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Polonia: Templewo e il bunker Object 3003 |
Da notizie.it del 31 dicembre 2020 |
In Polonia, il bunker Object 3003, nel villaggio di Templewo. Caduto nell'oblio dopo la caduta dell'URSS, divenne il nido di formiche cannibali, scoperte nel 2013 In Polonia è presente un sito, un bunker sovietico per l’esattezza del periodo della guerra fredda, che quando era operativo si chiamava Object 3003. La particolarità di questo sito, è il fatto di essere diventato il nido di una colonia di formiche cannibali. A circa nove miglia da Międzyrzecz, in Polonia, nel villaggio di Templewo, è situato un bunker sovietico risalente ai tempi della guerra fredda. Il bunker non è di facile localizzazione, la natura infatti si è ripresa i suoi spazi nascondendolo alla vista dei più, ma per chi sa dove cercare, questo bunker rappresenta una vera sorpresa: è infatti il nido di una colonia di formiche cannibali, appartenenti alla specie polyctena. Il bunker faceva parte del progetto Wisla, e venne completato alla fine degli anni 60′. Conosciuto con il nome in codice di Object 3003, rimase in funzione per oltre 30 anni, per essere poi abbandonato e cadere nell’oblio, dopo la caduta nel 1991 dell’Unione Sovietica. La funzione di questo bunker era quella di ospitare armi nucleari, per la quale venne costruita una struttura a due piani, che prese il nome di Monolith Bunker. Ovviamente poichè faceva parte di strutture costruite durante il periodo della guerra fredda, è impossibile trovare delle informazioni scritte che ne attestino la costruzione: dovevano rimanere segrete, pertanto nessun accenno doveva essere messo per iscritto, in modo che non fosse possibile localizzarle. Non ci sono dettagli sulla loro organizzazione spaziale, difesa sul campo o eventuali modifiche apportate. Oltre ad essere quindi un bunker di stoccaggio per armi nucleari, la struttura è diventata famosa nel 2013 , quando si scoprì che al suo interno celava una colonia di oltre un milione di formiche cannibali. Secondo gli studiosi, alcune formiche del legno, presenti sulla cima di un tubo di ventilazione che sporge dal terreno, caddero all’interno del tubo stesso. Quì, nonostante le condizioni avverse, prive di sole e calore, riuscirono comunque a fondare la loro colonia, grazie all’arrivo di nuove formiche dall’esterno, visto che quelle presenti nel bunker non erano in grado di riprodursi. A questo punto gli scienziati si chiesero come riuscissero ad alimentarsi, e la risposta fu sorprendente: si sono evolute, adattandosi al nuovo habitat e trasformandosi in formiche cannibali. Anzichè quindi sostentarsi con melata e afidi, queste formiche si cibano dei corpi degli esemplari morti. Per verificare se oltre ad un cambiamento nell’alimentazione, avessero sviluppato dei cambiamenti comportamentali, il professor Czechowski e il suo team installarono un ponte improvvisato nel foro di ventilazione, attraverso il quale gli insetti erano in grado di accedere alla superficie: il risultato ha lasciato di stucco il team di studiosi. Le formiche infatti sono tranquillamente ritornate al loro nido originale, senza mostrare comportamenti aggressivi, e non sono state neppure respinte dalle formiche della colonia, come se sapessero che quelle formiche facevano parte del loro nido. In qualche modo sono state riconosciute dalle formiche della colonia originale. Oggi è possibile visitare il bunker, vi si accede tramite una strada asfaltata, ma con erba che cresce tra le fessure. Ci sono molte trincee e buche intorno all’area, e i visitatori dovrebbero fare attenzione perché c’è ancora molto filo spinato. |
IL CASTELLO DI ARECHI, IL GUARDIANO DI SALERNO |
Da napoli-turistica.com del 28 dicembre 2020 |
Dall’alto del monte Bonadies il Castello di Arechi domina le cupole e i tetti di Salerno. Dalla sue terrazze è possibile godere di un suggestivo panorama che permette, con un solo sguardo, di abbracciare il golfo di Salerno, la splendida Costiera Amalfitana e il golfo del Cilento. UN PÒ DI STORIA La fortezza difensiva, di quella che un tempo era la capitale del ducato Longobardo, in realtà esisteva già prima dell’arrivo di Arechi, il principe che gli diede il nome. Arechi II, signore della Longobardia Minor, duca di Benevento dal 758 al 774 e principe della città di Salerno dal 774, lo scelse come sede del suo regno. La fortezza medievale di Salerno per circa tre secoli è stato il centro del potere longobardo e non fu mai espugnato nel corso della storia. I Normanni, guidati da Roberto il Guiscardo, nel 1077, riuscirono a prenderlo solo dopo un lunghissimo assedio che costrinse gli occupanti ad arrendersi per fame. Il Castello viene ampliato e rimaneggiato dai Normanni, dagli Angioini e dagli Aragonesi. Nel periodo vicereale il castello di Arechi diventa parte integrante del sistema difensivo, con le varie torri costiere di avvistamento, per proteggere il regno dalle frequenti incursioni dei saraceni. Gli ultimi proprietari del castello, i Conti Quaranta Signori di Fossalopara, nel 1960 decisero di vendere la proprietà alla Provincia di Salerno, che si è occupata dei lavori di restauro. Il Castello di Arechi è protetto da torri, mura merlate e ponti levatoi. Ai Normanni si deve la costruzione della torre detta “La Bastiglia“, mentre agli Angioni, si deve la costruzione di un “balneum” e di un sistema termale. La splendida terrazza Belvedere è del XVI secolo quando il castello divenne la residenza dei principi Sanseverino (feudatari di Salerno). Oltre ai saloni dedicati a convegni, eventi e cerimonie private, il castello ospita un museo multimediale, che ripercorre la storia dell’area; un museo archeologico che espone i reperti rinvenuti durante i lavori di restauro dell’antica fortezza tra cui ceramiche, vetri e monete. Il maniero medievale è inoltre circondato da un grande parco naturalistico con due percorsi di archeotrekking: NaturArechi alla scoperta della Bastiglia e delle Antiche Mura e Sentiero del Principe. CURIOSITÀ Il colle su cui sorge il castello di Arechi è chiamato Bonadies (buongiorno), poiché è la prima zona ad essere baciata dal sole sorgente. Il castello di Arechi servì anche d’ispirazione alla tragedia dal titolo la “Ricciarda” del grande poeta Ugo Foscolo. Indirizzo: Località Croce, 84125 Salerno Orari: Martedì a Sabato 9.00 / 17.00. Domenica 9.00 / 15.30, lunedì chiuso. Costi: ordinario 4 euro, ridotto 2 euro. Sito web: www.ilcastellodiarechi.it |
Il Castello di Monopoli e il mistero dell’insistente suono di tamburo |
Da corrieresalentino.it del 27 dicembre 2020 |
Fu l’Imperatore Carlo V ad
ordinare la costruzione del Castello di Monopoli, nell’ambito
della strategia di difesa delle coste del Regno, continuamente
minacciate dalle scorribande piratesche turche ma anche come protezione
delle mire veneziane, poiché nel 1528 le armate della Serenissima
avevano assediato e preso la città. Come luogo fu scelta Punta Pinna, un
piccolo promontorio avanzato sul mare e come nucleo della fortezza
furono utilizzate la Chiesa rupestre di San Nicola in Pinna, risalente
al X secolo, ed una porta di epoca romana rinforzata da due corpi di
guardia ai lati, costruita sulle antiche mura di cinta di origine
peuceta. I lavori, affidati alla direzione del Viceré Don Pedro de
Toledo, secondo alcuni storici, o del Marchese Don Ferrante Loffredo che
risiedeva in Lecce, secondo altri, ebbero termine nel 1552. Nel XVII
secolo il castello subisce alcune modifiche e ristrutturazioni che ne
modificano l’assetto per adattarlo alla funzione di dimora residenziale
ed in effetti è stato sede della più alta autorità militare cittadina
sino alla metà del XIX secolo, quando venne adibito a carcere
mandamentale, funzione che ha poi mantenuto sino agli anni ’60 del XX
secolo. Dopo alcuni anni di abbandono, negli anni ’90 sono stati
effettuati dei lavori di restauro e di consolidamento ed oggi il
castello viene utilizzato per manifestazioni ed eventi culturali. |
Scoprite con noi le città murate e cosa raccontano |
Da corriere.it del 26 dicembre 2020 |
Una porzione delle mura di Ravenna Tra le più famose, Palmanova, che deve alla struttura delle mura il soprannome di cittàstellata, ma anche Sabbioneta, Monteriggioni, Ferrara e Amelia. Opere di ingegneria Molte, in Italia, le città murate (o fortificate) che hanno conservato almeno in parte la cerchia delle mura di difesa, costruite in alcuni casi in epoca etrusca, romana, medievale o rinascimentale. Tra le più famose, Palmanova (Udine) in Friuli Venezia Giulia, la cui pianta a nove punte è ben visibile dall’alto. Fu costruita dai veneziani nel 1593 ed è anche chiamata la città stellata. Dal 1960è monumento nazionale. Ci sono poi la Cittadella (Pd), con la cinta muraria sorta nel 1220. E ancora Sabbioneta (Mn), Monteriggioni (Siena), una città castello dove la cinta muraria ha forma ellitticadello spessore di 2 metri, intervallata da 15 torri e due porte, e cinge un colle chiamato monte Ala, Ferrara, Lucca o Montagnana (Pd), uno degli esempi meglio conservati di architettura militare in Europa. Cittadella di Alessandria, e ancora Civitella del Tronto(Teramo), una delle più importanti opere di ingegneria militare mai realizzate in Italia. E il «borgo gioiello» Corinaldo (An), 912 metri di mura fortificate imponenti e ben conservate, datate 1300 (nella immagine in apertura). «Le Mura sono state per millenni il limes che definiva l’urbe e allo stesso tempo – spiega Massimo Bottini, presidente della Sezione di Santarcangelo di Romagna dell’associazione Italia Nostra - stabiliva lo status delle persone: coloro che vivevano all’interno della cerchia muraria erano cittadini (in antitesi rispetto al contado), appartenenti cioè ad un corpo sociale strutturato ed organizzato in spazi definiti, secondo gerarchie sociali e culturali storicamente variabili ma sempre riconoscibili». Quando Romolo tracciava il solco con l’aratro per definire la neonata Roma, oltre ai limiti del villaggio, stabiliva ance l’appartenenza di quanti si trovavano al suo interno alla tribù dei Latini. Le mura imponevano anche usi e costumi legati al passaggio dentro e fuori dai limiti cittadini. «L’ingresso delle merci nell’urbe doveva avvenire pagando un dazio alla Dogana, transitando - aggiunge Bottini - per una Porta dove si veniva controllati ed esistevano differenze tra cittadini e contadini che potevano degenerare anche in conflittualità sociali. Fortissimo anche l’impatto che l’architettura difensiva aveva sulla percezione della città, cui si accedeva superando un terrapieno, oppure un fossato, formato da un muro di scarpa e di controscarpa, perennemente pieno d’acqua e attraversabile solo con un ponte levatoio». Architetture che hanno lasciato traccia anche nella toponomastica dei luoghi e, infatti, le Porte con i loro nomi – Porta Romana, Porta Fiorentina, Porta Ticinese – orientano ancora adesso il cittadino e il forestiero in molte città, a partire da Milano. Con il progredire delle tecniche militari, per reggere l’urto dei cannoni, le mura divennero sempre più complesse, “alla moderna”, assumendo forme affascinanti come a Palmanova o imponenti come a Lucca. Le diverse cinte murarie di una stessa città sono anche testimonianza del suo successo e della sua conseguente crescita demografica: tante conservano ancora evidenze delle cinte più antiche ed interne nei sotterranei degli edifici o nei lacerti che emergono nel tessuto urbano.
La Sezione di Italia Nostra di Udine ha da tempo intrapreso un’azione di salvaguardia e recupero delle mura di Palmanova. A partire dal 1996 ha proposto insieme al Circolo Comunale di Cultura “Nicolò Trevisan” di Palmanova un restauro conservativo e un riuso compatibile della cinta fortificata e del tessuto urbano. Ha anche pubblicato nel 2001 una guida dal titolo Le Mura di Palmanova – itinerari storico artistico ambientale che spiega non solo la storia e le caratteristiche della fortezza ma anche le ragioni dell’attuale degrado e il possibile futuro riuso. Infine ha inserito Palmanova nella “Lista Rossa” nella consapevolezza della fragilità della città-fortezza rinascimentale e del suo ricchissimo patrimonio storico- rchitettonico e culturale. Nel 2017 le fortificazioni sono infine entrate a far parte del Patrimonio dell’umanità nel sito “Opere di difesa veneziane tra XVI e XVII secolo: Stato da Terra-Stato da Mar occidentale”. Piacenza, inserita fra le città murate italiane, possiede gran parte delle fortificazioni realizzate nel XVI secolo. Dei 6500 metri che cingevano la città cinque secoli fa ne restano oggi circa 4000, in molti tratti con necessità di manutenzione urgente, per i danni degli agenti atmosferici e per lo sviluppo di vegetazione spontanea che distrugge il paramento murario. Sono ancora visibili parte dell’anello fortificato con sei dei nove bastioni, una delle quattro piattaforme e due delle cinque porte. Nel 1525 Papa Clemente VII, signore di Piacenza, decise di fortificare la città munendola di mura bastionate, incaricando inizialmente l’ingegnere militare Pietro Francesco da Viterbo e successivamente altri tra cui l’architetto Antonio da Sangallo che diede inizio alla scienza fortificatoria detta “alla moderna” o “all’italiana”. Le fortificazioni bastionate di Piacenza e di Verona divennero il modello per gli architetti italiani e stranieri impegnati ad adattare o realizzare nuove fortificazioni in grado di resistere alla potenza delle armi da fuoco da poco introdotte e in rapida evoluzione. L’accresciuta e migliorata potenza dell’artiglieria e soprattutto la minaccia ricorrente di invasioni turche che lungamente ossessionarono le popolazioni salentine spiegano il notevole sviluppo delle numerose opere di fortificazione sorte, tra la fine del Quattrocento e inizio del Cinquecento, in Puglia e, specialmente in terra d’Otranto. Gli Aragonesi munirono di valide opere difensive non solo le più importanti città ma persino piccole terre feudali. In luogo di un potenziamento della flotta da adibire al pattugliamento del mediterraneo i Viceré scelsero di creare di un sistema “statico” di difesa che appariva meno oneroso perché scaricava i costi sulle comunità locali. Le mura sono strettamente legata al nuovo ruolo strategico della città, alla crescita demografica ed alla concentrazione di lavori pubblici voluti da Carlo V e rappresentano una importante testimonianza di fortificazione cinquecentesca. L’imperatore dette incarico a Don Pedro de Toledo y Zùniga, Vicerè di Napoli a fortificare le mura già presenti nella città di Lecce. Ne risultò un nastro poderoso di mura di cinta dotate di bastioni angolari a difesa delle cortine più esposte agli attacchi esterni. La cinta muraria fu dunque sostituita da una fortificazione dotata di baluardi capaci di resistere all’attacco delle le nuove armi da guerra del tempo. La struttura muraria si eleva per un’altezza di quattro metri, realizzata con la tecnica costruttiva “a sacco”, la stessa usata dai Romani ed ampiamente sperimentata nell’edilizia. Il materiale usato è la pietra leccese, levigata nella parte esterna, scabra all’interno e tagliata in blocchi isodomi. Dopo il crollo di un tratto nel 2006, la sezione di Italia Nostra ha fatto della ricostruzione e del restauro delle mura della città la propria principale battaglia. Segnalate in Lista Rossa, le mura di proprietà pubblica sono un’imponente cinta muraria in opera poligonale risalente al VI e IV sec. a.C. che cinge ancora oggi la cittadina per circa 2 km. La cinta muraria è stata costruita in età preromana a difesa della parte più esposta agli attacchi, e continuamente ricostruita, restaurata, elevata in altezza ed ampliata, sia in Età romana che in quella Medievale, con tecniche e stili leggibili. La linea della cinta medievale coincide con quella delle mura poligonali, salvo alcune eccezioni, come nel tratto nordoccidentale, intorno a Porta della Valle, ove le mura medievali cingono aree esterne alla preesistente cinta poligonale. Negli scavi dopo il crollo, avvenuto il 16 gennaio 2006, si è scoperta la presenza di un ulteriore cinta in opera quadrata anteriore alle poligonali. Quattro porte consentono l’ingresso nel centro storico: Porta Romana, Porta Leone, Porta Posterola e Porta della Valle. Alife fu città sannitica antichissima ed evoluta, che nel V secolo a.C. batteva monete di argento e inumava i defunti in ricche necropoli. L’abitato preromano al tempo delle guerre sannitiche si arroccò in cerca di sicurezza sul colle del distrutto castello di Sant’angelo di Rupecanina, che in età normanna ne riprese e rafforzò le mura. Nel 90 a.C. questi abitati furono assaltati da Silla e rasi al suolo e la popolazione fu in gran parte sterminata e fu probabilmente Silla stesso o, poco più tardi, i Triumviri che fondarono la nuova città di Alife in pianura. Questa ebbe un impianto ricalcato sul castrum romano: forma rettangolare con alte mura in opera incerta e numerose torri piene. Le porte erano ubicate al centro di ogni lato e unite da due vie, cardo e decumano, lungo le quali si impostò un regolare impianto sullo schema ippodameo, scandito da strade tra loro parallele. Le mura di Alife difesero la città anche nel medioevo. Nell’Ottocento quando dovunque in Europa si abbattevano mura e castelli, qui fu invece consolidato. Purtroppo, il castello e le mura subirono purtroppo grandi danni durante un terribile bombardamento americano nella Seconda Guerra Mondiale. E danni fece anche la speculazione edilizia che seguì: una torre della porta ovest fu abbattuta con la dinamite perché pericolante, le case dilagarono sulle mura o all’esterno in adiacenza impedendone la vista. Oggi le mura di Alife sono una rarissima cinta urbana del I secolo a C che versa in sostanziale abbandono, soverchiata da abusi o da erbe e cespugli, con evidenti danni in più settori ma alcuni tratti conservano imponenza e bellezza. L’agosto del 2020 ha visto l’inizio di un intervento di somma urgenza a tutela del mastio del castello. «Manca però un piano organico di tutela, restauro, eliminazione - denuncia Italia Nostra - di abusi e superfetazioni, mentre il centro storico progressivamente perde popolazione, il che potrebbe suggerire una legge speciale per un intervento pilota per rafforzare e recuperare il perimetro murario, scavare restaurare il grande castello tra i primi, se non il primo, del tipo a cittadella d’Italia, risanare il patrimonio edilizio urbano, con scavi nei vasti settori inedificati». |
Alfonsine, la base nucleare Nato fa spazio all'agricoltura |
Da settesere.it del 25 dicembre 2020 |
Un altro pezzo di Guerra fredda
va in soffitta. Il terreno agricolo di oltre 30 ettari che si trova ad
Alfonsine in via Fornazzo, in località Madonna del Bosco, che diversi
anni fa avrebbe potuto diventare sede di una base militare Nato, è stato
ceduto, dopo tre aste andate deserte, ad una impresa agricola per circa
883mila euro (fuori campo Iva). (nell'immagine il quadro del pittore Mario Bocchini che raffigura il sottopasso ferroviario in destra Senio ad Alfonsine. Sulla destra si intravede la scritta «no atomica» ) |
Torrione di Monte Antico a Ripatransone, Lucciarini De Vincenzi: "Lavori al via, polemiche sterili |
Da rivieraoggi.it del 23 dicembre 2020 |
Torrione Monte Antico RIPATRANSONE – È stato avviato il restauro del Torrione di Monte Antico. L’intervento è inserito in una seconda fase di un più ampio programma di intervento che ha interessato ed interesserà l’intera cinta muraria medievale della città di Ripatransone. La riqualificazione si rende possibile grazie ad un contributo economico del Gal Piceno pari a 38.512,62 euro a cui si aggiunge una compartecipazione del Comune di Ripatransone di 16.505,83 euro. I lavori, progettati dall’Architetto Moreno Farina ed affidati all’impresa Acciarri Costruzioni di Montalto delle Marche, specializzata in restauro monumentale, sono da considerarsi propedeutici ad un complessivo intervento di restauro che prevedrà anche il ripristino della fruibilità del piano intermedio ad oggi non accessibile.
Il restauro consisterà
nei seguenti interventi: “Con l’avvio dei lavori di restauro del Torrione di Monte Antico diamo seguito ad un importante impegno preso con i cittadini ripani”, dichiara il Sindaco Alessandro Lucciarini De Vincenzi. “L’intervento ci consentirà di riconsegnare a Ripatransone e a tutte le Marche un bene monumentale di primaria rilevanza, per il tessuto culturale locale e per il suo comparto turistico”. “Si iniziano a cantierizzare le opere che in un anno e mezzo l’Amministrazione ha programmato exnovo o di cui ha aggiornato i progetti già in possesso per portarli alla fase realizzativa. Lasciano sbalorditi le affermazioni di chi, a tal riguardo, afferma di conoscere tutto l’iter sostenendo che i progetti sono datati sette anni ma dichiarando al contempo di non aver mai visto il progetto. Qualcosa, di certo, non torna. Non ci lasciamo di certo distrarre dalle inutili e sterili polemiche rilevate nelle ultime ore sulla stampa visto che addirittura c’è chi è arrivato a parlare di abbattimento dei merli sommitali del torrione. Ripensando all’origine di certe dichiarazioni, non ne resto stupito. Proseguiamo quindi con la programmazione degli interventi e la loro realizzazione, impiegando, come più volte ribadito, il minimo di risorse da bilancio comunale e ponendo massima attenzione all’intercettazione di finanziamenti esterni” conclude il Sindaco. |
Doppio appuntamento online per scoprire i segreti del Forte dello Chaberton - Iniziativa di Monte Chaberton - 515 Batteria Guardia alla Frontiera |
Da lagendanews.com del 22 dicembre 2020 |
CESANA TORINESE – Doppio appuntamento con la storia delle fortificazioni, lunedì 28 dicembre e martedì 5 gennaio. In occasione di due dirette streaming, con inizio alle ore 18, riguardanti la storia delle opere militari alpine. Da quelle di epoca triplicista, come i forti Jafferau, Bramafam e la caserma difensiva del Frejus. Poi quelle difensive degli anni ’30, inserite nell’ambito della più ampia organizzazione del Vallo Alpino del Littorio presenti nella conca di Bardonecchia e gli aspetti di vita quotidiana dei soldati posti a presidio delle stesse attraverso la presentazione di diversi reperti ed oggetti, anche inediti e poco noti, di uso comune rinvenuti all’interno delle stesse, ed in particolare del Forte Chaberton. DUE DIRETTE STREAMING IN COMPAGNIA DELL’ASSOCIAZIONE MONTE “CHABERTON” I relatori, Mauro Minola, Davide Corona, Ottavio Zetta e Fabrizio Coniglio introdotti e moderati come di consueto da Emanuele Mugnaini e supportati, rispettivamente, dalla regia di Riccardo Rebora e dalle riprese di Riccardo Tabasso illustreranno gli aspetti salienti della genesi, dello sviluppo e dell’entrata in servizio di queste opere che per più di mezzo secolo, dalla fine dell’ottocento, hanno caratterizzato la storia militare della valle e di tutti quei soldati, fanti, alpini, artiglieri, genieri, trasmettitori. In esse, sia in tempo di pace che di guerra ci hanno vissuto, vigilato e combattuto. Particolare cenno verrà poi rivolto alle operazioni del giugno ’40 che, proprio quest’anno, hanno visto ricorrere l’ottantesimo anniversario, onorato dal sodalizio con l’organizzazione e l’allestimento, attraverso la preziosa collaborazione della locale Amministrazione, della mostra storica ubicata all’interno dei locali del palazzo delle feste, attualmente però chiusa alla fruizione del pubblico per via dell’emergenza covid-19. Per informazioni: www.montechaberton.it info@montechaberton.it |
Nei sotterranei di Termini |
Da fsnews.it del 22 dicembre 2020 |
L’antica cabina di controllo e il suo clone REDAZIONE FONDAZIONE FS ITALIANE
Nella stazione Termini di Roma,
all’altezza della chiesa di Santa Bibiana e dei resti del Tempio di
Minerva Medica, si trova un gioiello nascosto: la cabina Ace (Apparato
centrale elettrico), la torre di controllo che un tempo regolava la
circolazione ferroviaria nello scalo. Il progetto completo prevede di trasformare in un museo i due locali che accolgono i banchi di manovra, realizzare una biblioteca e un archivio storico. Un modo per recuperare un edificio un tempo fondamentale alla quotidianità e donare alla stazione Termini una connotazione culturale che possa unirsi all’attuale funzione ferroviaria, commerciale e conviviale. |
Perché la Russia ha messo in allerta di combattimento i sistemi missilistici antiaerei Buk-M3 |
Da lantidiplomatico.it del 21 dicembre 2020 |
Gli ultimi sistemi missilistici terra-aria a medio raggio Buk-M3 sono entrati in allerta per il combattimento per la prima volta nella regione dell'Altai, nella Siberia occidentale, per fornire difesa aerea sul territorio del distretto militare centrale russo. A renderlo noto è l'ufficio stampa del distretto, secondo quanto riferisce l’agenzia TASS. Perché entrano in allerta da combattimento i sistemi missilistici russi?
"Dopo aver attivato i sistemi missilistici antiaerei, la formazione
Altai ha quintuplicato le sue capacità di combattimento senza espandere
il proprio personale. Il personale dell'unità di stanza a Biysk in
precedenza ha subito un nuovo addestramento per imparare a utilizzare i
sistemi Buk-M3. , le squadre hanno condotto sparatorie dal vivo al campo
di prova di Kapustin Yar nella regione di Astrakhan e si sono trasferite
nella loro base permanente dove sono stati eseguiti tutti i lavori di
manutenzione necessari”. |
I bunker al centro di itinerari turistici |
Da ilrestodelcarlino.it del 20 dicembre 2020 |
Il progetto a cui lei fa riferimento è quello partito da poco grazie alla Proloco di Marina di Ravenna, in collaborazione con il Dipartimento di Architettura dell’Università di Bologna, e chiamato ‘Sentinelle di un paesaggio dimenticato del Novecento. I Bunker della Linea Galla Placidia a difesa delle coste romagnole’. L’iniziativa vede anche la partecipazione delle Proloco di Casalborsetti, Porto Corsini e Punta Marina Terme, tra le località coinvolte da questi percorsi, e il contributo della Regione. Sono diverse le tracce della Seconda Guerra mondiale soprattutto lungo la costa e le pinete. Sono quelle sorte lungo la cosiddetta Linea Galla Palcidia, e cioè la linea edificata dalle truppe tedesche per evitare un eventuale sbarco degli Alleati lungo le coste Adriatiche a nord della Linea Gotica. Il progetto prevede la realizzazione di percorsi strutturati che ricostruiscano la storia di questi luoghi anche e soprattutto a scopo turistico. Per questo sono stati organizzati corsi per, appunto, le guide turistiche. L’obiettivo è di ricostruire le vicende storiche di questi luoghi e dei manufatti che presenti, evidenziandone le tecniche con cui sono state costruttive. In realtà già da qualche anno, grazie a un gruppo di volontari, i bunker sul nostro territorio erano stati riscoperti e posti al centro di diverse visite guidate. |
Batteria San Felice: Il Comitato per il Forte accusa l’amministrazione |
Da radioclodia.it del 19 dicembre 2020 |
Dopo la notizia della prossima riapertura della Batteria San Felice, il comitato per il Forte presieduto da Erminio Boscolo Bibi, si scaglia contro l’amministrazione comunale. “In attesa di conoscere il testo della delibera che, in accordo con la società Mosella determina i nuovi orari di apertura a partire da febbraio 2021 – spiegano attraverso una nota dal Comitato Forte San Felice – con sorpresa verifichiamo però che i tempi di fruizione pubblica vengono letteralmente dimezzati. A mente degli orari stabiliti con la convenzione del 2016 erano previste 77 ore settimanali nei mesi da maggio a settembre e 46 ore settimanali nei mesi di febbraio, marzo, aprile ed ottobre. Con gli orari previsti dalla nuova delibera quelle ore si riducono rispettivamente a 32,5 e 27,5!” “Ricordiamo che l’apertura al pubblico della Batteria non è una gentile concessione della società Mosella, ma un obbligo che le deriva dalla Convezione sottoscritta con il Comune a seguito della variante approvata dal Consiglio Comunale. In cambio di quel permesso è previsto un vincolo ad uso pubblico della Batteria (mq 4949), con oneri di gestione e manutenzione completamente a carico della società, con le limitazioni orarie previste da una delibera di Giunta del 2015. Da ricordare che l’uso pubblico riguarda tutta la Batteria, non solo il rilevato erboso con i bunkers, ma anche la parte monumentale verso la riva, che invece è sempre stata preclusa ” prosegue la nota. “Chiediamo all’Amministrazione comunale – conclude il comitato – di rivedere quanto deliberato e chiediamo un pubblico confronto in merito. Abbiamo avuto notizia che la Soprintendenza ha effettuato un sopralluogo per verificare il rispetto delle condizioni previste nell’atto di alienazione: ne attendiamo gli esiti“. |
Scansione Laser della Fortezza di Sarzanello |
Da fabricalab.eu del 19 dicembre 2020 |
Fabrica
inizia una nuova straordinaria avventura. L’incontro di un manufatto
unico e così antico come la Fortezza di Sarzanello ed il nostro Leica
RTC360 ha un sapore davvero unico. Stiamo visitando la Fortezza, scansionando pietra per pietra, centimetro per centimetro ogni volume, ogni spazio interno ed esterno per ricostruirla digitalmente e renderla disponibile, in una nuova veste digitale, allo studio ed alla ricerca, su incarico del Polo Museale della Liguria www.musei.liguria.beniculturali.it La conoscenza, la consapevolezza e l’accessibilità digitale ad un bene così ben conservato, maestoso ed importante passano oggi da una proposta di tecnologia sul campo, elaborazione e postproduzione dei dati e professionalità al passo con le necessità di crescere costantemente ed innovare, valori in cui Fabrica crede e si ritrova ogni giorno. Racconteremo attraverso alcune “puntate-blog” il nostro viaggio nella storia e nella tecnologia, incominciando, come per tutte le storie che si rispettano, dai due protagonisti principali: la Fortezza ed il nostro Laser Scanner. Le prime notizie di un luogo fortificato situato nell’attuale posizione della Fortezza risalgono al 963 d.C. Nei secoli seguenti saranno apportate modifiche e ristrutturazioni al complesso che si completeranno nel 1502, attraversando anni di sconvolgimenti e passaggi di proprietà. Per informazioni più complete è possibile visitare il sito ufficiale www.fortezzadisarzanello.com Fabrica utilizza il proprio Laser Scanner Leica RTC360 di cui, per i più curiosi, indichiamo di seguito alcuni dati tecnici di riferimento: Classe Laser 1 (in accordo alla IEC 60825-1:2014), 1550 nm (invisible), Range Oltre i 130 m, Risoluzione 3 mm a 10 m, Accuratezza 1.9 mm a 10 m, Camera min. 36 MP Sistema di cattura a 3 camere 432 MPx raw data per immagini sferiche 360°x300°. Iniziamo… abbiamo posizionato lo strumento lungo il percorso più esterno che costeggia il fossato, compiendo un primo giro completo che ci ha permesso di catturare le costruzioni principali: il castello ed il rivellino. Abbiamo successivamente rilevato tutta l’area esterna superiore dei due elementi centrali in modo da ottenere un primo ingombro complessivo della Fortezza stessa. Siamo passati a scansionare le parti più misteriose ed intriganti costituite dagli interni ricavati nei volumi principali, in particolare i camminamenti interni al rivellino, la santabarbara ed al castello e gli spazi all’interno dei torrioni. La parte interna della fortezza è stata completata con la scansione degli ambienti interni ai livelli superiori. La visione complessiva e tridimensionale del complesso permette di migliorarne la conoscenza e la comprensione e certamente tali possibilità saranno sfruttate al massimo dal Polo Museale della Liguria e da tutti gli appassionati e ricercatori. Attraverso alcuni articoli che pubblicheremo, cercheremo quindi di documentare le nostre attività. |
Riapre il Mausoleo di Augusto a Roma. Restauri pagati da Fondazione TIM |
Da artribune.com del 18 dicembre 2020 |
Foto Mausoleo di Augusto dall'alto (2019) Dopo 14 anni il monumento tornerà nel 2021 a poter accogliere il pubblico. Per i residenti l’ingresso sarà gratuito per tutto l’anno. Ma tutti si dovranno rigorosamente prenotare
Il
Mausoleo di Augusto, monumento emblematico della Roma imperiale, verrà
restituito al pubblico il prossimo 1 marzo 2021, grazie alla
lungimirante relazione instaurata tra l’ente privato, Fondazione TIM, e
l’amministrazione pubblica di Roma Capitale che firmò Un percorso privo di barriere architettoniche, aperto, condiviso e innovativo si snoderà parallelamente ai soffertissimi lavori di sistemazione urbanistica della piazza circostante (Piazza Augusto Imperatore) avviati finalmente proprio con la fine del primo lockdown, nel maggio 2020. Con un ritardo, come dicevamo, drammatico rispetto alle aspettative e solo grazie allo sblocco delle pratiche che si deve al soprintendenze Francesco Prosperetti. Da non dimenticare che sulla piazza, al cospetto di cotanti cantieri di cui l’inizio è noto ma la fine un po’ meno, è appena partita la grande impresa del Bulgari Hotel che prenderà tutta un’ala degli affascinanti palazzi Anni Trenta qui realizzati in epoca fascista. I lavori della piazza e del monumento vanno dunque avanti in qualche misura in parallelo con un obbiettivo di chiusura complessiva di tutta l’operazione al 2024 (sì, a Roma per realizzare una piazza servono 4 anni; se va tutto liscio…) con il monumento che intanto apre parzialmente e con la piazza che va avanti in due tranche di lavori con l’anomalia di avere il progettista, il maestro Cellini appunto, tagliato fuori non solo dalla direzione lavori ma anche dalla direzione artistica del progetto. Insomma il più grande intervento urbanistico in centro storico a Roma viene realizzato senza il contributo ai lavori del progettista che lo ha disegnato. Ma lasciamo per un attimo la piazza e torniamo al Mausoleo. Mausoleo di Augusto, 1963, Roma, Museo di Roma, Archivio Fotografico PUBBLICO E PRIVATO VERSO UN OBIETTIVO COMUNE Dopo la prima fase di restauro conservativo terminata nel 2019 e realizzata mediante un finanziamento pubblico di 4.275.000 euro (di cui 2 milioni versati dal Mibact e 2.275.000 da Roma Capitale), è attualmente in corso la fase di valorizzazione del monumento, finanziata da Fondazione TIM che contribuisce ai lavori di restauro e di recupero del complesso. “Abbiamo cominciato cinque anni fa” , spiega il Presidente di Fondazione TIM, Salvatore Rossi. “In questo lasso di tempo abbiamo lavorato con Roma Capitale, insieme alla Sovrintendenza Capitolina, ci sono stati – a volte – ritardi, qualche incomprensione, ma l’importante adesso è essere qui e riuscire a scrivere la storia di questa seconda e nuova fase. Recupero e conservazione del patrimonio artistico e archeologico sono tra i tre campi d’intervento della Fondazione e, chiaramente, questa è l’operazione più importante che TIM ha fatto nel corso della sua storia decennale”. COME VISITARE IL MAUSOLEO DI AUGUSTO Dal primo marzo 2021, giorno della riapertura del Mausoleo, fino al 21 aprile 2021, giorno in cui ricorre il Natale di Roma, la visita al monumento sarà completamente gratuita per tutti. Per i cittadini romani residenti, invece, la gratuità sarà garantita per l’intero 2021. La visita si effettuerà solo su prenotazione, tant’è che dal prossimo 21 dicembre 2020 sarà attivo il sito internet dedicato con tanto di corsa a far per primi. Veduta dall’alto del Mausoleo di Augusto UNA FRUIZIONE INNOVATIVA TRA SUPPORTI MULTIMEDIALI E REALTÀ AUMENTATA Non solo recupero e restauro, ma anche un grande investimento in termini di fruizione museale. Una serie di contenuti digitali, in realtà virtuale e aumentata animeranno il sito e i servizi vedranno la gestione da parte di Zètema Progetto Cultura. A parlarne è il consigliere d’amministrazione di Fondazione TIM, Luca Josi, che racconta: “abbiamo contribuito a tutelare questo gioiello, circondato da un caleidoscopio di architetture, evocandone con i nostri interventi la ‘matrioska’ di funzioni, di usi e metamorfosi che ha vestito nei secoli. Abbiamo pensato quindi di richiamare l’attenzione smarrita attraverso una struttura di amplificatori che ricordassero l’ascolto di quelle aree, le più importanti, interpretate all’interno dell’auditorium, che fu il più grande d’Europa. E poi di luci serali per raccontare questo luogo dove avvenivano i primi spettacoli pirotecnici. Poi abbiamo organizzato un sito web, che due anni fa è stato premiato con il Leone al Festival di Cannes di creatività. Tutto questo perché pensavamo che, questo capolinea della storia Augustea, non potesse trasformarsi in un capolinea dei tram e dobbiamo ancora dire grazie al Comune per come ci ha accolto e per come ha lavorato con noi per poter arrivare ad oggi, a questo grandioso evento, che ricorda al mondo quanto questo Paese sia unico, diverso e straordinario”. E forse anche per questo progetti di simile caratura e con supporto privato di soggetti così prestigiosi com’è Fondazione TIM dovrebbero essere gestiti in maniera radicalmente diversa, con tempi degni di un paese civile, con rispetto dei ruoli, con fluidità e trasparenza amministrativa. Da parte del Comune di Roma (e con lo zampino della Soprintendenza di Stato), come al solito, così non è stato. – Valentina Muzi e Massimiliano Tonelli |
Dai bunker ai rifugi nella natura, fuga dal covid cercando una nuova vita |
Da stamptoscana.it del 18 dicembre 2020 |
Parigi – Dal bunker sotterraneo al capanno multi confort sugli alberi, il ventaglio delle misure antistress da Covid 19 sono nel mondo tra le più disparate, spesso dettate da tendenze da un pizzico di paranoia. Il sospetto è legittimo: se nella primavera scorsa, all’inizio della prima ondata dell’epidemia avevano fatto sorridere tutti quei carrelli carichi di pacchi di pasta e di rotoli di carta igienica, ora, con la seconda si tende a fare incetta.. di bunker sotterranei! Secondo Sky News sembrerebbe che la popolazione mondiale e soprattutto americana si siano precipitati a comprare i bunker sotterranei per essere sicuri di proteggersi da contagio. Le vendite sono esplose del 500% con un’impennata di richieste di informazioni del 2.000%! Alcuni clienti terrorizzati hanno addirittura chiesto di rafforzare il bunker con strutture fortificate non solo perché temono il contagio del virus ma anche eventuali sommosse popolari provocate dalle conseguenze economico-sociali della pandemia. Al di qua dell’Atlantico si cercano altri rifugi allo stress, all’insegna, come scrive Le Figaro, “della natura per sé”, una tendenza battezzata “slow living” che implica non solo un ritiro dalla convulsione cittadine ma anche una rinuncia a una serie di dipendenze, come quella del cellulare. Così si moltiplicano le proposte per ripararsi dall’ansia da mascherine e coprifuoco immersi nelle quieti di boschi e di accoglienti spazi aperti, lontani dai rumori della città come in reazione alla solitudine imposta dal secondo lockdown. Già con il primo per sfuggire al virus i “cittadini” si erano trasferiti in massa in campagna e avevano pienamente assaporato le gioie e la calma dell’ambente naturale. Nonostante il freddo e le giornate sempre più corte solitamente scoraggino l’inverno gli esodi campagnoli, la richiesta di un habitat non cittadino non rallenta: che sia passare il week-end su un albero, in un solitario capanno spartano o addirittura su un barcone lungo un fiume. Secondo un sondaggio, i più ghiotti di questo genere di evasione sarebbero i “millennials”, “nostalgici di un’infanzia alla campagna e in lotta contro la nomofobia (dipendenza dai cellulari) e ogni altra forma di dipendenza” , desiderosi di mettere , almeno provvisoriamente, tra parentesi la vita sociale e numerica per ritrovare sé stessi. Un impegno che, scrive il quotidiano, non possono immaginare se non “nella sfera ecologica che ormai regge i mondo dei millennials”. L’ispirazione a una nuova vita può essere ricercata ad esempio nelle vigne del prestigioso Saint-Emilion dove si possono affittare delle minicase di legno dove veramente si può contare solo sulle proprie risorse: né WIFI, né Tv né vicini . Per questi Robinson l’unico lusso è la qualità del letto e del materasso. Per una clientela che non vuole assolutamente rinunciare alle comodità sono invece disponibili, a 5 metri dal suolo, le “Cabanes Jacquoises’ costruite in una foresta di querce e frassini nella regione dei Pirenei. “La gente viene da noi per non avere vicini ma anche per approfittare del jacuzzi e godere di una vista strabiliante sui Pirenei. Apprezzano sia la solitudine che il confort “ ha spiegato la responsabile di queste cabanes. Un singolare regalo di Natale è quello che propone poi Selma Trova, fondatrice de La Batelière che ha allestito due imbarcazioni da pesca tipiche della Loira per brevi soggiorni sull’acqua a lume di candela, nella zona più selvaggia e isolata del fiume, con la sola compagnia dello sciabordio dell’acqua, del mormorio del vento e di qualche airone che si gode anche lui il silenzio. |
La Russia schiera altri missili balistici con la testata ipersonica Avangard |
Da insideover.com del 17 dicembre 2020 |
Di Paolo Mauri
Nella base missilistica di Dombarovsky, nell’Oblast di Orenburg sito
nella Russia centrale al confine col Kazakistan, prosegue il riarmo
della prima unità delle Forze armate della Federazione, equipaggiata con
il sistema missilistico Avangard.
Il primo dispiegamento di
questa nuova e rivoluzionaria arma risale allo scorso dicembre, quando
la Russia effettuò, nella giornata del 26, un lancio di prova
utilizzando il medesimo razzo vettore, l’SS-19. Il reggimento, come
riportato dal Cremlino in quell’occasione, assunse lo status di “pronto
al combattimento” alle 10 (ora di Mosca) del 27 dicembre.
Si ritiene che sia dotato di
una carica atomica di potenza compresa tra i 450 kilotoni ed un megatone
e che misuri circa 5,4 metri, rendendo così possibile montarne in grande
numero sui nuovi missili balistici intercontinentali pesanti RS-28
Sarmat. A quanto pare Avangard ha capacità duale, ovvero sarà in grado
di montare anche una carica convenzionale, facendone l’arma perfetta per
attacchi chirurgici preventivi contro installazioni C4I.
La propaganda russa sostiene
che il sistema Avangard sia “assolutamente invulnerabile ad ogni arma di
difesa aerea e missilistica” ma la realtà potrebbe essere diversa. Già
in seconda istanza il Cremlino lo definisce “capace di bypassare i
complessi di difesa regionale”, parole che potrebbero suonare come
sinonimi della frase precedente ma che in realtà così non sono. L’Avangard
è sì capace di cambiare la propria traiettoria nelle 3 dimensioni
(quindi mutando quota e direzione) ma data la velocità e la quota di
volo non è in grado di effettuare virate strette o cabrate come un
caccia. Pertanto un Hgv è in grado di evitare, virando e cambiando
quota, le “bolle” di difesa antimissile note – e quindi fisse –
ma potrebbe trovarsi comunque in difficoltà contro un sistema mobile.
Soprattutto gli sarebbe difficile evitare un missile Abm già in volo
verso il suo bersaglio, sempre che questo venga lanciato con il dovuto
preavviso e sia dotato di una certa manovrabilità per cercare di ovviare
alla bassa quota di volo degli Hgv rispetto ai classici veicoli di
rientro di un missile balistico. |
Cantieri della Cultura, 25 milioni di euro per dieci nuovi progetti in tutta Italia |
Da finestresullarte.info del 17 dicembre 2020 |
Il MiBACT investe 25 milioni di euro per dieci nuovi progetti su tutto
il territorio nazionale. Privilegiati i piccoli e medi comuni. Saranno
investiti 25 milioni di euro per dieci nuovi progetti, diffusi su nove
regioni, del Piano Strategico “Grandi Progetti Beni Culturali” varato
dal ministro del MiBACT Dario Franceschini. Di seguito i progetti approvati: Isola di Gallinara – Il finanziamento, pari a 8 milioni di euro, permette l’acquisizione al patrimonio dello Stato a titolo di prelazionedella villa nell’isola della Gallinara nel Comune di Albenga (SV) e apre futuri scenari per una più ampia fruibilità di questa località, in un più vasto progetto di valorizzazione che coinvolge il Museo archeologico navale di Albenga e l’importante area archeologica subacquea. La villa diverrà un primo centro di documentazione e ricerca sulle valenze naturalistiche e sul patrimonio archeologico e architettonico dell’isola, oltre che spazio aperto al pubblico. Teatro Romano di Ferentino – Risorse per 1,5 milioni di euro permetteranno di recuperare, riqualificare e valorizzare il Teatro romano di Ferentino (FR), rafforzando così un centro che non ricade in un’area di grandi e consolidati flussi turistici e culturali. L’intervento passa per il restauro e la tutela di una rilevante testimonianza archeologica di epoca imperiale traianea e adrianea, capaci di restituire alla popolazione un concreto spazio pubblico da destinare a attività culturali e spettacoli dal vivo, con una duplice ricaduta positiva sia in termini di riqualificazione del tessuto urbano, sia di ampliamento dell’offerta culturale. Polo culturale polifunzionale di Forte Aurelia – Campo Trincerato di Roma – Con un finanziamento di 2,5 milioni di euro, il Piano include una nuova tipologia di luoghi della cultura per moltiplicare e diversificare l’offerta territoriale. La riqualificazione del Forte Aurelia, ubicato all’interno della Caserma “Cefalonia Corfù” della Guardia di Finanza nella Riserva Naturale Regionale “Valle dei Casali” a Roma, costituirà un pioneristico esempio di apertura alla cittadinanza di uno spazio di originale rilievo storico e paesaggistico, sinora destinato a esclusivo accesso di Forze Armate e di Forza Pubblica. Si tratta di uno spazio unico nel contesto del sistema romano dei 15 forti e 4 batterie che componevano il campo trincerato della città all’indomani della presa di Roma del 20 settembre 1870. Parco Archeologico dei Taurani “A. De Salvo” - Il finanziamento di 2 milioni di euro permetterà un intervento di scavo, conservazione e valorizzazione del Parco Archeologico dei Taurani “A. De Salvo” di Palmi (RC). Il sito, ormai consolidato nel panorama archeologico e paesaggistico, diventerà un attrattore culturale dotato di moderni sistemi di fruizione per tutto il basso Tirreno calabrese, potenziando l’offerta culturale e turistica anche nazionale. Reggia di Portici - Con 1,8 milioni di euro verrà realizzato un intervento di restauro sulla Reggia di Portici (NA), restituendo alla residenza, una delle più grandi e maestose delle ville vesuviane lungo il miglio d’oro, lo splendore dell’antico scalone monumentale finemente decorato, che ne costituisce l’ingresso principale. Castel Raniero a Faenza – Con una dotazione di 3,7 milioni di euro la Colonia di Castel Raniero a Faenza (RA) è al centro di un progetto per il recupero e salvaguardia sia del complesso architettonico, già ospizio montano Vittorio Emanuele III, sia del Parco, per farne un Centro Studi Universitario interdisciplinare sui temi del recupero del patrimonio culturale e antropologico, del paesaggio italiano, dell’archeologia, dell’architettura, dei sistemi di comunicazione per la conoscenza del patrimonio culturale nazionale, oltre alla documentazione storica riguardante la Prima Guerra Mondiale, in collegamento con il territorio e il centro abitato e dotato di spazi per l’ospitalità ed eventi. Isola dell’Asinara – Il finanziamento di 1,2 milioni di euro permetterà la realizzazione di un intervento articolato nell’Isola dell’Asinara nel comune di Porto Torres (SS) in Sardegna. Un progetto mira ad arginare i fenomeni di degrado, dovuti al lungo disuso, del compendio della ex Stazione sanitaria Marittima di Cala Reale, realizzata a fine Ottocento dall’Alto Commissariato per l’Igiene e la Sanità, che comprende l’imponente edificio denominato “Contumacia di II classe” e il fabbricato denominato “Ex docce”, oltre a numerosi altri fabbricati di servizio, deposito e alloggio per il personale sanitario. Un altro progetto metterà, invece, in sicurezza la Chiesetta in località Fornelli, attualmente priva di copertura e il cimitero di Cala d’Oliva, entrambi bisognosi di urgenti lavori di recupero sia per il loro pregio di architettura locale, sia perché luoghi della memoria, testimonianze uniche della storia locale nonché parte integrante e caratterizzante del paesaggio dell’Isola. Parco Archeologico dell’Isola di Pianosa – 1,3 milioni di euro per la creazione di un esteso parco archeologico dell’Isola di Pianosa nel comune di Campo dell’Elba (LI) in Toscana, dal Poggio Belvedere alle “Grandi strutture a pozzo” fino al “Bagno di Agrippa”, nipote dell’imperatore Augusto che fu esiliato e assassinato sull’isola, prevede ricognizioni archeologiche, opere di restauro e messa in sicurezza delle strutture di eccezionale valore storico, oltre a una valorizzazione e promozione che incrementi la fruizione e l’accesso al parco e al Museo delle Scienze geologiche e archeologiche. Città romana di Tifernum Mautarese - 1,2 milioni di euro sono destinati a riqualificare, valorizzare e promuovere la Città romana di Tifernum Mautarese a Sant’Angelo in Vado (PU) nelle Marche, attivando, tramite il recupero del patrimonio archeologico locale, un attrattore capace di incrementare l’offerta culturale e turistica lungo l’asse della strada Fano-Grosseto tra Marche, Umbria e Toscana. Museo nazionale e parco archeologico nazionale di Altino - Il finanziamento di 1,7 milioni di euro permetterà di valorizzare il Museo nazionale e il parco archeologico nazionale di Altino nel comune di Quarto d’Altino (VE), situato ai margini settentrionali della Laguna di Venezia: un’area ricca di interesse ma quasi sconosciuta ai grandi flussi turistici. L’intervento riposiziona correttamente il sito tra i punti di interesse di riferimento della scena mediterranea antica e riattiva il tessuto sociale ed economico di un contesto minore e in sofferenza occupazionale della campagna veneziana, per favorirne la rapida ripresa al termine dell’emergenza pandemica. |
Luoghi del Cuore Fai, "Italia sopra i 600 metri": tra le bellezze Pentema, Forte Diamante, Castello della Pietra |
Da genovatoday.it del 16 dicembre 2020 |
I risultati definitivi verranno divulgati tra febbraio e marzo 2021, ma sul sito del Fai c'è già la classifica provvisoria con i risultati a votazioni chiuse Abbiamo parlato della classifica nazionale provvisoria dei Luoghi del Cuore Fai, che a votazioni concluse vede al primo posto la Ferrovia delle Meraviglie Cuneo-Ventimiglia-Nizza, che unisce le bellezze di Liguria, Piemonte e Francia. Ma non è l'unica classifica che ha promosso il Fai quest'anno: il censimento infatti si è eccezionalmente arricchito di due classifiche speciali. La prima dedicata all’"Italia sopra i 600 metri", cioè a luoghi che appartengono alle aree interne montane del Paese, di cui la Fondazione si sta occupando anche attraverso il Progetto Alpe e che coprono da sole il 54% del territorio nazionale: zone che sono diventate la periferia del Paese, in sofferenza per la carenza di servizi e infrastrutture che rende le condizioni di vita più difficili, ma anche contraddistinte da una bellezza indiscutibile, spesso intatta e dominata dalla natura, in cui vivono comunità di cui riscoprire la storia, le tradizioni e il potenziale. La seconda, relativa ai "Luoghi storici della salute". Liguria, i luoghi più belli delle alture E la Liguria ha una sua classifica speciale, sempre provvisoria (i risultati definitivi verranno divulgati tra febbraio e marzo 2021) tutta dedicata alle bellezze "sopra i 600 metri": nella top 10 delle meraviglie da scoprire, oltre alla Ferrovia delle Meraviglie, c'è Bajardo in provincia di Imperia con la sua area naturale e le rovine della chiesa di San Niccolò, e poi la Val di Vara nello spezzino, e ben 6 mete in provincia di Genova: il suggestivo Forte Diamante, il meraviglioso borgo di Pentema, frazione di Torriglia (che quest'anno purtroppo a causa della pandemia ha dovuto rinunciare al suo Presepe), Roccatagliata di Neirone in Valfontanabuona, le 6 fontane di Alpe Gorreto, l'imponente Castello della Pietra di Vobbia, e il borgo di Amborzasco. |
Percorso formativo per guide turistiche dedicato ai bunker risalenti alla Seconda guerra mondiale |
Da ravennawebtv.it del 15 dicembre 2020 |
Nelle giornate del 17, 21 e 22 dicembre viene organizzato, con la compartecipazione del Comune di Ravenna, un percorso formativo per guide turistiche dedicato ai bunker risalenti alla Seconda Guerra Mondiale. L’iniziativa, a cura della Proloco di Marina di Ravenna, in collaborazione con il Dipartimento di Architettura dell’Università di Bologna, è inserita nell’ambito del progetto Sentinelle di un paesaggio dimenticato del Novecento. I Bunker della Linea Galla Placidia a difesa delle coste romagnole e vede la partecipazione delle Proloco di Casalborsetti, Porto Corsini e Punta Marina Terme e il contributo della Regione Emilia-Romagna.
Il corso ha come obiettivo fornire le basi conoscitive per lo studio e
valorizzazione della Linea Galla Placidia, ovvero la linea difensiva
edificata nel corso della Seconda guerra mondiale dalle truppe tedesche,
lungo le coste Adriatiche a nord della Linea Gotica. Il corso, gratuito, si svolgerà online con il seguente calendario:
Giovedì 17 dicembre, ore 17:00-19:30 (zoom webinar), Programma
Saluti istituzionali Con i contributi di:
– Prof. Andrea Ugolini,
Università di Bologna, Riflessioni su Dissonant Heritage Intervista a Walter Cortesi, associazione di volontariato “CRB 360”, Cesenatico e Cervia Tavola rotonda con eventuali domande dal pubblico
Lunedì 21 dicembre, ore
11:00-13:00 (piattaforma Teams), Lezione frontale Per partecipare è richiesta la registrazione al link: https://forms.gle/uH3nThhLAXLWCMU68 I link per partecipare ai vari eventi verranno inviati in seguito all’iscrizione. |
Sfalcia l'erba e ritrova installazione militare anti Sovietici |
Da imagazine.it del 14 dicembre 2020 |
Sull'argine del torrente Torre riemersi i resti della "Soglia di Gorizia"
Un trattore impegnato nello
sfalcio dell'argine del torrente Torre, un piccolo cedimento ed ecco
affiorare, dal terreno sottostante, uno spezzone di storia recente a
Tapogliano. Buona parte di queste fortificazioni non sono più visibili causa di una operazione di recupero ferroso e restano solo delle collinette lungo l'argine destro del Torre e dell’Isonzo Una curiosità, la linea seguita da questi manufatti sembra quasi sovrapporsi alla “linea difensiva degli argini” costruita durante la Prima guerra mondiale e mai utilizzata perché aggirata dalla disfatta di Caporetto. |
Scopriamo l'Abruzzo: il castello ducale di Carpineto Sinello |
Da sansalvo.net del 12 dicembre 2020 |
A Carpineto Sinello si trova un castello ducale che vale la pena conoscere. Carpineto Sinello, Guilmi e Casalanguida, furono i capisaldi della difesa meridionale del Ducato e quindi del Regno prima dell’invasione normanna. In base allo stato attuale delle conoscenze e in attesa di indagini archeologiche e di attenta lettura degli alzati (rese peraltro di difficile lettura per la presenza di ponteggi), si può confermare la datazione del primo impianto (XIV secolo), confrontando la torre quadrangolare con quelle angolari del castello di Tocco Casauria, e al XVI e XVIII secolo le successive trasformazioni. L’ edificio fu eretto intorno ad una torre quadrangolare medievale orientata in direzione settentrionale e dominante la sottostante valle del Sinello.La fabbrica è composta dall’aggiunta di più corpi in cui emergono la torre più antica (quadrangolare con muri a scarpa), la parte residenziale (palazzo fortificato) e il cortile. Sia per il primo impianto che per le trasformazioni, i materiali utilizzati sono quasi sempre la pietra calcarea appena sbozzata e sporadicamente la pietra arenaria. Nella parte residenziale del XVIII secolo si conservano dei pregevoli dipinti murali e alcuni particolari in stucco nel cornicione del cortile. (M. Ma.) Le informazioni relative all’epoca di costruzione, alle successive trasformazioni dell’impianto e allo stato di conservazione sono state attinte da:
– G.
Chiarizia, Schedatura analitica delle opere fortificate abruzzesi, in
Abruzzo dei Castelli (cfr. bibliografia); Queste pubblicazioni sono il frutto editoriale del trentennale lavoro di ricerca della sezione abruzzese dell’Istituto Italiano dei Castelli. Va, inoltre, specificato il fatto che durante i sopralluoghi e a seguito di un indagine conoscitiva svolta sul territorio del Vastese, sono stati aggiunti, ove possibile, ulteriori dati.
Epoca di costruzione: Primo impianto: XIV secolo; aspetto dopo le
trasformazioni: XVI e XVIII secolo.
Contatti |
Batteria di Valdilocchi e rifugio da valorizzare |
Da lanazione.it del 9 dicembre 2020 |
Una camminata ossigenante, con splendida vista a mare che si salda ad un tuffo nella storia. E’ quella costituita dal cosiddetto Parco delle mura, quelle ottocentesche realizzate in parallelo alla costruzione dell’Arsenale: gioielli di architettura militare. Attorno a loro, da alcune settimane, fervono i lavori per dar forma ad un percorso attrezzato, illuminato, raccontato. Rimozione di rovi e di rifiuti - dopo il bel contributo operativo dell’associazione "Sa Bastia" all’insegna del volontariato – sono all’ordine del giorno da parte dell’impresa Agnese che ha vinto l’appalto. L’operazione è seguita dall’assessore Luca Piaggi (in foto). "Essa spiega - si salda al più ampio proposito di valorizzazione di altre memorie della storia della città. Altri tasselli sono costituiti dal restyling del Parco della Rimembranza e dal recupero della batteria di Valdilocchi". In quest’ultimo caso l’incaricato dal Comune per la progettazione architettonica e paesistica è l’architetto Ludovica Marinaro. Fra gli obiettivi anche il recupero del convento delle Clarisse e della galleria “Quintino Sella” che, aprendosi su via Prione, costituiva il rifugio della popolazione durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale. La stessa fu teatro, nel 2013, della mostra documentaria promossa, con la collaborazione del Comune, dall’Associazione "Dalla parte dei forti" all’epoca in cui era presidente Saul Carassale: fu un successo di visite. Un’intuizione ora coltivata... |
MESSINA, IL FORTE GONZAGA TORNERÀ A NUOVA VITA: COSA PREVEDE IL PROGETTO | ||||
Da letteraemme.it del 5 dicembre 2020 | ||||
QUATTRO MILIONI E MEZZO DI EURO PER RESTAURO E RIFUNZIONALIZZAZIONE, PER FARNE UN CENTRO ESPOSITIVO E POLIVALENTE, CON MOSTRE, EVENTI CULTURALI, ARTISTICI ED ARTIGIANALI: PREVISTI SPAZI A VERDE, UN BAR, UNO SHOP E ... UN'ASCENSORE. I DETTAGLI, E UN PO' DI STORIA
MESSINA. Un “centro con
carattere espositivo e polivalente, per allestimento di mostre eventi
culturali, artistici ed artigianali”. E’ ciò che sorgerà a forte Gonzaga,
la fortezza del cinquecento che domina la città dalla collina tra
Montepiselli e Camaro, per la quale è previsto un progetto di restauro,
rifunzionalizzazione e valorizzazione turistico-culturale, per l’importo
complessivo di quattro milioni e 600mila euro, finanziato con fondi del
Patto per Messina del 2016: Patto che è stato rimodulato (la somma
originaria era di 350mila euro, relativa solo alla progettazione) , ma
l’intervento su forte Gonzaga è stato confermato dall’attuale
amministrazione portandola all’attuale finanziamento per progettazione e
lavori.
Nello specifico le superfici al
piano rialzato e piano primo saranno dedicate a spazi per mostre e
allestimenti artistici/museali, mentre il lastrico solare sarà dotato di
caffè e shop e di altri spazi funzionali. Per rendere accessibili le
aree oggetto di riqualificazione, il progetto prevede tra le opere
strutturali, la realizzazione di un ascensore, come corpo distinto dal
fabbricato storico, per garantire Delle fortificazioni messinesi esistenti si occupò in un primo tempo Gonzalo da Cordova; successivamente il viceré Ferdinando Gonzaga assunse Ferramolino da Bergamo, notissimo ingegnere militare dell’epoca. L’attività svolta da Ferramolino si svolge quasi contemporaneamente a quella del Sammicheli, dei fratelli Sangallo e del Di Giorgio: di quegli architetti militari rinascimentali, insomma, che impressero un’orma tutta italiana alla fortificazione moderna. Tra il 1540 ed il 1544, sotto la supervisione del Maurolico, fece costruire il forte Gonzaga, il forte San Salvatore, la torre Vittoria e il castello DonBlasco. Nel Cinquecento la costruzione delle fortezze subisce le conseguenze del perfezionamento dell’artiglieria secondo il sistema del ‘fronte bastionato’. Ferramolino non si limitò a difendere i confini marittimi, ma fortificò le colline, che costituivano l’immediato retroterra della città. Per questo motivo sui colli più alti vennero eretti due forti poderosi che avevano uno scopo, oltre che propriamente difensivo, di osservatorio, in quanto dovevano controllare l’accesso della città da Camaro, Casazza e Gravitelli: controllare l’area dello Stretto dall’alto era molto importante per la sopravvivenza stessa della città. Il forte Gonzaga fu edificato a 140 metri sul livello del mare come opera isolata integrata in un sistema di difesa, che rientra tra i manufatti militari che integrano le difese naturali, sulla collina oggi denominala Monte Piselli. Questo era un luogo naturalmente fortificato, conosciuto fin dall’antichità: pare infatti che Gerone nel 264 a.C. e Carlo d’Angiò nel 1282 abbiano posto l’assedio alla città di Messina attendandosi su questo colle. La pianta di Forte Gonzaga è a forma di volo d’uccello, con un corpo quadrato, in cui i pieni predominano sui vuoti, al centro del quale é posta la scala che collega il piano terra al primo piano ed alla copertura, e due ali terminanti a doppia cuspide senza volumi interni. Le tecniche murarie sono in conglomerato ciclopico, di imponente spessore murario; i pavimenti originali, che sono ancora visibili al primo piano, erano in cotto. le volte sono a botte e la copertura a terrazzo.
La
sconfitta dei Turchi nella battaglia di Lepanto (1571) rese certamente
più tranquille le acque del Mediterraneo e limitò la funzione di forte
Gonzaga; le successive proposte di fortificazione, da allora in poi si
concentrarono nella zona della Cittadella ed i due forti collinari
persero la loro importanza strategica fino a divenirne antagonisti,
tant’è che nel 1718 il Gonzaga fu facilmente espugnato dalle truppe del
Generale spagnolo Luca Spinola e nel 1848 il forte Gonzaga fu
conquistato dal popolo ed utilizzato contro la Cittadella da cui
piovevano bombe sulla città. l forte ha sostanzialmente mantenuto la sua
struttura originaria, in quanto fu oggetto di modesti interventi di
restauro, i primi dei quali nel ‘700 e successivamente nel tardo
Ottocento e durante la Il guerra mondiale. Diede sino al 1940, con lo
sparo di un cannone, il segnale orario di mezzogiorno ai cittadini.
Trasformato in deposito di munizioni è rimasto in uso all’Esercito
Italiano fino al 1970. Di recente la sua storia militare si è conclusa
con la cessione al comune di Messina.
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