Di
Giovanni Rimondini
Dino Palloni e Giovanni Maccioni, veduta
virtuale di Castel Sismondo con il recupero
della “Corte a mare” e del fossato
“Una riapertura del fossato consentirà di
riqualificare in maniera forte tutto un
quartiere di Rimini e ridisegnare la mappa
cittadina. Le principali opportunità saranno
costituite dalla riapertura di un terzo del
castello ora scomparso e di una cinta
certamente edificata 'in toto' da Sigismondo
Pandolfo Malatesta e mai vista da alcun
riminese vivente. Sarà certamente da
sottoporre ad un ampio dibattito civico
anche la possibilità di indicare in qualche
modo i distrutti valori fuori terra.” Gli
studi del castellologo Dino Palloni ripresi
e commentati dal prof. Rimondini.
Veduta
dall’alto del castello con le tende del
soppresso mercato bisettimanale. Questa foto
serve per l’elaborazione delle vedute
virtuali da parte di Dino Palloni e di
Giovanni Maccioni. Tutte le immagini di
ricostruzione virtuale provengono
dall’archivio elettronico di Dino Palloni,
per gentile concessione di Mariarita
Golfieri Palloni.
STUDI E RICERCHE RECENTI SUL FOSSATO DI
CASTEL SISMONDO
L’eccellenza del fossato di Castel Sismondo
è già stata notata dai castellologi più
attenti, in particolare da Dino Palloni, che
ha dedicato numerose ricerche al corpo del
castello. In collaborazione con Giovanni
Maccioni dell’Istituto Italiano dei
Castelli, uno dei suoi “giovani”, Dino aveva
impiantato un laboratorio virtuale per la
ricostruzione scientifica delle parti di
Castel Sismondo scomparse o nascoste sotto
terra.
Veduta dall’alto di Castel Sismondo in corso
di elaborazione virtuale ad opera di Dino
Palloni e Giovanni Maccioni.
Nel corso di queste indagini, purtroppo
interrotte dalla scomparsa dell’illustre
castellologo, era stato preso in
considerazione il problema di come poteva
essere raggiunto e utilizzato un fossato
asciutto. Analizzando il mare di immagini
che aveva accumulato nel tempo visitando i
castelli italiani ed europei, Dino Palloni
aveva trovato, in parecchi fossati di
castelli di epoche diverse arrivati sino a
noi, la porta che permetteva alle truppe
assediate di calarsi ed entrare nel fossato
per affrontare gli assalitori.
Questa porta Dino l’ha chiamata “pusterla”
[o posterla o postierla dal latino tardo
“postierula” che significa la porta di
dietro], che è il nome dato alla porta
secondaria di un castello, e quindi sarebbe
“la pusterla del fossato”. Quando il nostro
fossato verrà riaperto è quasi certo che la
troveremo, o forse ne troveremo due, una nel
fossato interno e una nel fossato esterno,
le due parti del fossato separate da due
tratti delle mura urbane, entrambe sotto i
ponti levatoi. Con il gentile permesso di
Mariarita Golfieri Palloni pubblichiamo un
inedito di Dino sulle pusterle in diversi
castelli italiani ed europei. Sicuramente fa
parte degli ultimi lavori sul fossato di
Castel Sismondo, come premessa per sapere
cosa ci si deve aspettare di trovare.
Dino Palloni
e Giovanni Maccioni, ricostruzione a colori
di Castel Sismondo – i colori araldici dei
Malatesta erano il bianco [simboleggiante la
Fede] il rosso [simboleggiante la Carità] e
il verde [simboleggiante la Speranza]. Le
scarpe del fossato per l’altezza sono quasi
accettabili, mancano però le controscarpe
del circuito esterno del fossato che sono
apparse e misurate nel disegno di Pacifico
Barilari del 1839. Dino però aveva
un’immagine del disegno del Barilari e
certamente non ha fatto in tempo a
correggere questa parte della veduta
virtuale. Giovanni Maccioni ha espresso il
desiderio di aggiornare questa immagine.
DINO PALLONI: ABSTRACT RIAPERTURA FOSSATO
“Una riapertura del fossato consentirà di
riqualificare in maniera forte tutto un
quartiere di Rimini e ridisegnare la mappa
cittadina, anche se porrà imponenti problemi
soprattutto in materia di viabilità e
parcheggi. Le principali opportunità saranno
costituite dalla riapertura di un terzo del
castello ora scomparso e di una cinta
certamente edificata ‘in toto’ da Sigismondo
Pandolfo Malatesta e mai vista da alcun
riminese vivente. Sarà certamente da
sottoporre ad un ampio dibattito civico
anche la possibilità di indicare in qualche
modo i distrutti valori fuori terra.”
Lucera,
cinta della città fortezza, opera
dell’imperatore Federico II di Svevia,
secolo XIII. La pusterla si vede chiarissima
sotto l’area di un ponte levatoio. Foto di
Dino Palloni.
Helmsley, Inghilterra, pusterla sotto il
ponte levatoio. Foto di Dino Palloni.
di Dino Palloni
PUSTERLE SOTTO IL PONTE LEVATOIO
PARTICOLARI DELL’ARCHITETTURA CASTELLANA
“Si incontra talvolta, nei castelli, una
pusterla di accesso al fossato posta
immediatamente sotto il ponte levatoio
dell’ingresso principale. Gli esempi che
siamo in grado di menzionare non sono
moltissimi, ma l’ovvia limitatezza dei
castelli presi in esame e la scomparsa o la
manomissione di un’elevate percentuale di
fossati consente di supporre che ve ne
fossero in maggior numero.
Helmsley,
Inghilterra, probabilmente del XIV secolo, a
giudicare dal paramento murario disordinato.
Corridoio di discesa nel fossato. Foto di
Dino Palloni.
Le pusterle in generale sono comunissime nei
castelli, nelle rocche e nelle cinte urbane.
Da esse passavano messaggeri per comunicare
con l’esterno in vista di spedizioni di
soccorso o di istruzioni, talvolta portatori
carichi di provviste per la ricostituzione
delle scorte e, soprattutto, uscivano
squadre di armati per effettuare sortite
improvvise nel campo degli assedianti.
Le pusterle si aprono quasi sempre a raso
sul fondo del fossato per varie ragioni: le
loro ridotte dimensioni e il disagevole
corridoio di accesso non consentono
l’irruzione in massa ad eventuali
assalitori, cosicché l’accesso ‘de plain
pied’ costituisce un rischio accettabile
rispetto alla loro utilità ed alla poca
appariscenza; la pusterla trova uso anche
nel caso di fossati acquei, come nella rocca
di Ravaldino di Forlì. Possiamo supporre che
il loro controllo fosse svolto dai
responsabili delle porte più prossime, a
meno che non vi fossero dei preposti
specifici; anche in questa occasione ci
troviamo a lamentare la mancanza di un
sufficiente approfondimento storico, che
dalle fonti documentali possa trarre
maggiori informazioni sulle consuetudini
dell’organizzazione difensiva.
Infatti solo dal confronto fra i documenti e
le evidenze architettoniche può nascere una
sempre più completa comprensione
dell’architettura fortificata medievale.
Milano, Castello Sforzesco. Assai complessa
è la descrizione della struttura del
castello milanese, qui vediamo due livelli
di ponte levatoio, quello inferiore era per
un ponte levatoio riservato ai pedoni, sotto
il quale si intravvede la pusterla. Foto di
Dino Palloni.
Supponiamo che le pusterle qui prese in
esame svolgessero le medesime funzioni e si
distinguano quindi solo per la posizione,
direttamente sotto il pontile dell’ingresso
principale o, come a Milano, appena
disassate. A prima vista sembra che
l’ubicazione non sia molto felice, perché di
fronte all’ingresso l’assediante pone
certamente maggior cura di rinforzo e
sorveglianza, per la possibilità di sortite
fuoriuscenti dal ponte levatoio
improvvisamente abbassato. Pensiamo quindi
che il principale vantaggio di tale
ubicazione fosse costituito dall’effetto
coprente del battiponte, sia in termini di
protezione dai proiettili dell’assediante
sia di occultamento alla vista. E’ inoltre
possibile che si ricercasse l’economia
gestionale consentita dall’affidamento della
pusterla e della sovrastante porta
principale al controllo di un unico corpo di
guardia.
Casale
Monferrato ponte levatoio e pusterla, secolo
XV. Dino Palloni aveva compiuto ricerche a
Casale Monferrato chiamato per chiara fama
dalle autorità comunali. La pusterla di
Casale appare utilizzata e forse stravolta.
Foto di Dino Palloni.
FORME E PERIODO NELLA FALSA BRAGA DELLA
CINTA DI LUCERA
Montaiguillon (c. di
Louan-sous-Montaiguillon, Seine et marne)
“dall’androne una scala dedicata [disposta]
in spessore di muro porta al fossato. E’ una
posizione abbastanza caratteristica del
secondo quarto del Duecento, che si trova,
ad esempio, a Cracy” Mesqui, Chateaux forts
et fortifications en France p.243.
Ponte levatoio dedicato [disposto, preparato
per coprire una pusterla]
Due tipi: 1) accesso al fossato:
Helmsley UK
Rhuddlan UK
Lucera I
Coucy F
Villandraut F
Montaiguillon F
Bonnevillle-sur-Touques F
Casale Monferrato I
Coca E
Lonato I
2) accesso alla camera bassa del rivellino:
Beynes (Mesqui, I, p.360) F
Milano Castello Sforzesco I
Porte de Laon, Coucy (Dictionnaire, VII, p.
133).”
Gaetano Urbani, piramide sulla sorgente
della fontana della Pigna, già via dei
Condotti, oggi Dario Campana.
di Giovanni Rimondini
PRECISAZIONI SULLE PUSTERLE E SUL FOSSATO DI
CASTEL SISMONDO: IL FONDO DEL FOSSATO
FUNZIONANTE COME UNA BATTAGLIERA
Il lavoro di Dino Palloni, che avete appena
letto, è rimasto incompleto nell’analisi ma
preciso nella sintesi del significato
complessivo di “pusterla”, un elemento
tipico e ancora ignoto del ‘corpo’ dei
castelli, lo status materiale dei castelli
del quale Dino era un superbo indagatore e
scopritore di strutture importanti mai
notate prima. Mi sono ricordato da poco che
mi aveva parlato delle pusterle di fossato e
quindi, quando Maita mi ha mostrato l’ultimo
suo file inedito, ho capito da dove l’idea
mi veniva, come nell’emergere di un fiume
carsico, la traduzione di una parte della
descrizione del fossato di Castel Sismondo
fatta da Roberto Valturio, pubblicata in
questo sito Rimini 2.0, che rendeva
possibile considerare il fondo del fossato
un luogo di combattimento, una
“battagliera”. Come il fossato della Rocca
di Ravaldino di Forlì, ben più tardo, il
nostro fossato poteva anche essere allagato.
Due possibili usi del fossato, asciutto e
riempito d’acqua, dei quali era forse
prevista un’attivazione nei due tempi di un
assedio affrontato a pieno regime difensivo;
cessati tentativi di forzare il castello nel
fossato, il fossato era riempito d’acqua.
Oppure era riempito d’acqua dall’inizio
dell’assedio, se c’era un numero ridotto di
difensori. Non credo poi che queste posterle
fossero un segreto assoluto, perché gli
“homines docti ad bellum”, gli esperti dei
consigli di guerra dei principi grandi e
piccoli, erano di sicuro a conoscenza della
struttura del fossato di Castel Sismondo. La
vera ragione è probabilmente nella linea
complessiva di difesa e offesa di Castel
Sismondo che risultava quadruplicata per una
plurima e possibile difesa / offesa. Gli
assedianti potevano essere colpiti anche
all’interno del fossato se sulla scarpa vi
fossero state le bombardiere, come aveva
ipotizzato Dino Palloni. Le battagliere o
linee di combattimento o di fuoco di Castel
Sismondo potevano essere quattro: le più
alte erano i posti di tiro dentro e sulle
mura e le torri interne; le battagliere
medie correvano sulla cima delle mura basse
della falsa braga – sul “promuralis”-; le
terze difese/offese erano collocate ai
margini o, come ipotizzato, dentro il
fossato, con numerose bombardiere al livello
del terreno del promurale o sulla parte alta
della scarpa; e infine la quarta linea di
fuoco era nel fondo del fossato dove gli
assalitori faticosamente calatesi si
trovavano nella mischia con uomini armati a
piedi e forse anche a cavallo.
Severino Bonora, disegno di due dei tre
sfiatatoi del condotto della fontana della
Pigna, in via dei Condotti, oggi Dario
Campana.
Era questa assai probabilmente la conosciuta
e celebrata pericolosità di Castel Sismondo,
certamente destinata a diventare ben presto
obsoleta a causa della progressiva forza
d’urto delle artiglierie, ma era stata tale
da risparmiare al castello qualsiasi
tentativo di assedio in tutto il
Quattrocento. Solo nei primi anni del ‘500,
Cesare Borgia e i suoi ingegneri, tra i
quali Leonardo da Vinci, toglievano al
castello quelle caratteristiche ‘antiche’
alle quali Sigismondo non aveva rinunciato.
Tutto l’apparato a sporgere o i fragilissimi
beccatelli per la difesa piombante, e una
parte dell’altezza delle torri. Sulla
battagliera più alta, come possiamo vedere,
muri e torri, il castellano del Borgia
costruì dei merloni, meno fragili dei merli
tradizionali e degli archetti dell’apparato
a sporgere; nel corpo dei muri furono aperte
cannoniere alla francese – aperture
rettangolari strette con una pianta a
clessidra per permettere ai pezzi di
bandeggiare -.Le altre tre battagliere
potevano ancora andare. Poiché un assedio e
una difesa erano preparati dapprima dai
contabili o tesorieri, o “depositari” che
calcolavano il costo dei milites e dei
pedites in attività durante un numero
preciso di giorni, i Signori dovevano sapere
che per l’assedio della rocca di Rimini, in
previsione delle quadruplicate perdite,
erano necessari guerrieri più numerosi che
per assediare un castello meno attrezzato,
dato che gli assedianti dovevano esporsi ai
colpi di quattro linee di fuoco, e quindi
ognuno di loro aveva quattro probabilità di
essere colpito invece di una o due.
Certamente anche la difesa di Castel
Sismondo doveva risultare costosissima per
il numero di guerrieri necessari per farla
funzionare al suo meglio, ma non sempre era
necessario che funzionasse a pieno regime.
Forse l’acqua nel fossato serviva solo
quando la guarnigione era ridotta o al suo
minimo, e c’erano improvvise possibilità
d’assedio, oppure quando si sospettava
imminente una rivolta popolare; e allora
venivano chiuse le paratie all’uscita della
piccola fossa perennemente piena d’acqua, la
cui sorgente era interna al fossato sotto la
“controscarpa” orientale. Solitamente questa
piccola fossa scorreva al centro del fossato
castellano e si scaricava a ponente nel
fossato comunale. Lo Stegani rappresenta
anche dei muri radiali nel fossato, supposti
contenitori d’acqua e se riempiti o svuotati
singolarmente, capaci di manovre per effetti
di rovesciamenti di gran quantità d’acqua
nei luoghi asciutti. Non ne sappiamo niente
della loro costruzione e funzione; siccome
interrompono il piccolo fossato sembrano
essere di epoca postmalatestiana: gli scavi
ci daranno informazioni precise.
La fontana
detta della Pigna, di impianto duecentesco.
Forse spostata da Sigismondo Pandolfo dal
centro al lato della piazza, senza i gradini
che la circondavano: Come si può vedere
dalla posizione delle cannelle, il parapetto
esterno è stato rialzato. Venne notata e
‘ascoltata’ da Leonardo da Vinci nel 1502;
al tempo di papa Paolo III Farnese fu
aggiunto il tamburo superiore e sopra messa
la statua di San Paolo, sostituita nell’800
dalla Pigna.
DIGRESSIONE SULL’ANTICO ACQUEDOTTO DELLA
FONTANA DI PIAZZA DI RIMINI
Il primo acquedotto di Rimini collegato alla
fontana della piazza del Comune o della
Fontana, che dal 1860 si chiama piazza
Cavour, attraversava le fosse comunali e
castellane. Poiché questo acquedotto
interferiva col fossato del castello, si
rende necessario spiegare sinteticamente la
sua situazione, prima che all’inizio del
Novecento venisse abbandonato e messo in
funzione un acquedotto generale per tutta la
città.
Nel corso degli ultimi secoli sono stati
trovati i resti degli acquedotti romani di
Ariminum: tubi di piombo con in rilievo il
nome del curatore dell’acquedotto dentro la
città, ed elementi di pietra, come quelli
scoperti dal mio studente Manuel Maioli, nei
primi rilievi del Covignano dove c’erano le
sorgenti. Un acquedotto in terracotta fu
intercettato quando si fecero gli scavi del
deviatore del fiume Marecchia, che forse in
antico portava acqua a un “castrum” o
accampamento romano. La presenza di questo
probabile “castrum” forse aveva spaventato
nel 218 a.C. Annibale che pur scendendo
lungo la via pedemontana, che pochi anni
dopo sarebbe diventata la via Emilia – 189
a.C -, non s’era spinto ad assediare
Ariminum e scendere a Roma per la via
Flaminia appena inaugurata. Se c’era, la
fortificazione era situata nella stretta
lingua di terra emersa tra l’Ariminus, non
ancora Marecchia, e il mare, che andava dal
Borgo di San Giuliano alle Celle,
attraversata dalla via che sarebbe diventata
l’ Emilia. Nel Medio Evo, prima che il mare
si allontanasse, in quella striscia sorse il
Borgo Nuovo di San Giuliano, lungo e stretto
e difeso da fossi, terrapieni e palizzate,
che sparì dalla metà del ‘300.
Pacifico Barilari, disegno dell’acquedotto
praticabile appoggiato alla “controscarpa”
del fossato, 1839
E’ considerata ‘romana’ dagli storici di
Rimini la fontana di piazza Cavour, detta
popolarmente “della Pigna” per la cimasa in
pietra d’Istria che sostituì nell’800 la
cinquecentesca statua di San Paolo, oggi
conservata nel museo. L’edificio trascurato,
oggi spesso senza acqua, risulta un
palinsesto di diverse epoche dal XIII al XIX
secolo. Com’è noto, ha la sua sorgente in
via Dario Campana, dove la strada si apre
davanti ad un piccolo edificio a base
ottagonale coperto da una piramide, opera
dell’ingegnere comunale Gaetano Urbani,
autore del Kursaal, distrutto nel
dopoguerra, e delle ville Baldini-Lega e
Solinas, ancora esistenti, a Marina. Sotto
la piramide circa 8 metri c’è la sorgente,
un tempo situata sulle rive dell’“Ariminus”
poi chiamato Marecchia, prima che si
spostasse, la cui acqua sgorgava e si
portava in alto fino alle tubazioni.
Per un chilometro la tubazione lungo via
Dario Campana, non interrata, scendeva fino
al fossato del castello, interrotta da tre
“bottini” o piccole conserve d’acqua con
sopra tre specie di pagode in sasso di San
Marino che avevano delle aperture per dare
aria all’acqua. Il tubo passava sotto il
fossato e versava l’acqua dentro una vasca
grande – detta “Casamatta piscina” – , poi
risaliva dietro la controscarpa e portava
l’acqua alla fontana “della Pigna” di piazza
del Comune o della Fontana, oggi Cavour, al
fontanone per abbeverare i cavalli, e alle
quattro fontanelle della Pescheria. Dalle
fontane, l’acqua di risulta scendeva lungo
via Gambalunga, chiamata via del rivolo
della fontana, in un fosso al centro della
strada a cielo aperto, fino ad arrivare
nell’area di San Cataldo dove serviva un
lavatoio e poi usciva dalle mura nel fossato
del comune da dove finiva nel Marecchia nei
pressi della soppressa porta Galliana. Il
“rivolo della fontana” nei primi anni ’60
dell’800 all’inizio dell’epoca unitaria fu
la prima fogna ad essere coperta.
Dino Palloni e Giovanni Maccioni, immagine
virtuale di Castel Sismondo senza la
superficie cromatica araldica e con il
fossato pieno d’acqua
Nel 1832 l’ingegnere comunale Matteo
Crudomiglia, un formidabile disegnatore,
presenta un “Piano di esecuzione dei lavori
atti a migliorare ed a rinnovare
l’antichissimo acquedotto della pubblica
fonte ormai resosi inservibile”. Per la
verità spesso l’acquedotto si rendeva
inservibile e veniva riparato, tanto che le
tubature a fior di terra erano un misto di
tubi di legno, di latta, di terracotta
incastrate una dentro l’altra, solo il
piombo era usato con parsimonia e nei luoghi
dove non poteva essere rubato. L’ingegnere
proponeva tubature di cotto perfettamente
cilindriche del diametro del doppio di
quelle precedenti saldate tra loro con un
mastice speciale.
Nel 1839, l’ingegnere pesarese Pacifico
Barilari, esperto matematico, disegnava e
calcolava , dentro il fossato nella sua
parte orientale – sotto il palazzone del
notaio Pelliccioni – “la costruzione di un
praticabile da cominciarsi alla piscina
nuova, e proseguirsi lungo la controscarpa
della Rocca Malatestiana fino al principio
di quello già costruito nel 1837.”
E’ dai disegni di questo acquedotto
praticabile, pubblicati in Acqua da bere
acqua da vedere di P.G. Pasini e A. Bernucci
che troviamo la “controscarpa” anche nella
parete esterna del fossato di Castel
Sismondo, definita nella sezione di un
triangolo retto di m.10 di altezza e di m.4
di base.
Come già sappiamo, per Roberto Valturio la
profondità del fossato, di larghezze varie
era di 50 piedi romani, cioè di circa 14
metri. E’ probabile che l’altezza effettiva
delle scarpe del fossato sia variabile, lo
si vedrà quando verrà aperto.