"di Alessandra Mincone
Le
base di Ghedi, a venticinque chilometri da
Brescia, si estende per oltre dieci
chilometri quadrati. Non è una base Nato, ma
in adesione al “Nato Nuclear Sharing” è il
deposito di arsenale di almeno venti bombe
atomiche americane con una potenza
oscillante tra i cinquanta e i cento
chilotoni ciascuna, date in controllo
all’esercito italiano. A Ghedi risiede il 6°
Stormo, un reparto di interdizione militare
che ha il compito di intercettare e
distruggere i caccia bombardieri nemici in
territorio nazionale. Hanno in dotazione i
caccia multiruolo “Tornado” in tre varianti,
sviluppati e fabbricati dalla Panavia
Aircraft, multinazionale che unisce le
aziende British Aereospace, MMB e Leonardo.
La caratteristica che rende questi velivoli
un’eccellenza tra i sistemi di aviazione
bellica è la capacità di poter agganciare
tutte le armi da guerra impiegabili, incluse
bombe a grappolo e, ovviamente, le bombe
atomiche.
In una nota stampa trasmessa sul canale
ufficiale dell’Alleanza Atlantica, Jens
Stoltenberg ha dichiarato che i mezzi
coinvolti nell’addestramento 2023 hanno la
funzione di trasporto delle testate
nucleari, ma che lo scopo decennale del
programma resta limitato alla formazione dei
piloti per le operazioni di manovre aeree,
senza quindi spingersi in veri test di volo
con testate nucleari agganciate.
Poco più di un anno fa, il 6° Stormo di
Ghedi aveva partecipato ad altre due
attività internazionali, Iniochos 2022 e la
Frisian Flag 2022, nell’ottica di rivalutare
le capacità tattiche-operative dei sistemi
di tecnologia in dotazione e di consolidare
la reattività dei velivoli con operazioni
congiunte in contesti multinazionali,
attraverso la simulazione di combattimenti
combinati tra varie potenze. La
partecipazione attiva all’addestramento del
progetto Iniochos, sviluppata oltre i
confini circoscritti ad oggi dall’Alleanza
Atlantica, ha visto impiegate le forze di
difesa nazionale cipriote e le forze aeree
francesi, israeliane e statunitensi.
Nel Giugno 2022, a Ghedi è anche iniziato il
processo di sostituzione graduale dei
Panavia Tornado, con l’introduzione dei
nuovi modelli di velivoli multiruolo di
quinta generazione quali gli F-35,
progettati per svolgere in contemporanea
ogni tipo di missione: dalle azioni
deterrenti finalizzate alla difesa e alla
conquista di una supremazia aerea, fino a
quelle di identificazione dei bersagli
nascosti e di attacco con bombardamenti
tattici.
Ad oggi, l’aereoporto ha svolto le sue
funzioni di trasporto verso i confini
dell’Ucraina, interessandosi in via diretta
di una parte dei pacchetti di armi garantiti
dall’Italia al Governo Zelens’kyj. La
rassegna stampa delle Forze italiane elenca
tra le spedizioni già assicurate gli M113,
veicoli cingolati per il trasporto delle
truppe; i Lice Vtml, veicoli tattici
multiruolo; carri armati Leopard;
mitragliatrici, munizioni e kit di
sopravvivenza; e i Samp T, missili
terra-area per il contrasto di minacce aeree
e gli Aspide, missili terra-area di vecchia
generazione. Ancora, “due MLRS, il cui
sistema che permette di lanciare in maniera
rapida, continuata e a lunga gittata razzi
di diversa tipologia, tra cui testate
chimiche, biologiche e anticarro. I Pzh2000,
obici con un cannone da 155 millimetri con
sparo computerizzato. Sono semoventi e
capaci di colpire fino a 40 chilometri di
distanza. E sparano 20 proiettili in 3
minuti. Verranno inviati 6 semoventi M109L
dei 68 in possesso (…) Da alcuni giorni sono
spuntate foto di “movimenti” sulle
autostrade del Nord Italia dove si vede che
dai depositi dell’Esercito vengono prelevati
anche i veicoli di trasporto truppe M113”.
Insomma, un prestito di guerra ripagato ad
oggi con una stima di cinquecento mila morti
tra gli eserciti e in feriti dal lato russo
e da quello ucraino, come riportava quest’estate
il New York Times. E ancora da ripagare col
sovrapprezzo, dettato dal rischio di
un’escalation di guerra internazionale.
Lo scorso Ottobre si è tenuta una
manifestazione di oltre cinque mila persone
presso l’aereoporto miliare di Ghedi.
Alla testa del corteo, attivisti locali
hanno sventolato bandiere di pace in
risposta alle crescenti preoccupazioni
legate all’eventualità di un’escalation
militare tra le belligeranti Nato e Russia
in relazione al conflitto in Ucraina. A
pochi metri, hanno seguito gli iscritti di
alcune sigle del sindacalismo conflittuale
in Italia e i militanti dei movimenti
politici della sinistra extra parlamentare.
La composizione dei pullman arrivati da
tutta Italia, in prevalenza di lavoratori di
origine araba iscritti al SI Cobas, non ha
mancato di esprimere grande solidarietà alla
popolazione che resiste in Palestina, con
slogan, interventi e spezzoni rivolti a
denunciare l’assedio e il massacro di
Israele nella Striscia di Gaza. Le realtà
promotrici hanno lavorato sulla
caratterizzazione anti imperialista e anti
colonialista del corteo, denunciando il
ruolo delle aziende italiane in materia di
produzione e esportazione di armamenti in
giro per il mondo e quello del Governo
Meloni, che ha promesso all’incirca di
raddoppiare la spesa militare giornaliera
con un aumento del Pil al 2% per la difesa
entro il 2024.
La scelta di costeggiare la base d’aviazione
tra le più grandi d’Europa per estensione,
si è incrociata con l’appuntamento annuale
della Nato “Steadfast Noon”, cioè il
programma di esercitazione militare che
avrebbe lo spirito di rafforzare le capacità
di deterrenza nucleare dei paesi uniti dal
Patto Atlantico. Il 17 Ottobre, è iniziato
il dispiegamento di circa sessanta velivoli
da combattimento come gli aerei B-61
abilitati al trasporto di bombe atomiche,
bombardieri pesanti B52 e jet di
rifornimento che, dagli Stati Uniti,
sorvoleranno 13 paesi membri tra cui
l’Italia fino al 26 Ottobre. I corridoi di
transito della penisola, includono, oltre
Ghedi, anche le infrastrutture militari
aeree di Aviano, Amendola, Gioia del Colle e
Trapani.
Gli attivisti di Ghedi da oltre un anno
denunciano lo stato di pre-allerta militare.
La manifestazione dello scorso Ottobre ha
tentato di sensibilizzare l’opinione
pubblica sul livello di tensione bellica che
investe tutta la regione lombarda e,
potenzialmente, tutta l’Europa. Secondo uno
studio del Ministero della Difesa del 2020,
nella peggiore delle ipotesi possibili,
ossia del verificarsi di un attacco bellico
contro la base di aviazione militare di
Ghedi e contro la base militare Nato di
Aviano, un danno atomico ricadrebbe su una
fascia di popolazione compresa dai due ai
dieci milioni di persone a seconda
dell’intensità dei venti e della capacità di
intervento di evacuazione delle zone a alto
rischio.
Nonostante non ci siano dei report e delle
stime ufficiali sul quantitativo di arsenale
nucleare dispiegato in tutta Europa dal
blocco militare Nato e dagli USA, nel 2021
il gruppo di giornalisti investigativi
“Bellingcat” aveva rivelato un pacchetto di
informazioni, mal secretato dall’esercito
statunitense e dai responsabili alla
custodia delle riserve nucleari in giro per
il mondo.
Applicazioni web per la rappresentazione e
l’apprendimento dei dati, come Chegg,
Quizlet e Cram, sono state utilizzate per
mappare e definire i territori strategici
del nucleare americano oltre i suoi confini:
non solo Ghedi e Aviano, ma anche Kleine
Brogel in Belgio, Buechel in Germania,
Volkel nei Paesi Bassi, fino a Incirlik in
Turchia.
Attraverso queste app di flashcard, i
soldati incaricati di sorvegliare questi
dispositivi, identificavano con esattezza i
rifugi che conterrebbero armi nucleari, da
come si può leggere nell’inchiesta.
Descrivevano i protocolli di sicurezza
inviolabili, come il numero e le posizioni
delle videocamere; la frequenza dei
pattugliamenti intorno ai caveau e
l’equipaggiamento delle forze di protezione
delle basi. Alcune flashcard riportavano
persino le parole segrete stabilite e da
utilizzare in caso di minaccia alla
sicurezza delle guardie e ai tentativi di
intrusione nelle aree da vigilare. In certi
casi i giornalisti hanno scoperto con
semplici click i dettagli per la
composizione delle password e dei relativi
nomi utente; in altri “set” sgominati on
line, i militari avrebbero salvato finanche
le versioni dei codici di rilascio mondiale
per aprire tutti i caveau segreti nello
stesso momento. Tra i dettagli
dell’inchiesta di Bellingcat, emerge come
sia stato facile addirittura trovare per
alcune basi, le informazioni sugli edifici
dove sono nascoste le chiavi dei rifugi
aerei e le informazioni sui controlli dei
siti “caldi” e “freddi”, ossia i depositi
delle bombe atomiche. Gran parte dei dati
estratti dai giornalisti sono stati
verificabili grazie alla rintracciabilità
degli utenti, iscritti alle applicazioni con
i propri dati sensibili e le foto profilo
esportate da LinkedIn e Facebook. “Anche nei
casi in cui non è immediatamente chiaro dove
si trovi l’utente”, di legge dall’inchiesta,
“si può dedurre la base militare a cui si
riferiscono le loro flashcard da ciò che
stanno studiando: leggi locali, nomi degli
squadroni, delle zone, degli edifici”.
Il report dei giornalisti di Bellingcat nel
2021 aveva allertato tutte le massime
cariche delle forze di difesa statunitensi e
della Nato, dimostrando quanto i sistemi di
sicurezza intorno ai depositi dell’arsenale
nucleare europeo fossero fragili e
violabili. Chiamato in causa in qualità di
esperto del controllo degli armamenti,
Jeffrey Lewis aveva dichiarato che il
segreto sulle armi nucleari in Europa esiste
solo per proteggere i politici dalla domanda
di quanto abbiano senso, ancora, i piani di
avanzamento e deterrenza nucleare.
Una risposta alla domanda della validità dei
piani nucleari, pare essere arrivata il 23
Ottobre al Centro internazionale di fisica
teorica di Triste dal Presidente
dell’organizzazione internazionale degli
scienziati di Pugwash, Karen Hallberg. Al
workshop sul tema del ruolo degli scienziati
nella riduzione della minaccia nucleare, che
si terrà fino al 25 Ottobre, ha sostenuto:
“gli accordi internazionali si stanno
sgretolando e dobbiamo ripristinarli con
urgenza se vogliamo evitare un’altra guerra
nucleare. Dobbiamo liberarci delle armi
nucleari, perché finché esistono, il rischio
di un loro utilizzo rimarrà elevato”.