforzare le opere di difesa e approntando strumenti utili a gettare fuoco contro gli assedianti. In agosto fu catturato dai Turchi e condotto come schiavo a Costantinopoli riuscendo a portare con sé solo qualche libro (Eschilo, Aristofane). Nei mesi che seguirono, trascorsi al servizio del comandante di una nave mercantile, riuscì comunque a portare a termine due opere letterarie, il De tintinnabulis, un trattato sulle campane, e il De equuleo, su uno strumento di tortura, editi postumi.
Durante la prigionia il M. non rinunciò a tentare di ottenere dai suoi protettori i mezzi per potersi riscattare, senza però esito alcuno; forse deluso da ciò, tentò la fuga, rifugiandosi nella sede dell'ambasciata imperiale alla Porta ottomana. Prelevato, per aver violato la legge, fu ucciso per strangolamento probabilmente il 27 marzo del 1572.
A causa della morte in qualche modo eroica il M. conobbe una certa notorietà postuma, come testimoniato dalla menzione che ne fece Mambrino Roseo (in Tarcagnota, p. 386), oltre che nelle relazioni redatte sulla guerra di Cipro. La sua produzione sarebbe molto più nutrita di quanto ci è giunto, stante l'elenco delle opere manoscritte nelle pagine conclusive del De mundi exustione (pp. 217 s.), confermato da Sweerts, secondo il quale le opere sarebbero giaciute in mano agli eredi: In bucolica P. Virgilii Maronis; De antiquorum prandis et coenis, Adnotationes in A. Gellium; Hortorum libros; De machinis ex Heronis libro; De urbium architectura; Necroptaphologia, seu De sepulchris et sepeliendi ritu; Miscellaneorum lib. IV; Misopugisias lib. V; Lexicon iuris, Annotationes in Institutiones iuris, Ad L. Iuliam de adult. L. cum vir nubit; Apophyades ad Budaei annotationes in Pandectas, oltre a De urbium expugnatione e De urbium propugnatione in volgare. Di significativi interessi umanistici del M. testimoniano almeno le postille a un esemplare delle tragedie di Euripide, edito a Basilea nel 1537, conservato alla British Library (998.d.1).
Il Della fortificatione delle città esiste in edizione anastatica, con introd. di G.E. Ferrari, Roma 1982 (dall'ed. Venezia 1583-84); una traduzione del De tintinnabulis (in G. Marinelli, L'antro di Vulcano. I fonditori di Agnone, Napoli 1991, pp. 60-123), peraltro non attendibile sul piano critico e filologico.