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ANNO 2023

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Forte di Exilles: riapre dal 14 luglio al 30 settembre
Da iltorinese.it del 30 giugno 2023

Teatro, musica, circo e spettacoli per famiglie oltre ad una mostra fotografica e visite guidate

Il Forte di Exilles, bene faro della Regione Piemonte, riapre le porte dal 14 luglio al 30 settembre 2023. Più giorni, più spettacoli e attività, più visite guidate: dopo il successo dell’estate 2022, la fortezza incrementa la propria ricettività turistica e si prepara a diventare un punto di riferimento per il turismo in alta valle di Susa, con capacità di richiamo su entrambi i versanti alpini.

Il Comune di Exilles ha rinnovato l’affidamento alla cordata che vede come capofila l’associazione Revejo, organizzatrice del festival Borgate dal Vivo, che coordina le attività e che cura la programmazione artistica in collaborazione con la Fondazione Piemonte dal Vivo. Accanto a loro l’Associazione Amici del Forte, cui sono invece affidate l’accoglienza dei turisti e le visite guidate, oltre ad attività collaterali di animazione rivolte al pubblico, e Tangram Teatro, che porterà alcuni dei suoi spettacoli. Completano il gruppo lo stesso Comune di Exilles, che partecipa attivamente al progetto, con il maggiore sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo e il sostegno di Intesa Sanpaolo e Fondazione Sviluppo e Crescita CRT + Risorse.

I numeri raccolti lo scorso anno parlano chiaro: in poco più di un mese di apertura sono stati quasi ottomila i visitatori, tra turisti e pubblico degli spettacoli, con una media sempre superiore alle 100 presenze giornaliere, cresciuta a oltre 200 nell’ultima settimana di agosto. Le previsioni per il 2023 puntano quindi a incrementare le cifre, a partire da un periodo di apertura di due mesi e da una crescita delle attività, con nove eventi dal vivo tra teatro, musica, circo contemporaneo e spettacoli per famiglie, inclusi nomi di richiamo nazionale come Luca Ward, Raphael Gualazzi e Simona Molinari, la Bandakadabra, Massimo Popolizio e Fabrizio Bosso.

 

Quanti rifugi antiatomici ci sono in Ticino? Roberto Uccelli: «Copriamo il 100% della popolazione, ma ne servono di nuovi»
Da moneymag.ch del 30 giugno 2023

Quanti sono e qual è lo stato dei rifugi del nostro cantone? Sono sufficienti per ospitare tutta la popolazione svizzera e straniera?

Di Matteo Casari

L’augurio è che non vengano mai utilizzati, ma visto il clima di tensione geopolitica attuale, i famosi "bunker antiatomici", più correttamente detti "rifugi per la popolazione", sono tornati a essere un tema di discussione. È ormai dai tempi della Guerra fredda che in Europa non si sentiva più il pericolo di una minaccia atomica, e così negli anni i proprietari hanno trasformato questi spazi in ripostigli, taverne e depositi, ma anche in locale hobby o sala giochi.

Nella remota possibilità di emergenza sarà forse il caso di rispolverare e riorganizzare la “cantina” per il suo scopo originale? Qual è, allora, lo stato dei rifugi in Ticino? Possono accogliere tutta la popolazione in caso di attacco nucleare?

Ci sono abbastanza posti per tutti i ticinesi?

Nonostante i tempi di pace prolungati degli ultimi anni, nel nostro cantone queste costruzioni sono sempre rimaste sotto la competenza della Sezione del militare e della protezione della popolazione (SMPP) che, in collaborazione con i Consorzi di protezione civile, non hai smesso di monitorarli, aggiornarli e costruirne di nuovi per garantire la sicurezza dei cittadini.
«Abbiamo oltre 13mila rifugi privati sotto gli edifici e circa 120 rifugi pubblici» spiega Roberto Uccelli, capo del Servizio costruzioni della Protezione civile. «Con le strutture attualmente edificate nel territorio, per legge garantiamo la copertura di posti letto al 100% in caso di emergenza» dichiara Uccelli. «Tuttavia, questi calcoli sono relativi soltanto alla popolazione residente permanente. Utilizziamo questo dato - costantemente aggiornato annualmente dall’Ustat - perché non è semplice determinare la popolazione dei Comuni a causa della sua variabilità». La capienza massima dei rifugi antiatomici non conteggia dunque la parte di popolazione residente solo temporaneamente o i frontalieri che giungono nel Paese quotidianamente da oltreconfine.

La differenza tra le varie regioni

«I rifugi sono sparsi per tutto il territorio del Cantone. La copertura al 100% è garantita a livello cantonale, ma questa percentuale non è omogenea in tutta la regione di protezione civile» spiega il capo del Servizio costruzioni. «Certi comuni soddisfano la copertura ben oltre il 100%, mentre in altri la percentuale può risultare più bassa. Se prendiamo in considerazione alcuni paesi di montagna, come nella zona dell’alta Valle Leventina e Blenio, qui la copertura può attestarsi intorno al 30-70%. In altri Comuni come Ascona e Lugano si può invece godere di un rapporto ampiamente superiore al 100%».

Rifugi in quasi tutti gli edifici svizzeri

I rifugi per i cittadini sono un tema di competenza dell’Ufficio federale della protezione della popolazione (UFPP). Si tratta di costruzioni protette situate ai piani sotterranei degli edifici che proteggono la popolazione durante un conflitto armato e non solo. Possono offrire una buona protezione anche in caso di catastrofi naturali. La maggior parte della popolazione elvetica abita in edifici dotati di queste strutture. Se l’edificio non dispone di un rifugio privato, è possibile fare capo a quelli pubblici nelle vicinanze. La costruzione e l’equipaggiamento dei rifugi sono standardizzati e disciplinati da istruzioni tecniche specifiche. Come recita il sito web informativo dell’Amministrazione federale, in Svizzera vale il principio: «Un posto protetto per ogni abitante». Con circa nove milioni di posti protetti disponibili nei circa 370mila rifugi pubblici e privati, a livello nazionale possiamo godere di un grado di copertura di oltre il 100%. Tuttavia, possono sussistere delle differenze a livello cantonale e lacune locali.

Come sono fatti i "bunker"?

«I rifugi sono stati concepiti in primo luogo per proteggere la popolazione in caso di conflitto armato» spiega il sito dell’UFPP. «Devono resistere agli effetti delle armi moderne, quindi soprattutto alle armi NBC e all’impatto ravvicinato delle armi convenzionali».
I rifugi sono costruiti ed equipaggiati in modo spartano al fine di contenere il più possibile i costi, lo spazio necessario e i lavori di manutenzione. Non si risparmia invece sulla funzione protettiva:

• La resistenza meccanica del rifugio è garantita dall’involucro (platea, pareti e soletta di copertura), realizzato in calcestruzzo armato. Anche le chiusure, ossia porte e coperchi blindati, sono fatti in metallo co ante in cemento armato.
• Ognuno dispone di un’uscita d’emergenza (uscita di soccorso o cunicolo d’evasione) per poterlo abbandonare anche quando l’entrata non è più utilizzabile, ad esempio perché ostruita da macerie dovute al crollo di parti dell’edificio.
• Per garantire l’afflusso di aria fresca, sono dotati di un sistema di ventilazione. Questo comprende una presa d’aria, una valvola antiesplosione e un prefiltro, l’apparecchio di ventilazione, il filtro antigas nonché la valvola di sovrappressione e antiesplosione di fianco alla porta blindata
• Quelli di grandi dimensioni dispongono anche di una chiusa. Questa impedisce che l’aria esterna potenzialmente contaminata penetri all’interno del rifugio quando qualcuno entra o esce mentre la ventilazione è in funzione.

Le nuove costruzioni

«È chiaro - continua il capo del Servizio costruzioni della Protezione civile - che risulta impossibile per un abitante di Bedretto raggiungere un rifugio ad Ascona in piena situazione di emergenza». Dunque, nonostante i posti letto di tutti i rifugi sommati del Ticino possano ospitare facilmente tutta la popolazione residente, non è detto che i singoli Comuni garantiscano lo stesso. «Per questa ragione stiamo lavorando alla costruzione di nuovi rifugi pubblici al fine di tutelare gli abitanti di ogni località del Cantone» dichiara il funzionario cantonale.
«Grazie a progetti comunali sinergici stiamo stiamo provvedendo alla costruzione di nuovi rifugi pubblici. Attualmente siamo in fase di realizzazione in un importante cantiere nel Comune di Terre di Pedemonte. Ogniqualvolta vi è un progetto finanziato dall’ente pubblico ci attiviamo per verificarne la fattibilità e il possibile uso in tempo di pace al fine di coprire le zone in cui è presente il disavanzo, assicurando nel contempo un’infrastruttura che deve poter essere utilizzata nella quotidianità».

 

 

Il Castello di Santa Severina: Una fortezza militare di storia e cultura
Da calabriamagnifica.it del 28 giugno 2023

La maestosità architettonica del Castello di Santa Severina

Il Castello di Santa Severina, un’imponente struttura estesa su un’area di circa 10.000 metri quadrati, rappresenta uno dei tesori meglio conservati del Sud Italia in termini di antiche fortezze militari. Sottoposto a un’attenta opera di ristrutturazione tra il 1994 e il 1998, questo castello vanta una storia affascinante e una bellezza architettonica senza pari.

La struttura del castello è caratterizzata da un mastio quadrato, sormontato da quattro torri cilindriche posizionate agli angoli, e da quattro bastioni sporgenti. Fu il Normanno Roberto il Guiscardo a edificare questo imponente castello intorno all’XI secolo, anche se si ritiene che sia stato costruito sopra una precedente fortificazione. Gli studiosi hanno ipotizzato che l’area occupata dal Castello di Santa Severina possa corrispondere all’antica acropoli di Siberene, aggiungendo un ulteriore fascino storico alla sua già ricca storia.

Durante i lavori di ristrutturazione, sono stati condotti importanti scavi archeologici che hanno portato alla luce materiali appartenenti all’Età Greca, nonché i resti di una chiesa e una necropoli risalenti all’Epoca Bizantina. Oggi, all’interno del Castello di Santa Severina, è ospitato il Museo di Santa Severina, che espone i reperti rinvenuti durante gli scavi, insieme ad altre preziose collezioni archeologiche provenienti da tutto il territorio circostante.

Il Castello di Santa Severina non è solo un museo, ma un vivace centro culturale che offre molto di più. Ospita il Centro Documentazione Studi Castelli e Fortificazioni Calabresi, che si impegna nella ricerca e nella divulgazione di informazioni sul patrimonio castellano e sulle fortificazioni presenti in Calabria. Inoltre, il castello è una cornice ideale per esibizioni artistiche, concerti e mostre di artigianato artistico, che arricchiscono ulteriormente l’esperienza dei visitatori.

In conclusione, è una testimonianza tangibile del passato glorioso della regione. Con la sua imponente struttura e il suo ricco patrimonio storico, questo castello cattura l’immaginazione dei visitatori e li trasporta indietro nel tempo, offrendo un’esperienza indimenticabile che unisce storia, cultura e bellezza architettonica.

 

Un bunker tedesco emerge dalla sabbia del Villaggio San Paolo a Cavallino
Da nuovavenezia.it del 21 giugno 2023

Il ritrovamento effettuato nel corso di alcuni scavi per riparare una condotta. E’ di tre metri per due, alto 2 metri e mezzo. «Sotto ce ne sono altri». Il complesso ricettivo è gestito dall’Opera diocesana assistenza religiosa di Belluno

Di Francesco Macaluso

Scavano per eseguire riparazioni idrauliche fra il villaggio turistico San Paolo e la spiaggia di Ca’ Ballarin e portano alla luce una linea di fuoco tedesca realizzata con i bunker risalente alla Seconda guerra mondiale. Nei giorni scorsi, una squadra di operai diretta dal capo manutentore Walter Cazziolati stava compiendo degli scavi al Villaggio San Paolo. Il noto complesso ricettivo a Ca’ Ballarin, gestito dall’Opera diocesana assistenza religiosa di Belluno, richiedeva infatti la manutenzione di una tubazione idraulica ostruita. Durante l’escavazione i tecnici si sono imbattuti in una strana costruzione in cemento armato completamente sepolta nel terreno sabbioso verso la spiaggia.

Constatata la scoperta, il direttore responsabile della struttura ricettiva, Daniele Prataviera, ha fatto riportare in superficie il pesante manufatto grazie a un potente escavatore. Svuotato da quintali di sabbia e detriti e sommariamente ripulito, ne è apparsa l’evidente origine militare ed è stato pertanto coinvolto Furio Lazzarini, noto ricercatore storico e consulente sul passato fra i due grandi conflitti per il comune di Cavallino-Treporti, per fornire una consulenza sulla sua origine.

«Quasi sicuramente» ha confermato Lazzarini «si tratta di un bunker tedesco di tipo OT-Regelbau, realizzato tra il 1943 e il 1945 dall’Organizzazione Todt». Il principale ruolo dell’impresa del Terzo Reich era la costruzione di strade, ponti e altre opere di comunicazione, vitali per le armate tedesche e per le linee di approvvigionamento, così come della costruzione di opere difensive: la Linea Sigfrido, il Vallo Atlantico e – in Italia – la Linea Gustav e la Linea Gotica sono alcuni significativi esempi delle opere realizzate dall’Organizzazione Todt.

«Le dimensioni dei bunker» continua Lazzarini «circa tre metri per due con altezza di due e mezzo, la presenza di un solo accesso, di una feritoia e con una sorta di soppalco interno per immagazzinare all’asciutto le munizioni» ha continuato il ricercatore «lo ascrivono alla classica tipologia per mitragliatrici: negli anni dell’occupazione tedesca e fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale, sul litorale di Cavallino furono realizzati molti di questi bunker, in origine semisepolti nel terreno e ben mimetizzati tra le dune sabbiose, e che ospitavano un paio di militari della Marina costiera e una micidiale mitragliatrice Rheinmetall MG34/42 puntata verso il mare, in funzione antisbarco».

Nel corso della ricognizione, poco distante è stato individuato un secondo bunker, assolutamente identico, ma non si esclude ne esistano diversi altri a simile profondità e medesima linea costiera. «È nostra intenzione» ha dichiarato Prataviera «recuperare e valorizzare anche questi manufatti di cemento che raccontano la storia del secondo conflitto. Completiamo la nostra offerta culturale che già include il Museo Radaelli e le serate enogastronomiche in quella che era la Batteria Radaelli, con il coordinamento di Via dei Forti del Parco turistico di Cavallino-Treporti».

 

Nuovo accesso alla Rondella delle Boccare, approvato il progetto definitivo
Da larena.it del 20 giugno 2023

OGGI SI ENTRA SOLO ATTRAVERSO L'ISTITUTO FRACASTORO * L’obiettivo è quello di iniziare i lavori entro l’anno e rendere fruibile al pubblico la Rondella nel 2024

Approvato oggi dalla giunta il progetto definitivo che preveda la realizzazione del nuovo accesso alla Rondella della Boccare, il compendio in Valdonega, oggi raggiungibile solo attraverso un istituto scolastico nel quartiere.

I lavori, che hanno un costo complessivo di 300mila euro finanziati dal Ministero del Turismo, consentiranno di rendere il luogo fruibile a cittadini e visitatori. Parliamo di un vero e proprio gioiello di architettura militare, inserito lungo le mura magistrali tra i quartieri di Santo Stefano e Valdonega, ad oggi sconosciuto ai più per la difficoltà ad accedervi. Attualmente infatti, si entra al fortino solamente attraverso il cortile di un istituto scolastico presente nel quartiere, e quindi in giorni e orari limitati e sempre previo accordo con la scuola. Una situazione che troverà finalmente soluzione grazie al progetto definitivo di intervento approvato oggi dalla giunta.

“Attualmente la Rondella delle Boccare è accessibile solo dall’istituto scolastico Fracastoro – afferma la vicesindaca e assessora all’Edilizia Monumentale Barbara Bissoli – mentre a seguito di questo intervento, sarà possibile entrare direttamente da via Madonna del Terraglio, dove verrà aperto un varco con la realizzazione di una apposita rampa, necessaria per superare l'attuale dislivello e relative barriere architettoniche al fine di consentire la massima fruibilità e accesso a tutta l'utenza. E’ il primo importante passo verso la riqualificazione di questo luogo, di straordinario pregio storico e architettonico, che merita di essere aperto e visibile a tutti. Il progetto definitivo è molto puntuale ed interessante per la modalità di recupero di questi paramenti antichi”. L’intervento rientra nel più ampio progetto ‘Smart Verona, città patrimonio mondiale Unesco’, presentato l’estate scorsa e che ha ottenuto dal Ministero del Turismo il contributo di 1 milione 500 mila euro, una parte dei quali destinati alla valorizzazione della Rondella delle Boccare.

L’obiettivo è quello di iniziare i lavori entro l’anno e rendere fruibile al pubblico la Rondella nel 2024.

 

Il futuro delle città fortificate e dei microterritori nel prossimo simposio internazionale dell’Università di San Marino
Da sanmarinotv.sm del 20 giugno 2023

Fra gli ospiti dell’iniziativa, curata dai corsi di laurea in Design, il direttore di Pesaro Capitale Italiana della Cultura 2024

L’Università degli Studi della Repubblica di San Marino si candida come riferimento nel panorama accademico internazionale per l’analisi e il supporto delle piccole città fortificate e dei microterritori che vogliono riaffermarsi attraverso nuove identità, scopi e funzioni. Questo infatti l’orizzonte di “Stretch the Edge”, un simposio che giovedì 22 e venerdì 23 giugno raccoglierà nella sede universitaria dell’Antico Monastero di Santa Chiara, nel centro storico del Titano, accademici da diversi continenti, rappresentanti istituzionali e non solo. In collaborazione con la Beijing City University e l’Ateneo di Bologna, il programma dell’evento prevede gli interventi di figure come Agostino Riitano, direttore di Pesaro Capitale Italiana della Cultura per il 2024, e gli architetti Helena Casanova e Pablo Sendra: la prima, fra le altre cose, è autrice del libro “Public Space Acupuncture”, mentre il secondo ha scritto con Richard Sennett “Progettare il disordine - idee per la città del XXI secolo”. Insieme a loro studiosi da istituzioni accademiche come il Politecnico di Milano, l’Università Iuav di Venezia e l’Ateneo Vanvitelli della Campania, a formare una lista di relatori che include Renzo Macelloni, Sindaco di Peccioli. Proprio nel Comune in provincia di Pisa, indicato fra gli esempi virtuosi grazie a una serie di iniziative che hanno coinvolto una discarica trasformata in un museo a cielo aperto, sono parte integrante del borgo i lavori dell’artista Vittorio Corsini, rappresentante del Titano alla Biennale di Venezia attualmente in corso. “L’evento – affermano gli organizzatori di Stretch the Edge - intende indagare come la disciplina del Design possa essere uno strumento utile per la riattivazione dei territori collocati nelle aree interne, racchiusi da barriere naturali o fortificazioni artificiali. A causa di dimensioni, morfologia, caratteristiche ambientali o antropiche, presentano talvolta notevoli criticità. Ma proprio questi aspetti spesso unici li differenziano l'uno dall'altro contribuendo a identità che li rendono socialmente, economicamente e ambientalmente attraenti. In ciò risiedono concrete possibilità per lo sviluppo naturale, urbano e rurale attraverso un miglioramento, una rivalutazione, rielaborazione e sistematizzazione nei futuri processi di ripopolamento e insediamento comunitario”. Il simposio, curato dai corsi di laurea in Design dell’Ateneo sammarinese con la partecipazione dell’Istituto Confucio, rappresenta la nuova fase di un percorso che ha visto l’Università di San Marino mappare, nei mesi scorsi, circa 150 realtà da Paesi come Belgio, Vietnam, Cina e Spagna, presto disponibili su una piattaforma dedicata e destinate ad arricchirsi grazie alla due giorni di giugno. Maggiori informazioni su stretchtheedge.unirsm.sm.

 

Castello mozzafiato incastonato tra le colline, ti stupirà davvero: dove si trova
Da viaggi.it del 20 giugno 2023

C’è un castello mozzafiato che si trova incastonato tra le colline, sapete di quale parliamo? Scopriamo questo posto che stupisce per la sua bellezza.

By Manuela Blonna

Perché ci piace tanto visitare i castelli, ve lo siete mai chiesto?

Le risposte possono essere molteplici. Innanzitutto perché offrono l’occasione di fare un bel tuffo nella storia. Raccontano moltissimo del passato del paese in cui si trovano e spesso conservano reperti unici ed incredibili. C’è anche la componente estetica: la loro pregiata architettura e anche un briciolo di mistero.

Quante storie si narrano attorno a molte delle fortezze più famose del mondo? Infine non dimentichiamo la loro posizione privilegiata, magari circondati da paesaggi bellissimi. E a proposito di questo, il castello di oggi vi stupirà proprio grazie alla sua collocazione.

Un castello mozzafiato incastonato tra le colline, ecco dove si trova

Uno dei simboli più iconici della città in cui si trova. Ed anche classificata come una delle fortezze più imponenti d’Europa e anche la meglio conservata. Per la sua maestosità, attira ogni anno una media di 950.000 visitatori. Questo le garantisce il primato di monumento più visitato in Austria. Ci troviamo infatti a Salisburgo e l’omonimo castello ne è chiaramente il simbolo. Quando lo descriviamo imponente intendiamo in senso letterale. La Fortezza è nota per i suoi 14.000 metri quadri di dimensioni!

Di Salisburgo è l’attrazione principale, complice anche la sua posizione privilegiata, dall’altro del Monte Festungsberg. Capirete dunque quanto la visita qui sia impagabile, poiché permette di vedere dall’alto tutta la città. Di origini molto antiche, il castello fu costruito a partire dal Xi secolo, per volontà dell’arcivescovo Gebhard.

L’idea iniziale del religioso era una chiesa dotata anche di abitazioni ed alte mura. In seguito al suo esilio però la costruzione verrà poi terminata su indicazioni di Berthold von Moosburg. Ci sono voluti diversi anni per portare a termine la costruzione, nel XIII secolo. L’aspetto definitivo del castello dunque comprende sì delle cinta murarie, ma anche un bastione e quattro torri. Ognuna di queste ha un nome: Torre dei Trombettieri, Torre della Campana, Torre del Fabbro e Torre dell’Erba.

Alcuni lavori di ristrutturazione generale sono poi stati eseguiti negli anni tra il 1951 e il 1981. Attualmente questo castello mozzafiato è proprietà dello Stato Austriaco ed è aperto al pubblico ed utilizzato solo per il turismo.

Alla scoperta della Fortezza di Salisburgo

Trattandosi di una struttura cosi imponente, è facile immaginare la ricchezza che custodisce all’interno. La visita alla Fortezza di Salisburgo è molto interessante, ma anche decisamente impegnativa.

Chi ama sognare pensando ad epoche antiche, amerà poter vedere da vicino le Furstenzimmer, ovvero le stanze dei principi. Qui si trova la Stube dorata. In assoluto la più celebre delle stanze, che all’interno custodisce una stufa in maiolica. Si tratta di un ambiente molto particolare, completamente rivestita in legno, e conserva tutti gli arredamenti originali risalenti al 1500.

In generale comunque la Fortezza è un insieme ricchissimo di poli museali, tutti assolutamente da non perdere. C’è il Museo del Reggimento Rainer. Ben otto sale espositive dedicate al Reggimento di Salisburgo. Particolare attenzione è posta alla fanteria Arciduca Rainer, uno dei più importanti in epoca imperiale. Il museo custodisce un ricco bottino di reperti storici, da fotografie ad uniformi originali ottimamente conservate. Ad arricchire la visita anche una tappa all’armeria storica.

Il Museo della Fortezza è invece il cuore e l’anima di questo posto incredibile. Come suggerisce il nome, al suo interno una pregevole collezione di reperti che raccontano la storia della fortezza sin dalla sua fondazione. Ad oggi è uno dei musei più visitati in Austria. Merito anche degli approfondimenti che consente di fare sulla storia di Salisburgo in generale.

Infine farà piacere sapere a chi viaggia con i bambini, che è presente anche un Museo delle Marionette. Una vasta esposizione di marionette d’epoca, arrivate direttamente dal teatro storico della città.

Visitare questo castello mozzafiato

Non c’è un periodo migliore per recarsi in visita in questo luogo bellissimo, perché la Fortezza è aperta tutto l’anno. Raggiungerla è molto semplice, a patto che non si scelga di farlo in auto, perché non è possibile. Per chi ama camminare c’è un sentiero pedonale ben segnalato che permette di arrivare in appena 20 minuti a piedi. Diversamente, a disposizione dei visitatori anche una bellissima funicolare che parte dal centro storico. In un paio di minuti si arriva in cima e si ha anche una bella visuale panoramica.

I biglietti sono di tipo diverso e sono previsti anche sconti per gruppi scolastici. Di norma esiste un biglietto base comprensivo di funicolare e tre musei, ma non le stanze dei principi. Un biglietto All inclusive che aggiunge anche le suddette stanze ed il Teatro, ed il biglietto panorama, che aggiunge a quello all inclusive anche il tour delle torri di osservazione.

 

Forti genovesi, ecco i piani di valorizzazione delle fortificazioni
Da lavodedigenova.it del 13 giugno 2023

L’intervento di valorizzazione delle fortificazioni genovesi è inserito nel finanziamento fondi complementari PNRR. Tale intervento, già aggiudicato, sarà aperto al pubblico per i pedoni e per mountain bike. È considerato un primo lotto, a cui si aggiungeranno altri interventi, al momento in corso di progettazione, che consentiranno di collegare Forte Begato con Sampierdarena e la lanterna, al fine di completare l’anello dei forti di Levante». Lo ha detto l’assessore Mario Mascia rispondendo ad una interrogazione del consigliere Pasi di Genova Domani. «Gli interventi- continua Mascia- prevedono nella parte bassa (parte periurbana, più vicina alla città) il recupero delle vecchie mattonate e dei viali che salgono al Righi, e a seguire verso il crinale il recupero delle strade bianche con fondo naturale compattato, per renderlo fruibile a pedoni e mountain bike; gli allestimenti sulla sentieristica prevedono la realizzazione di aree sosta dotate di panche e tavoli, di aree panoramiche, di percorsi didattici con bacheche sui temi del paesaggio, della flora, della fauna e degli aspetti storico-culturali inerenti il sistema delle fortificazioni, nonché di punti ristoro e di zone per la ricarica di mountain bike elettriche. Lo stato dei lavori ha già visto un primo intervento per il riordino del verde e la realizzazione della pista di crinale per la messa a dimora degli impianti (acqua potabile, rete elettrica e fibra ottica). La fine dei lavori è prevista entro il 2024, ma già alla fine dell’anno in corso si potranno aprire delle tratte del percorso di crinale»

Nello specifico, l’assessore Mascia ha reso pubblici in Consiglio i seguenti dati;

Forte belvedere

I costi per la rifunzionalizzazione del compendio, attualmente finanziati con i fondi del PNC sono di 5,5 milioni di euro; è stato aggiudicato l’appalto per la progettazione definitiva ed esecutiva e per l’esecuzione dei lavori il cui avvio è previsto entro il mese di ottobre e la fine per l’estate del 2025. Il forte continuerà ad ospitare servizi a carattere sportivo e sociale.

Forte Tenaglia

Gli interventi di recupero integrano quelli già attuati dall’associazione concessionaria e saranno propedeutici ad un migliore svolgimento delle attività assistenziali e sociali. I costi per la rifunzionalizzazione del compendio ed attualmente finanziati con i fondi del PNC (piano nazionale complementare al PNRR) sono di € 3,4 milioni di euro; si è conclusa favorevolmente la conferenza dei servizi decisoria per l’approvazione del progetto definitivo. L’avvio dei lavori è previsto per la metà del mese di novembre ed i lavori si svolgeranno per 546 giorni

Forte Begato

Vi troveranno spazio servizi pubblici e privati come: l’hub di arrivo della funivia dalla stazione marittima al forte, attività didattiche, eventi ed attività di spettacolo, attività sportive, attività ricettive e di ristorazione; i costi per la rifunzionalizzazione del compendio ed attualmente finanziati con i fondi del PNC sono di 7,5 milioni di euro; è stato aggiudicato l’appalto per la progettazione definitiva ed esecutiva e per l’esecuzione dei lavori e l’avvio è previsto per l’autunno del 2023. La conclusione entro la fine del 2025.

Forte Puin

Lo stato di conservazione del forte appare buono, motivo per cui si tendono a ripristinare le condizioni di sicurezza delle strutture esterne oltre all’immagine storica del manufatto, eliminando alcune sovrastrutture incongruenti in copertura. I costi per la rifunzionalizzazione del compendio ed attualmente finanziati con i fondi del PNC sono di 720mila euro; l’avvio dei lavori è previsto per la fine del mese di settembre 2023 e la loro conclusione per l’autunno del 2024.

Forte Santa Tecla

I costi per la rifunzionalizzazione del compendio ed attualmente finanziati con i fondi del PNC sono di 1,7 milioni di euro; è stato aggiudicato l’appalto per la progettazione definitiva ed esecutiva e per l’esecuzione dei lavori che partiranno ad ottobre 2023 e termineranno ad ottobre 2024.

 

MURA FERRARA, ECCO LA NUOVA CASA DELL'ORTOLANO: BALCONE SULLE MURA, MINIALLOGGI PER CICLOTURISTI, ORTI DIDATTICI, DEPOSITO BIKE, BISTROT CON PRODOTTI TIPICI
Da cronacacomune.it del 13 giugno 2023

PUNTO SUI LAVORI ALLA PRESENZA DI INGEGNERI E ARCHITETTI L'EX STABILE RURALE OTTOCENTESCO AFFACCIATO SULLE FORTIFICAZIONI SI CANDIDA ALLA CERTIFICAZIONE AMBIENTALE INTERNAZIONALE GBC HB. REALIZZATI I CONSOLIDAMENTI: "SARANNO MANTENUTI GLI ELEMENTI IDENTITARI". RIUTILIZZO DEL MATERIALE EDILE PER MINIMIZZARE L'IMPATTO

Ferrara, 13 giu - Dalle bonifiche ambientali a un nuovo complesso con minialloggi per ciclisti, veranda in legno, terrazzo con vista mura, bar cucina, bistrot, deposito bici, orti didattici e vite maritata.

Lungo le fortificazioni storiche meridionali di Ferrara si procede (con termine previsto per la primavera 2024) col recupero della cosiddetta Casa dell'Ortolano, antico complesso rurale dell'ottocento a lungo dismesso e acquisito dal Comune nel 2020.

Il caso è stato recentemente al centro di una giornata di formazione di ingegneri e architetti che si sono riuniti nei giorni scorsi nell'ex refettorio di San Paolo e ne hanno approfondito progetto e lavori in un incontro di aggiornamento aperto dall'assessore Andrea Maggi.
Cuore dell'incontro è stata, anche e soprattutto, l'illustrazione dei processi di cantiere, per i quali l'opera si candida a ottenere la certificazione ambientale internazionale GBC-hb (acronimo di Green building council - historic building), con un protocollo speciale declinato agli edifici storici.
Sul fienile operai e tecnici hanno realizzato opere strutturali, con la ‘puntellatura' del solaio e il getto di cemento armato di rinforzo al primo piano.
Per quanto riguarda l'immobile padronale, sono in fase di realizzazione il consolidamento delle fondazioni e l'installazione dei cordoli in acciaio. Nell'ex stalla sono stati rifatti i solai interpiano e di copertura, è stata ricostruita la porzione nord interamente in legno, con l'inserimento di nuove cerchiature in acciaio.
Su entrambi gli edifici continua inoltre il lavoro di restauro delle mura perimetrali. Pur nel quadro di una situazione iniziale fortemente compromessa per quanto riguarda le condizioni degli impalcati, dei tetti e per i cedimenti avvenuti negli anni, l'obiettivo - è stato rimarcato - è conservare il più possibile l'esistente, per mantenere l'anima storica dell'area e anche per massimizzare il reimpiego di materiale edilizio. A tal fine sono stati mantenuti anche i mattoni caduti negli anni e saranno riutilizzati.
Ad operare sono le imprese Navarra Srl e Costruzioni Generali Zoldan Srl. L'investimento, con fondi comunali, è di circa 1,3 milioni di euro.

L'assessore Maggi al recente incontro di aggiornamento per professionisti (patrocinato dal Comune e organizzato dal Chapter Emilia-Romagna di GBC Italia e dal socio BinarioLab in collaborazione con gli Ordini di ingegneri e architetti e la Fondazione Architetti di Ferrara) ha sottolineato che "l'intervento si colloca in un contesto di rigenerazione complessiva dell'intera area di accesso alla città, partito con le bonifiche all'ex Amga, che sarà poi riqualificata con fondi Pnrr, con il potenziamento di Porta Paola, l'arrivo di nuovi insediamenti nel contesto delle mura e la riqualificazione dell'intera 'cintura' delle antiche fortificazioni, con un chilometro di mura all'anno e il consolidamento dei bastioni".
Nello specifico, l'abitazione principale (ex casa colonica) della Casa dell'Ortolano sarà ricostruita fedelmente per la parte conosciuta e con tecnica in legno carbonizzato (che richiede una minor necessità di manutenzione) per la parte delle volumetrie ricostruite e diventerà una struttura ricettiva per turisti (e cicloturisti in particolare), con quattro tipologie di minialloggi (due bilocali e due monolocali).

Sul lato nord dell'edificio sarà inoltre realizzata una nuova struttura in legno, affacciata sulle mura storiche. Avrà anche un 'terrazzo belvedere'.
Nella parte sottostante ospiterà bagni e magazzino. L'ex fienile, invece, al piano terra ospiterà un piccolo bar, con cucina e bistrot con piatti tipici. Sarà inoltre costruito un terzo piccolo edificio, necessario per proteggere le parti esterne degli impianti, che sarà inoltre adibito a deposito biciclette.

 

I castelli medievali e la cyber security, così lontani ma così vicini
Da cybersecurity360.it del 13 giugno 2023
Ripensare a come cambiarono i sistemi di difesa secoli fa ci aiuta a capire il contesto delle difese attuali. Un approccio senza tempo? Ridurre la superficie di attacco, oggi come allora. E un altro fattore che non cambia mai – e condiziona sempre – è proprio il budget

Di Domenico Raguseo

Difesa e attacco si sono rincorsi nei secoli e le innovazioni tecnologiche hanno favorito qualche volta gli uni e talvolta gli altri. In verità spesso a doversi adattare è stata la difesa. Infatti, una volta investito in difesa, il difensore non ha alcun interesse nell’adottare tecnologie che possano rendere inefficaci gli investimenti. Chi attacca invece ha tutto l’interesse ad inventare qualcosa che metta in crisi la difesa o a sfruttare eventuali vulnerabilità nella difesa.
“Intelligenza artificiale, preziosa alleata della cyber security: innovazioni e sfide da affrontare”

Indice degli argomenti

Così cambiò la difesa nei castelli medievali
Tutto dipende da come ti attaccano

Dal Medioevo alla blockchain
Passano i secoli ma il budget è sempre un problema

La ricerca di Exprivia
Ridurre la superficie di un attacco
Ottimizzare i costi
La sfida dell’Innovazione

Così cambiò la difesa nei castelli medievali

La storia delle fortificazioni è un eccellente esempio signiferatore (da signum fere, portare il segno). Le fortificazioni nascono con l’obiettivo di massimizzare le possibilità di chi si difende rispetto a chi attacca.

Fino al XV secolo la loro efficacia si misurava con l’altezza e solidità delle mura. In assenza di aviazione e artiglieria, l’unica vulnerabilità erano i portoni di ingresso e le eventuali scale che gli attaccanti avrebbero dovuto portare con sé.
Più alte erano le mura e maggiore era la difficoltà per gli attaccanti avere il sopravvento mentre chi si difendeva dall’altro, poteva contare sulla efficacia della forza di gravità per scaricare in basso qualunque oggetto o liquido contundente.
L’altezza e la solidità delle mura dipendevano solo dal budget (costo) e materiale a disposizione oltre che dalle conoscenze ingegneristiche del tempo. È stato sufficiente nel XV l’idea di utilizzare la polvere da sparo in artiglieria combinata con l’invenzione della artiglieria portatile per scagliare grosse pietre contro queste mura per rendere tutti gli investimenti fatti in secoli di costruzioni, inutili. Infatti, le fortificazioni prima del XV secolo erano costituite da muraglie perpendicolari al suolo ed abbastanza sottili per ottimizzarne i costi. L’altezza delle mura che era la loro forza, diventa improvvisamente la propria debolezza. Infatti, più le mura erano alte e maggiormente erano esposte all’artiglieria. Anche la loro forma piatta poco si prestava ad assorbire la forza inerziale dei proiettili lanciati dai cannoni.

Tutto dipende da come ti attaccano

Nella seconda parte del XV secolo, la difesa ha cominciato pertanto ad adattarsi modificando le fortificazioni esistenti, ad esempio abbassando le mura e pertanto riducendo la superficie di attacco, sostituendo torri quadrate con torri rotonde e adottando diverse architetture più adatte alle nuove necessità (innovazione al servizio della difesa).
Una delle prime fortificazioni di nuova generazione è il torrione quattrocentesco di Bitonto, situato lungo l’antica cinta muraria della città di Bitonto. Il secondo piano ricorda molto quello di Castel del Monte che sorge a pochi chilometri di distanza a nord sempre in Puglia. Mi piacerebbe pensare che la forma ottagonale del Castel Del Monte fosse dovuta non tanto al fatto che Federico II aveva una predilezione particolare al numero otto ma al fatto che Federico II si fosse posto il problema dell’avvento della polvere da sparo creando un castello che avesse torri non circolari ma neanche quadrate. Questo renderebbe Federico II non solo un astrologo ma anche un futurista, in quanto il castello è stato costruito tra il 1200 e il 1300, e quindi qualche anno prima dell’utilizzo in battaglia della polvere da sparo.

In verità, malgrado la forma e la solidità del castello, non è nota la ragione per cui sia stato costruito e questo lascia un alone di mistero e a me la possibilità di credere all’improbabile.

Curioso che in 50 km in Puglia è possibile ammirare tre stili diversi di castello che vanno da quello Svevo di Bari che è stato costruito nel 1100 ed ha una forma “abbastanza” quadrata anche se già con qualche sguardo al futuro, al Torrione di Bitonto costruito nel 1400 passando per il Castel Del Monte con la sua forma ottagonale costruito nel 1200.

“Infrastrutture critiche, l’approccio dei CISO alla resilienza”

Dal Medioevo alla blockchain

Passano migliaia di anni, non si parla più di polvere da sparo ma di intelligenza artificiale, blockchain, quantum computing, cloud, quindi non si parla più di fortificazioni ma di controlli di sicurezza, e la logica rimane la stessa.
Chi attacca può decidere se usare l’innovazione o meno, chi si difende non ha scelta, deve adattarsi per non soccombere. Se la superficie di attacco è molto vasta ed è indifendibile, la superficie dell’attacco va ridotta.

Passano i secoli ma il budget è sempre un problema

I costi erano un problema nel medioevo per chi investiva in difesa e rappresentavano spesso il limite architettonico delle fortificazioni, ma anche oggi rappresentano un vincolo per chi si preoccupa di costruire difese digitali. Questo viene amplificato nella civiltà digitale dalla sproporzione tra chi attacca e chi difende e rende investimenti nella difesa spesso troppo volatili e senza un ritorno di investimento sicuro. Chi attacca, infatti, decide quando attaccare, mentre chi difende subisce l’attacco. Chi attacca è specializzato, mentre chi si difende in genere ha altre priorità. Chi si difende rispetta le regole (privacy e riservatezza, limitazioni nelle capacità di risposta) chi attacca agisce spesso nella sfera della illegalità. Infine, attaccanti e difensori si sfidano su un terreno chiamato Internet, che non è nato per essere sicuro, dove la sicurezza di Internet comincia dalla gestione degli indirizzi IP, passa attraverso la sicurezza dei DNS per arrivare alla sicurezza di tutti i servizi che vengono utilizzati e si conclude alla sicurezza dei dispositivi IoT. Attacchi come Mirai, infatti, ci insegnano che la insicurezza di una telecamera di videosorveglianza può implicare la insicurezza di un DNS e di tutti i servizi ad esso collegati. Essendo il budget limitato, diventa pertanto importante ed imprescindibile conoscere le armi che il nemico utilizza e come queste armi vengono utilizzate. Spendere dei soldi per costruire castelli rotondi se l’attaccante non ha la polvere da sparo è inutile, così come è inutile costruire delle mura alte se l’attaccante ha la polvere da sparo.

È importante conoscere anche le abitudini e queste possono variare da territorio a territorio. Certo con Internet questo è meno importante che nel medioevo, in quanto un click in Europa potrebbe avere la conseguenza di un incidente in America, ma anche nell’ecosistema digitale ci sono motivazioni e abitudine che hanno peculiarità regionale (ad esempio, collegate alla velocità della trasformazione digitale).

La ricerca di Exprivia

Osservando i dati forniti dai ricercatori di Exprivia, notiamo che se non ci fossero banche ed assicurazioni, probabilmente non si parlerebbe di cyber security e questo è un fenomeno che interessa tre nazioni differenti, Italia, Spagna e Brasile. Ovviamente senza banche ed assicurazioni si tornerebbe probabilmente al medioevo, ma non si parlerebbe di cyber security. Questo comunque non è un particolare irrilevante in quanto l’informatica, o generalmente la scienza dei computer è sempre stata trainata dal mondo della difesa per poi estendersi in altre industrie (si pensi ad esempio a Touring, Fortran ..) . Invece per quanto riguarda la cyber security, da Zeus a Citadel a trainare è il mondo della finanza. Insomma, parliamo di guerre digitali, di tanti scenari apocalittici che sicuramente hanno una propria rilevanza ed importanza ma alla fine, sono statisticamente meno rilevanti se si guarda lo scenario complessivo.

Altro elemento comune ai tre territori osservati è l’aumento pressoché costante del numero di incidenti così come la riduzione della forbice tra numero di incidenti ed attacchi con un andamento sinottico che vede la Spagna in “ritardo” rispetto all’Italia di sei mesi. Per quanto riguarda le violazioni della privacy, lasciando il Brasile che è soggetto a regolamentazioni differenti, notiamo un maggior numero di segnalazioni in Spagna nel periodo osservato. Infine, la tecnica di attacco più utilizzata su tutti i territori è il phishing. Questo dovrebbe suggerire che la fortificazione più importante da costruire è quello della consapevolezza del navigante digitale, che non richiede investimenti in sofisticate tecnologie ma non per questo è meno complessa da ergere.

Ridurre la superficie di un attacco

Se nel medioevo la superficie era rappresentata dalle mura e ridurla è stato relativamente semplice, nell’ecosistema digitale la superficie si è allargata velocemente a causa della trasformazione digitale. Ridurla accorciando le mura non è altrettanto semplice. La cosa più efficace è osservare il proteggere i punti di accesso più comuni che sono rappresentati dalle identità, proteggere i dispositivi mobili ed IoT e per proteggerli vanno conosciuti (gestione degli asset). Infatti, dopo il phishing, gli attacchi hanno spesso successo sfruttando vulnerabilità conosciute (ultima famosa la ESXiArgs). Infine, se la superfice d’attacco maggiore è la consapevolezza dell’individuo, non si può prescindere dall’investire in consapevolezza.

Ottimizzare i costi

Ottimizzare i costi vuol dire fare analisi del rischio e non prescindere dalla conoscenza del nemico (threat intelligence) ma anche utilizzare modelli di delivery flessibili non solo per tecnologie (SOC condivisi) ma anche per competenze (CISO, DPO) . Questo è particolarmente importante per le PMI. Infatti, costi e competenze se giustificabili per grandi aziende, diventano difficilmente gestibili per piccole realtà che invece sono la dorsale della nostra economia.

La sfida dell’Innovazione

Innovare è imprescindibile non solo per evitare di dover combattere con armi non adeguate alla violenza dell’attacco ma anche per trovare quelle soluzioni che servono a liberare risorse pregiate per avere maggiore focalizzazione su attività critiche. Dall’utilizzo dell’intelligenza artificiale alla blockchain, una delle aree dove maggiore l’innovazione ha favorito la difesa è quella della automazione. L’allargamento della superfice di attacco ha infatti reso indispensabile aumentare l’esecuzione di controlli di sicurezza (da VAPT ad analisi di IoC) e non si tratta solo di ottimizzare i costi ma anche l’automazione (ad esempio, usando AI) è imprescindibile in quanto le risorse nella difesa sono comunque limitate per natura.

 

Alla scoperta della “grande muraglia piemontese”: il Forte di Fenestrelle
Da piemontetopnews.it del 8 giugno 2023

FENESTRELLE. Sul lato sinistro della Valle del Chisone, nei pressi di Fernestrelle sorge la struttura fortificata più estesa d’Europa, seconda nel mondo solo alla celebre Muraglia Cinese. Il Forte di Fenestrelle, a volte addirittura chiamato con il nome di “grande muraglia piemontese” proprio a indicare le sue grandiose dimensioni, fu voluto da re Vittorio Amedeo II, che incaricò l’ingegner Ignazio Bertola di occuparsi del progetto. Lo scopo di una tale opera era essenzialmente difensivo: la fortezza si sviluppa, infatti, lungo quello che una volta era il confine italo-francese.

I lavori per la costruzione del complesso difensivo si protrassero dal 1728 al 1850 e il risultato superò ogni aspettativa: non esisteva all’epoca, nella storia dell’architettura difensiva, una simile opera capace di coprire un dislivello di quasi 700 metri. E’ peraltro l’unica fra le fortezze piemontesi del Settecento a presentare ancora oggi l’architettura originale. E questo perché, nel corso della sua storia, non è mai stata teatro di violenti assedi, pur essendo il suo scopo primario essenzialmente difensivo.

Fin dalla sua nascita fu, invece, importante il ruolo detentivo svolto dal complesso, che fu prigione di stato, prigione comune e prigione militare, in particolare occupata dai combattenti del conquistato Regno delle Due Sicilie.

Il Forte è costituito da numerosi fortini, (San Carlo, Tre Denti, Sant’Elmo e Valli), polveriere, un quartiere medievale che fungeva da rocca, un quartiere per le truppe il tutto collegato da ridotte e possenti cannoniere unita da quella mirabile opera che rende la costruzione ancora più unica e suggestiva: la scala coperta (circa 4000 gradini), scavata in una galleria artificiale di quasi due chilometri.

È sulla piazza d’armi del Forte San Carlo che si affacciano tutti gli edifici più rappresentativi dell’intero complesso difensivo: il palazzo del governatore, il padiglione degli ufficiali e la chiesa; dalla piazza d’armi parte inoltre la lunga scala coperta che collega ogni parte dell’ampia fortezza. All’interno del Forte San Carlo si trovano anche tre quartieri militari, la polveriera di Sant’Ignazio, i risalti, la porta reale e numerosi altri fabbricati utilizzati come depositi, laboratori, infermeria e corpi di guardia.

Nel corso della seconda guerra mondiale la fortezza conobbe il suo unico vero momento di azione militare quando, nel luglio del 1944, la parte orientale della Ridotta Carlo Alberto venne fatta esplodere dai partigiani della divisione “Adolfo Serafino” allo scopo di rallentare l’avanzata delle truppe nazi-fasciste che avevano lanciato una vasta operazione antipartigiana nelle vallate alpine. Dopo la fine della Seconda guerra mondiale nel 1946, l’Esercito Italiano decise di dismettere completamente la struttura divenuta obsoleta da un punto di vista militare.

La fortezza venne quindi abbandonata e subì danni dovuti al degrado, alle intemperie e al saccheggio. In pratica, nel corso degli anni, venne rimosso tutto ciò che era possibile asportare: infissi, porte e persino le travi dei solai delle caserme. A partire dal 1990, grazie all’azione di un gruppo di volontari, è iniziato il recupero della struttura: al suo interno vengono realizzate visite guidate ed organizzate rappresentazioni teatrali e culturali. Nel 1992 è stato redatto per conto del Demanio e del Ministero dei Lavori Pubblici un progetto generale di rifunzionalizzazione per opera dell’architetto Donatella D’Angelo, che ha portato a conoscere le problematiche costruttive e di riuso del più grande Forte d’Europa.

Dal 1999 è diventata il simbolo della Provincia di Torino e nel 2007 il World Monuments Fund l’ha inserita nella lista dei 100 siti storico-archeologici di rilevanza mondiale più a rischio (insieme ad altri 4 siti italiani).

 

Tre giorni nel bunker per resistere al sicuro in emergenza
Da cattolicanews.it del 8 giugno 2023

La tensione tra Russia e Ucraina continua e non dà tregua di nessun tipo. La guerra, il rischio nucleare e la preoccupazione sono costanti e anche per questo è fondamentale, in quanto psicologi, essere pronti a rispondere in modo attivo e preparato alle dinamiche psicologiche connesse ai rischi di tale situazione, per essere in grado di affrontare il durante e post emergenza.

È con queste motivazioni che l'Unità di ricerca in Psicologia dell'Emergenza e dell'intervento umanitario dell’Università Cattolica, con il patrocinio del Dipartimento di Psicologia e del Centro Milanese di Terapia della Famiglia ha realizzato una proposta formativa esclusiva dal titolo: “Resistere al sicuro in emergenza”, rivolta a psicologi con laurea triennale o magistrale, professionisti di area sociosanitaria e di emergenza.

Un’occasione di specializzazione extrauniversitaria che ha previsto tre giorni di formazione residenziale dal 24 al 26 marzo 2023, presso un bunker antiatomico nascosto, in Canton Ticino (Svizzera), per accrescere le competenze necessarie per gestire una condizione di attesa in scenari di emergenza e per valorizzare i gruppi come fonte di resilienza in situazioni traumatiche.

Alla base di questa proposta la convinzione che le strategie didattiche di tipo attivo siano quelle che garantiscono il maggior radicamento degli apprendimenti nel sistema cognitivo dei soggetti in quanto tali metodologie si caratterizzano per la centralità che i soggetti assumono nel processo formativo, essendo loro chiesto di agire ed interagire, discutere, proporre, analizzare e procedere negli apprendimenti per tentativi ed errori. In particolare, durante l’esperienza nel bunker la presenza di Role Playing e Gamification è stata costante.

“Resistere al sicuro in emergenza” - Il progetto

L’Unità di ricerca aveva dunque l’obiettivo di introdurre una metodologia formativa molto raffinata ed efficace per formare psicologi esperti in psicologia dell’emergenza. A conduzione di tale esperienza il professor Fabio Sbattella, psicologo e psicoterapeuta, docente di Psicologia dell’emergenza e di Psicologia clinica della Cattolica nonché responsabile dell’Unità di Ricerca di Psicologia dell’emergenza dell’Ateneo.

Insieme a lui, Arianna Girard, psicologa e psicoterapeuta, libera professionista presso il Centro Milanese di Terapia della Famiglia. Hanno partecipato a questa formazione residenziale 16 studenti e studentesse selezionati provenienti dal campus di Milano dell’Università Cattolica e dall’Istituto Universitario Salesiano di Torino. Seguendo la divisione temporale che caratterizza ogni metodologia in ambito emergenziale, (pre-durante-post) il gruppo ha iniziato questa esperienza.

Per quanto riguarda il “pre”, i formatori hanno proposto un momento di briefing iniziale prima dell’entrata nel bunker, durante il quale sono state condivise sensazioni, emozioni e pensieri; inoltre, ognuno ha scelto un elemento che si sarebbe voluto portare all’interno del bunker.

È avvenuta poi l’entrata nel bunker e la chiusura delle porte blindate ed è cominciata la fase del “durante”. La scommessa era quella di resistere al sicuro, in buona compagnia ma con qualche disagio, per 48 ore, il tempo prescritto dal recente piano nazionale per la gestione del rischio radioattivo. Tale piano considera infatti le 48 ore il tempo minimo affinché il livello di radioattività raggiunga un valore stabile in caso di ricaduta di polveri radioattive provenienti da oltreconfine.

Durante questo periodo si sono susseguite varie sessioni di esercizi diverse, tra i quali, video testimonianze, giochi cooperativi e competitivi, role playing, gamification e momenti di narrazione.

In particolare, appare opportuno riportare l’esperienza di role playing, durante la quale tre studentesse hanno provato a "vestire i panni" di altrettanti soggetti che interagiscono realmente nel contesto di un bunker in Ucraina. Le studentesse hanno cercato di assumere il punto di vista, le aspettative, gli atteggiamenti, gli stili cognitivi, le motivazioni e le dinamiche comportamentali dell'altro da sé per portare nel rifugio ciò che sta succedendo in Ucraina; una studentessa ha impersonificato Olga, una donna sola, la quale non voleva saperne di uscire dal bunker ora che aveva trovato un luogo con altre persone con cui condividere le giornate. Da qui è partito il colloquio tra il professor Sbattella, nei panni di psicologo in Ucraina e la donna. È stato davvero sorprendente quanto impattante sia stato il loro scambio, si è potuto sentire il dolore e la sofferenza provata da "Olga". In quel momento gli studenti non si trovavano più in Svizzera, bensì in Ucraina. Inoltre, in qualche occasione lo psicologo tornava ad indossare il suo cappello di professore, quindi bloccava la situazione in Ucraina, tornava in Svizzera e chiedeva agli studenti-osservatori di provare ad immaginare le domande che al suo posto avrebbero fatto ad Olga. Questo ha permesso, di mettersi in gioco e provare davvero cosa significa interfacciarsi in una situazione di emergenza con persone che soffrono e sono in difficoltà. Quest’esperienza di role playing ha sottolineato l'importanza che questo strumento ha e di quanto, se utilizzato bene, possa essere formativo e qualificante da un punto di vista professionale.

Infine, nel “post”, all’esterno del rifugio, è stato condotto un debriefing complessivo dell’esperienza per concludere tale avventura. Nonostante l’impatto significativo della formazione, è emerso come questa sia stata un’occasione importante per entrare nel vivo della psicologia dell’emergenza, delle tante sfaccettature che la caratterizzano e del ruolo del gruppo come fonte di resilienza.

È chiaro come questo sia stato un momento di formazione “fuori dall’ordinario”, ma che ha portato agli studenti e alle studentesse un apporto notevole di competenze, conoscenze e suggerimenti che attraverso le metodologie classiche e frontali non sarebbero state fruibili. È stato quindi una conferma di come, questo tipo di pratiche formative, siano importanti e godibili anche nell’ambito universitario.

 

“Sulle tracce dell’Accademia di Antonio Canova e di un bunker – Artisti contemporanei a Roma"
Da controluce.it del 7 giugno 2023

Roma – Martedì 13 giugno 2023, ore 18.00 presso la Sala delle Colonne di Palazzo Patrizi Clementi, via Cavalletti 2 , nell’ambito delle Celebrazioni Nazionali di Antonio Canova del 2022 viene presentato il volume a cura di Anna Imponente e Giovanna Grumo Sulle tracce dell’Accademia di Antonio Canova e di un bunker, Artisti contemporanei a Roma, Gangemi Editore International.

Il libro documenta i progetti innovativi e di ricerca realizzati tra il 2010 e il 2014, in suggestiva coincidenza con il centenario dell’Accademia del Regno Italico al suo fulgore, diretta dal grande scultore veneto. Nel corso dei restauri degli uffici della Soprintendenza per i Beni Stori Artistici ed Etnoantropologici del Lazio, in un’ala di Palazzo Venezia, un’iscrizione dedicata al grande scultore veneto e la sala con lo stesso nome, hanno suggerito ad Anna Imponente, allora soprintendente, di chiamare alcuni affermati artisti a realizzare opere con funzione d’uso o d’arredo, sotto il segno di una rinnovata creatività. Nel cortile principale Jacopo Cascella, nella Sala Canova Stefano Di Stasio, Maria Dompè, Cloti Ricciardi, Eloisa Gobbo, Paolo Hermanin, Claudio Palmieri, cui si sono aggiunte le donazioni dei dipinti di Claudio Verna e di Ilia Peikov, l’acquisizione di una scultura di Pietro Consagra. Nel chiostro del Palazzetto sono state posizionate una colonna segnaletica dell’Archivio Fotografico di Lucilla Catania e un’altra in dono, e “In cammino” di Lorenzo Guerrini (1955) deposito temporaneo degli eredi.

Lo studio condotto da Giovanna Grumo ha consentito di individuare le tracce tangibili della presenza di Antonio Canova nello stesso luogo. Se è noto che l’artista vi risiedette durante il soggiorno giovanile (1779-1780), la frequentazione quando diresse l’Accademia di Belle Arti del Regno Italico sita nell’edificio durante il periodo napoleonico è meno conosciuta. Sono state raccolte numerose notizie sugli allievi dell’Accademia che soggiornarono nel palazzo, alcuni divenuti celebri come Francesco Hayez e Adamo Tadolini, l’ubicazione di alloggi e studi, e i metodi di insegnamento. La ricerca ha inoltre identificato attraverso documenti e rilievi architettonici il locale in cui Antonio Canova scolpì il Teseo e il Minotauro, commissionato dall’ambasciatore Zulian che lo ospitava nel palazzo (ora a Londra, Victoria and Albert Museum). In memoria, nel 1812 sull’architrave della porta dello studio venne posta l’epigrafe commemorativa sopra menzionata, in seguito spostata.

La sensazionale scoperta, durante i lavori di bonifica a piano terra, dell’ultimo bunker mussoliniano nelle fondamenta è stata l’occasione per valorizzare gli ambienti, con il progetto di accesso e illuminotecnico del bunker, e il ripristino della Sala Canova, dell’architetto Carlo Serafini. E gli interventi site specific di Michele De Luca, Sandro Sanna e di Luca Patella. Le sue porte “Vas Canova” richiamano la conversazione del Soprintendente alle Antichità e Belle Arti dello Stato della Chiesa con Napoleone, prima del viaggio per il recupero dei capolavori italiani trasferiti a Parigi.

Nel Ministero della Cultura ha costituito un caso unico questo smart office con gli arredi di opere di quindici artisti contemporanei acquisite alle collezioni dello Stato.

Nel volume saggi di: Giovanna Grumo, Anna Imponente, Maurizio Occhetti, Rosalia Pagliarani, Carlo Serafini; schede critiche delle opere: Peppino Appella, Marcella Cossu, Enrico Crispolti, Daniela Fonti, Flaminio Gualdoni, Anna Imponente, Simonetta Lux, Gianluca Marziani, Augusta Monferini, Elena Pontiggia, Ivan Quaroni, Gabriele Simongini, Bruno Toscano. Alla presentazione del libro intervengono il Sottosegretario del Ministero della Cultura Vittorio Sgarbi, i docenti universitari Simonetta Lux, Carmelo Occhipinti, lo scrittore Silvio Perrella. Sono presenti le autrici.

Ufficio Promozione e Comunicazione Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma e per la provincia di Rieti

 

Alla scoperta dell’ex Polveriera del Monte Arzan e dell’area naturale del Coppo
Da veronanews.net del 6 giugno 2023

Un’area natruralistica a due passi dalla città, un importante patrimonio che fu teatro di una delle pagine più eroiche della storia veronese. Domani sera, mercoledì 7 giugno, e domenica 11, si svolgerà l’iniziativa “Alla scoperta dell’area dell’ex Polveriera del Monte Arzan e dell’area naturale del Coppo”, un’iniziativa promossa dalla Circoscrizione 2^ in collaborazione con il Gruppo Alpini Avesa e gli Angeli del Bello per far conoscere e aprire alla città questo luogo di grande valore.

L’area, inizialmente di proprietà del Demanio, è poi passata al Comune, che ha siglato un Patto di Sussidiarietà nel 2020 con il Gruppo Alpini di Avesa in collaborazione con il Gruppo Scout e gli Angeli del Bello, con l’impegno di curare la zona ma anche di valorizzarla dal punto di vista ambientale e storico. Proprio qui infatti, la notte del 25 aprile 1945, gli avesani salvarono il borgo e la città di Verona, conquistando una medaglia d’oro al valore militare, come riportato dall’insegna nell’atrio di Palazzo Barbieri.

Il programma Mercoledì 7 giugno ore 21 – Sala civica di Avesa, via Indentro “Conoscere l’area dell’ex Polveriera”

Presentazione dell’Area dell’Ex Polveriera: la sua storia, l’atto di eroismo degli avesani, il suo successivo utilizzo da parte del Corpo degli alpini, la riconquista della sua naturalità da parte del bosco. Interverranno per il Gruppo Alpini di Avesa Mario Gianelli, Luciano Brunelli, Stefano Corradini con i contributi di Anna Paola Perazzolo della Forestale Regione Veneto e il geologo Alberto Carton.

Domenica 11 giugno dalle 10 alle 13Visite guidate all’area “Il sentiero nei vaj”.

Punto di ritrovo: spianata dell’area della piattaforma di tiro (le indicazioni saranno fornite la sera della presentazione). Visita dell’area attraverso il percorso sentieristico realizzato e curato dal Gruppo degli alpini di Avesa a gruppi di 10 persone. La durata del giro è di circa un’ora e, viste le caratteristiche del percorso, sono fortemente consigliati abbigliamento e calzature idonee ad affrontare un percorso di tipo escursionistico di montagna.

Alla presentazione dell’evento sono intervenuti la presidente della 2^ Circoscrizione Elisa Dalle Pezze, il coordinatore della Commissione Strade, Giardini e Arredo urbano della Circoscrizione Gabriele Recchia, e per il Gruppo Alpini di Avesa Mario Gianelli, Luciano Brunelli, Stefano Corradini.

“L’iniziativa è possibile grazie al prezioso contributo e impegno degli alpini e degli Angeli del Bello – ha sottolineato la presidente Elisa Dalle Pezze – ed ha come obiettivo quello di avvicinare la cittadinanza a quest’area storica con grande valore naturalistico, oltre che mettere in luce un impegno durato due anni per valorizzarla e renderla fruibile”.

“E’ una zona di notevole interesse a due passi dal centro città – ha detto Gabriele Recchia – quindi anche tranquillamente raggiungibile con i mezzi pubblici”.

 

Il ’Movimento No Base’ non si arrende Contro la guerra e la base militare a Coltano
Da lanazione.it del 3 giugno 2023

La protesta dei pacifisti si concluderà domani con l’assemblea al Bastione Sangallo

"Nessuna base, per nessuna guerra" è lo slogan della biciclettata organizzata dal "Movimento No Base", il fronte ambientalista, pacifista e della sinistra radicale, che si oppone alla realizzazione della base militare a Coltano. Un progetto però tramontato, quello della maxi-base, che invece vede l’ipotesi dello spacchettamento tra le più quotate. "La lotta in questo anno non si è mai fermata – spiega Paola Imperatore, attivista del Movimento No Base -. Non abbiamo certezza, nero su bianco, che ci sarà uno spacchettamento. L’idea che si fa sempre più spazio è quella di usare l’area del Cisam. In questi mesi ci siamo accorti che a Coltano c’è una carenza di servizi essenziali, dall’ufficio postale, alle scuole materne che vengono chiuse. Tutto a fronte dell’investimento di milioni di euro pubblici per un ulteriore riarmo e una militarizzazione del territorio".

La tre giorni andrà avanti fino a domani 4 giugno al Bastione Sangallo. "Ieri l’Europarlamento ha votato la risoluzione che permette a tutti gli stati di dirottare i fondi del Pnrr per il riarmo – sottolinea Martina Mocci, del movimento pacifista -. L’Italia su questo aveva già anticipato questa tendenza". Il ’No Base’ fa i conti con le recenti elezioni, il territorio ha risposto alle urne voltando le spalle a quei partitiche spalleggiano il movimento pacifista. "Il punto di queste elezioni è l’astensionismo – risponde l’attivista Mocci -. Un dato in crescita non solo a Coltano ma in tutte le zone attaccate da politiche di devastazione del territorio. Noi continueremo la nostra lotta su Pisa".

 

La torre dei dieci cavalli a Muravera
Da vistanet.it del 3 giugno 2023

Lo sapevate? La torre costiera dalla forma molto originale costruita per difendere l’Isola dai pirati Questa torre, chiamata "dei dieci cavalli", ha una forma molto particolare e diversa rispetto alle torri costiere dell'Isola.

Sono centinaia le torri costiere della Sardegna.
Da non confondere con i nuraghi, furono costruite all’epoca della dominazione spagnola per difendere l’Isola dalle incursioni saracene. Una delle zone più colpite da questa piaga era la costa orientale, tra cui il territorio che dal Sarrabus arriva fino all’Ogliastra. A Muravera si trova una torre difensiva con una forma davvero diversa rispetto alle altre postazioni difensive.

Questa costruzione, denominata “Torre dei dieci Cavalli”, si trova a pochi passi dal mare ed era circondata fino a poco tempo fa da paludi e zone stagnanti molto difficili da attraversare. Fu costruita approssimativamente nel XVI secolo, periodo di massima attività da parte dei pirati saraceni, e si chiama così perché era storicamente presidiata da dieci uomini a cavallo.
Questi erano pronti a partire al galoppo per avvisare la città di Muravera del pericolo di un attacco. Costituiva infatti la porta di accesso al centro abitato. Bisognava passare infatti sotto la porta con arco a tutto sesto, presidiata dai cavalieri. Il resto della cinta muraria era probabilmente costituita proprio dalle paludi naturali, praticamente impossibili da attraversare per qualsiasi esercito di fanteria.

Oggi la torre è visitabile in zona San Giovanni, vicino all’omonima spiaggia.

 

Museo Forte Airolo visitabile in estate ogni 1° sabato del mese
Da laregione.ch del 3 giugno 2023

Si comincia il 3 giugno. Due visite guidate alle 13.30 e 15. Per gruppi e scuole, su prenotazione, possibilità di visita tutto l'anno

di Red.Bellinzona

Il Museo Forte Airolo, creato nel 1989, è visitabile ogni primo sabato del mese nelle seguenti date: 3 giugno, 1° luglio, 5 agosto, 2 settembre e 7 ottobre. Visite guidate alle 13.30 e alle 15. Per gruppi e scuole, su prenotazione, possibilità di visita tutto l'anno. Info www.forteairolo.ch. Costruito fra il 1886 e il 1890 e usato specialmente nelle due guerre mondiali, è uno dei forti meglio preservati di questo tipo in Europa. Degni di nota l’architettura, il labirinto di cunicoli e le casamatte. Un capolavoro di architettura militare il tetto ricoperto di blocchi di granito di Lavorgo, che rende omaggio al lavoro degli scalpellini dell’epoca. Poi l’armamento originale in buona parte ancora presente composto da cannoni, torrette, posti di osservazione. Nelle sale vi sono le armi installate durante le diverse fasi di modernizzazione come mitragliatrici, cannoni antiaerei ecc. Ma è anche possibile vedere gli elementi della vita di tutti i giorni della vita di tutti i giorni della guarnigione. Modernissimo per la sua epoca, era dotato di elettricità ed essendo perfettamente autonomo possedeva una propria panetteria. Infine è possibile consultare in una sala appositamente allestita una ricca documentazione sulla fortezza del Gottardo e il suo sviluppo con il ‘ridotto nazionale’ del generale Guisan.

 

Per la bella stagione riapre il Forte Bramafam di Bardonecchia: gli orari e le novità
Da torinotoday.it del 2 giugno 2023

Da questo week-end e per tutta l'estate

di Pier Giorgio

Questo fine settimana, sabato 3 e domenica 4 giugno, inizia la stagione di apertura al pubblico del Museo Forte Bramafam di Bardonecchia, un luogo dove si conserva la memoria della storia militare del Regno d’Italia vista attraverso quegli uomini che quella storia hanno creato e vissuto. Non solo grandi artiglierie - il Forte è sezione staccata del Museo Nazionale di Artiglieria di Torino - ma uniformi, armi, oggetti e manufatti della vita personale di generazioni di ufficiali e soldati, con fedeli ricostruzioni ambientali lungo tutto il percorso di visita.

“Sono ormai 28 anni che presidiamo il Bramafam spiega Pier Giorgio Corino, direttore del Museo - siamo riusciti a salvarlo dalla distruzione, trasformarlo in un museo. Quasi da non crederci. Le sensazioni che ci colgono percorrendo le sale sono il ricordo di com’erano quegli ambienti nel 1995. Quasi dubitiamo che siamo riusciti fare tutto questo. Se ci fossimo limitati al solo restauro delle strutture forse sarebbe stato tutto più semplice, ma l’idea che ci ha travolto e che ha preso sempre più corpo, è stata quella di trasformare il forte in un museo vivo, dove porre al centro della narrazione il “bene” storico: uniformi, documenti, armi, oggetti personali, per conservare e tramandare la memoria, esponendo i materiali in modo tale che gli oggetti coinvolgano il visitatore e che siano gli stessi oggetti a raccontare la loro storia”.

Le novità e i progetti

Anche quest’anno verranno proposti nuovi allestimenti e materiali in esposizione e ancora una volta l’Associazione con i sui volontari sarà al lavoro per tutta l’estate per ridare vita al forte. In contemporanea ci si sta attivando per proseguire nel recupero della fortificazione, iniziando con il settore più elevato in quota del Bramafam: il Fronte di gola. Raggiunto da una scala coperta che si dirama dall’androne del forte, si sviluppava alla sommità del versante meridionale dell’altura, percorso in tutto il suo sviluppo da una galleria, che dava accesso alle maggiori installazioni d’artiglieria di tutto il forte. Il progetto prevede interventi di natura edile e impiantistica, che daranno vita a una nuova area museale di circa 300 mq distribuita su venti diversi ambienti, ma in particolare prevede la ricostruzione di due installazioni di artiglieria da fortezza di fine Ottocento: un impianto di installazione a scomparsa Gruson per cannone da 57 mm, e un’installazione sempre della Gruson per cannone da 120/21: di questi impianti in Italia ormai non ne esistono più nessuno.

In particolare il pozzo da 120 sarà un unicum a livello europeo, dove il visitatore potrà accedere nell’interno dell’installazione ricostruita in tutti i suoi particolari. Oggi attraverso 39 sale espositive, una serie di attente ricostruzioni ambientali, completate da 180 manichini che indossano uniformi originali, 74 artiglierie di diverse epoche e oltre 2000 reperti storici, raccontano la storia militare d’Italia dal 1890 al 1945. In questi anni il Museo ha superato abbondantemente i 100.000 visitatori complessivi - molti dei quali sono già ritornati anche più volte: il Forte è al vertice di gradimento e popolarità fra i Musei europei di Storia Militare, tanto che forse è più conosciuto in Europa che in “casa”.

I giorni di apertura e le info utili

Giugno e luglio tutti i sabati e domeniche. Ad agosto tutto il mese dal 1° al 31. A settembre e ottobre tutte le domeniche.

Orario di visita: dalle 10, 00 alle 18,30. Ultimo ingresso ore 17,00 Tempo medio di visita 2-3 ore

Infoline: tel. +39 3336020192 - +39 3473122958 Tariffe: intero € 9,00, ridotto € 7,00 scuole € 5,00 / Ingresso compreso con Tessera Abbonamento Musei Piemonte e Valle d’Aosta Altre info e aggiornamenti sulle mostre info@fortebramafam.it.

Per i dettagli consultare il sito dedicato o la pagina Facebook.