Nella Finanziaria la vendita di roccheforti del Quadrilatero
lombardo-veneto L’Ardietti di Peschiera, monumento nazionale,
definito un deposito munizioni
PESCHIERA
(Verona) — Restituiamoli agli eredi di Radetzky, piuttosto, i
forti austriaci del Quadrilatero messi in vendita con la
Finanziaria. Restituiamoli a Vienna, e chissà che non li tratti
meglio di quanto abbiamo fatto noi.
Noi che abbiamo sfregiato la memoria di quelle migliaia e
migliaia di giovani idealisti che morirono sui colli
lombardo-veneti nelle guerre del nostro Risorgimento.
Restituiamoli agli Asburgo-Lorena, piuttosto che vedere sotto le
nobili volte nascere una pizzeria. Non è solo una faccenda di
finanze, quella che si sta svolgendo intorno alle fortificazioni
austro-ungariche che la legge di bilancio sta piazzando in
questi giorni sul mercato. E molto di più. È la prova di come un
passaggio centrale della nostra storia, la formazione dello
stato unitario, sia ormai considerato poco più importante che un
vecchio comò in soffitta coperto di polvere e di muffa. Bello e
nobile, magari. Ma stonato rispetto all'arredamento.
Per carità, le filastrocche di una volta («Io vorrei che a
Metternicche / gli tagliasser le basette / vorrei farne le
spazzette / per le scarpe del su' re») non divertono più
nessuno. I bambini delle elementari non mandano più a memoria le
poesiole in rima sui colori della bandiera. L'odio patriottico
di certe canzoni («Suona la tromba: ondeggiano / le insegne
gialle e nere. / Fuoco! perdio, sui barbari, sulle vendute
schiere!») si è disciolto in un rapporto di amicizia europeo. E
lo strazio di tante madri («Dio! chi sa quante madri a San
Martino / Fatte avrà il piombo dei lor figli prive! / Chi sa
ch'una di quelle io pur non sia!») è troppo lontano per dare
ancora dolore. Ma il rispetto per la nostra storia, almeno
quello!
Zero. Una ad una, il decreto legge n.211/2005, ha
burocraticamente deciso di fare cassa con le fortificazioni del
Quadrilatero a cavallo tra la Lombardia e il Veneto la cui
conquista fu uno dei temi centrali delle guerre di indipendenza.
E ha messo su piazza il Porte di Monte Tesoro a Verona, il forte
Pietole a Mantova, lo stupendo forte a picco sull'Adige di
Rivoli Veronese e mezza Peschiera. Cioè la Caserma della Rocca,
che ha elementi tardoromani, l'ex ospedale d'armata asburgico
più lo straordinario Forte Ardietti, già «Lagerwerfe n.6», un
capolavoro assoluto di architettura militare.
Fateci un salto, se potete. E chiedete a Giorgio Capone, il
segretario del Centro di documentazione storica della Fortezza
di Peschiera, che da anni si fa carico di arginare il degrado
con un gruppetto di pensionati che lavorano gratis per uno stato
molto distratto, di fare un giro. Camminate lungo il ridotto,
infilate la teste nelle feritoie, guardate la pianura di sotto,
lasciatevi incantare dalle volte, scendete giù per le scalinate,
visitate le casematte, risalite le poterne. E magari fermate lo
sguardo sulle fughe tra mattone e mattone, fughe in rilievo,
fatte da fantastici artigiani al servizio di un fantastico
architetto. E poi, dopo esservi resi conto del valore
eccezionale di questa opera, andate a guardare come viene
definita nella leggina che vorrebbe cederla a qualche
speculatore per farne magari un grande hotel bellavista con sale
convegni e grande parco intorno per un totale di 110 mila metri
quadri. La definizione scelta per la cartolarizzazione è: «ex
deposito munizioni».
Domanda: come si fa a definire così un complesso militare
intatto e strepitoso qual è Forte Ardietti? Che faccia ha il
passacarte che ha scritto così nel decreto pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale? Ha mai messo piede non diciamo nel forte ma
almeno nei suoi dintorni? È mai uscito dal suo ufficio, si è mai
alzato dalla sua scrivania, ha mai levato il monocolo dalle
scartoffie che tiene tra le mani accanto al calamaio? E quale
sarebbe, per curiosità, il prezzo di vendita di questa
formidabile opera architettonica?
Boh.. Nonostante siano già scaduti i termini, il prezzo non è
stato ancora fissato. Misteri.
La domanda fondamentale tuttavia è un'altra ancora: come è
possibile che sia stato messo in vendita, denunciano gli
architetti Francesco Biondani, Oscar Cofani e Lino Vittorio
Bozzetto (autore del libro Peschiera, storia della città
fortificata), se è tutelato come del resto gli altri edifici di
cui parliamo da un vincolo monumentale sancito, confermato e
ribadito mille volte? Non ci avevano giurato, i ministri
competenti, che le cartolarizzazioni non avrebbero riguardato
questi beni? Non se l'era fatto solennemente giurare Giuliano
Urbani, girando poi l'impegno a tutti gli italiani?
Chi cerchi lumi nelle norme, si accomodi. È tutto all'articolo 3
della leggina
citata (che si occupa anche di «disposizioni in materia
aeroportuale») e firmata Berlusconi, Tremonti e Lunardi:
«L'Agenzia del demanio è "autorizzata, con decreto dirigenziale
del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con le
amministrazioni che lì hanno in uso, a vendere con le modalità
di cui all'articolo 7 del decreto-legge 24 dicembre 2002, n.282,
convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n.
27, i beni immobili ad uso non abitativo appartenenti al
patrimonio dello Stato, ivi compresi quelli di cui ai commi 13,
13-bis e 13-ter dell'articolo 27 del decreto-legge 30 settembre
2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla, legge 24
novembre 2003, n. 326». Capito, qualcosa? Noi niente. I
difensori dei forti neanche.
Tema: chi lo fa, l'affare? Lo Stato o chi si accaparrerà la
Rocca e l'ex ospedale d'armata asburgico (che sono nel pieno
centro e insieme coprono un'area di 50 mila metri quadrati,
quasi il doppio dei 30 mila occupati dal cuore medievale della
bellissima cittadina) trasformandoli magari in alberghi per poi
vendere bilocali pezzo per pezzo come appartamentini per le
vacanze, cosa che già stanno facendo proprio a Peschiera usando
le fessure che leggi ambigue hanno spalancato ai furbi? E che ne
sarà del magnifico Forte di Rivoli Veronese che svetta sulla
valle dell'Adige se il Comune cercava da anni di comprarlo ma
ora l'acquisto gli è vietato proprio dalla legge sulle
cartolarizzazioni sennò finirebbe in una partita di giro di
soldi pubblici? E che se farebbe un privato del fantastico Forte
Ardietti se non gli fosse garantito il cambio di destinazione
d'uso? Immaginatevi l'insegna: Grand Hotel Radetzky. Ma per
favore...