Il
Gargano e il
suo ruolo
strategico
per il
controllo
del medio
Adriatico ai
principi
della Guerra
Fredda
di Domenico
Sergio
Antonacci e
Andrea
Giuliano
Figura 1
Pianta della
base in
caverna per
motosiluranti
al Lago di
Varano
Quella che
state per
leggere è
una storia
complessa,
dalle mille
sfaccettature,
una storia
di segreti,
intrecci, la
storia di un
paese,
l’Italia, al
principio
del secondo
dopoguerra.
Aldilà del
sensazionalismo
che questa
nuova
scoperta
potrà
suscitare a
livello
locale, non
la si può
comprendere
appieno
senza
inquadrare i
fatti tra
gli anni
1946 e 1948.
Prendetevi
il vostro
tempo,
dunque.
Buona
lettura.
Conferenza
di Pace di
Parigi,
ottobre del
1946,
nonostante
l’Italia si
fosse
schierata
con gli
Alleati a
partire dal
settembre
’43, dai
lavori di
stesura del
Trattato
risulta
evidente che
le
condizioni
imposte per
la pace
saranno
molto
severe.
Pochi mesi
dopo, siamo
già nel ’47,
per l’Italia
arriva un
caldo
febbraio:
• 2
febbraio:
nasce il
Governo De
Gasperi III
dopo la
scissione
del Partito
Socialista
Italiano che
provocò la
caduta del
Governo De
Gasperi II;
• 4
febbraio:
con un
Decreto
Legislativo
il Ministero
della
Guerra, il
Ministero
dell'Aeronautica
ed il
Ministero
della Marina
Militare
vengono
accorpati
nel
Ministero
della
Difesa;
• 10
febbraio:
viene
firmato il
Trattato di
Pace di
Parigi
(entrerà in
vigore il 15
settembre).
Ministro
della Difesa
è Luigi
Gasparotto,
già deputato
nel 1913,
nel 1919 e
nel 1921,
poi Ministro
della Guerra
fino al 1922
e ancora
deputato nel
1924.
Non aderì
mai
pienamente
al Fascismo
e lo
dimostra il
suo ritiro
dalla vita
politica nel
1928. La
nuova Italia
da
ricostruirsi
si affida
nuovamente a
lui nel 1945
con vari
incarichi
fino a
quello di
Ministro
della Difesa
che manterrà
fino al
maggio 1947,
ma torniamo
al Trattato
di Pace.
Figura 3
Alcune MAS
italiane
durante la
Seconda
Guerra
Mondiale.
Il Trattato
di Pace di
Parigi
La firma del
Trattato
porta
un’aria di
sconforto
sull’Italia.
Un trattato
duro che
attribuiva
sì
all’Italia
la
responsabilità
di aver
intrapreso
una guerra
di
aggressione,
essendo la
principale
alleata
della
Germania
nazista, ma
riconosceva
anche la
cobelligeranza
con gli
Alleati
seguita
all’Armistizio
dell’8
settembre
1943. Questo
riconoscimento
non rese più
morbide le
condizioni
del Trattato
di Pace ma
servì per
poter
gettare le
basi di
relazioni
amichevoli
con i Paesi
firmatari.
Si chiudeva
definitivamente
il periodo
di
transizione
tra la fine
della
Seconda
Guerra
Mondiale e
il
reinserimento
nel contesto
occidentale.
Questioni
territoriali
Si
affrontano
le questioni
territoriali,
le quali
prevedono
che l’Italia
perda tutte
le colonie
ottenute
durante il
regime
fascista, il
Dodecaneso,
alcune
piccole
porzioni di
territorio a
favore della
Francia e,
soprattutto,
perda la
sovranità su
Istria,
Dalmazia e
Trieste, con
quest’ultima
che diventa
Territorio
Libero di
Trieste,
sotto
amministrazione
di
Jugoslavia e
Regno Unito
(Governo
Militare
Alleato).
La
situazione
nella
regione
istriana è
tesa con
disordini e
proteste
italiane
culminate
con in
occasione
l’uccisione
a Pola del
generale
inglese
Robin De
Winton,
comandante
delle truppe
britanniche,
da parte
della
maestra
Maria
Pasquinelli
all’indomani
della firma
del
Trattato.
Figura 7
Immagine a
volo
d'uccello da
Google Earth,
con overlay
della
planimetria
della base
sotterranea
Questioni
militari
L’altra,
grande,
questione
che viene
affrontata
durante la
stesura del
Trattato di
Pace è
l’apparato
militare
italiano.
La domanda
di fondo,
specialmente
dei delegati
britannici,
è: come fare
per evitare
nuove
possibili
velleità
espansionistiche
dell’Italia?
L'armistizio
del
settembre
’43, in
realtà, già
prevedeva
tra le
condizioni
la consegna
della flotta
italiana
agli Alleati
ma gli Stati
Uniti non
scorgono
nell’Italia
una
minaccia,
specie alla
luce della
distruzione
subita dalla
flotta e
dall’Italia
stessa
durante la
guerra:
infrastrutture
e
installazioni
in gran
parte
inutilizzabili,
porti minati
o ingombri
di relitti
affondati,
navi da
riparare.
Alla fine,
però,
prevale una
linea
intermedia
tra quella
statunitense
e quella
britannica,
la quale
premeva per
una messa in
sicurezza
dell’Italia.
Si decide,
dunque, un
disarmo
limitato
alle Forze
Armate
italiane,
delle quali
la più
penalizzata
risulta
essere la
Marina
Militare, in
virtù
dell’importanza
che poteva
avere nel
caso di
politiche
espansionistiche
nel
Mediterraneo.
Regno Unito,
Stati Uniti,
Unione
Sovietica,
Francia,
Grecia,
Albania e
Jugoslavia
si dividono
le navi
italiane.
Vengono
imposte
altre
restrizioni
di carattere
militare:
- Divieto di
possedere,
costruire o
sperimentare
armi
atomiche,
proiettili
ad
autopropulsione
con i
relativi
dispositivi
di lancio,
cannoni con
gittate
superiori ai
30 km, mine
e siluri
provvisti di
congegni di
attivazione
ad
influenza.
- Divieto di
costruire,
acquistare o
sostituire
navi da
guerra,
sperimentare
unità
portaerei,
naviglio
subacqueo,
motosiluranti
e mezzi
d'assalto di
qualsiasi
tipo.
- Divieto di
mettere in
opera
installazioni
militari
nelle isole
di
Pantelleria,
di Pianosa e
nell'arcipelago
delle
Pelagie.
La firma del
trattato di
pace,
costituisce
un duro
colpo per
l'appena
costituita
Marina
Militare,
non tanto
per la
cessione di
naviglio in
condizioni
di
efficienza
precarie,
quanto per i
significati
morali
negativi che
essa
racchiudeva,
al punto da
far emergere
dubbi
sull'opportunità
o meno di
ratificare
il Trattato
o
addirittura
di
auto-affondare
le navi,
tanto che
l'ammiraglio
Raffaele De
Courten
rassegna le
dimissioni
prima della
ratifica
dello
stesso.Durante
i lavori
dell'Assemblea
Costituente
nel 1947, il
filosofo
Benedetto
Croce, nel
suo discorso
contro la
ratifica del
trattato di
pace da
parte
dell'Italia,
rivolgendosi
idealmente
alle potenze
vincitrici
ricordò la
consegna
della
flotta:
“Così
all'Italia
avete
ridotto a
poco più che
forza di
polizia
interna
l'esercito,
diviso tra
voi la
flotta che
con voi e
per voi
aveva
combattuto,
aperto le
sue
frontiere
vietandole
di armarle a
difesa.
Ricordare
che, dopo
che la
nostra
flotta,
ubbidendo
all'ordine
del re ed al
dovere di
servire la
Patria, si
fu portata a
raggiungere
la flotta
degli
alleati e a
combattere
al loro
fianco, in
qualche loro
giornale si
lesse che
tal cosa le
loro flotte
non
avrebbero
mai fatto.
Noi siamo
stati vinti,
ma noi siamo
pari, nel
sentire e
nel volere,
a qualsiasi
più
intransigente
popolo della
terra”.
Gli umori
italiani si
colgono bene
in questo
video
dell’Istituto
Luce
relativo
alla
cessione di
due
corazzate:
www.youtube.com/watch?v=PpGNKuSTyC4
All’Italia
restano 46
navi contro
le 105
attive alla
fine della
guerra.
Figura 10
Isola
Pelagosa
fotografata
dall'aviere
"di San
Nicola
Imbuti" da
Carlo
Magnini,
anno 1917
(su gentile
concessione
di Giuliano
Parviero)
Il contesto
geopolitico
post-bellico:
verso la
Guerra
Fredda
Verso gli
ultimi anni
della Guerra
gli Stati
Uniti
sviluppano
l’idea di
dare forma
al mondo del
dopoguerra,
aprendo i
mercati
mondiali al
commercio
capitalista,
con
un'Europa
capitalista
ricostruita
che poteva
di nuovo
servire come
fulcro degli
affari
mondiali e
creando una
nuova
organizzazione
internazionale,
le Nazioni
Unite, che
non avrebbe
dovuto
ripetere gli
errori della
Società
delle
Nazioni.
Nel progetto
del
Presidente
USA
Roosevelt,
le quattro
potenze
(Stati
Uniti,
Unione
Sovietica,
Gran
Bretagna e
Cina)
avrebbero
gestito
l'ordine
mondiale
insieme,
godendo del
diritto di
veto nel
Consiglio di
Sicurezza
dell'ONU. La
morte di
Roosevelt,
però, segna
di fatto la
fine dei
suoi
progetti,
già erano
messi in
pericolo da
fattori
internazionali
come
l'atteggiamento
di Stalin e
la guerra
civile in
Cina.
Il primo
atto della
nuova
amministrazione
Truman la
dice tutta
sul nuovo
corso:
vengono
lanciate due
bombe
atomiche su
Hiroshima e
Nagasaki.
Truman
persegue una
politica di
potenza,
resa
possibile
dal fatto
che il paese
produceva la
metà dei
beni
industriali
mondiali e
una forza
militare che
aveva il
monopolio
della bomba
atomica.
Intanto la
rottura
dell'alleanza
continuava a
procedere.
Il periodo
immediatamente
successivo
al 1945 è il
punto più
alto nella
popolarità
dell'ideologia
comunista a
livello
mondiale. I
partiti
comunisti
ottengono
importanti
risultati
nelle
elezioni
libere di
nazioni come
Belgio,
Francia,
Italia,
Cecoslovacchia,
e Finlandia
e
conquistano
un
significativo
supporto
popolare in
Vietnam,
India,
Giappone, in
tutta
l'America
Latina oltre
che in Cina,
Grecia, e
Iran, dove
le elezioni
libere sono
assenti o
limitate ma
dove i
partiti
comunisti
godono di un
fascino
diffuso.
Gran
Bretagna e
Stati Uniti
erano
preoccupati
che una
vittoria
politica dei
comunisti
nelle
nazioni
europee
potesse
portare a un
assorbimento
sovietico
analogo a
quello
dell'Europa
orientale.
La frattura
si
inasprisce
quando
l'Unione
Sovietica si
rifiuta di
partecipare
alle nuove
istituzioni
economiche
internazionali
create su
proposta di
John Maynard
Keynes, la
Banca
Mondiale e
il Fondo
Monetario
Internazionale,
a causa
della loro
ideologia
capitalista.
La miccia
Nel 1947 il
presidente
americano
Harry Truman
si sente
oltraggiato
dalla
resistenza
dell'Unione
Sovietica
alle
richieste
statunitensi
relative
all'Iran,
alla Turchia
e alla
Grecia,
nonché dal
rifiuto del
piano Baruch
sulle armi
nucleari
(che
prevedeva la
formazione
di
un'organizzazione
internazionale
che
regolasse
l'energia
atomica)
temendo che
il patto
tutelasse
esclusivamente
il monopolio
nucleare
americano.
L’11 marzo
del 1947
Truman
enuncia la
sua dottrina
contro
l'espansionismo
sovietico
nel mondo e
contro la
partecipazione
dei
comunisti
nei governi
occidentali,
il
cosiddetto “containment”:
gli Stati
Uniti
decidono di
spendere 400
milioni di
dollari per
"contenere"
il
comunismo.
Scende sul
mondo la
cosiddetta
Guerra
Fredda,
destinata a
durare mezzo
secolo.
Figura 13
Ricostruzione
su ortofoto
Google Earth.
Il Piano
Marshall
Nel giugno
1947, in
accordo con
la Dottrina
Truman, gli
Stati Uniti
promulgarono
il Piano
Marshall, un
programma di
assistenza
economica
per tutti i
paesi
europei
disposti a
partecipare,
inclusa
l'Unione
Sovietica.
Il piano, a
partire dal
1948,
inietterà 13
miliardi di
dollari del
tempo
(equivalenti
a 189,39
miliardi di
dollari del
2016) in
Europa per
ricostruire
un’economia
distrutta
dalla
guerra. La
ricostruzione
economica
avrebbe
creato
un'obbligazione
clientelistica
da parte
delle
nazioni che
ricevevano
l'aiuto
statunitense;
questo senso
di impegno
dovuto
incoraggiò
la volontà a
entrare in
alleanza
militare e,
cosa ancor
più
importante,
in alleanza
politica.
Ma l’Unione
Sovietica,
ancora una
volta, non
accetta le
condizioni
del Piano
per non
sottostare
all’egemonia
americana.
A luglio del
’47 Truman
firma il
National
Security Act
del 1947
creando così
il
Dipartimento
della Difesa
degli Stati
Uniti
d'America,
la Central
Intelligence
Agency (CIA)
e il
National
Security
Council (NSC),
i principali
enti per la
politica
internazionale
statunitense
nella Guerra
Fredda.
Il Cominform
russo
In tutta
risposta,
nel
settembre
1947 i russi
danno vita
al Cominform,
il cui scopo
era quello
di
rafforzare
l'ortodossia
all'interno
del
movimento
comunista
internazionale
e rafforzare
il controllo
politico sui
paesi
satelliti
sovietici
attraverso
il
coordinamento
dei partiti
comunisti.
Già a
partire dal
1945, Stalin
inizia a
nominare
uomini a lui
devoti
all'interno
dei Governi
e dei
Partiti
Comunisti
dei Paesi
come Albania
e
Jugoslavia.
Solo quest’ultimo
Paese,
guidato da
Tito, oppone
delle
resistenze,
rifiutando
di lasciar
subordinare
la sua
polizia,
l'esercito e
la politica
estera, così
come di
veder creare
delle
società
miste di
produzione,
attraverso
le quali i
sovietici
avrebbero
potuto
controllare
le branche
essenziali
dell'economia
del paese.
Figura 14
Zoom 1
Ricostruzione
grafica
della
planimetria
Le tensioni
tra i due
blocchi nel
Mediterraneo
Il
cosiddetto
«desiderio
navale»
russo per i
mari caldi
ha radici
storiche
almeno dal
1682, anno
della salita
al trono
dello zar
Pietro I,
detto il
Grande, e
vide molte
alterne
vicende nel
corso dei
secoli
successivi.
La storica
mancanza
russa di un
accesso
marittimo
diretto sul
Mediterraneo,
disponibile
tutto
l'anno, è
una
preoccupazione
primaria
della
politica
estera russa
costituendo
un altro
punto dove
gli
interessi
sovietici
divergevano
da quelli
occidentali.
Nel
dopoguerra,
mentre
l'Unione
Sovietica
accetta, suo
malgrado,
gli sforzi
Anglo-Americani
per impedire
l'accesso
sovietico al
Mediterraneo
(obbiettivo
primario
della
politica
estera
britannica
fin dalla
guerra di
Crimea degli
anni 1850),
gli
americani
rincarano la
loro
campagna
anti-comunista.
Teatro di
confronto è
la Grecia,
dove il
governo del
dopoguerra
non era
stato in
grado di
ricostruire
un'economia
pesantemente
sabotata e
ripristinare
un ordine
civile. La
Gran
Bretagna,
determinata
a negare
l'accesso
sovietico al
Mediterraneo,
fornisce
assistenza
finanziaria
al governo
greco. La
Grecia ha un
governo
autocratico,
ma nella
visione di
Winston
Churchill,
poi
assimilata
dagli
americani,
appartiene
al campo
occidentale
e deve
essere
sostenuta
per
proteggere
il mondo dal
totalitarismo
sovietico.
Nel marzo
'46 la
tensione si
alza.
L'occasione
è il vecchio
sogno di
Mosca di
controllare
lo stretto
dei
Dardanelli
dai quali si
poteva
accedere al
Mediterraneo,
invece di
restare
chiusa nella
gabbia del
Mar Nero,
per giunta
in
condivisione
con i
Turchi. Le
truppe russe
si
avvicinano
pericolosamente
alla
frontiera
turca.
All'epoca si
pensava
anche che la
Jugoslavia
fosse più
vicina
all'URSS di
quanto non
fosse
realmente,
mentre
l'Albania
era
dichiaratamente
filosovietica.
Ribadire che
il
Mediterraneo
era 'off-limits'
rispetto ai
piani di
Mosca era
importante.
E dato che
la flotta
italiana era
ancora fuori
gioco, che i
francesi e i
britannici
avevano
anche molti
impegni in
altre parti
del mondo,
gli Stati
Uniti fecero
la loro
apparizione
nel
Mediterraneo
inviando in
Turchia la
nave da
guerra USS
Missouri con
la scusa del
prelievo
della salma
dell’ambasciatore
americano,
venuto a
mancare in
quei giorni.
Ma è il 15
maggio 1946
quando due
incrociatori
della Royal
Navy (UK) in
navigazione
nel canale
di Corfù
vengono
cannoneggiati,
senza essere
colpiti, da
batterie
costiere
della
Repubblica
Popolare
Socialista
d'Albania, a
causa di un
presunto
sconfinamento
delle acque
territoriali.
A settembre
forze armate
americane si
basano
stabilmente
in
Mediterraneo
con la
portaerei
USS Randolph,
tre
incrociatori
e quattro
cacciatorpediniere.
Il 22
ottobre 1946
una
formazione
britannica,
nuovamente
in
navigazione
nel canale
di Corfù,
finisce in
un campo di
mine navali
non
segnalato,
subendo
danni
gravissimi e
perdite di
vite. Tra il
12 e il 13
novembre
1946,
infine,
forze navali
britanniche
tornano nel
canale per
bonificare
il tratto
minato che
aveva
causato
l'incidente
del 22
ottobre,
sconfinando
nelle acque
territoriali
dell'Albania
e causando
forti
proteste da
parte del
governo
albanese.
Pochi giorni
dopo, il 14
novembre,
tutti i
cittadini
americani
sono
costretti a
lasciare il
paese dopo
esser stati
soggetti a
minacce e
privati dei
loro averi.
Le missioni
militari
britanniche
sono
allontanate
e le
rappresentanze
diplomatiche
americana,
inglese e
francese
vengono
poste
nell’impossibilità
di
funzionare.
L'incidente
causa una
grave crisi
diplomatica
tra Londra e
Tirana, con
i britannici
che rompono
le relazioni
con
l'Albania
senza
ripristinarle
fino al
1991, dopo
la
conclusione
della guerra
fredda. In
campo
internazionale
la
repubblica
popolare di
Tirana si
inquadra,
dunque,
saldamente
al fianco
dell’Unione
Sovietica e,
con qualche
circospezione,
della
Jugoslavia
di Tito,
della quale
si temevano
le mire
egemoniche
nonché le
intenzioni
snazionalizzatici
nei
confronti
delle
minoranze
albanesi nel
Kossovo, in
Montenegro e
nella
Macedonia
Occidentale.
Lo
schieramento
dell’Albania
nel “campo
socialista”
allarma gli
alleati
occidentali,
soprattutto
gli Inglesi,
per due
ordini di
motivi:
l’appoggio
fornito
palesemente
ai
guerriglieri
comunisti
nella guerra
civile che
si
combatteva
in Grecia, e
la minaccia
che basi
navali
sovietiche
sulla costa
albanese
avrebbe
potuto
costituire
per il
controllo
del
Mediterraneo.
Intanto la
guerra
civile in
Grecia si
aggrava: i
politici
statunitensi
accusano
l'Unione
Sovietica di
cospirare
con
l’obiettivo
di espandere
l'influenza
sovietica
verso il
Mediterraneo,
nonostante
Stalin
avesse
dichiarato
che il
Partito
Comunista
avrebbe
cooperato
con il
governo
greco
appoggiato
dall'Inghilterra.
Di mezzo, in
realtà, c’è
la
Repubblica
Socialista
Federale
Jugoslava di
Tito che,
contro il
volere di
Stalin
(almeno
nelle prime
fasi), aiuta
i greci
insorti
contro il
Regno Unito.
Gli
equilibri
sono
delicatissimi:
se la Grecia
fosse
diventata un
Paese
comunista,
l'URSS
sarebbe
potuta
diventare la
nuova
padrona del
Mediterraneo:
con
l'Albania,
forse la
Jugoslavia
(che
difficilmente
avrebbe
potuto
sfuggire
alla forza
politica di
Mosca) e
tutto il
retroterra
balcanico,
si sarebbe
potuto
influenzare
pesantemente
l'equilibrio
di poteri
dell'ex -
'Mare
nostrum'.
Gli USA si
vedono
costretti a
intervenire
massicciamente
con
approvvigionamenti
militari
fornendo
supporto
alle forze
britanniche;
la Grecia si
avvia verso
la fine
della guerra
civile sotto
l’ala
occidentale.
Figura 15
Zoom 2
Ricostruzione
grafica
della
planimetria.
Il ruolo
dell’Italia
- Torniamo
in Italia.
Il Governo
De Gasperi
III dura
pochi mesi a
causa della
rottura
politica fra
i
democristiani
ed i
socialcomunisti
che si era
creata con
il governo
statunitense
presieduto
da Harry
Truman, e il
31 maggio
del ’47
nasce il
Governo De
Gasperi IV,
il primo
governo
della
Repubblica
formato
senza la
partecipazione
del Partito
Comunista
Italiano.
Intanto
aumentano le
tensioni al
confine
Jugoslavo e
all'entrata
in vigore
del Trattato
di Pace (15
settembre
1947) corre
voce che le
truppe
jugoslave
della zona B
avrebbero
occupato
Trieste. Nel
difficile
scacchiere
di tensioni
nel bel
mezzo del
Mediterraneo
(e persino
in
Adriatico)
si
ripresenta
la necessità
di
proteggere
l’Italia da
pericolose
sorprese,
sia sulla
frontiera
terrestre
che lungo la
(lunga)
costa.
La Marina,
nonostante
le cessioni
del Trattato
di Parigi,
era tra le
Forze Armate
che
conservava
una discreta
potenzialità
militare e
quindi un
possibile
valore sia
strategico
sia politico
nello
scenario che
si va
formando.
Già nel
1946, in un
periodo di
notevoli
difficoltà
finanziarie,
l'ammiraglio
Raffaele De
Courten,
primo Capo
di Stato
Maggiore del
dopoguerra,
si era
adoperato
per la
riorganizzazione
generale
della futura
struttura
della
Marina,
nonché per
la ripresa
delle
attività di
addestramento
dell'Accademia
Navale e
delle Scuole
Sottufficiali.
Ma
contrariato
rispetto
agli accordi
della
Conferenza
di Pace di
Parigi si
era dimesso
a fine anno
e le
preoccupazioni
per la
difficile
situazione
strategica a
est erano
rimaste
chiuse negli
uffici
dell’allora
Ministero
della Marina
Militare
senza
trovare
risalto né
sulla stampa
né in
Parlamento.
Nel 1947 la
spesa
militare
viene
incrementata
per la prima
volta dopo
il conflitto
mondiale. I
limitati
fondi a
disposizione
vennero
destinati in
via
prioritaria
a
ripristinare
l'efficienza
delle
infrastrutture
arsenalizie
devastate
dai
bombardamenti,
devolvendo
una minima
aliquota del
bilancio
agli
interventi
migliorativi
sul
naviglio.
Una voglia
di risorgere
ben
rappresentata
dalla
campagna
propagandistica
di visite e
soste nei
porti per
"mostrare
bandiera"
ovvero
mostrare la
“nuova”
Marina
Militare
all'opinione
pubblica. In
realtà di
nuovo c’era
ben poco
oltre le 46
navi rimaste
in
dotazione.
Il 23 aprile
1947 il
Ministro
della Difesa
Gasparotto
si reca a
Taranto per
visitare
l’importante
arsenale:
www.youtube.com/watch?v=TBW28pmjEPU&feature=emb_title
Alcune
unità,
scampate in
qualche modo
alle
clausole del
Trattato di
Pace e
risultate
recuperabili
malgrado
fossero
state
sabotate dai
tedeschi nel
1945,
vengono
momentaneamente
accantonate
in attesa
delle
maggiori
disponibilità
finanziarie
necessarie
al loro
ammodernamento.
Non mancano
curiose
manovre
tenute
segrete agli
occhi di
americani e
inglesi,
come il
ripristino
di due
sommergibili
di stanza a
Taranto e
ufficialmente
radiati,
usati
principalmente
per delle
esercitazioni
pratiche
delle nuove
leve nelle
ore notturne
con una
sorta di
camuffamento
(sovrastrutture
posticce,
che venivano
furtivamente
sbarcate
dopo
l'uscita dal
canale
navigabile
di Taranto).
Tra il ’47 e
il ‘48
l’inasprirsi
della
situazione
“adriatica”
dopo gli
incidenti di
Corfù,
spinge il
duo USA - UK
a “cedere”
diversi
esemplari di
naviglio
minore
all’Italia,
fra cui 34
dragamine e
un certo
numero di
motosiluranti
per
contrastare
le
motosiluranti
jugoslave.
L'Adriatico
diventa,
così, il
fronte a
mare che
necessita di
più urgenti
provvedimenti,
concretizzatisi
nel
rischieramento
della flotta
a Taranto e
a Brindisi.
In tale
contesto la
Marina
elabora una
serie di
piani mirati
alla difesa
delle linee
di
comunicazione
fra
l'Adriatico
e il
Mediterraneo
con
particolare
attenzione
al Golfo di
Venezia
(ricordiamo
la difficile
situazione
di Trieste)
e al Canale
d'Otranto
(presenza
albanese e
Guerra
civile in
Grecia).
Sono le navi
motosiluranti
le
protagoniste
di questa
prima fase,
navigli
della
categoria
dei MAS,
ovvero
Motoscafi
Armati
Siluranti.
I MAS sono
piccole navi
veloci,
maneggevoli
e bene
armate, con
la capacità
di
avvicinarsi
furtivamente
alle navi
nemiche per
il lancio di
siluri; sono
prive di
ogni
protezione
contro il
fuoco nemico
ma è
difficile
individuarne
la sagoma,
soprattutto
di notte o
nella
nebbia. In
questa fase
operano
aggregate in
Squadriglie
di due o
quattro
unità, e
navigano
protezione
del traffico
costiero,
della pesca
ed
eventualmente
in attività
di
pattugliamento
antisbarco o
antiincursione.
Ne restano
un certo
numero
“nazionali”
oltre a
quelle
“cedute”
dagli
alleati ed è
proprio la
storia di
quest’ultime
ad essere
curiosa, una
storia
all’italiana,
diremmo
oggi:
costruite
dagli USA
durante la
guerra,
dovevano
prendere
servizio
nelle flotte
britanniche
e russe ma
per una
serie di
vicissitudini
quelle russe
non furono
mai
consegnate e
vennero
impiegate
solo dagli
inglesi nel
Mediterraneo,
restando
abbandonate
a Palermo a
fine
conflitto.
Nel ’47
l’Italia
ebbe il
permesso di
acquistarle
tramite l'A.R.A.R.
(Azienda
Rilievo
Alienazione
Residuati)
e, poiché in
forza del
Trattato di
pace del
1947 alla
Marina
Militare
Italiana non
era
consentito
l'impiego di
motosiluranti,
venne usato
il
sotterfugio
di
iscriverle
nel
cosiddetto
Quadro del
Naviglio
ausiliario
con la
classificazione
Galleggianti
Inseguimento
Siluri (G.I.S.),
in sostanza
navi non
armate.
In totale
vengono
acquistate
ventisei
motosiluranti
di varie
tipologie:
diciannove
Vosper
70ft.,
settHiggins
78ft. e due
Elco 80ft.
Rimorchiate
negli
arsenali di
Taranto e
della
Spezia, dopo
un
approfondito
controllo
delle
effettive
condizioni,
si riarmano
tutte le
Higgins,
tredici
Vosper e
nessuna
delle Elco.
Ecco che,
dunque, le
Vosper
insieme alle
Higgins e a
quattordici
motosiluranti
italiane
vengono
destinate ad
operare
nelle acque
dell'Adriatico
e dello
Ionio,
svolgendo
normale
attività nel
Comando
Motosiluranti
(Comos) con
sede a
Brindisi.
Figura 16
Antenna
RV377 della
base
aeronautica
di
Jacotenente,
tra gli
impianti
radar più
avanzati al
mondo
all’epoca.
Il progetto
della base
militare
sotterranea
nel Lago di
Varano
Ed eccoci
giunti al
punto che
riguarda il
Gargano e il
Lago di
Varano.
Qualche mese
fa, con il
prezioso
contributo
dell’Ing.
Maria
Graziano,
troviamo
qualcosa di
sorprendente
e inedito
nell’Archivio
dell'Ufficio
storico
della Marina
Militare del
Comando m.m.
di Brindisi:
due piante e
una serie di
corrispondenze
datate tra
il dicembre
del ’47 e il
gennaio del
’48,
comunicazioni
tra il
Direttore
Generale del
Genio
Militare
Mario
Tirelli e il
Maggiore
Pasquale
Morello ad
oggetto
“Relazione
illustrativa
dello studio
di massima
di un
progetto per
la
sistemazione
in caverna
di una
squadriglia
di otto
motosiluranti”.
Una scoperta
emozionante
che sembra
ricollegarsi,
almeno in
parte, alle
voci
popolari e
inverosimili
diffuse a
Cagnano
Varano
(Comune cui
appartiene
la zona)
della
presenza di
sottomarini
nel lago,
forse nate
dalla
diffusione,
al tempo,
della
notizia del
progetto che
stiamo per
conoscere
(si pensi
agli
avvenuti
sopralluoghi
sul posto di
cui si fa
menzione
nella
documentazione
ed eventuali
interlocuzioni
con gli
amministratori
comunali del
tempo). La
zona era
stata già
protagonista
degli
avvenimenti
bellici sin
dal 1915,
anno in cui
cominciava
la
costruzione
dell’idroscalo
di San
Nicola
Imbuti,
successivamente
intitolato
all’aviere
caduto Ivo
Monti (ne
abbiamo
numerose
volte).
Un complesso
militare,
quello di
Varano, di
strategica
importanza
durante la
Prima Guerra
Mondiale,
sia come
scuola di
pilotaggio
dei
“neonati”
idrovolanti,
sia per il
ruolo
strategico
delle
ricognizioni
aeree
sull’Adriatico
e fino alle
coste
jugoslave.
La Seconda
Guerra
Mondiale,
con la nuova
tecnologia
aerea, vide
la
progressiva
perdita di
peso degli
idrovolanti
nelle
tattiche
militari
fino ad
arrivare
alla
dismissione
degli
idroscali
militari. Il
ritrovamento
della
documentazione
inedita,
tuttavia,
riconferma
la
strategicità
militare
delle coste
di Varano e
in
particolare
la zona
sud-ovest,
agevolmente
collegata
alle arterie
principali
adriatiche
tramite la
SS89 e la
ferrovia
elettrificata.
La zona
individuata
dai militari
è quella a
sud-ovest
del lago
(località
nota con il
toponimo “la
Fascia”), a
poca
distanza dal
già presente
ma ormai
inutilizzato
idroscalo
militare Ivo
Monti, una
zona dove il
profilo
orografico è
caratterizzato
da
un’elevata
pendenza
fino alla
quota di
200mt,
pendenza che
offriva la
possibilità
di scavare
una grande
base
sotterranea
cui
avrebbero
avuto
accesso le
motosiluranti
dal lago
tramite due
gallerie.
Le due
gallerie,
con banchine
ai lati,
sarebbero
state larghe
6.5 metri in
confronto
alla
larghezza di
4.2 metri
delle
motosiluranti
e si
sarebbero
raccordate a
una galleria
principale
di 15 metri
di larghezza
e ben 300mt
di
lunghezza.
Il piano
degli
accessi alle
gallerie dal
lago sarebbe
stato
inclinato
rispetto
all’asse
delle
gallerie
stesse per
smorzare
eventuali
esplosioni,
già attutite
dalle
paratie
metalliche
poste
all’ingresso.
In fondo
alle
gallerie,
con 100
metri di
roccia al di
sopra, si
sarebbe
scavata e
costruita la
base dove
avrebbero
trovato
posto 200
unità e gli
spazi per
alloggi,
infermerie,
officine,
cucine,
magazzini,
deposito
munizioni e
uffici; e
ancora si
riporta
“data la
vastità
della zona
montuosa è
possibile
eventualmente
provvedere a
ricavare
altri locali
qualora le
necessità lo
richiedessero”.
La base
sarebbe
stata
alimentata
da motori a
combustibile
posti lungo
i canali di
uscita per
consentire
la rapida
fuoriuscita
dei gas di
scarico.
Nel progetto
si evidenzia
l’importanza
del
dragaggio
delle foci
di Capojale
e Varano e
la necessita
di scavare
canali
sottomarini
dalle foci
alla base
per
permettere
ai MAS di
navigare in
sicurezza
nei bassi
fondali del
lago di
Varano (che
in media si
aggirano tra
i 3 mt e i 5
mt con
profondità
massime di 7
mt).
Sarebbero
state
necessarie,
infine, le
opere di
costruzione
di una
strada
camionabile
di
collegamento
fino al
vicino
incrocio di
San Nicola e
il
prolungamento
delle
tubazioni
per il
rifornimento
idrico
dall’idroscalo
Ivo Monti.
Nella
relazione
non viene
esaminato
l’aspetto
dei costi,
successivamente
richiesto in
forma di
prospetto di
massima in
una lettera
del
Direttore
del Genio
Militare.
Figura 2 Le
alleanze
militari
durante la
Guerra
Fredda.
La
documentazione
rinvenuta si
ferma qui ma
le domande a
cui
bisognava
rispondere
erano, e in
parte lo
sono ancora,
due:
1) Al netto
della nota
perdita di
importanza
tattico-strategica
degli
idrovolanti
e
dell’idroscalo
del Lago di
Varano nella
Seconda
Guerra
Mondiale,
perché si
scelse
questo luogo
per
costruire
una base
sotterranea
per
motosiluranti?
La risposta
è da
ricercare
nel contesto
geopolitico
dell’epoca.
Il 16 aprile
del '47 la
Marina
Militare
inoltrò al
governo una
valutazione
della
situazione
nel
Mediterraneo
nella quale
si
riconoscevano
delle
criticità
nello Jonio
e Adriatico
a causa
delle
situazioni
jugoslave,
albanesi e
greche. Si
richiedeva,
quindi, che
le navi
maggiori
pattugliassero
questo
settore,
mentre il
naviglio
leggero
sarebbe
stato usato
per
assicurare i
collegamenti
marittimi.
La Marina
chiamava in
causa il
supporto
aereo ma
l'Aeronautica
all'epoca
non
disponeva di
mezzi utili
alla causa.
L’idea del
progetto del
Lago di
Varano
potrebbe
essere stata
dettata
proprio
dalla
necessità di
rafforzare
la presenza
militare in
medio
Adriatico
(con il
benestare
americano,
di certo),
anche alla
luce della
disponibilità
delle
“nuove”
motosiluranti
ex alleate
(l’acquisto
risale al
’47 infatti,
la
corrispondenza
rinvenuta è
di dicembre
dello stesso
anno ma
doveva
essere
preceduta da
altre
lettere dei
mesi
precedenti).
La presenza
di una base
“garganica”
avrebbe
compensato
la mancanza
di un
presidio
militare
stabile nel
lungo tratto
di mare tra
Ancona e
Brindisi
prospiciente
alla
Jugoslavia e
situato a
una distanza
minore per
via
dell’esposizione
in mare
della
penisola del
Promontorio
del Gargano.
Osiamo
avventurarci
in
congetture
di tattica
militare
pensando
alla
caratteristica
più
peculiare
del progetto
ovvero
l’invisibilità
della base
sotterranea,
oltretutto
in un bacino
interno,
presenza che
forse
sarebbe
dovuta
passare
inosservata
agli
jugoslavi i
quali,
chissà,
guardavano
al Gargano
come anello
debole della
difesa
navale
italiana.
2) L’altra
domanda che
ci siamo
posti è
stata:
perché tale
progetto non
fu mai
realizzato?
Il 1948 per
l’URSS è un
anno
piuttosto
travagliato
sul versante
occidentale.
Nel giugno
del 1948 c’è
la rottura
tra Stalin e
Tito che
obbligò
l'espulsione
della
Jugoslavia
dal
Cominform e,
sebbene il
Paese rimase
a matrice
comunista,
adottò una
posizione
non
allineata.
Il contrasto
era nato già
nel febbraio
1948,
rimanendo
inizialmente
segreto, in
seguito a un
incontro al
Cremlino in
cui Tito
aveva
rifiutato il
piano di
Stalin di
federazione
tra
Jugoslavia e
Bulgaria. A
marzo Stalin
richiamò
tutti i
consiglieri
militari e
gli
specialisti
civili
presenti in
Jugoslavia.
Poco dopo,
una lettera
del Comitato
Centrale
sovietico
iniziò a
criticare le
decisioni
del Partito
Comunista
Jugoslavo.
Allo stesso
modo, i
dirigenti
jugoslavi
vicini a
Tito fecero
blocco
attorno a
lui e quelli
fedeli a
Mosca furono
esclusi dal
Comitato
Centrale e
arrestati.
Escludendo
la
Jugoslavia
dal
Cominform,
Stalin sperò
di provocare
una
sollevazione
nel paese ma
ciò non
avvenne e il
Partito
Comunista
Jugoslavo,
epurato dai
"cominformisti",
elesse un
nuovo
Comitato
Centrale
totalmente
devoto a
Tito. La
rottura con
l'Unione
Sovietica
portò molti
riconoscimenti
internazionali
a Tito, ma
creò anche
un periodo
di
instabilità
nel Paese. A
fronte di
questa
defezione di
Tito dal
campo
comunista,
dunque,
l'Occidente
intravide la
possibilità
di integrare
la
Jugoslavia
nel sistema
militare di
difesa della
NATO (di cui
si iniziava
a parlare
proprio nel
’48), in
modo tale da
costituire
un unico
fronte
territoriale,
collegando
gli alleati
dell'Europa
Occidentale
con il
settore egeo,
costituito
da Grecia e
Turchia.
Durante la
crisi,
Winston
Churchill
portò un
discreto
sostegno a
Tito,
chiedendogli
in cambio di
ritirare i
suoi
partigiani
comunisti
dalla Grecia
e di cessare
gli aiuti.
Da parte
sua,
Churchill
fece sapere
a Stalin di
non toccare
la
Jugoslavia.
Stalin tentò
di
sottomettere
la
Jugoslavia
attraverso
l'arma
economica.
Ridusse le
esportazioni
dell'URSS
verso
Belgrado del
90% e
obbligò gli
altri stati
dell'Europa
orientale a
fare
altrettanto.
Questo
blocco
economico
costrinse
Tito ad
aumentare i
suoi scambi
con i paesi
occidentali.
Pur restando
fedele al
socialismo e
richiamandosi
agli stessi
principi
dell'Unione
Sovietica,
la
Jugoslavia
ne rimase
politicamente
indipendente.
Tito rimise
dunque in
discussione
la direzione
unica del
mondo
socialista
impressa
dall'URSS,
aprendo la
strada
all'idea di
un
socialismo
nazionale.
Insomma, se
la
Jugoslavia
non era più
un problema
la “nuova”
base di
Varano in
medio
Adriatico
non aveva
più un ruolo
importante
tale da
giustificarne
gli
importanti
sforzi
economici.
Unico
ostacolo
all’egemonia
adriatica
anglo-americana
restava
l’Albania
che però si
trovò
completamente
accerchiata
da potenze
ostili,
visto che
anche la
guerra
civile greca
si era ormai
conclusa con
il saldo
inserimento
del paese
ellenico nel
campo
occidentale.
Da allora
per il Paese
delle aquile
ebbe inizio
un periodo
di
isolamento
totale
durato quasi
mezzo
secolo, con
conseguenze
devastanti
sulla
società e
sulla
economia del
Paese.
Intanto in
Italia, nel
1948, si
elesse il
nuovo
Governo De
Gasperi V e
nel 1949 si
giunge a una
trattativa
segreta con
gli USA:
basi USA
permanenti
in cambio di
protezione
da un
attacco
esterno. Nel
frattempo
vennero meno
le
restrizioni
del Trattato
di Pace di
Parigi con
la firma
dell’adesione
alla nascita
del nuovo
organismo
(NATO) del 4
aprile 1949.
Con
l'adesione
alla NATO,
alla Marina
fu assegnato
il controllo
del mare
Adriatico e
del canale
d'Otranto,
nonché la
difesa delle
linee di
comunicazione
marittime
nel mar
Tirreno.
Infine
l’Italia fu
inserita nel
programma di
aiuti
militari
MDAP
(acronimo di
Mutual
Defense
Assistance
Programme).
Disegno
allegato
Il Ministro
della Difesa
Randolfo
Pacciardi
diede vita
al primo
programma
navale della
nuova
Repubblica
annunciato a
ottobre del
49 e
formalizzato
nel 50. Ebbe
inizio il
nuovo corso
di
rinnovamento
con lo
“Studio sul
potenziamento
della Marina
italiana in
relazione al
Patto
Atlantico”.
Se possiamo
ipotizzare
un’archiviazione
definitiva
del progetto
sicuramente
questa ne
potrebbe
essere stata
l’occasione
perfetta.
Per
completezza
concludiamo
l’esplicazione
del quadro
che si
andava
delineando
in
Adriatico.
La
cooperazione
tra
Jugoslavia,
Gran
Bretagna e
USA
proseguiva
culminando
nel 1953-54
con la
conclusione
di due
trattati
(Ankara e
Bled) che
agganciavano
in maniera
più forte la
Jugoslavia
all'Occidente.
Infine, con
un colpo da
maestro,
Tito
approfittò
della buona
disposizione
anglo-americana
per
chiudere a
proprio
favore la
questione
triestina:
con il
Memorandum
di Londra
del 5
ottobre 1954
la
Jugoslavia
riceveva la
Zona B del
Territorio
Libero di
Trieste.
Continuò ad
aleggiare
per decenni,
in ogni
caso, il
pensiero che
i sovietici
potessero
passare per
il Canale
d'Otranto
minacciando
l'Italia
meridionale,
magari con
l'appoggio
di una
fantomatica
guerriglia
comunista
italiana del
PCI. La
crescente
attenzione
rivolta
dall'Unione
Sovietica
verso i
paesi del
Mar
Mediterraneo
ed i
conseguenti
tentativi da
parte degli
Stati Uniti
di
contrastare
l'aumento
dell'influenza
sovietica
nell'area,
trasformò i
mari
italiani in
uno dei
principali
luoghi di
confronto
tra le
grandi
potenze
internazionali,
contribuendo
alla
riaffermazione
dell'importanza
dell'Italia
e dei suoi
porti,
grazie alla
loro
posizione
geografica
strategica.
In tale
contesto il
Gargano, in
primis per
la sua
posizione
geografica e
probabilmente
anche per la
bassa
densità
demografica,
continuerà
ad essere
visto con
attenzione
dai vertici
militari
della NATO:
basti
pensare alle
basi
aeronautiche
dell’Amendola
e di
Jacotenente
in Foresta
Umbra...ma
questa è
un’altra
storia.
PS
Il Generale
dell'Aereonautica
in congedo,
Piero
Pesaresi, ci
scrive:
La cosa mi
ha fatto
ricordare
un'analoga
iniziativa
immaginata
durante
l’ultima
guerra alla
Spezia. Si
voleva
portare in
caverna
l’intero
Arsenale e
l’aeroporto
di Cadimare,
con
l’entrata
nel Golfo e
l’uscita in
mare aperto
in località
Monesteroli.
Una cosa
pensata
veramente in
grande, come
può
verificare
dal disegno
allegato.
Non se ne
fece nulla,
ovviamente.
Furono
realizzati
invece dei
grandi
ricoveri in
caverna per
la
protezione
degli operai
dell’Arsenale
dagli
attacchi
aerei, che
furono
numerosi e
micidiali.
Negli anni
successivi,
durante la
guerra
fredda, quei
seimila mc
scavati
nella roccia
furono
portati ad
oltre 31.000
mc: vi
furono
ricoverate
le officine
dell’Arsenale,
che furono
mantenute in
perfetta
efficienza
fino alla
caduta del
muro di
Berlino.
La
planimetria
che le ho
invio è
custodita
nell'archivio
disegni
della
Direzione
del Genio
per la
Marina (Marigenimil)
della
Spezia. L'ho
riprodotta
nel volume
Il Genio
Militare
alla Spezia.
A 150 anni
dall'istituzione
della
Marigenimil
(1861 -
2011),
Moderna Ed.,
La Spezia,
2011, pp.
334. In
particolare
il disegno è
riprodotto a
pag. 318,
Fig. 335,
all'inizio
del breve
capitolo La
Guerra
Fredda. I
lavori in
galleria
(pp. 318 -
321).
Bibliografia:
• Relazione
illustrativa
dello studio
di massima
di un
progetto per
la
sistemazione
in caverna
di una
squadriglia
di otto
motosiluranti,
Archivio
dell'Ufficio
storico
della Marina
militare del
Comando m.m.
di Brindisi
•
Commissione
Italiana di
Storia
Militare,
L’Italia nel
dopoguerra:
L’Italia nel
nuovo quadro
internazionale.
La ripresa
(1947-1956),
2000
• Erminio
Bagnasco, Le
“Ex
Americane”,
in Marinai
d’Italia n.8/2010
• Erminio
Bagnasco, Le
“Nazionali”,
in Marinai
d’Italia n.1/2011
• Pier Paolo
Ramino, Una
storia
strategica
della Marina
Militare
Italiana,
2018
• Pierpaolo
Meccariello,
L’Albania
nel
dopoguerra,
• Stefano
Mencarelli,
Forze armate
mondiali dal
secondo
dopoguerra
al XXI
secolo, 2007
Sitografia:
• 10
febbraio
1947: il
prezzo della
sconfitta,
www.difesaonline.it/news-forzearmate/storia/10-febbraio-1947-il-prezzo-della-sconfitta
• La Marina
Militare
Italiana dal
1951 al
1960,
www.betasom.it/forum/index.php?/topic/34223-la-marina-militare-italiana-dal-1951-al-1960/
• La storia
di dieci
motosiluranti
tipo Higgins
e il destino
italiano di
4 di esse,
www.aidmen.it/topic/1333-la-storia-di-dieci-motosiluranti-tipo-higgins-e-il-destinoitaliano-di-4-di-esse/
• Le
motosiluranti
americane
destinate
all'URSS e
poi finite
all'Italia,
www.aidmen.it/topic/824-le-motosiluranti-americane-destinate-allurss-e-poi-finiteallitalia/
• Le navi
cedute
all’Italia,
xoomer.virgilio.it/ramius/Militaria/navi_cessioni_alleate.html
• Le unità
in servizio
alla fine
degli Anni
'40,
www.marina.difesa.it/noi-siamo-lamarina/storia/la-nostra-storia/storianavale/Pagine/fineanni40.aspx
• M.A.S.,
www.marina.difesa.it/noi-siamo-la-marina/mezzi/mezzi-storici/Pagine/mas.aspx
•
Motosilurante,
it.wikipedia.org/wiki/Motosilurante
•
Motosilurante
Higgins,
it.wikipedia.org/wiki/Higgins_(motosilurante)
•
Motosilurante
Vosper,
it.wikipedia.org/wiki/Vosper_(motosilurante)
• NavSource
Photo
Archive,
www.navsource.org/archives
• Quattro
motosiluranti
della Marina
ex inglesi
ex
americane: i
disegni,
www.aidmen.it/topic/133-quattro-motosiluranti-della-marina-ex-inglesi-ex-americane-idisegni/
• Unità
ausiliare e
minori della
Marina
Militare,
www.betasom.it/forum/index.php?/topic/28350-unit%C3%A0-ausiliarie-e-minori-dellamarina-militare/
Figure:
• Fig.1:
“Relazione
illustrativa
dello studio
di massima
di un
progetto per
la
sistemazione
in caverna
di una
squadriglia
di otto
motosiluranti”,
Archivio
dell'Ufficio
storico
della Marina
militare del
Comando m.m.
di Brindisi
• Fig.2:
Wikipedia
• Fig.3:
www.marinaiditalia.com
• Fig.e
4-5-6:
www.navsource.org
• Fig.e
8-9-10: Foto
scattate
dall’aviere
Carlo
Magnini nel
1917,
archivio
Giuliano
Parviero
• Fig.11-12“Relazione
illustrativa
dello studio
di massima
di un
progetto per
la
sistemazione
in caverna
di una
squadriglia
di otto
motosiluranti”,
Archivio
dell'Ufficio
storico
della Marina
militare del
Comando m.m.
di Brindisi
• Fig.7-13-14-15:
Ricostruzione
grafica a
cura di
Andrea
Giuliano
Fig.16:
Fonte gruppo
Facebook “...QUELLI
DEL 31°
Gr.R.A.M.
JACOTENENTE...”