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ANNO 2011

Storia della Grande guerra, un progetto

PINZANO La memoria della Grande Guerra come “ricchezza” storica per promuovere il territorio: questo l’intento dell’amministrazione comunale di Pinzano al Tagliamento. Oltre al recupero dell’ex ossario militare di Pion, l’altro sito individuato è quello del ponte sul Tagliamento, dove sono presenti fortificazioni legate al primo conflitto mondiale del quale tra poco ricorrerà il centenario. In giunta comunale è passato il progetto di recupero inserito nel programma triennale 2009-2011 delle opere pubbliche, pari a 40 mila euro di cui 16 mila coperti dalla Regione, il resto con fondi comunali. Un momento in cui è stato fatto il punto sul futuro del progetto, che accanto ai lavori di cantiere veri e propri prevede anche la realizzazione di una specifica cartellonistica. L’intento finale è quello di legarsi con le attività turistiche già in atto sulla riva sinistra del fiume, visto che a Ragogna è attivo da qualche anno il museo della Guerra. Nelle sue sale vengono raccontati il progetto fortificatorio d’anteguerra, i primi anni del conflitto, le battaglie della ritirata di Caporetto tra le quali la battaglia del Tagliamento, la difesa del monte di Ragogna e lo sfondamento di Cornino. Tutti avvenimenti che coinvolsero anche Pinzano, che quindi punta a entrare anch’esso in pianta stabile nell’itinerario tematico legato all’esposizione museale e che si sviluppa attorno al monte che domina la stretta sul Tagliamento. A settembre dalla sede del museo era partito un gruppo di studiosi e appassionati, recatosi dapprima nella zona del ponte per osservare le fortificazioni (risalenti anche agli anni successivi alla Grande guerra), quindi sul vicino colle dove si trova l'ex ossario germanico, voluto dal Terzo Reich per ricordare i caduti della battaglia sul ponte. (d.f.)

 

CONTRO IL RADAR ANTI-MIGRANTI MOBILITAZIONE POPOLARE E RICORSO AL TAR

Da webmarte.tv del 27 dicembre 2011

L’installazione del radar antimigrante ha mobilitato la cittadina di Melilli, che su iniziativa del Presidente del Consiglio, Sebastiano Sbona, ha discusso della problematica nella seduta dell’ultima Assise comunale di martedì scorso.

Sono stati presentati, per la visitazione dei consiglieri, un parere tecnico legale con le motivazioni giuridiche che inficiano l’installazione del radar nelle prossimità del centro abitato di Melilli, che colpirebbe con il cono d’ombra del radar anche la prossima Priolo fino ad arrivare a Siracusa.

Pronti a ricorrere al TAR ed a organizzare – ha detto il Presidente Sbona – una mobilitazione popolare per far sentire con forza la volontà della cittadinanza di smantellare il radar anti-migrante della Guardia di Finanza, per un atto di prevaricazione – continua Sbona – verso i cittadini melillesi, che sono stanchi di vedere il proprio paese considerato come la “cenerentola” dei comuni.

Non sembra invece soddisfatto delle iniziative proposte dall’amministrazione, il comitato Movimento Difesa del Cittadino che, con una nota, ha considerato le risposte dello scorso consiglio comunale “estremamente fumose e lontane da ciò che oltre 700 cittadini, e con essi il Movimento Difesa del Cittadino, hanno richiesto con una petizione popolare”.

“Abbiamo assistito – afferma ancora il Movimento – a tatticismi oscillanti tra tentativi di strumentalizzazioni ed una serie di bizzarre definizioni sulla rilevanza del radar-antimigranti. Ci aspettiamo un’azione forte e non sottovalutiamo la possibilità di intraprendere un’azione legale”. Silvana Baracchi

 

Mura e forti al Comune, pronti i piani - FEDERALISMO DEMANIALE. Nel 2012 si concluderà il passaggio dei beni. Polato: «Verranno valorizzati dai cittadini» Zone sportive e culturali, parchi e percorsi pedonali Associazioni in campo con progetti e interventi

L'Arena - 24 dicembre 2011

La Rondella delle Boccare, via Ippolito Nievo, Valdonega - Percorsi pedonali e storico-archeologici, zone attrezzate per praticare sport, sedi e luoghi di ritrovo per associazioni di volontariato e culturali, parchi e giardini curati. Sono le prime idee per gestire mura, bastioni, forti e altri edifici e aree di proprietà dello Stato che passeranno gratis al Comune, con il federalismo demaniale. Il 2012 alle porte dovrebbe essere l'anno buono. Il 2 febbraio gli uffici del settore patrimonio del Comune, con l'assessore Daniele Polato, le Sovrintendenze ai Beni paesaggistici e archeologici e il Demanio s'incontreranno a Venezia per esaminare e dare il via libera al Piano di acquisizione dei beni. Questo andrà poi sottoposto al voto della Giunta e del Consiglio comunale.
Il «Programma di valorizzazione del sistema difensivo veronese» ha appena avuto il nulla osta dalle Sovrintendenze. Ora si attende quello al documento finale, in febbraio. Poi si penserà alle funzioni da assegnare ai vari compendi, oltre a manutenzioni e restauri. I progetti, oltre alla cinta delle mura magistrali, si riferiscono ai forti Lugagnano (San Massimo), Sofia (Valdonega-Torricelle), Parona (Boscomantico), Santa Caterina (Porto San Pancrazio), Procolo (zona Navigatori) e Preara detto John (Montorio), oltre alle Torri Massimiliane e al bosco delle Torricelle, a Castelvecchio, alla vasca dell'Arsenale. Il forte Lugagnano è in concessione temporanea al Comune ed è stato già affidato ai Marinai d'Italia e ad altre associazioni combattentistiche e che hanno sistemato l'area e l'interno dell'edificio. Lavori di recupero, in questo caso affidati ad associazioni di volontariato, sono partiti anche al Forte Santa Caterina, al Pestrino. «Questi i beni vincolati da noi richiesti e che, in base all'articolo 5 del decreto sul federalismo demaniale, hanno una corsia preferenziale nell'acquisizione», spiega l'assessore Polato. «Ora sono beni di valore storico-monumentale e quindi vincolati, ma presto diventeranno di tutti i veronesi. Con il prossimo anno così partirà così la collaborazione fra istituzioni e cittadini per promuovere attività e iniziative in forti, bastioni e mura».
Il Comune ha chiesto poi di acquisire altri edifici e beni demaniali — alcuni considerati tutt'ora di interesse governativo e quindi non disponibili subito — che però verranno assegnati in un secondo momento, rispetto a quelli vincolati. Anche per questi però è già cominciato l'iter per il passaggio dallo Stato all'ente locale. La lista comprende le caserme Riva di Villasanta (San Zeno, destinata all'Azienda ospedaliera) e Martini (zona navigatori; ospiterà la nuova caserma della Guardia di Finanza), poi la San Bernardino (San Zeno) e anche Palazzo Bertoldi (a Veronetta, in via Nicola Mazza, attuale sede della Guardia di Finanza). Rientrano poi nell'elenco anche l'Educandato agli Angeli (zona Cittadella) e parte del complesso monastico di San Giuseppe. Ci sono poi numerosi boschi, torrenti e pezzi di strade e varie altre aree.  Enrico Giardini

 

"Il Risorgimento a Verona e nel Veronese" Nasce il “Museo diffuso” on web dalle iniziative realizzate sul territorio

Dal sito www.carnetverona.it del 21 dicembre 2011

 

Oggi, al Palazzo Scaligero, l’assessore alla Cultura e Identità Veneta Marco Ambrosini ha annunciato il progetto on web “Museo diffuso del Risorgimento Veronese”, nato dalle iniziative realizzate in 11 Comuni veronesi con il coordinamento provinciale “Il Risorgimento a Verona e nel Veronese”.

Il progetto è stato realizzato dall'Assessorato alla Cultura della Provincia di Verona, con il coordinamento organizzativo della Fondazione Fioroni di Legnago capofila e con la collaborazione del Com.f.o.ter e dell'I.s.a.m. e ha coinvolto le amministrazioni di 11 Comuni della provincia: Verona, Bardolino, Castelnuovo del Garda, Legnago, Pastrengo, Peschiera del Garda, Rivoli, Sommacampagna, Sona, Valeggio sul Mincio, Villafranca. 

Erano presenti: Andrea Ferrarese, direttore della Fondazione Fioroni di Legnago;  Mario Rizzi, sindaco di Pastrengo; Mirko Campagnari, sindaco di Rivoli; Leonardo Oliosi, assessore alla Cultura del Comune di Valeggio sul Mincio; maggiore Angelo Ciavarella, responsabile delle pubbliche relazioni del Com.f.o.ter. di Verona; architetto Fiorenzo Meneghelli, vicepresidente dell'Istituto per la Storia e l'Architettura Militare (ISAM); Marco Monaco, per la Società “Provincia di Verona”; Andrea Deamoli, consigliere con delega alle Manifestazione e alla Protezione Civile di Castelnuovo del Garda; Maurizio De Lorenzi, assessore alle Politiche Giovanili del Comune di Legnago.

L'Assessorato alla Cultura della Provincia di Verona e la Fondazione Fioroni di Legnago hanno realizzato, nell'anno del 150° anniversario dell'Unità d'Italia, una serie di iniziative dedicate agli eventi e ai fatti salienti per la storia del Risorgimento a Verona e nel Veronese. Per questo è stato sviluppato un complesso progetto di rete che ha coinvolto le realtà culturali maggiormente interessate allo studio della storia risorgimentale e le amministrazioni comunali il cui territorio fu toccato dai più importanti accadimenti storici. Scopo dell'iniziativa è stato quello di avvicinare il pubblico alla conoscenza e alla comprensione dei momenti decisivi e cruciali del Risorgimento veronese, interrogandosi sul proprio passato e sui segni lasciati da esso nel tempo fino ai giorni nostri. 

A partire da maggio del 2010 la Provincia di Verona e la Fondazione Fioroni capofila del progetto di coordinamento hanno attivato una serie di incontri con i vari rappresentanti delle amministrazioni locali della provincia e del territorio veronese. I successivi colloqui e la verifica delle disponibilità degli enti hanno permesso di predisporre un piano di intervento articolato in quattro strategie primarie di azione, individuate e inserite all'interno di una programmazione unitaria, nello specifico: 

  1. Conferenze e convegnistica – momenti culturali di discussione e incontro organizzati nei comuni di Peschiera del Garda, Castelnuovo del Garda, Sommacampagna, Sona, Villafranca, Rivoli, Bardolino, nella sede della Fondazione Fioroni, nel Circolo Ufficiali di Castelvecchio e nella Loggia di Fra' Giocondo dall’Isam e dal Comfoter.

  2. Mostre – esposizioni sul tema del Risorgimento, dal titolo: “Il museo del Risorgimento: Verona dagli Asburgo al Regno d’Italia”, “Vivere in fortezza. La vita quotidiana nelle piazzeforti del Quadrilatero”, “Dalle origini all’Unità d’Italia. Nomi e volti di protagonisti”, “Il territorio fortificato veronese: dall’impero austro-ungarico al Regno d’Italia”, “Un museo per la città. Maria Fioroni e il museo del Risorgimento di Legnago”, “Pier Domenico Frattini e i martiri di Belfiore”, “150 anni di uniformi, 1861 - 2011”, organizzate nei comuni di Verona, Peschiera del Garda, Villafranca, nella sede della Fondazione Fioroni di Legnago e nel Circolo Ufficiali di Castelvecchio dall’Isam e dal Comfoter 

  3. 3 .Rievocazioni storiche – numerosi figuranti hanno interpretato, per avvicinare alla storia adulti e bambini, episodi significativi del Risorgimento veronese, dal titolo: “Momenti e fatti militari della prima e della seconda guerra d’indipendenza” a Valeggio sul Mincio e Villafranca; “Il combattimento di Bosco di Sona (5 aprile 1799)” a Sona; “163° Anniversario della Carica dei Carabinieri” a Pastrengo; “Momenti e fatti militari nella fortezza del Quadrilatero durante il 1848” a Legnago, “Il combattimento di Calmasino (29 maggio 1848)” a Calmasino di Bardolino 

  4. 4.Percorsi storico-monumentali – la seconda edizione dell’iniziativa “I Tesori Veronesi”, con i suoi percorsi naturalistici e storico-monumentali, è stata incentrata sul tema “I luoghi e le vicende del Risorgimento a Verona e nel Veronese”, con tappe a Valeggio sul Mincio, Sommacampagna, Pastrengo, Rivoli, Legnago e a Verona.

L'intero progetto si è sviluppato attraverso la realizzazione di numerosi eventi e incontri culturali legati ai momenti decisivi e agli aspetti significativi della storia risorgimentale veronese e, nello specifico, ha visto l'attuazione di:

-              13 esposizioni/mostre;

-              3 convegni di studio;

-              31 conferenze;

-              14 itinerari storico-monumentali;

-              6 rievocazioni storiche. 

In occasione dell'iniziativa sono state inoltre realizzate e distribuite 25 mila copie della pubblicazione “Il Risorgimento a Verona e nel Veronese” per l'illustrazione e la descrizione degli eventi e delle manifestazioni culturali tematiche. È stata infine programmata la realizzazione del ‘Museo diffuso del Risorgimento veronese’: si tratta di un sito web con multiformi funzionalità, in grado di ‘mappare’ virtualmente luoghi, eventi, momenti e monumenti della memoria risorgimentale veronese attraverso la realizzazione di schede, percorsi e raccolte di immagini. Il ‘Museo diffuso’ si propone quindi come motore culturale incentivante che, partendo da un’impostazione didattica rigorosa, quanto facilmente accessibile, permetta nel contempo di sviluppare le potenzialità culturali del Risorgimento veronese, aprendole a nuove prospettive di fruizione, di valorizzazione (ad esempio turistica) e di conoscenza territoriale. La progettazione e la realizzazione del sito web è stata affidata alla Fondazione Fioroni: il progetto è attualmente in fase di avanzata realizzazione e verrà presentato agli inizi del 2012.

 

Le vecchie aree militari di Montecchia pronte a un cambio di destinazione

L'Arena - 08 dicembre 2011

L'area Lancio ospiterà il parco delle rinnovabili - Montecchia. Le aree militari cambiano destinazione: Montecchia dà il via libera urbanistico al parco delle rinnovabili nell'area dell'ex Lancio e Roncà dà il semaforo verde alla riconversione dell'ex Logistica in area socio sanitario e assistenziale ma anche residenziale. Le due amministrazioni hanno inserito il cambio di destinazione d'uso nel piano degli interventi, che applica il piano di assetto del territorio (Pat). Così parte del compendio militare in uso all'aeronautica militare sul Monte Calvarina cambia volto: il Consorzio Le Valli realizzerà in località Duello il suo parco scientifico e didattico con produzione di energia da fonti rinnovabili; il Comune di Roncà e la cooperativa sociale Monscleda Onlus trasformeranno invece il complesso all'imbocco di via Calvarina nella «Cittadella della persona». Il via ad entrambi i progetti, però, poteva darlo solo il cambio di destinazione urbanistica delle ex aree militari.
«La classificazione a zona produttiva, perché di zona di produzione tecnico-scientifica e area didattica si tratta, dà concretezza al progetto», ha spiegato in Consiglio comunale il sindaco Edoardo Pallaro. «Qui si produrrà energia elettrica con tre diverse fonti rinnovabili e mi auguro che entro giugno possa entrare in funzione la prima parte del parco».
Non si sbilancia sui tempi Giuliano Zigiotto, che del Consorzio Le Valli è il presidente. «Il progetto per i due impianti fotovoltaici da 200 kilowatt è definitivo, ma i tempi si allungano perché è lungo l'iter per ottenere la cabina Enel. Lunedì i tecnici ci aggiorneranno, durante l'assemblea, sullo stato dell'iter», dice, «Si tratta di un intervento da un milione di euro, che copriremo con fondi propri, e che costituisce l'avvio del progetto complessivo». Zigiotto sperava di potercela fare entro fine anno, ma deve arrendersi ai tempi un po' più lunghi: «Stiamo correndo e continueremo a farlo perché rischiamo di perdere lo scaglione massimo del contributo del Gestore dell'energia». La scelta di Roncà di non cedere al Consorzio la parte roncadese della base non inficia nulla: «Si va avanti e comunque nel progetto generale c'è posto, eventualmente, anche per Roncà». Montecchia, del resto, fece una scelta diversa acquistando con i soldi del Consorzio e cedendo allo stesso i 54.093 metri quadrati sul suo territorio. «Ero e rimango convinto della bontà della decisione assunta», ha ribadito il sindaco Pallaro, «che ha risparmiato al Comune un esborso di 300 mila euro, salvaguarda la proprietà pubblica, impedisce speculazioni e ci fa essere comunque proprietari per il 9 per cento». Così ha zittito sul nascere i consiglieri leghisti che, invece, non hanno condiviso la scelta della maggioranza di rinunciare alla proprietà. E al collega di valle, Roberto Turri di Roncà, che ha ingaggiato un serrato confronto con l'Agenzia del demanio per arrivare con il federalismo alla cessione gratuita dei beni, manda a dire: «La parte non venduta è ancora del Demanio. Non si regala più niente e se un ente regala qualcosa a un altro fa un danno. Altri hanno fatto altre scelte, vedremo chi avrà ragione».

 

Museo della guerra in val di Fiemme

VAL DI FIEMME. Un museo permanente in valle di Fiemme (con sede ancora da individuare) dedicato alla memoria delle guerre. Ecco il progetto che un gruppo di lavoro incaricato dalla Comunità di valle ha elaborato in vista dei 100 anni dalla Grande Guerra: recupero delle testimonianze storiche sul fronte austro-italiano, ricerca di reperti e documenti ma soprattutto l’istituzione di un nuovo museo in cui prendere per mano il visitatore e fargli ripercorrere la storia della valle di Fiemme tra l’Impero Austro Ungarico e il Regno d’Italia.
 Il progetto preliminare è stato già consegnato alla Comunità di valle e porta la firma di Luca De Marco e Fulvio Vanzo, con il coordinamento di Silvia Delugan e la collaborazione di Ermanno Deflorian, Giampietro De Zolt, Igor Gilmozzi, Carlo Zorzi e di tutti i membri della commissione cultura della Comunità territoriale.
 L’obiettivo è quello di recuperare una quindicina di siti storici e attrezzarli in modo che possano essere raccontati ai turisti: dal Lagorai al Lusia, i luoghi principali del conflitto, dove ancora esistono testimonianze del passato come fortificazioni e baracche.
 E poi il museo. Tenendo conto - come si legge nel progetto preliminare - che in val di Fiemme già c’è il Museo delle Fiamme Gialle (a Predazzo), ma anche il Museo della Guerra privato di Ermanno Deflorian (a Ziano) e poi la collezione di reperti custodita al rifugio Cauriol e ancora la collezione Tagliabue. Ma manca un museo - si legge nella relazione - che possa essere un centro di documentazione della guerra, collegato anche con le altre strutture.
 L’ipotesi è quella di una struttura permanente, da realizzare dopo la ricerca di ulteriori documenti e testimonianze. In tutto questo ci sarebbe anche spazio - come spieghiamo nel box accanto - anche per la ferrovia Ora-Predazzo, terminata nel 1918 ma costruita proprio per essere al servizio dell’esercito austriaco.
 Ora la palla passa alla Comunità di valle che - sulla base di questo progetto - dovrà coinvolgere i Comuni e iniziare ad affrontare il cruciale capitolo dei costi.  (a.s.)  
 LA STORIA
Era «bellica» pure la ferrovia
Si parla anche della ferrovia Ora-Predazzo nel progetto della Comunità di valle per la valorizzazione dei luoghi e delle testimonianze in vista del Centenario dalla Grande Guerra. Di questa ferrovia - si legge nella relazione - si parlava già nel 1891, ma fu proprio la guerra a dare un grande impulso alla realizzazione. L’obiettivo era quello di portare un’intera brigata di fanteria da Ora alla valle di Fiemme in appena 24 ore. I lavori cominciarono nell’inverno tra il 1915 e il 1916 e gli operai al lavoro raggiunsero punte di 6 mila uomini: 3.900 civili, 600 militari e 1.500 prigionieri (per lo più serbi e russi). Nel marzo del 1917 la ferrovia collegava Ora e Castello, ma solamente l’anno successivo entrò in funzione sull’intero tratto.

 

Da Stella un aiuto contro il degrado delle mura

PALMANOVA Incredulità per le condizioni di degrado della cinta bastionata di Palmanova, ma anche stupore per le sue potenzialità turistiche. Questi sentimenti hanno accompagnato Gian Antonio Stella, editorialista del Corriere della Sera, autore di opere di successo quali “La Casta”, nella sua visita a Palmanova martedì pomeriggio. «Abbiamo invitato Stella- spiega il sindaco Francesco Martines - con la speranza che un giornalista già molto attento alle tematiche culturali del nostro Paese (si pensi soltanto al libro “Vandali. L’assalto alle bellezze d'Italia”, anche questo scritto con Rizzo) possa prendersi a cuore la situazione di Palmanova, accendendo i riflettori su un patrimonio troppo lungamente trascurato e dal potenziale turistico enorme». Stella è stato accolto dal primo cittadino, dalla vice Adriana Danielis e dal Soprintendente Luca Rinaldi. Gli è stata consegnata la documentazione sulla città stellata e sui risultati del recente intervento di pulizia straordinaria. Poi sopralluogo alle fortificazioni. Nei pressi di porta Cividale, Stella ha verificato lo stato di degrado delle mura veneziane. La visita è proseguita verso porta Udine con una tappa al cantiere pilota della Soprintendenza e una al cantiere dove stanno ancora operando gli uomini del Servizio gestione territorio e del Genio civile. Stella ha voluto poi visitare la caserma Ederle e, dall’esterno, anche la Montezemolo. Stupito per lo stato di degrado della cinta fortificata, il giornalista ha lasciato Palmanova auspicando che la città possa trovare presto una via per la valorizzazione delle sue immense potenzialità turistiche. Monica Del Mondo

 

Ecco i bastioni dopo il maxi-intervento

PALMANOVA E adesso? È la domanda che si fanno tutti i palmarini, siano essi sostenitori o detrattori della giunta in carica. L’intervento della Protezione civile regionale è stato imponente; ci sono tuttavia zone ancora invase dalla vegetazione, perché l’ampiezza della cinta muraria cittadina è davvero enorme. E c’è il problema della manutenzione del lavoro svolto. Il rischio, infatti, è che in un paio d’anni lo sforzo di 25 mila ore di lavoro da parte dei volontari venga vanificato. «La prima cosa che intendiamo fare - risponde il sindaco Martines - è lanciare l’idea della costituzione di un’associazione di volontariato che si faccia carico di una manutenzione ordinaria. Una realtà tipo “Amici delle mura”, o qualcosa di simile. Il nome non ha importanza: quel che conta è vedere quanto la città stia a cuore ai palmarini stessi». Il sindaco riferisce che in queste due settimane di esercitazione molte persone si sono dette disponibili a dare una mano. «Già nel prossimo giornalino dell’amministrazione comunale - annuncia - intendiamo avanzare la proposta, forse con tanto di modulo di adesione. Sarebbe importante che la cittadinanza desse un segnale chiaro di quanto le fortificazioni le siano care». Martines sta poi affrontando il problema della manutenzione straordinaria delle fortificazioni, «per la quale certamente occorrerà chiedere il sostegno della Regione, per verificare se possano essere trovate ulteriori risorse». Un’altra strada da seguire è quella di una convenzione con il Servizio gestione del territorio per poter avere personale specializzato all’opera sui paramenti murari. «Si potrebbe così proseguire l’importante opera che i forestali stanno facendo nei pressi di porta Udine, ben visibile alla sinistra di chi entra in città da quell’ingresso», aggiunge il sindaco». C’è poi allo studio un’altra convenzione con il terzo reggimento Genio guastatori di Udine, un reggimento alle dipendenze della Brigata Pozzuolo, che in passato è già intervenuto sulle fortificazioni nell’area del Museo storico militare e che ha fatto la propria parte anche in queste due settimane. «Sembra - spiega Martines - che si possa studiare una forma di collaborazione che consenta di portare personale e attrezzature al lavoro sulle fortificazioni, e non solo sulle zone di competenza dell’esercito». Vi saranno poi azioni politiche da studiare e concertare. «C’è bisogno - aggiunge infatti il sindaco - di creare la massima convergenza possibile sulla necessità di salvare la città e le sue mura. Palmanova, infatti, è un patrimonio non solo per i suoi abitanti, ma per l’intero Friuli Venezia Giulia. Se la città riuscirà a mettere in moto il volano dello sviluppo turistico, ne trarrà giovamento l’intera regione». L’esercitazione contro il rischio idrogeologico della Protezione civile regionale è servita a riportare alla luce la parte più esterna della cinta veneziana, rimasta nascosta sotto alberi e cespugli da decenni. Ma con lo splendore delle fortificazioni è emerso anche lo stato di degrado: alcuni muri sono crollati in più punti, mentre tratti dei bastioni sono a rischio di frana. E i costi di un intervento di restauro e consolidamento sono davvero alti. Si pensi, ad esempio, al cantiere pilota che la Soprintendenza sta eseguendo sulla zona della cinta fortificata di competenza del Museo storico militare, nelle vicinanze di porta Cividale. In più tranches saranno stanziati per quel lavoro quasi 700 mila euro. «Quel cantiere - conclude Martines - ci permetterà di avere un’idea dei costi che si dovrebbero affrontare per mettere mano a un piano graduale di recupero della parte muraria delle fortificazioni». Monica Del Mondo 

 

Bambini sui bastioni: un successo

PALMANOVA Oltre 200 persone, per più di metà bambini: ha avuto un ottimo riscontro di adesioni l’iniziativa, “Bambini e ragazzi per Palmanova 2011”. Comune, Protezione civile e Circolo di Cultura N. Trevisan hanno infatti voluto coinvolgere i più piccoli in una mattinata all’aria aperta, iniziata sulle fortificazioni ovattate dalla nebbia e proseguita di fronte a una lunetta napoleonica illuminata dal sole. Due i momenti previsti: un percorso di conoscenza del territorio e un’attività di avvicinamento al volontariato di Protezione civile. Due gli scopi: far apprezzare la bellezza e l’unicità della città fortezza e far capire ai più piccoli che è bello fare qualcosa di concreto per tutelarla e proteggerla. I bimbi, con i loro genitori, accompagnati da esperte guide, hanno costeggiato la cinta muraria veneziana, hanno scoperto i segreti della loro costruzione, hanno imboccato la galleria sotterranea che conduce dal fossato alla lunetta napoleonica, per ammirare gli spalti e le costruzioni di epoca francese. I bimbi sono stati quindi accolti dalla Protezione civile che ha spiegato compiti e ambiti di intervento, nonché l’importanza dell’impegno volontario. I ragazzi hanno potuto guardare da vicino le opere svolte in questi due fine settimana a Palmanova, le strumentazioni utilizzate (dalle motoseghe alla cippatrice), i presidi di sicurezza. Infine, ciascuno ha fatto la propria parte, raccogliendo la legna tagliata e costruendo una catasta. A ricordo della giornata sono stati consegnati ai piccoli partecipanti la spilla creata per l’esercitazione e un diploma di partecipazione, alla presenza delle autorità comunali e di Protezione civile. (m.d.m.)

 

Protezione civile e “Mezza maratona”: assalto alla fortezza

PALMANOVA Esercitazione della Protezione civile regionale e Mezza Maratona “Città di Palmanova”: due eventi che porteranno in piazza Grande migliaia di persone tra oggi e domani. I numeri infatti non lasciano dubbi. Oggi è in programma la terza giornata di “Palmanova 2011” l’esercitazione per la prevenzione del rischio idrogeologico programmata dalla Protezione civile regionale con le 218 squadre comunali. Saranno pertanto presenti circa un migliaio di volontari oggi e altrettanti domani. Anche le cifre della Mezza maratona sono davvero da record per gli organizzatori, ma anche per lo sport regionale perché con oltre 3000 iscritti questa gara si pone come la maggiore manifestazione di questo genere in Regione per numero di partecipanti. Le iscrizioni si sono chiuse con 3081 atleti in gara, dei quali 2000 italiani, 900 sloveni, 160 austriaci, 10 croati. Non mancano tedeschi, francesi, belgi, irlandesi e perfino un colombiano. Il primato per il gruppo più numeroso spetta allo sloveno Tekaski Forum con 89 iscritti, seguito a ruota dal friulano Atletica Buja. A questi numeri devono poi aggiungersi quelli della corsa non competitiva da 10 chilometri che partirà in coda alla Mezza Maratona che conta già circa 200 iscritti. Il programma di questo fine settimana prevede, per quanto riguarda l’esercitazione di Protezione civile, la presenza di volontari sulle fortificazioni oggi e domani dalle 8 alle 14 circa. Domenica è stata anche programmata un’iniziativa rivolta ai bambini e ai ragazzi per conoscere i segreti della fortezza e per visitare da vicino un cantiere della protezione civile. «L'intento –spiega il sindaco, Francesco Martines- è quello di coinvolgere i cittadini più giovani e le loro famiglie in un evento storico per Palmanova, unendo a quest’obiettivo anche due importanti finalità didattiche: la conoscenza del sistema di fortificazioni della città stellata che ne fa un patrimonio culturale unico, da rispettare e salvaguardare, e l'avvicinamento allo spirito del volontariato, valore che sostiene e anima la Protezione civile». Per quanto riguarda la Mezza Maratona i festeggiamenti sono iniziati già ieri sera, con l’inaugurazione della mostra fotografica delle immagini dell’edizione 2010 della manifestazione e della curiosa esposizione “Le scarpe ricordano”. Oggi le iniziative riprenderanno coinvolgendo le scuole medie e superiori della zona in una staffetta attorno a piazza Grande, proseguiranno in serata con musica sotto il tendone. Monica Del Mondo

 

Non c'è bunker che tenga Ecco Big Blue, la super bomba

Da corriere.it del 18 novembre 2011

WASHINGTON – L’hanno studiata per devastare bunker e rifugi sotterranei. Una super bomba che sembra fatta apposta per colpire installazioni come quelle costruite dalla Corea del Nord e dall’Iran per proteggere i siti nucleari. Lunga 6,25 metri, armata con una testata che contiene 2,4 tonnellate d’esplosivo ad alto potenziale, la Big Blue – questo il nomignolo – è arrivata da poco nell’arsenale dell’Us Air Force. L’aviazione, che ne ha ordinato già venti (costo complessivo di 314 milioni di dollari), le impiegherà a bordo delle famose fortezze volanti B 52 e dei più moderni B2.

POTENZA UNICA - Messo a punto dalla Boeing, l’ordigno sarebbe dieci volte più potente della versione precedente: una volta sganciato sul bersaglio è in grado di distruggere anche quei bunker realizzati a diverse decine di metri nel sottosuolo. «Non c’è altra arma come questa», ha affermato il generale Scott Vander Hamm. Per alcuni osservatori l’annuncio della Big Blue rappresenta un nuovo messaggio di avvertimento a Teheran in quanto segue di appena una settimana il rapporto dell’Aiea sui programmi atomici e le ripetute indiscrezioni su una futura opzione militare per fermarli.

ACQUISTI «ANTI-IRAN» -Inoltre a fine settembre è stato rivelato che gli Usa hanno venduto a Israele 55 bombe per i bunker GBU 28, ordigni non paragonabili alla nuova arma ma comunque molto efficaci. E – stando alla stampa americana – la Casa Bianca ha intenzione di cedere bombe speciali anche agli Emirati Arabi. Una fornitura che viene letta sempre in chiave anti-iraniana. Non si spiegherebbe altrimenti la necessità del piccolo stato di dotarsi di mezzi d’offesa di questo tipo.

NORD COREA «MAESTRA» PER I BUNKER - La questione bunker è diventato uno dei temi usati dai fautori della linea dura nei confronti di Teheran. Più tempo passa – è la loro tesi – e più diventerà difficile bloccare gli impianti iraniani visto che il regime è impegnato a nasconderli in profonde gallerie. Una ripetizione di quanto fatto dai nord coreani, tra i più abili nella realizzazione dei bunker. Infatti hanno esportato le loro tecniche anche in Birmania e Siria, altri due paesi che sono sospettati di condurre ricerche su armi non convenzionali. di Guido Olimpio

 

Un viaggio nei millenni, tra castelli e forti

ALTO GARDA. Manufatti bellici altogardesani sotto osservazione, nel recente libro scritto a quattro mani dai rivani Elvio Pederzolli e Renzo Saffi, che individualmente avevano già dato alle stampe altre opere: si intitola “Saxa Fracta” (in latino sassi spezzati, ruderi) e mira a far conoscere la Busa attraverso le sue fortificazioni sorte dalla preistoria alla seconda guerra mondiale passando per i castelli medievali e i resti della grande guerra. Oltre quindici anni di ricerche, escursioni, contatti, fotografie - a cominciare dagli anni dello scoutismo - hanno trovato collocazione in un libro volutamente divulgativo e scorrevole come si conviene a una guida, ma nel quale - assicurano i curatori - ogni notizia è stata verificata.
 Dopo una premessa storica per spiegare origine, tecniche costruttive e tipologie delle numerosissime costruzioni di guerra presenti nell’Alto Garda, il volume - pubblicato per i tipi di Panorama - presenta quindici itinerari quasi tutti percorribili anche in bicicletta: accanto ai “grandi classici” - Bastione di Riva, Castello di Arco e forti austriaci del Brione - i due autori passano in rassegna località non sempre conosciute come Castel Sejano a Bolognano, Castello di Castellino in Monte Velo, Rocca di Bocca Tratt, Castel Verde di Loppio, vari castellieri preistorici (come ad esempio S.Bartolomeo di Ceole o il Castèl di Tiarno), fortificazioni romane o tardo antiche (quali la Rocchettina sopra S.Giovanni in Pinza, o San Martino in Val Lomasona), le fortificazioni del Monte Tombio e quelle realizzate dalla Todt nel periodo 1943-1945.
 Sulla base di evidenze archeologiche (non sempre visibili) e dei ruderi, Pederzolli (classe 1976, assistente della Polizia di Stato e ricercatore storico nel tempo libero) e Saffi (classe 1978, insegnante di scrittura creativa al centro Metroart) tentano di mettere in evidenza la straordinaria stabilità fortificatoria nell’arco di tre millenni di tante aree del Sommolago. Un esempio su tutti è quello del dosso di S.Bartolomeo a Ceole (abbandonato a se stesso dal punto di vista storico-ambientale), noto agli occhi dell’osservatore comune più per il caratteristico ristorante (Berlera) o per il vicino cementificio che per il pregnante ruolo militare avuto nei secoli, coi resti più antichi avvolti dalla vegetazione (Pederzolli e Saffi spingono per un intervento di recupero) ma ancora intuibili: è passato da castelliere preistorico a probabile vedetta in epoca romana, divenendo poi sede di un “castrum” durante i tormentati secoli delle invasioni barbariche e ospitando un castello medievale comunitario nel XIII secolo, viene pesantemente fortificato dagli austriaci prima e durante il primo conflitto mondiale e quindi dai tedeschi nel periodo 1943-1945.
 La parte escursionistica del volume è stata arricchita, oltre da alcuni approfondimenti storici, da vari “specchietti” narranti leggende e curiosità delle varie località visitate, dai fantasmi a Castellino/Castil di Monte Velo al carro spettrale delle sette lanterne lungo l’antica via tra Nago e Bolognano, fino alle meno metafistiche scritte antifasciste nei tunnel della Tagliata del Ponale e ai concretissimi tunnel nascosti sotto la chiesetta di S.Michele in centro a Riva. (m.cass.)
 

In poche ore un altro aspetto per i bastioni

PALMANOVA La giornata di ieri ha visto avanzare i lavori sulle fortificazioni e l’ampio dispiego di forze rende possibile accorgersi della differenza tra “prima” e “dopo” anche soltanto a distanza di poche ore. E così, quando i volontari, attorno alle 14, si sono portati nel tendone di piazza Grande per il pranzo, le “mura” (come gli abitanti di Palmanova chiamano l’intera cinta fortificata) avevano un altro aspetto. L’operazione “Palmanova 2011” coinvolge circa 1000 persone al giorno per due fine settimana. A turnarsi saranno circa 2000 volontari. Quelli all’opera in questo fine settimana hanno un’età compresa tra i 16 e i 70 anni. Sono arrivati anche da Arta Terme, Erto e Casso, Forni di Sopra, Ligosullo ma pure da Monfalcone, Muggia, Trieste, Pordeonone, ecc. Le aree verdi attorno al centro abitato sono vastissime: circa un milione di metri quadrati. La superficie complessiva esterna, coperta dai rovi e dalla vegetazione arbustiva ed arborea infestante, è pari a circa 247.000 mq; l'area complessiva su cui intervengono i volontari della Protezione civile è di 125.710 mq. E altre 30 sono partite verso la provincia di La Spezia. (m.d.m.)

 

Cadavere nello stagno, giallo a Forte Gazzera

La Nuova Venezia - 13 novembre 2011

 

MESTRE. Sono stati un paio di pescatori, domenica mattina verso le 10. 30, a notare la presenza di un cadavere nello stagno vicino all’area pic-nic di Forte Gazzera.

Immediato l’allarme alle forze dell’ordine e ai vigili del fuoco.

Sono stati proprio i sommozzatori dei pompieri a ripescare, verso mezzogiorno, il cadavere dell’uomo. Non sono stati trovati documenti: si tratta di una persona dall’età apparente di 60 anni. Non sono stati evidenziati segni visibili di violenza sul corpo.

Probabilmente l’uomo, che indossava scarpe da ginnastica e un giubbotto scuro, è scivolato e annegato.

Le operazioni di recupero della salma si sono svolte sotto gli occhi di una cinquantina di persone che avevano scelto proprio Forte Gazzera per un pic-nic con gli amici.

 

Forti e trincee attrazione turistica

 RIVA. In vista del centenario della Grande Guerra (che cadrà nel 2014), le fortificazioni dell’Alto Garda - settore di prima linea nel corso del primo conflitto mondiale - potrebbero ricevere una rinfrescatina al proprio “look”: dopo aver raccolto le opinioni dei referenti comunali, infatti, la Comunità di Valle - in particolare nella persona dell’assessore alla cultura Luca Giuliani - sta pensando a un corposo intervento di valorizzazione di forti, resti di trincee, camminamenti, postazioni e opere campali della zona.
 L’idea è quella di fare dei molti manufatti bellici che caratterizzano i rilievi montuosi che circondano Riva e dintorni non solo un punto di riferimento storico-culturale, ma pure una vera attrazione turistica, coinvolgendo soggetti quali Trentino Marketing, Ingarda e gli operatori del settore per promuovere la proposta anche all’estero: il progetto - che prevederebbe pure la partnership con Rete Trentino Grande Guerra, la realizzazione di guide multimediali e pubblicazioni editoriali sul tema - è stato trasmesso alla Provincia per la determinazione della copertura finanziaria.
 Il piano prevede la richiesta al Servizio Conservazione di azioni prioritarie e altre subordinate: tra le risistemazioni più urgenti sono state segnalate quella della Tagliata del Ponale di Riva (con restauro, messa in sicurezza e realizzazione di un percorso di visita), quindi - sempre in terra rivana - forte Garda, batteria di mezzo e galleria S.Nicolò (con pulizia e ripristino del presidio in galleria e realizzazione di un punto informativo e logistico, pulizia degli interni del forte Garda e interventi di consolidamento anche delle strutture del forte batteria di mezzo, messa in sicurezza del sentiero vicino e realizzazione di cartellonistica), il forte Sant’Alessandro (con allestimento di un itinerario dei forti e delle opere minori del Brione), l’arcense Busa dei Capitani (sistemazione dell’area che circonda i ruferi e allestimento di un percorso di visita) e la ledrense Costa di Salò-Cima Oro (con messa in sicurezza del sentiero di guerra e predisposizione di un itinerario turistico). Tra gli interventi secondari sono citati quelli che riguarderebbero Perlone (Nago-Torbole), Cima Bassa-Monte Stivo (Arco-Drena), Creino (Arco e Nago-Torbole, sentiero Sat 637), Bosco Caproni (Arco), pendici settentrionali dell’Altissimo (Nago-Torbole), Busatte-Doss del Tenim (Nago-Torbole), Bocca Saval-Tomeabrù-Cocca (Riva-Ledro) e Casino di Bersaglio (Arco).
 L’operazione non è vista come fine a se stessa: «Gli investimenti richiesti alla Provincia e l’impegno di Comunità, Comuni e associazioni - afferma Luca Giuliani - non deve esaurirsi nel 2014, ma deve essere l’inizio di un nuovo ramo di sviluppo turistico. Si auspica infatti che l’imponente impegno profuso per arrivare all’appuntamento con una manifestazione degna di nota sia - conclude l’assessore - l’inizio di possibili ricadute e opportunità occupazionali». (m.cass.)

 

 

Mille firme per il parco sulle colline

L'Arena - 06 novembre 2011

Il monte Mamaor a Valeggio - Chiedono di partecipare, individuando un percorso trasparente e condiviso, i più di mille firmatari e le 26 associazioni che hanno sottoscritto l'appello promosso nel 2008 dal gruppo etico-territoriale «El morar» per tutelare gli ex forti di Monte Mamaor e Monte Vento (143,4 ettari di verde) ora in vendita. «Queste sono aree pubbliche», dichiara infatti Fabrizio Gagliardi, portavoce de «El morar», che ha emesso un comunicato stampa sulla questione, «e, come sta scritto anche nella bozza di protocollo di intesa tra ministero della Difesa e Comune di Valeggio (per ora in stand-by), bisogna che il riuso di quelle aree arrivi a "contemperare la valorizzazione degli immobili militari oggetto dell'intesa con i fabbisogni e le esigenze espresse a livello locale". Per questo, sulla scorta di altre esperienze italiane come quella di Cormons (Gorizia) in Friuli per un'altra area militare, chiediamo che l'amministrazione comunale coinvolga la cittadinanza nelle varie fasi».
Sono due le proposte principali che «El morar» ritiene indispensabili e che siano realizzate per rispondere alle richieste della cittadinanza: la creazione di un «Parco-riserva naturale di interesse locale» che permetta la protezione e la valorizzazione dei due monti, anche accedendo con gradualità a fondi regionali e comunitari e un collegato «piano ambientale». In questo si potrà prevedere un'ampia riserva naturalistica integrale, un'area agricola-didattica nella quale, con i metodi più attenti all'impatto ambientale, coltivare e commercializzare i prodotti della terra ed infine un'area destinata ad attività culturali, turistiche e ricreative.
L'associazione non chiude la porta ad un recupero ecosostenibile di parte delle casematte esistenti, ma critica la spinta a privilegiare la «monetizzazione» e sottolinea che in tutti i programmi elettorali dei partiti la salvaguardia dei due ex-forti era confermata. Intanto è emerso un articolato carteggio tra la Securlogistics Glsms (Società per la gestione logistica in sicurezza dei materiali sensibili), ditta che aveva manifestato il proprio interesse ad acquistare le due aree in dismissione ed il Comune di Valeggio.
Dalle carte appare chiaro che la ditta, la quale attraverso il suo presidente, Franco Zanza, è legata al gruppo immobiliare Zanza immobili, di cui Zanza è titolare, aveva già avviato nel 2002 i primi contatti con lo Stato Maggiore dell'esercito, mantenendo inizialmente la stessa destinazione d'uso dei siti e proponendone la bonifica. Poi, dopo aver contattato le amministrazioni comunali succedutesi, aveva evidenziato l'intenzione di realizzare a Monte Vento degli impianti composti da fotovoltaico e minieolico.
«Sono aree delicate», dichiara l'assessore all'urbanistica Martina Marconi, «e non mi sembrano indicate per realizzare opere impattanti come un parco eolico. Abbiamo scelto di tutelare soprattutto i corridoi ecologici, in sintonia con le indicazioni della Provincia, e nel Pat, che verrà illustrato pubblicamente a breve, queste aree vengono inserite tra quelle destinate alla tutela, riqualificazione e valorizzazione, come quella del paleo alveo del Mincio, tutte destinate alla realizzazione di programmi complessi. Certo ci sarà anche una zona dedicata all'edilizia residenziale o alla recettività turistica, ma cercheremo di privilegiare l'ecosostenibilità».
Al momento quindi il Comune, che dovrà relazionarsi con l'acquirente dopo l'acquisto dal Demanio, sembra voglia evitare d'imporre vincoli e tenersi le mani il più possibile libere per contrattare con il privato. I programmi complessi sono infatti un insieme di strumenti per la riqualificazione urbana, introdotti dall'inizio degli anni Novanta, che servono a definire interventi pubblici e privati, tra loro coordinati , decidendo solo alcuni aspetti degli interventi (diversamente dai Piani urbanistici attuativi) e rendendo disponibili alle amministrazioni comunali risorse fresche per realizzare opere pubbliche. Alessandro Foroni

 

Dalla Fondazione i soldi per Montericco

VALLE DEL BOITE Comuni e Regole in Regione per difendere il territorio e le sue risorse. I sindaci di San Vito e Borca, con i rappresentanti delle Regole, sono scesi a Venezia per rimarcare la contrarietà ai progetti presentati da Enel En&En, Proiter e Alpina, che vogliono realizzare delle maxi centrali idroelettriche sul Boite. «Abbiamo incontrato l'assessore Conte», spiega il sindaco di Borca, Bortolo Sala. «Abbiamo soprattutto rimarcato il fatto che siamo contrari alle mega opere che le ditte esterne vogliono realizzare e siamo invece favorevoli al progetto presentato dalle Regole. Conte ci ha ascoltati, adesso gli invieremo la documentazione che ci ha chiesto e poi vedremo. Al momento non possiamo dire come andrà a finire questa storia, ma noi non abbassiamo la guardia. Vogliamo progetti a misura del territorio che garantiscono la salvaguardia dell'ecosistema e una ricaduta economica sia per le Regole e sia per i Comuni. (a.s.) di Vittore Doro wPIEVE DI CADORE I soldi ci sono. La Fondazione Cariverona ha confermato il suo impegno globale di 3 milioni di euro in favore del recupero del Forte di Montericco di Pieve di Cadore. Lo ha deciso nell’ambito dell’approvazione del piano programmatico per il 2012, che prevede per il Bellunese stanziamenti pluriennali importanti tra i quali appunto quello per il completamento dei forti di Pieve. «Lo stanziamento globale che riguarda il recupero del Forte», spiega l’architetto Gianfranco Agostinetto, consigliere della fondazione, «è di 3 milioni di euro. Di questi, 500.000 sono già stati investiti in lavori di consolidamento urgente della struttura, un altro milione e mezzo sono stati già spesi per la realizzazione del primo stralcio, che è stato consegnato all’amministrazione comunale la scorsa primavera. Il contributo rimanente, al quale dovrà sommarsi l’importo di cofinanziamento investito dal Comune di Pieve, servirà per il completamento del secondo stralcio. Con questa somma saranno completati i lavori necessari per rendere funzionale l’intero complesso: quindi arredi interni, attrezzature necessarie per rendere fruibile la struttura, lavori accessori». «Per quanto concerne il recupero dell’altra parte del forte, conosciuta come Batteria Castello», prosegue Agostinetto, «è un discorso che dovrà essere affrontato più avanti, tenendo presenti alcuni fattori che lo differenziano dalla parte del corpo del Forte di Montericco, in fase di completamento. La conferma dello stanziamento iniziale», aggiunge l’architetto, «è stato possibile solo perché è tradizione della Fondazione Cariverona, di accantonare le cifre deliberate per la realizzazione dei piani programmatici. Se non fosse stato così, con gli attuali problemi dei mercati, probabilmente non sarebbe stato possibile mantenere gli stanziamenti». Grazie alla conferma degli impegni presi dalla Fondazione Cariverona, il Comune di Pieve potrà stabilire una scaletta di opere prioritarie da realizzare in tempi mediamente brevi, per rendere fruibile al più presto il forte. La determinazione della Fondazione Cariverona premia l’operato dell’amministrazione comunale di Pieve di Cadore, che sin dal suo insediamento ha sempre seguito con grande attenzione il recupero della struttura e cercato varie strade per trovare una soluzione ottimale per la sua gestione e per farlo diventare un polo di sviluppo culturale.

 

In trecento visitano le fortificazioni

 CURON VENOSTA. Da fortificazioni di guerra a fortificazioni di pace e di cultura alla sorgente del fiume Adige, attraverso il bunker numero 20, che è stato completamente ristrutturato.
 Sono state oltre 300 le persone che l’altro giorno hanno partecipato alla visita delle fortificazioni volute da Mussolini negli anni Trenta per difendersi da un’eventuale invasione della Germania nazista, prima del grande, tragico feeling che poi lo avrebbe unito a Hitler.
Resia, piccola frazione di Curon Venosta è ubicata sullo spartiacque tra l’Adige e il Riovalmiur (Stillebach) che a sua volta prosegue verso l’Inn, affluente del Danubio.
L’Adige, il secondo fiume più lungo d’Italia con i suoi 415 chilometri nasce a Resia a 1.550 metri. La sua sorgente originale, però, si trova all’interno di un bunker militare costruito nel 1939 durante il regime fascista, che veniva utilizzato per il fabbisogno dei militari.
Dal 1936 al 1942 è stata costruita un’estesa linea di difesa lungo il passo Resia con impianti bunker, posti di combattimento tattico, sbarramenti anticarro, caserme e linee di rifornimento. Le linee di difesa erano progettate per la protezione contro un’invasione di Hitler, ovvero della Germania. Anche dopo l’alleanza dell’Italia con la Germania i lavori continuarono in segreto e neanche la popolazione del posto sapeva dell’esistenza di questo progetto.
Dopo la dismissione dei bunker dal patrimonio statale, a Curon Venosta gli abitanti e gli amministratori locali quali l’ex sindaco Albrecht Plangger, il suo vice Florian Eller, l’attuale primo cittadino Heinrich Noggler, l’assessore comunale alla cultura Franz Prieth, si sono posti il problema di come gestire le opere e fare in modo che potessero essere messe a disposizione della collettività.
Dopo un primo contatto col colonnello Mauro Licio, esperto di fortificazioni e già comandante della 262ª Compagnia Alpini d’arresto “Val Brenta” e con Josef Urtaler della ripartizione patrimonio provincia Bolzano, è stato dato il via al progetto di ristrutturazione del più importate tra i bunker esistenti: il numero 20, all’interno del quale si trova la sorgente del secondo fiume Adige.
Il progetto, finanziato in parte dall’Unione europea e in parte dalla Provincia e dallo stesso Comune di Curon, è stato portato a termine in poco meno di due anni, tra il 2007 e il 2009.
La vera sorgente del fiume Adige, adesso, è visibile attraverso un tubo trasparente, anche se la sua prima vera “fontana”, si trova appena all’esterno del bunker. Le acque dell’Adige, dopo una breve ripida discesa scompaiono nel sottosuolo dei prati della frazione di Resia.
Dopo alcune centinaia di metri, attraverso un canale alberato che divide in due Resia/paese vecchio, le acque del fiume finiscono nel lago di Resia. Il bunker è stato aperto per le visite da luglio a settembre sotto la guida di persone esperte del luogo. - Bruno Pileggi

 

A Punta Giglio pannelli informativi - Storia del parco, della flora e della fauna e suggerimenti per gli itinerari

La Nuova Sardegna - 2 novembre 2011

ALGHERO. Il sentiero naturale principale del complesso forestale di Punta Giglio si è arricchito di nuova cartellonistica informativa e didattica.

A inaugurare ufficialmente la segnaletica sono stati nei giorni scorsi il presidente del Parco di Porto Conte Francesco Sasso, il direttore Vittorio Gazale e il direttore del complesso forestale di Prigionette Giovanni Piras. A fare da cornice all'evento due scolaresche di Alghero e Fertilia e il gruppo delle future guide del parco che stanno effettuando l'apposito corso professionale. Sono in tutto nove i pannelli distribuiti lungo la strada sterrata che conduce alle fortificazioni militari e che raccontano dei paesaggi vegetali tipici che si possono ammirare, ma anche la storia del luogo, la fauna selvatica e gli aspetti geomorfologici del Parco regionale di Porto Conte in generale. Uno dei pannelli illustra inoltre alcuni particolari delle vicende belliche che interessarono il promontorio di Punta Giglio.

Tutti i pannelli sono corredati di foto e testi in multilingua (italiano, inglese e algherese) ed è presente anche una lastra braille per consentire la lettura anche agli utenti ipovedenti. Nel pannello generale ci sono inoltre le tempistiche di percorrenza dei sentieri.

L'intervento di riqualificazione chiude un progetto avviato qualche anno fa dall'Ente Parco su finanziamento regionale. Un progetto che ha consentito di mettere in sicurezza il tracciato del sentiero principale, realizzare delle piccole aree per i pic-nic e predisporre dei punti informativi unitamente alla sistemazione di una recinzione perimetrale.

Da segnalare comunque che tutti i sentieri sono di tipologia turistica, ossia percorribili da chiunque a piedi o in bicicletta: il grado di difficoltà è praticamente nullo.

Non sono invece ammessi i veicoli a motore e nemmeno animali domestici, per evitare il contatto con la fauna selvatica. Un'eventualità che potrebbe creare problemi nei periodi riproduttivi o per il rischio di trasmissione malattie.

 

I segreti dell'ex base Nato di Sciaves

Da altoadige.it del 31 ottobre 2011

Chiusa nel 1983, la vecchia caserma potrebbe diventare un'area ricreativa ma restano i vecchi dubbi: ospitò missili nucleari puntati contro il Tirolo?

di Paolo Cagnan SCIAVES. Ma allora: queste testate nucleari Usa contro il «pericolo rosso», a Naz Sciaves, ci sono state oppure no? Dice Peter Gasser, sindaco 47enne di Naz Sciaves, che se i suoi 2.887 compaesani fossero chiamati a votare, si dividerebbero a metà tra scettici e convinti. E lui, comunque, starebbe dalla parte dei primi. «Perché, dài, quell’area era tutt’altro che nascosta. E poi si sa, la Guerra fredda si è giocata molto sulla Erschreckungsstrategie, la forza della minaccia preventiva». Il sindaco non conosce probabilmente la storia del capitano James Warren Lieblang, from New Jersey: ventisei anni all’epoca del suo arresto come spia. Era il 1972 e la base Nato di Naz Sciaves prosperava all’ombra della Guerra fredda da poco più di un decennio. All’apparenza non era che una delle tante, tantissime caserme costruite dall’esercito nella val d’Isarco un po’ sull’onda dell’emergenza terroristica degli anni Sessanta, un po’ per «segnare» il territorio, un po’ per presidiare il corridoio del Brennero, altamente strategico quale baluardo dell’eventuale espansione del Patto di Varsavia verso l’Europa del Sud e l’area del Mediterraneo. Da una parte c’era la Nato, sorta nel 1949: alleanza strategica tra gli americani e l’Europa riemersa dalle sue macerie. Dall’altra, l’Unione sovietica e i suoi Paesi satellite, a Est. Là nel mezzo, la cortina di ferro. Chi era bambino negli anni Sessanta se lo ricorda bene, lo spauracchio della terza guerra mondiale. L’invasione dei bolscevichi. L’Impero del Male. Per attaccarci sarebbero passati dal Brennero, nessuno nutriva dubbi a proposito. Così, nei 10,6 ettari dell’areale di Naz Sciaves fu creata una sorta di enclave militare americana. Difesa dall’esercito italiano, ma off-limits anche ai nostri alpini. Chi riusciva a entrare in caserma si trovava davanti all’invalicabile compound a stelle e strisce. Cosa ci fosse là dentro, ovvio, era segreto militare e lo è tutt’ora. Poco meno di due ettari che comprendevano un paio di capannoni, due bunker e alcune palazzine. Più rampe missilistiche a corta e media gittata, puntate su obiettivi strategici come il ponte Europa a nord di Innsbruck. Missili tipo MGR-1 più noti come «Honest John», tecnicamente «vettori tattici per armi nucleari» con gittate tra i 7 e i 48 km. Narra la leggenda, così precisa su questi aspetti da farci sospettare che le cose stessero effettivamente così, che la base era armata di 44 atomiche. Sì, insomma, una spruzzatina di plutonio sui missili et voilà, i sovietici avrebbero avuto l’accoglienza che si meritavano. Zona militarizzata, dicevamo, quella a nord di Bressanone. A meno di due chilometri dalla base Nato c’era un’altra caserma: la «Ruazzi» di Elvas. Ospitava il battaglione logistico e per collegarla al compound americano venne creata una strada ad hoc. I militari americani in servizio furono tra i trenta e i cinquanta, mai di più. Non dormivano in caserma, alloggiando invece presso alberghetti della zona, alimentando l’economia locale e anche... la demografia. In quegli anni, dice la leggenda, nacquero alcuni bambini color cioccolato. Neri o bianchi che fossero gli americani, è vero che più di una donna del posto ebbe fugaci avventure o vere e proprie love story con gli «occupanti», ma se oggi chiedi se in paese vi siano ancora figli di coppie miste, quasi tutti fanno spallucce. La base Nato restò aperta sino ai primi anni Ottanta. Vi furono varie manifestazioni contro gli americani e il loro carico di morte. La vigilanza, affidata ai militari italiani, era strettissima. Diversi fungaioli e curiosi armati di macchine fotografiche passarono qualche brutto quarto d’ora, per essersi avvicinati troppo all’areale militare. Poi, il 31 luglio del 1983, gli americani se ne andarono. Le cronache dell’epoca riferiscono di grossi elicotteri militari da trasporto che nottetempo si sarebbero portati via i famosi missili. Ma nei loro ventri capienti potevano esserci solo bauli di scartoffie e casse di viveri. Sul Monte Telegrafo, a quasi 2500 metri, svettavano i potenti radar gestiti dall’Aeronautica militare italiana: mandati in pensione proprio in quegli anni dai primi satelliti. Quanto alla guerra fredda, sarebbe ufficialmente finita tra il 1989 e il 1990, con il crollo del muro di Berlino e l’implosione dell’Unione Sovietica. Molti anni prima, gli americani si dovevano essere convinti che l’invasione dal Brennero non sarebbe mai avvenuta. Con loro smobilitò anche l’esercito. Abbandonato a se stesso e svuotato di ogni possibile minaccia, l’areale di Sciaves venne periodicamente controllato dagli alpini di Elvas sino a che, il primo febbraio del 2002, ammainò bandiera lo stesso reggimento logistico, l’ultimo rimasto in Italia. Era tramontata anche l’era della naja. Non risulta che, in questi anni, i documenti top secret declassificati abbiano contribuito a chiarire il mistero di Sciaves. Il sindaco si sente rassicurato dalle analisi svolte nel settembre del 1992 dal Laboratorio provinciale di chimica del dottor Luigi Minach. Il quale, non potendo entrare in caserma, misurò il tasso di radioattività dei terreni circostanti, senza trovare traccia alcuna di plutonio. Ora Gasser ha chiesto all’Appa di ripetere gli esami all’interno dell’ex base Nato, perché non si sa mai. Ma allora, se quella dei missili era una leggenda, che ci faceva il capitano Lieblang dalle parti di Sciaves quel 30 luglio del 1972? Narrano le cronache dell’epoca che il nostro fosse un ex ufficiale dell’esercito americano passato dall’altra parte della cortina di ferro. Una spia al soldo dell’Urss, insomma. Congedatosi in modo anomalo un anno prima, l’FBI iniziò a pedinarlo nei suoi frequenti viaggi in Italia. Turista sui generis, sempre dalle parti del Brennero e di altri valichi strategici per la difesa, come il passo di Resia e la zona di Trieste. Lo ritroveranno, in quell’estate di quasi 40 anni fa, a curiosare dalle parti di Naz. Fermato a bordo della sua macchina dal controspionaggio italiano, salteranno fuori una macchina fotografica e documenti che la procura definirà «compromettenti e di notevole importanza». Le indiscrezioni parlano di carte geografiche segnate e schizzi sulla dislocazione d’installazioni militari. «Alla spia interessavano i missili di Bressanone», titolò l’Alto Adige quel giorno. Come sia andata a finire, non siamo in grado di dirlo. Del resto, nelle spy-story degne di questo nome il finale è sempre aperto.

 

Iniziata la missione culturale e di testimonianza per il Forte di Cadine 

Da valledeilaghi.tv del 28 ottobre 2011

Cadine  - Grande affluenza di pubblico per l'apertura del Forte di Cadine. Il Forte, che conta più di 150 anni, non ha mai subito gli attacchi delle truppe avverarie e quindi può essere tangibile testimonianza e ponte fra la guerra e la pace.

Grande affluenza di pubblico per l'apertura del Forte di Cadine. Hanno idealmente aperto i battenti del Forte Giuseppe Ferrandi Direttore della Fondazione Museo Storico del Trentino, ha poi preso la parola Sandro Flaim Sovrintendente ai bene Architettonici e Franco Panizza Asssessore Provinciale alla Cultura Rapporti europei e Cooperazione.
L'architetto Valentina Barbacovi ha quindi provveduto ha illustrare tutti i lavori e a proporre una visita guidata d'eccezione per tutti i presenti.
Il Forte, che conta più di 150 anni, non ha mai subito gli attacchi delle truppe avversarie e quindi può essere tangibile testimonianza e ponte fra la guerra e la pace. La struttura ha subito un importante restauro conservativo che ha consentito di riportare in vita e rendere fruibile in futuro, per varie attività, il forte stesso. La metodica di restauro decisa dagli esperti che hanno seguito i lavori è stata quella di mantenere il più possibile tutti i segni del passato ( per esempio il nero sulle pareti esterne che permetteva una migliore mimetizzazione). Ha altresì deciso di intervenire sulle parti mancanti ripristinando pareti e zone danneggiate e integrando ciò che con il tempo si era demolito proprio per consentire un'agevole fruizione della struttura. Questa scelta è stata fatta per alcune importanti ragioni. Prima tra tutte quella che gli sfregi esistenti sul Forte non erano ferite di guerra ma solo deperimenti dovuti all'incuria del tempo, inoltre, sul letto del torrente Vela e fra i detriti si sono trovati parecchi frammenti di muri e recinzioni che quindi sono potute essere state ricollocate nelle strutture originarie. Anche la via di accesso è stata ripristinata in funzione del ritrovamento di alcune parti di sottofondo stradale originario, che prevedeva, come in tutte le strutture di difesa, un terrapieno ed un accesso ad S. Questo per garantire una maggiore inespugnabilità. Non è più quindi presente il cimale di tratto stradale che percorrevamo un tempo per raggiungere la capitale. Questo tratto di strada lo ritroviamo subito a  valle del Forte.
Il Forte è l'ideale congiungimento tra Trento e la Valle dei Laghi e, come ricordiamo, un tempo la nostra valle si apriva “al di la del buco di Vela".
Ricordiamo anche in poche righe la leggenda che riporta sulle rocce che sostengono il Forte, proprio dove l'imbocco per il Bus di Vela apre allo sguardo la via di Trento. Là, a testimonianza di un'antica leggenda, sono ancora incise nella roccia l'impronta della mano di S. Vigilio e dello zoccolo del suo cavallo, quando, in fuga gridò la indimenticata esortazione “apriti o crozzo che i rendeneri mi vengono addosso”... e fu così che si aprì il Bus di Vela. Tanti ieri hanno avuto il desiderio di porre la propria mano sull'impronta della mano di S. Vigilio. Ricordiamo, è solo una leggenda, ma anche queste piccole emozioni e sorprese fanno parte delle belle e piccole gratificazioni che le giornate trascorse tra cultura e natura ci riservano.
Tra gli interventi delle autorità, vi è stato il primo dei momenti musicali ed artistici che si svolgeranno in questi giorni al forte di Cadine, l'esibizione delle  Muchachas Aladas, apprezzato duo di interpreti canore cresciuto nel progetto musicale portato avanti da ForzaBand & Friends. Molto significativa la presenza di questa associazione invitata a presenziare in questa occasione. L'associazione, nata e con sede in Valle dei Laghi, si occupa di promuovere nei giovani la passione per la musica in tutte le più svariate sfaccettature. Significativa perchè tangibile testimonianza dell'ideale ponte che si desidera creare tra passato presente e futuro.

 

Domenica a Resia visita al bunker nr.20

RESIA. Il circolo promozionale Oculus-Fortificazioni storiche al passo Resia, unitamente al circolo Altfinstermünz e in collaborazione con l’assessorato alla cultura di Curon Venosta, organizza per domenica 30 ottobre dalle ore 11 una giornata di porte aperte: sarà possibile visitare con un’esperta guida il bunker nr.20, con al suo interno la sorgente dell’Adige, situato a poche centinaia di metri dall’abitato di Resia. (b.p.)
 

Storia e futuro della città-fortezza nata a tavolino

Il Giornale di Vicenza del 20 ottobre 2010

Ci sono diversi modi di raccontare la storia di una città. Si può raccontare facendo approfondite ricerche su tutti i particolari più o meno interessanti che la riguardano con date precise e riferimenti altrettanti precisi così come fanno gli storici. Si può farlo attraverso antichi documenti e vecchie fotografie. Si può farlo in forma giornalistica prendendo in esame tutti i fatti più importanti narrandoli in una forma veloce e piacevole. Così ha fatto il giornalista Silvano Bertossi con la sua Storia di Palmanova (edizioni Biblioteca dell'Immagine, 115 pagine, 13 euro).
Palmanova è una città fortezza costruita alla fine del Cinquecento, precisamente nel 1593, dalla Serenissima Repubblica di Venezia nel mezzo della pianura friulana. È un grande esempio di architettura militare che rispecchia tutti i dettami e le teorie di filosofi e costruttori civili e militari del Rinascimento.
Si tratta di una fortezza studiata a tavolino che doveva far convivere i tanti militari che dovevano difenderla e i civili che vi lavoravano. È una perfetta stella a nove punte circondata da tre ordini di mura che, ancora oggi, resistono agli assalti del tempo.
A Palmanova tutto è tre e multiplo di tre, tre sono le porte d'ingresso alla città, nove le punte delle sue mura, tre i suoi borghi, così si chiamano le strade principali che collegano in una perfetta linea retta le grande Piazza centrale con le porte, tre le contrade che permettevano alle truppe di raggiungere direttamente le mura, sei i lati della Piazza.
La storia di Palmanova non è lunga, ma molti sono gli avvenimenti che si sono succeduti nel tempo e Silvano Bertossi li racconta con il stile scorrevole, quasi discorsivo, cominciando dalla teoria degli studiosi, passando per la costruzione che ha visto l'impiego di migliaia di uomini, le "Fraglie" e le confraternite, gli ospedali, la rivoluzione del 1848, per arrivare a quello che è stato chiamato "Il secolo breve" cioè il Novecento, che ha visto la fortezza trasformata in deposito e infermeria. La storia di questa città fortezza si conclude ai nostri giorni con la speranza che qualcuno possa attivarsi per fare in modo che questo capolavoro di ingegneria non vada lentamente perduto.
Silvano Bertossi è nato e vive a Palmanova e non è nuovo a pubblicazioni sulla sua città a cui è molto legato.G.R.

 

«La vendita dei vecchi forti? Si rischia la negrarizzazione»

L'Arena - 17 ottobre 2011

La collina di Monte Mamaor potrebbe essere messa in vendita e c'è chi teme le colate di cemento - È lo spettro della "negrarizzazione" quello che aleggia sulla vicenda della probabile vendita all'asta degli ex forti di Monte Mamaor e Monte Vento (143,4 ettari complessivi) e che ha provocato immediate reazioni da più parti. Il timore infatti, dopo le recenti parole del primo cittadino, Angelo Tosoni, che confermano l'idea che il demanio statale venderà all'asta queste grandi aree verdi, è che si verifichi anche in questo angolo ancora incontaminato delle colline moreniche quell'urbanizzazione spinta che è avvenuta nei decenni scorsi in Valpolicella.
Questo fenomeno spinse l'architetto Arturo Sandrini a coniare proprio il termine di negrarizzazione, diventato presto sinonimo di distruzione e scempio delle colline.
Uno dei più sconcertati per le dichiarazioni del sindaco riguardo ad una maggiore possibilità di monetizzazione è Fabrizio Gagliardi, portavoce del gruppo etico-territoriale El morar, che ha raccolto più di mille firme e 26 associazioni attorno ad un progetto di tutela degli ex forti.
«Mi aspettavo altre sottolineature», dichiara Gagliardi a caldo, «perché è evidente a tutti che questa è un'area unica, ancora incontaminata e dotata di una preziosa naturalità, una specie di ultimo baluardo di fronte ad un progressivo impoverimento ambientale e paesaggistico che sta lentamente, ma inesorabilmente, interessando le colline moreniche a sud del lago di Garda». «La scelta da fare ora», prosegue, «è tra la tutela ed un futuro ecosostenibile per tutto il territorio o il suo affossamento. Non avrebbe proprio senso costruire nuove case qui, visto che sul territorio ce ne sono già tante di sfitte e che in questo momento c'è uno stallo a livello demografico».
La sensazione diffusa è che gli ex forti e soprattutto Monte Mamaor, con la loro natura selvaggia, potrebbero diventare il completamento dell'ampia offerta turistica distribuita sul territorio, oltre che un polmone verde per tutta la provincia. Ma a remare contro soluzioni ecosostenibili sono le condizioni sempre più difficili delle casse comunali, a causa della riduzione dei trasferimenti statali.
«Siamo alle solite», conferma Michele Bertucco, presidente di Legambiente, che la zona la conosce benissimo perché è di Sona, «i Comuni sono senza soldi e si vendono il territorio. Eppure la Regione Veneto nella stesura del nuovo Piano territoriale regionale del territorio (Ptrc), adottato nel 2009, ha sottolineato proprio l' obiettivo di qualità paesaggistica, con l'invito alle autorità pubbliche di tener conto delle aspirazioni delle popolazioni per quanto riguarda le caratteristiche paesaggistiche del loro ambiente di vita». «Tra i 40 ambiti paesaggistici del Veneto da preservare», sottoliena Bertucco, «viene individuato anche il Monte Mamaor, legato al sistema Baldo-Garda e considerato unico. La proposta di Legambiente è che l'area venga inserita nel Parco delle colline moreniche previsto dal Piano d'area del Quadrante Europa».
Sulla stessa falsariga anche le considerazioni che arrivano dal Wwf. «La nostra associazione», sostiene Luigi Facincani, responsabile del Wwf del Sud-ovest veronese, «ha già presentato alla Regione Veneto ed al ministero dell'Ambiente una proposta per l' individuazione di due nuovi Siti di importanza comunitaria (Sic) ai sensi della direttiva 92/43/Cee, in particolare per i Monti Mamaor e per il Monte Cornone e per l'ansa del fiume Tione, ma bisogna pensare anche all'istituzione di un Parco naturale di interesse locale».
Duri i giudizi delle forze politiche di minoranza. «Mi sembrano passati secoli», dichiara l'ex sindaco Albino Pezzini, «da quando presentai richiesta per poter acquisire come Comune quest'area che è senz'altro vitale per lo sviluppo del territorio. Certo è un bel cambiamento di prospettiva, ma l'amministrazione non può rinunciare ad un ruolo da protagonista».
Per Maria Grazia Lugo, capogruppo di Valeggio anch'io, «Questa amministrazione non rispetta nemmeno il proprio programma elettorale, dove si parla di tutelare il Monte Mamaor e di scoraggiare la speculazione. Su questi temi in particolare non si può esser messi davanti al fatto compiuto, ma serve la massima informazione per poter formulare proposte concrete e al contempo ecosostenibili».
Intanto è sorto su Facebook un gruppo che si chiama «Salviamo il Monte Mamaor e il Monte Vento a Valeggio sul Mincio». Alessandro Foroni

 

Heaney: «Non ho dubbi, tutto iniziò qui»

Se della casa di Virgilio ancora non ci sono tracce, a prendere forma è invece un laboratorio virgiliano vero e proprio. Dove? Al Forte di Pietole, che ieri ha aperto le porte al pubblico, per la prima volta in occasione di una cerimonia: la presentazione del libro “Virgilio a Pietole tra storia e cronaca”. Un incontro che tra la partecipazione di studiosi e accademici, ha visto anche l'intervento del premio nobel per la letteratura, e premio “Virgilio d'oro”, Seamus Heaney. Dopo una mattinata di riflessioni sul poeta, a suggerire in parte l'idea del laboratorio è stato il giornalista della Gazzetta Stefano Scansani, che ha sottolineato l'importanza di far tornare Virgilio tra il popolo. «La crisi economica ci accomuna tutti _ osserva _ ma perché non creare delle giornate virgiliane, in cui tutti gli studiosi non facciano accademia, ma lezioni vere e proprie?». Giornate che potrebbero trasformarsi in una “settimana virgiliana” in versione studentesca: «Momenti di dialogo con i ragazzi, non nelle aule, spesso sorde, ma nei luoghi di Virgilio, in mezzo alla natura. Cosa accadrà dopo questa esperienza?». Una proposta subito accolta e condivisa dal sindaco di Virgilio, Alessandro Beduschi. Il progetto è quindi di valorizzare i trecentomila metri quadrati, una superficie imponente, da cui è formato il complesso del Forte napoleonico. Il complesso napoleonico era nato come protezione dell’opera di chiusa a sbarramento delle acque tra il Mincio, e l’ex lago Paiolo, considerato punto strategico per Mantova. Allargato e modificato in più riprese, dalla seconda guerra mondiale è stato utilizzato come deposito militare per poi diventare definitivamente inutilizzato, e così abbandonato. A riflettere sulla bellezza del luogo è il nobel Heaney: «E' vero, non si sa dove esattamente sia la casa di Virgilio, ma camminando in mezzo alla natura da cui è circondato, non ho avuto dubbi che fossimo nel posto giusto, quello da cui per il poeta tutto è partito, e che ancora oggi possiamo leggere nelle sue opere». Durante la mattinata è stato inoltre proiettato un videoclip sul Forte, che ne ha ripercorso la storia e le immagini, accompagnato dalla lettura, a cura della compagnia teatrale “Campogalliani”, del discorso che Giosuè Carducci pronunciò nel 1884 all’inaugurazione del monumento di Pietole a Virgilio. Elena Caracciolo

 

Oggi al Forte di Pietole con il premio Nobel

“Siete mai stati a Tunisi? E al museo del Bardo? Dovete assolutamente venire, ne vale la pena”: il direttore dell’istituzione culturale che ci ha prestato il mosaico con la più antica rappresentazione del volto di Virgilio, monsieur Taher Ghalia, confida molto in questa occasione di incontro tra i due paesi. “Per noi prestare il mosaico, cosa che non avevamo concesso neppure al Louvre, è un segno di amicizia per l’Italia, che sentiamo come un paese fratello”. Ieri, insieme al conservatorio del patrimonio nazionale A»hmed Fergaoui, ha visitato Palazzo Ducale e poi è andato all’inaugurazione - con il sindaco Sodano e il prefetto Ruffo - della mostra all’Archivio di Stato. I due ospiti tunisini hanno mostrato grande interesse per “l’organizzazione delle istituzioni culturali in Italia e per la tutela del nostro patrimonio - ha notato la direttrice Daniela Ferrari - loro stanno rilanciando il museo del Bardo che aprirà nella nuova sede a marzo”. Il Museo del Bardo, a Tunisi, è ricchissimo di mosaici romani, all’ingresso ce n’è uno immenso, circa 130 metriquadrati. Ma gli ospiti tunisini hanno anche parlato della situazione del loro Paese, dopo la Rivoluzione: “Dopo le elezioni, si farà la nuova Costituzione. Dopo la Tunisia toccherà all’Egitto e poi alla Libia” hanno raccontato con orgoglio, rammentando che se oggi c’è una intensa emigrazione dalla Tunisia all’Italia, nella seconda metà dell’Ottocento molti siciliani si trasferirono sull’altra sponda del Mediterran. Virgilio piace perché fece risalire l’origine dell’impero e della civiltà romana ai movimenti migratori nel Mediterraneo. “Enea era troiano e i suoi discendenti hanno fondato Roma. Questa occasione a Mantova con il nostro mosaico - racconta ancora il direttore Ghalia - ha creato molta curiosità in Tunisia, ne hanno parlato giornali e televisioni”.Gli ospiti tunisini si sono poi informati sui rapporti che già esistono tra Mantova e la Tunisia, parlando della fabbrica Lubiam nel loro Paese e dei molti studenti di famiglie tunisine nelle nostre scuole. E oggi, mentre iniziano le visite del pubblico alla mostra di Palazzo Te, a Pietole si terrà al Forte Napoleonico alle 11 la presentazione del libro “Virgilio a Pietole tra storia e cronaca”, organizzata dal Comune di Virgilio. Con William Spagggiari, Giorgio Bernardi Perini, Armando Savignano e Stefano Scansani, ci sarà anche il poeta Seamus Heaney. Bus navetta partiranno a partire dalle 10 dal parcheggio della palestra di Pietole. (maf)

 

Stazioni H.A.A.R.P. mobili

Da tankerenemy.com del 5 ottobre 2011

Esistono stazioni H.A.A.R.P. mobili, impiegate dalla Marina degli Stati Uniti d’America. L'immagine, che correda l’articolo, ritrae il "Sea based H.A.A.R.P". X-band radar (S.B.X.), una di queste piattaforme usate a complemento dei vari impianti H.A.A.R.P. dislocati in vari paesi del pianeta (Stati Uniti, Norvegia, Russia, Francia...) [1] Sul ponte della S.B.X. è installata una particolare struttura, componente chiave della "Missile Defense Agency"(M.D.A.), sistema G.M.D.

La “nave” militare include una centrale per la produzione di energia elettrica, un ponte, sale di controllo, alloggi per il personale, aree di stoccaggio e le infrastrutture necessarie a sostenere l'enorme radar in banda X. Il radar S.B.X. è un apparato molto sofisticato. Il sistema radioricevente “phased array antenna” è costituito da migliaia di antenne azionate da moduli di ricetrasmissione. Il radar è progettato e costruito dalla "Raytheon Integrated Defense Systems" (si ritiene che la "Raytheon", una delle magiori industrie belliche mondiali, sia controllata, attraverso società di comodo, dal Vaticano, n.d.t.) per la "Boeing", il più importante appaltatore per il progetto negli Stati Uniti, attuato dalla "Missile Defense Agency". H.A.A.R.P. esiste. Il programma H.A.A.R.P. non è un segreto. Sul sito ufficiale è spiegato che con H.A.A.R.P. si colpisce temporaneamente una zona limitata della ionosfera.

Le finalità sarebbero “scientifiche”. In realtà sono sì irradiati campi ad alta frequenza su alcune aeree della ionosfera, ma, sfruttando la lieve discrepanza tra due propagazioni elettromagnetiche ravvicinate nel tempo, sulla Terra vengono riflesse onde a bassa frequenza, consentendo pesanti manipolazioni geofisiche e climatiche. [2] La Stanford University conosce e pubblica rapporti sulle attività condotte negli impianti H.A.A.R.P.

[1] Si noti che i riscaldatori ionosferici H.A.A.R.P. sono ubicati per lo più lungo la “cintura del fuoco”, la fascia costellata da vulcani e solcata da faglie... una singolare correlazione.

[2] Recentemente l’insigne scienziato brasiliano Fran De Aquino ha compiuto un’importantissima ricerca su H.A.A.R.P., giungendo alla conclusione che il sistema in oggetto può essere collegato a fenomeni tettonici e climatici indotti. Si legga C. Penna, “Il rinomato fisico Fran De Aquino ha realizzato uno studio per dimostrare che H.A.A.R.P. può generare terremoti, cicloni e riscaldamento localizzato”, 2011

 

 

Forte Ardietti: domani l’apertura al pubblico

CASTEL GOFFREDO: LIBRI SOTTO I PORTICI Una marea di bancarelle e una fitta serie di eventi. E' più che mai ricco l'appuntamento mensile con Libri sotto i portici di Castel Goffredo. Domani saranno centocinquanta le bancarelle sotto i portici vecchi e nuovi e nelle piazze della cittadina che faranno di Libri sotto i portici, il più grande mercato all'aperto e in gran parte al coperto, d'Europa. E accanto ai libri, una sequenza di eventi. Alle 10,30, in piazza Mazzini ecco i giovani autori Ana Kramar e Marco Zucchini. Un terzo libro sarà presentato alle 16: è “Da terra aperta a ben intesa fortezza. Le mura e le fortificazioni di Castel Goffredo”. Ne parleranno gli stessi autori, Mariano Vignoli e Giancarlo Cobelli che, un'ora prima, quindi alle 15, guideranno una visita ai resti delle antiche fortificazioni descritte nel loro volume. Domani è la Giornata delle associazioni degli Amici dei Musei. Quest'anno il tema promosso dalla Federazione riguarda la nostra storia nazionale e “Unità nella arti” è il titolo di tutte le manifestazioni locali. In questo ambito, l'Associazione degli Amici di Palazzo Te e dei Musei Mantovani propone all'attenzione dei cittadini un recente incremento del patrimonio culturale mantovano: Forte Ardietti a Ponti sul Mincio, imponente fortificazione asburgica della seconda metà dell'Ottocento, legata alle guerre del Risorgimento. Forte Ardietti, già "Lagerwerk n.6", fu uno dei punti chiave delle fortificazioni austriache del celebre Quadrilatero. Collocato a ridosso di Peschiera, si trova oggi per due terzi sul territorio comunale di Ponti sul Mincio. Il Forte è un capolavoro di architettura militare. Fu costruito con gli elaborati di progetto del forte Kaiserin Elisabeth (Forte S.Michele), attribuiti all'ingegnere austriaco Andreas Tunkler (1820 - 1873) capo dell'Imperiale Regio Ufficio delle Fortificazioni di Verona. La prima versione progettuale del forte risale al 1853, ma il complesso fu concluso solo alla fine del 1860, entrando a far parte della cinta di fortificazioni esterne della linea Verona-Peschiera. Forte Ardietti si presenta come un manufatto grandioso con gallerie, camerate della guarnigione, una collezione di pezzi d'artiglieria di tutte le epoche, tra cui alcune autentiche rarità, planimetrie del forte in età austriaca e altri documenti esposti. All'interno si trova un ampio cortile, come una piccola piazza d'armi. Il ridotto centrale è una sorta di U, con la curva rivolta "al nemico". Intorno al ridotto un ampio fossato, nel quale, tra i materiali conservati, spicca un esemplare rarissimo: un pezzo contraereo di marina da 37/54 della Seconda Guerra Mondiale. Camminare lungo il ridotto, infilare la testa nelle feritoie, lasciar spaziare lo sguardo sulla pianura sottostante, percorrere l'insieme di scalinate, casematte, poterne è un'esperienza emozionante. E non meno interessanti sono i dettagli architettonici, come le fughe tra mattone e mattone, fughe in rilievo, fatte da "fantastici artigiani al servizio di un fantastico architetto". Da qualche anno è gestito da volontari che hanno provveduto a ripulire dalla vegetazione tutta l'area interna e mantengono la cura delle strutture. Domani dalle 15 le visite guidate in gruppo. Ultimo ingresso ore 17.

 

Verso il recupero i forti del Brione

 RIVA. I cent’anni dalla grande Guerra (2014 l’inizio, 2015 per l’Italia, 2018 la fine) che s’avvicinano a grandi passi, rappresentano per il sistema di fortificazioni austro-ungariche della piazza di Riva l’occasione d’oro per un recupero ed una valorizzazione attesi da decenni. La provincia, che ha preteso di assumere direttamente o attraverso il Museo della Guerra la regia delle celebrazioni, ha dettato le direttive entro cui gli enti periferici, comunità di valle e comuni, dovranno muoversi se vorranno attingere ai contributi.
 Riva, che nel settore della cultura marcia con Arco e Nago-Torbole, ha così segnalato che nell’Alto Garda dalla Tagliata del Ponale al forte di Nago passando per il Brione, esiste un ventaglio di testimonianze che meritano sorte migliore dell’abbandono totale in cui giacciono da quando i recuperanti hanno finito di spogliarle dei residui ferrosi che, in anni di vacche magrissime, si vendevano un tanto al chilo. Della Tagliata si occupa direttamente la Provincia che ne è proprietaria, avendola ereditata dall’Anas. Sepolto perchè troppo costoso il megaprogetto di recupero presentato da Margherita Cogo quand’era assessore alla cultura, anche la provincia s’è orientata ad un recupero francescano, minimale: rendere sicuri e visitabili i luoghi, ma lasciandoli così come sono, anche perchè siano le pietre nude e crude a cercar di trasmettere ai visitatori d’oggi (e di domani) quel che dovette essere per centinaia e centinaia di giovani la vita da talpe che vi hanno condotto. Forte Nago va bene così com’è: ed allora resta l’infilata dei quattro del Brione, da san Nicolò a Sant’Alessandro, per i quali l’assessore Brunelli, dopo sopralluogo con i consiglieri lungo il sentiero della Pace, ha affidato all’architetto Andrea Rigo dello studio Plan Architetture di Arco, l’incarico di studiare un recupero soft, secondo le direttive, ma comunque tale da consentire di aprire un percorso che sarebbe di eccezionale interesse dato che offre testimonianza delle quattro generazioni di forti costruiti dall’Impero in risposta alle mutate esigenze: di salvaguardia dei confini all’inizio, di reale efficienza bellica quando il conflitto era diventato realtà.
 Per Forte San Nicolò di prima generazione -dove sono gli uffici di Lido di Riva- non ci sono problemi: l’ipotesi progettuale prevede però pulizia e ripristino del presidio in galleria per realizzarne un punto informativo e logistico per attività didattiche, culturali e sportive.
 Per forte Garda, di IV generazione, calcestruzzo armato capace di ospitare 200 soldati occorre recuperare l’accessibilità dal sentiero della Pace, pulizia degli interni ed interventi di consolidamento e messa in sicurezza, più tutta la cartellonistica necessaria.
 Per la Batteria di mezzo (seconda generazione, pietre squadrate e copertura in calcestruzzo, capace di ospitare 70-80 uomini) gli alpini di Sant’Alessandro (che potrebbero continuare ad usarlo, magari assieme agli astrofili) hanno già fatto molto in termini di pulizia e controllo: basta il consolidamento delle strutture.
 Resta forte sant’Alessandro, il più a nord verso Arco, per cui non si suggeriscono interventi.
 Il totale delle spese da sostenere, dal sommario preventivo iniziale, arriva al milione. Se dalla Provincia arriveranno contributi da permettere gli interventi, nel giro d’un paio di anni il percorso potrebbe essere pronto per un mercato turistico che, assicura anche Ingarda, è assolutamente interessante. Il tutto accompagnato dalla serie di interventi di natura culturale e didattica che il Mag, impegnato da anni sul fronte dei forti, intende proseguire su aspetti specifici del grande tema della guerra.


 
Base Conero: nel 1984 tre arresti per spionaggio
 
Da e-cronaca.blogspot.com del 25 settembre 2011

Tra il 17 e il 18 gennaio 1984 ad Ancona e su La Stampa di Torino nasceva il caso di G. G., un giornalista pubblicista il quale, lavorando a un’inchiesta per il giornale “Il Pungitopo”, del partito dei Verdi, si era imbattuto nei tunnel del monte Conero e stava disegnando una mappa con l’aiuto di un ex operaio della base. I carabinieri, dopo una indagine partita da alcune confessioni dei brigatisti rossi in carcere, arrestarono il G. insieme ad altri due ecologisti, i coniugi L. . I quotidiani di Ancona dedicarono ampio spazio all'argomento condannando il comportamento dei tre arrestati. Alla fine di maggio 1984 arrivò la sentenza che portò a delle condanne a otto mesi per tutti e tre gli imputati. Ma questo caso di cronaca e i movimenti della guerra fredda vicino al Monte Conero sono stati presto dimenticati. Un cronista con cui ho lavorato a Il Resto del Carlino, Alfredo Mattei, scriveva che il Monte Conero è una sorta di groviera, costituita da tunnel militari. Perché queste sue parole, a soli due anni dalla frana di Ancona, non hanno portato a una riflessione politica sulla sicurezza geologica di quella zona? Massimo D'Agostino

 

I fortini di Porto Conte

I fortini di Porto Conte - La storia del 1943 raccontata nei «Quaderni» Oggi la mostra dei cimeli e la parata

La Nuova Sardegna - 24 settembre 2011

ALGHERO. In alcuni punti della costa che va dal ponte di Calabona sino a Porto Ferro il tempo si è fermato al 1943. Quando, dopo aver costruito centinaia di fortini ed aver sistemato le mitragliatrici sui basamenti a cremagliera, l'esercito italo-tedesco, depistato dai servizi segreti avversari, aspettava lo sbarco delle forze alleate. Che invece, com'è noto, sbarcarono in Sicilia nel luglio di quello stesso anno. Così ad Alghero il giorno della smobilitazione i 180 fortini furono abbandonati e le munizioni gettate in mare.

Questa e molte altre curiosità sono raccolte nel secondo volume della collana «I quaderni del Parco di Porto Conte», realizzato dall'Ente Parco assieme al Circolo filatelico numismatico di Alghero e all'Associazione per lo studio delle fortificazioni costiere della Sardegna. L'opera «Fortini a Porto Conte» è un resoconto storico che narra la storia del territorio di Alghero nel contesto della seconda guerra mondiale. Il volume sarà presentato stamattina alle 10,30 casa Gioiosa, sede del parco naturale, e contemporaneamente sarà inaugurata una mostra con uniformi militari, armi, documenti, cimeli, cartoline e riviste di quegli anni. Farà da contorno a questi due importanti appuntamenti un «Raduno internazionale di mezzi militari storici», per la prima volta in Sardegna con 25 equipaggi provenienti da tutta Italia.

La parata è prevista nel weekend per le strade di Alghero e a Villanova Monteleone.  L'iniziativva, attirerà di appassionati e turisti, ma potrà anche fungere da sprono per un azione di recupero e salvaguardia di queste opere di architettura militare di sicura importanza storica per il territorio. di Sergio Ortu

 

"Cinquecento anni or sono, sul far della sera ... Gradisca è presa da Massimiliano d'Asburgo" -  IL 500° DELL'ARRIVO DELL'AUSTRIA Gradisca celebra gli Asburgo 

IL PICCOLO 22 settembre 2011

La Fortezza celebrerà la sua conquista da parte degli Asburgo. Ricorre infatti all'imbrunire del 26 settembre di quest'anno il 500° dell'annessione di Gradisca all'Austria, avvenuto nel 1511 e durata sino al 192l. Quegli eventi saranno ricordati dall'amministrazione comunale. Spiega l' assessore alla Cultura, Paolo Bressan: «Il passaggio della città agli Asburgo è stato un momento di decisiva importanza per il territorio, avendo la successiva plurisecolare appartenenza al dominio austriaco segnato in maniera decisiva i caratteri sociali, culturali, architettonici, artistici della città e dell'Isontino nel suo complesso». A suggellare il 500o anniversario di annessione all'Austria sarà una breve conversazione con il pubblico tenuta dai noti studiosi e cultori di storia patria Luciano Alberton e Vinicio Tomadin dal titolo "Cinquecento anni or sono, sul far della sera ... Gradisca è presa da Massimiliano d'Asburgo", in programma lunedì alle 18 a palazzo Torriani. Inoltre, grazie alla disponibilità di un collezionista privato, il Comune realizzerà a tiratura limitata un numero di copie della stampa di matrice cinquecentesca tratta dal Weisskunig, l'autobiografia dell'Imperatore realizzata da Hans Burgkmair e raffigurante la presa della Fortezza gradiscana. Sarà utilizzata dall'amministrazione anche come materiale di rappresentanza.

È il 1511 quando le truppe di Massimiliano I prendono possesso della fortezza.

Un'annata molto particolare, drammatica per le genti del Friuli: prima la rivolta del Giovedì grasso con i contadini che sfidarono la nobiltà feudale, quindi il gravissimo terremoto, infine un' epidemia di peste. E infine, la sconfitta patita da Venezia che dovette cedere ai Lanzichenecchi uno dei principali avamposti della Serenissima (e della cristianità) contro le scorribande dei turchi, realizzata nel1479. Appena 32 anni dopo Gradisca diventa imperiale. Un dominio durato sino a dopo la Prima guerra mondiale, nel192l. Dal 1615 al 1617 Venezia tentò di riprendere il controllo del territorio, dando inizio alla Guerra di Gradisca, ma senza successo. Gli austriaci riuscirono a resistere agli attacchi veneziani e al termine della guerra Gradisca diventò capitale della nuova Contea, che in seguito sarà venduta da Ferdinando III, per far fronte alle spese della Guerra dei Trent'anni, al principe Giovanni Antonio di Eggenberg: quello fu il periodo d'oro di Gradisca. Sotto il governo della famiglia stiriana, la Fortezza conobbe un importante sviluppo civile ed economico, con una forte indipendenza - tanto da battere moneta – trasformandosi anche sotto l'aspetto edilizio, che ammorbidì l'originaria connotazione di borgo fortificato, assumendo sempre più le caratteristiche di cittadella residenziale e signorile, caratteristiche che conserva tuttora. (l. m.)

 

Forte Rossarol, serate aperte per l'integrazione

La Nuova Venezia - 22 settembre 2011

 Il Centro di Solidarietà Don Lorenzo Milani di Forte Rossarol si apre alla città. E' stata presentata ieri, nel gioiellino militare del Campo trincerato mestrino, l'iniziativa «IncontrarSè», lanciata con lo scopo di far diventare il forte una finestra aperta sulla città grazie a una serie di serate che inizieranno martedì prossimo e proseguiranno fino a luglio, per cercare di far dialogare i ragazzi della comunità dei minori stranieri non accompagnati con l'esterno, creando un'osmosi in grado di catalizzare energie positive, far sapere a chi ancora non lo conoscesse, dove si trova Forte Rossarol, cosa gravita al suo interno, quanta gente ci lavora, chi ci vive e come.  I 35 ragazzi ospitati provengono da luoghi toccati dalla guerra come Afghanistan, Albania, Kurdistan, Kosovo. «Alle spalle hanno un progetto migratorio - spiega il responsabile Renato Mingardi - nel senso che la famiglia li spedisce per fare fortuna, guadagnare e mandare i soldi a casa: hanno 16 anni, ma sulle spalle le responsabilità di un quarantenne». «Qui - precisa don Franco De Pieri - diamo loro cibo e vestiti tenendo presente che nella libertà ci si incontra, nella costrizione ci si separa». «Le tre regole sono l'autonomia - prosegue Mingardi - la corresponsabilità e l'inserimento sociale». Lo scopo è renderli indipendenti, aiutarli ad imparare un mestiere e trovare un lavoro, ma anche a rielaborare le proprie aspettative. 170 gli ospiti della Comunità tra minori (35), stranieri adulti della comunità Boa (55), richiedenti asilo e persone che invece vivono nelle comunità dedicate alle dipendenze (alcol e droga). Ogni giorno vengono serviti ben 400 pasti: una macchina che funziona. Molti anche i volontari che tengono corsi di italiano e alfabetizzazione come Gabriele Stoppani. C'è persino una sarta in pensione gettonatissima che ogni lunedì aggiusta calzoni o fa l'orlo ai pantaloni e un progetto per insegnare ai ragazzi ad aggiustare le bici.  Quest'anno il programma dell'iniziativa prevede una decina di appuntamenti dedicati all'arte e alla creatività.  La serata di martedì prossimo sarà dedicata alla musica revival anni Sessanta e Ottanta mentre martedì 25 ottobre verrà inaugurata l'Arteteca, un nuovo spazio dove i ragazzi esprimono le loro doti in campo artistico.  Sono anche previsti due incontri al Centro civico di via Sernaglia. (m.a.)

 

Palmanova in rete: la fortezza veneziana in cerca di rilancio

di LUCIANO DI SOPRA* È stata valutata in termini molto positivi la proposta del Ministero ai Beni Culturali di inserimento di Palmanova nell’iniziativa promossa, come capofila, dal Comune di Bergamo, del progetto Le opere di difesa veneziane tra il XV e XVIII secolo nel Mediterraneo per il riconoscimento quale sito seriale internazionale dell’Unesco. Palmanova, già riconosciuta come monumento nazionale dal 1960, è stata formalmente iscritta fin dal 2006 nella tentative list delle candidature italiane per la World Heritage List. Nonostante vari incontri e sopralluoghi e nonostante sia tuttora inserita nella lista, questa candidatura singola ha subito una battuta di arresto e sembra che forse si sia “raffreddata”. Anche il Comune di Bergamo si trovava nella stessa situazione, anch’esso iscritto fin dal 2006 nella tentative list italiana con una candidatura che sembrava anch’essa priva di prospettive di avanzamento. Bergamo ha reagito costituendo un soggetto promotore per il rilancio della propria candidatura, modificandola e rendendola seriale e internazionale. Nel dicembre 2010 ha organizzato un workshop dedicato al tema Terra di San Marco. Da Bergamo al Mediterraneo e ha raccolto le prime adesioni. La novità di tale candidatura consiste nella volontà di creare un sito seriale, appunto, in quanto non relativo a una singola città, ma finalizzato ad attivare, coinvolgere e mettere in relazione una molteplicità di localizzazioni diverse. Per esempio, il recente nuovo sito Unesco che fa capo a Cividale e coinvolge una molteplicità di insediamenti longobardi è seriale, ma non transnazionale, dato che si esaurisce il Italia. La scelta di un comune denominatore, quello dell’aver storicamente rappresentato nel Mediterraneo i punti nevralgici per la difesa e per il commercio marittimo e terreste della Serenissima Repubblica di Venezia, chiama in causa città appartenenti a Paesi diversi e quindi caratterizza una serialità transnazionale del progetto. Il carattere della transnazionalità accresce certamente, accanto alla complessità culturale del tema proposto, anche lo sforzo e la capacità organizzativa da mettere in campo per superare le conseguenti difficoltà. Ne scaturisce un valore del progetto che oggi viene considerato rilevante per il successo di una candidatura agli uffici Unesco di Parigi. Il progetto, che è tuttora in fase di elaborazione, coinvolge la partecipazione di vari partecipanti, quali Croazia, Montenegro, Albania, Grecia e Cipro. Tra i molteplici centri interessati emerge la cipriota Nicosia (cinta veneziana del 1561), sorella maggiore di Palmanova e facente capo alla stessa paternità progettuale di Giulio Savorgnan, oltre al centro storico croato di Ragusa, già riconosciuto dall’Unesco dal 1994 (cinta ampliata e rafforzata anche da Venezia), e a quello greco di Corfù, riconosciuto sempre dall’Unesco dal 2007. Per l’Italia l’elenco, che come si è detto è in fase di definizione a partire da Bergamo Alta (cinta veneziana del 1561), potrà coinvolgere, tra le altre, Peschiera del Garda, Venezia e Palmanova. Il progetto entrerà nel merito del valore intrinseco dei vari siti che testimoniano l’abilità tecnica delle opere di ristrutturazione di impianti preesistenti o di fondazione ex novo. In tale contesto, è indiscutibile che la città-fortezza di Palmanova costituisce una testimonianza culturale unica in Europa e quindi, nello specifico, anche a livello mondiale. Palmanova ha formato oggetto di una fondazione ex novo, operata in un territorio agricolo attraverso una progettazione integrale, non solamente riguardante la cinta, ma estesa anche al disegno del suo futuro assetto urbano interno. A partire dal 1593, data di fondazione, il sistema fortificato si evolve con una ulteriore cerchia realizzata nella seconda metà del ’600 e con una terza cerchia napoleonica del primo decennio dell’800. Il complesso fortificato raggiunge una dimensione di oltre un milione e mezzo di metri quadrati. Le tre cerchie proiettano verso l’esterno la geometria ennagonale della fortezza con l’articolazione di un ordine di oltre 1.000 sottosistemi, manufatti fisici identificati ciascuno da un nome e da una specifica funzione militare. Il valore culturale del sistema può essere colto attraverso il suoi modello da cui trae ordine, come sintesi dell’urbanistica militare facente capo alla scuola di Venezia e costituente, nella sua unicità, parte integrante della più generale cultura tridimensionale dello spazio elaborata dal Rinascimento italiano. Da questo punto di vista, Palmanova rappresenta uno dei più antichi e completi esempi oggi esistenti dell’arte fortificatoria basata sulla complessità geometrica e sul sistematico incrocio tra le “piazze vive”, sorgenti di fuoco dell’artiglieria, le gittate, con traiettorie e bersagli predefiniti, e con le varie opere di difesa passiva, costituite da un gioco sapiente di terrapieni protettivi. La logica ispiratrice del modello fa capo alla balistica, che studia l’andamento tridimensionale della gittate, a partire dal punto di fuoco e fino al bersaglio. Con ciò rappresenta un capitolo importante dal Rinascimento italiano e della più generale nuova concezione tridimensionale dello spazio. Tridimensionale è infatti lo spazio della rappresentazione prospettica in pittura e in architettura, tridimensionale la capacità di “fare il punto” nelle coordinate del planisfero o di localizzare in cartografia una rappresentazione geografica e sempre tridimensionale è la concezione delle orbite planetarie. È vero che Venezia, con il tipico pragmatismo che la caratterizzava, non indulgeva su queste considerazioni generali, ma le stesse offrono oggi la chiave di lettura per focalizzare il valore culturale cui fa capo anche il sistema fortificato di Palmanova. Va rilevato che i modelli dell’urbanistica militare italiana del Rinascimento sono stati successivamente esportati in Europa e hanno trovato ulteriore sviluppo e continuità sia nella scuola spagnola, soprattutto coloniale, sia nella scuola francese, dove emerge la figura del Vauban, primo ingegnere militare di Luigi XIV , caposcuola di Francia e progettista del complesso di fortificazioni che sono già state inserite dal 2008 a far parte della lista Unesco. Pur essendo inventore con successo della “guerra di movimento”, Napoleone restò affascinato di fronte alla macchina militare di Palmanova, che Venezia aveva progettato secoli prima seguendo l’ormai superato modello della “guerra di posizione”. In omaggio a tale ammirazione, nel 1805 Napoleone incaricò l’ingegnere militare Chasseloup, erede di Vauban, di progettare e attuare il grandioso ampliamento della cinta per una estensione di ulteriori novecentomila metri quadrati. Quattro anni dopo, a opere ultimate, l’intervento militare austriaco dimostrò che il modello era ormai stato superato dalle nuove strategie e che l’utilità della fortezza era sostanzialmente decaduta. Gli interventi francesi attuati da Napoleone a Palmanova concludono il circuito del valore storico-culturale di un modello che ha origine nella Serenissima Repubblica di Venezia nel contesto dell’Italia rinascimentale, viene recuperato e si sviluppa nella Francia di Vauban e, da qui, oltre 200 anni dopo, viene riportato nuovamente in Italia dai francesi attraverso il completamento napoleonico dell’opera. Nel complesso, dunque, Palmanova concorre al progetto promosso da Bergamo oon il proprio contributo di valore culturale che costituisce una punta emergente dell’ingegneria militare veneziana e contemporaneamente anche la documentazione compiuta del modello europeo di tre secoli. Forse per Palmanova è la volta buona. *Architetto, libero docente di urbanistica all’Università La Sapienza di Roma

 

La protesta del comitato del Lido «Il forte non è un rudere»

La Nuova Venezia - 19 settembre 2011

LIDO. «Non sono ruderi senza valore, ma i resti di un forte asburgico in parte demolito dal fascismo negli anni 1934-1936, tutelati dal Palav, il piano di area della laguna». Nuovo esposto del comitato «Altrolido», che raccoglie le associazioni dell'isola che si battono contro i grandi lavori per il palazzo del Cinema e dei congressi e contro la «cementificazione» del Lido. Nei giorni scorsi nuova documentazione è stata inviata alla Procura, dove giace un esposto presentato nel marzo del 2010. «Chiediamo alla magistratura e alla Corte dei Conti», dice il portavoce Salvatore Lihard, «di fare luce su questa vicenda. Nonostante l'area del forte sia individuata nella cartografia e nella lista dei beni storico culturali delle fortificazioni tutelate dal Palav. approvato nel 1998, è stato danneggiato durante i primi lavori di scavo». Un dossier è stato spedito anche alla direzione generale dei Beni culturali, chiedendo l'intervento dello Stato. «Oltretutto, dicono i comitati, «se invece di demolire le volte in mattoni si fosse fatta un'attenta analisi archeologica, si sarebbe potuto stabilire prima dell'avvio dei lavori l'esistenza o meno di grandi quantità di amianto nel sottosuolo». I comitati chiedono infine di sapere che fine abbia fatto la gradinata monumentale di accesso al Casinò, sottoposta a vincolo monumentale e rimossa al momento del via ai lavori. (a.v.)

 

Forte Roncogno riapre le porte ai visitatori

POVO. Domani, a partire dalle 9 in Cimirlo, nell’ambito della Festa della Montagna, organizzata dalla circoscrizione di Povo, si inaugurerà il ristrutturato Forte Roncogno. L’opera, eseguita dall’Azienda Forestale e costata 296.558 euro, ha interessato tutto l’edificio. Sono state restaurate le pareti di pietra calcarea e calcestruzzo, aggiustate le feritoie e le fuciliere, rifatti i pavimenti, un tempo in terra battuta ed ora in legno ed al vecchio tetto in calcestruzzo e a cupola, si ne è preferito uno in lastre di porfido leggermente a punta. All’interno è stata portata l’energia elettrica e sono stati costruiti i servizi sanitari. Il forte, costruito dagli austriaci nel 1879, sorge ad 805 mt di altezza ed assieme al forte Cimirlo doveva formare uno schema a tenaglia di difesa per proteggere la Valsugana da eventuali intrusioni degli italiani. Attrezzato per contenere 4 cannonni da 120 mm, 1 ufficiale e 50 soldati, all’inizio della Prima Guerra Mondiale fu considerato obsoleto e fu disarmato per spostare armi e guarnigione in punti più strategici.
 Abbandonato all’incuria, nel 1989 fu liberato dalla vegetazione e messo in sicurezza dalla Provincia e dal 2008 erano in corso i lavori di progettazione e di esecuzione del restauro dell’Azienda Forestale. «Domani il forte sarà visitabile ed accessibile a tutti coloro verranno alla “Festa della Montagna”». Dichiara Paola Moster, presidente della circoscrizione di Povo, che aggiunge: «Con il consiglio circoscrizionale e l’Azienda forestale decideremo che destinazione d’uso farne. La cittadinanza spinge che l’edificio resti pubblico e penso che l’idea migliore sarebbe farne un luogo per la rievocazione storica e per la celebrazione di eventi comunitari. Quella di domani sarà un primo momento per iniziare a discutere di quest’argomento, ma sarà anche un’occasione di festa e di partecipazione popolare. Ci sarà il sorteggio della legna, l’esibizione dei forestali nel taglio degli alberi, con annessa spiegazione delle tecniche per farlo in sicurezza. Alle 12 ci sarà la presentazione ufficiale del Forte e a seguire il pranzo con il ragù donato dalla Casa di riposo che ci fornirà anche la pasta per le omelet con le quali faremo la merenda. Il tutto sarà allietato dalla musica di un quintetto veneto di fisarmoniche e, nel pomeriggio, si potranno anche eseguire delle visite guidate sul monte Celva e alle fortificazioni austriache sparse nella zona».

 

La servitù di Franz Joseph

 RIVA. Adalberto Mosaner, sindaco di Riva, e Paolo Mattei, in rappresentanza della Cartiere del Garda, si sono trovati nello studio del notaio D’Argenio per cancellare dal libro Fondiario una servitù... di cannoneggiamento. La storia è vecchia esattamente di un secolo. Nel 1911, e successivamente nel 13 e nel 14, in contemporanea con la costruzione e l’armamento del sistema di forti del monte Brione che doveva difendere, assieme alla Tagliata del Ponale, il confine meridionale dell’Impero, il ministero della guerra di Francesco Giuseppe aveva imposto una servitù sull’intera campagna che si distendeva, completamente vuota di abitazioni, fra il nucleo abitato di Sant’Alessandro e la sponda settentrionale del lago. La servitù, che doveva consentire alla guarnigione degli artiglieri di stanza nella serie di fortificazioni di effettuare le esercitazioni ed i tiri prescritti, era stata intavolata a favore di due particelle situate sulla sommità del monte e queste particelle erano passate alla fine del conflitto nel Demanio dello stato italiano che, dopo aver riconosciuto che quei beni non erano più necessari per la difesa dello stato o per servizi di carattere nazionale, le aveva girate alla provincia di Trento una trentina d’anni fa. La provincia a sua volta li aveva passati, assieme ad altri immobili, al comune di Riva, che così si trova ad essere titolare di questa servitù, cui nessuno ha fatto più caso, come testimoniano le molte costruzioni sorte nella piana. La cartiera, mesi addietro, nel preparare il progetto d’un sostanzioso ritocco all’area ex Atlas di sua proprietà (è prevista, oltre al rifacimento dei magazzini, anche la costruzione d’un marciapiede su via Filanda su terreno ceduto dall’industria) ha trovato l’iscrizione del vincolo ed ha preferito che venisse cancellato. E’ vero che la servitù, non essendo mai stata esercitata di fatto ed essendo trascorso il periodo di vent’anni previsto per la prescrizione, poteva anche considerarsi scaduta: ad ogni buon conto la cartiera ha preferito ufficializzare la cancellazione. Di qui la delibera con cui la giunta ha accettato di rinunciare alla servitù e l’incontro dei due responsabili -sindaco ed amministratore delegato- davanti al notaio per l’ultimo atto: la formalizzazione dell’atto.
 

Montericco, un incarico a “Villaggio globale”

 PIEVE DI CADORE. Sarà l’organizzazione “Villaggio globale international” a progettare le strutture museali del forte di Montericco. Lo ha detto il sindaco di Pieve, durante le visite che in questi giorni ha organizzato per illustrare la portata del progetto a concittadini e turisti.
 Una iniziativa che sta ottenendo un crescente consenso. «Dopo aver salvato il forte», ha spiegato Maria Antonia Ciotti, «si è trattato di programmare un sua utilizzo che avesse anche la capacità di attrarre visitatori e di consentire il recupero di una parte delle ingenti spese sinora affrontate e che sarà necessario affrontare per completare l’opera. Poichè ritengo che un ente pubblico non abbia la capacità di ideare e progettare le soluzioni più adatte, l’Amministrazione ha ritenuto utile affidarsi ad una organizzazione specializzata, come quella del “Villaggio globale international”, che ha già dato prova di capacità recuperando il forte di Marghera. Poiché la Fondazione Cariverona, che finanzia gran parte del recupero, aveva messo dei paletti precisi per quanto riguardava l’utilizzazione della struttura, che dovrà essere esclusivamente culturale e storica, sono state fatte delle scelte importanti per cercare la migliore delle soluzioni. Così abbiamo preso tutte le proposte che erano arrivate dalle associazioni, dai privati e dai comuni e le abbiamo passate pari pari ai tecnici di “Villaggio globale”, che hanno già iniziato ad elaborare un loro progetto. Non appena questo elaborato sarà pronto, sarà presentato a cittadinanza e studiosi interessati. Tra le strutture che sono state chieste a gran voce», ha proseguito il sindaco, «c’è anche quella pinacoteca cadorina che avrebbe dovuto trovare posto nel palazzo Jacobi, a Pieve, ma che per questioni di necessità non è stata realizzata. In questo museo non ci saranno però solo Tiziano Vecellio e la sua scuola, ma anche pittori e scultori di varie epoche, compresa l’attuale. Inoltre, per valorizzare maggiormente la struttura, potremmo accogliere anche opere di autori non cadorini, ma qui presenti con loro opere; come ad esempio il Brustolon, che in Cadore ha fatto opere eccezionali». (a.s.)
 

«Gli edifici sono vincolati Saranno un bene di tutti» - GLI INTERVENTI. Polato: «Presentati a Roma 18 piani di fattibilità»  Lavori di recupero già cominciati nei forti Santa Caterina e Lugagnano, concesso ai Marinai

L'Arena - 12 agosto 2011

 «Al ministero», fa sapere l'assessore al patrimonio Daniele Polato, «abbiamo presentato 18 piani di fattibilità che riguardano forti, torri, mura di cinta e relative rondelle indicando programmi di utilizzo in collaborazione con il nostro tessuto associativo. I beni di cui chiediamo di diventare proprietari, infatti, hanno un valore inestimabile, ma per il Comune», aggiunge, «il federalismo demaniale non è un "affare" economico, anche perché si tratta di edifici vincolati, ma un'opportunità per recuperare strutture che fanno parte del nostro patrimonio storico e culturale».
Per alcuni degli edifici di cui il Comune vuol diventare proprietario sono già cominciati gli interventi di riqualificazione. Forte Lugagnano, in origine Werk Kronprinz Rudolf, situato tra San Massimo e Lugagnano e costruito nel 1861, è uno di questi. «Essendo in concessione temporanea», spiega Polato, «l'abbiamo già affidato ai Marinai d'Italia e ad altre associazioni combattentistiche che stanno sistemando l'area e l'edificio che all'interno è stato letteralmente devastato da vandali e ladri dopo la dismissione dei militari». In condizioni critiche è anche forte Preara, sull'altura a nord del castello di Montorio. Fu edificato nel 1860 e intitolato al barone Franz von John, per le azioni nelle battaglie di Goito e Volta Mantovana.
Lavori di recupero, invece, sono già stati eseguiti dalle associazioni di volontariato della quinta e sesta circoscrizione per forte Santa Caterina, al Pestrino. Costruito nel 1852, deve il suo nome alla cappella dedicata alla santa senese che si trovava lungo la strada che dal Lazzaretto di San Pancrazio conduceva a Porta Nuova. Venne poi intitolato al barone Heinrich von Hess, capo di Stato maggiore nell'armata di Radetzky. Il Comune, infine, chiede di entrare in possesso di forte Sofia, sul colle San Leonardo. Fu costruito nel 1838 e intitolato all'arciduchessa di Baviera, madre dell'imperatore Francesco Giuseppe. Enrico Santi

 

Forti, ecco il piano per farli rivivere - PATRIMONIO STORICO. Il Comune ha inviato al Demanio la relazione sui progetti necessaria per ottenere la proprietà dei beni. Palazzo Barbieri prospetta la creazione un percorso turistico e naturalistico lungo la cinta difensiva

L'Arena - 12 agosto 2011
 
Forte Preara, o forte John, sul colle a nord del castello di Montorio. Il Comune ne chiede la proprietà

Verona. La creazione di un percorso turistico e naturalistico lungo le mura, i forti, le torrette e le altre strutture militari del sistema difensivo che circonda la città. È il progetto con cui Palazzo Barbieri conta di ottenere dal Demanio, entro settembre, la proprietà effettiva delle Mura magistrali, dei forti e delle torri austriache. Il Comune, su iniziativa dell'assessore al patrimonio Daniele Polato, ha infatti ultimato il «Programma di valorizzazione del sistema difensivo veronese» e inviato la relazione di 70 pagine ai direttori regionali della Soprintendenza per i beni culturali e paesaggistici Ugo Soragni, e dell'agenzia del Demanio Pier Giorgio Allegroni.
Il documento illustra le strategie che l'Amministrazione comunale intende mettere in atto per valorizzare i fabbricati storici, elencando utilizzi previsti, interventi di manutenzione o di restauro già programmati e le iniziative per la tutela, la conservazione e la fruizione pubblica. La richiesta riguarda forte Lugagnano, forte Santa Caterina, forte Sofia e forte Preara, le quattro torri Massimiliane sulle Torricelle e lo stesso bosco che le circonda. Ma anche Castelvecchio, il cui passaggio di proprietà al Comune non è mai stato ufficializzato e la grande vasca dell'Arsenale, ora in fase di restauro e che si pensa di inaugurare ad ottobre.
«Il programma», spiega l'assessore Polato, «consiste nel recupero degli spazi esterni ed interni attraverso accordi tra il Comune e le associazioni culturali, di volontariato e sportive, alle quali affideremo in gestione le strutture che dovranno essere aperte alla popolazione con iniziative rispettose e consone al valore storico e culturale del luogo, così come stiamo già facendo per strutture già di nostra proprietà, come forte Gisella, per il quale abbiamo stipulato una convenzione con la parrocchia di Santa Lucia e forte Chievo, dove già stanno operando molte associazioni del territorio e siamo intenzionati a fare per forte San Mattia, recentemente riqualificato».
Nell'ambito delle operazioni consentite dal decreto sul federalismo demaniale, inoltre, esiste già una concessione temporanea per forte Lugagnano, al cui risanamento stanno lavorando i soci dell'associazione Marinai d'Italia, e forte Santa Caterina, al Pestrino, per l'utilizzo della quale si è aperto un tavolo di lavoro che coinvolge la quinta e la sesta circoscrizione che sta valutando una serie di proposte. «Sicuramente», sottolinea Polato, «non vi faremo, come qualcuno ha detto, una pista di motocross per rispetto dell'ambiente e del vicino monastero di clausura». Nel 2009, inoltre, ci fu la concessione delle Mura magistrali, condizionata all'impegno del Comune di investirvi sei milioni di euro, quattro già spesi nel compendio della Passalacqua, per la pulizia e la manutenzione.
Il programma dovrà passare al vaglio del ministero dei Beni culturali. Una volta approvato, l'assessore al patrimonio porterà in Consiglio comunale la delibera per il passaggio in proprietà degli immobili.
«L'obiettivo», fa sapere Polato, «è rendere fruibili entro il 2012 queste zone, con percorsi turistici che valorizzino le strutture fortificate. Il federalismo demaniale di cui siamo stati fra i primi in Italia a usufruire anche grazie all'apporto dell'onorevole Brancher», continua, «è un'opportunità per avere la proprietà giuridica di questi beni con la possibilità, quindi, di valorizzarli. Se trascurati, rischiano di andare irrimediabilmente distrutti dal degrado e dai vandalismi». Enrico Santi

 

Inaugurato il piazzale di Forte San Mattia

L'Arena - 5 agosto 2011

Verona. È stato inaugurato oggi Forte San Mattia, sulle Torricelle, dopo i lavori di manutenzione straordinaria che hanno interessato l’area esterna del complesso monumentale risalente al 1848. L’intervento, finanziato dal Comune con un contributo di 50 mila euro e realizzato dalla cooperativa sociale “Milonga” per conto di Amia, ha riguardato: il taglio e il riordino della vegetazione in tutta l’area del Forte, la sistemazione del cortile esterno e la realizzazione della nuova staccionata per la messa in sicurezza del luogo.

Presenti al taglio del nastro il sindaco Flavio Tosi, l’assessore al Patrimonio Daniele Polato e i presidenti di Amia Stefano Legramandi e della 2ª Circoscrizione Alberto Bozza. “Era da 60 anni che non si interveniva su Forte San Mattia con un intervento di manutenzione straordinaria – afferma il sindaco -. Ora, grazie ad un lavoro di alta qualità e professionalità – aggiunge Tosi – questo suggestivo luogo della città torna in tutto il suo splendore ai cittadini veronesi e, in particolare, alle associazioni che lo tengono vivo e contribuiscono in modo fondamentale alla sua pulizia e al suo decoro”. “L’Amministrazione comunale prosegue nell’impegno di riqualificare i luoghi fortificati della città per restituirli ai cittadini – afferma Polato –; dopo la sistemazione della cinta muraria di via Torbido e gli interventi su Forte Gisella e Forte San Mattia, proseguiremo con il recupero dei Forti Chievo e Lugagnano. Inoltre – aggiunge l’assessore – con l’attuazione del decreto sul federalismo demaniale, entro settembre il Comune diventerà proprietario dei 9 chilometri di cinta muraria e di una serie di beni vincolati che appartengono al patrimonio della città. Per queste strutture – conclude Polato – è già stato approvato dall’Agenzia del Demanio e dalla Soprintendenza del Veneto il piano di valorizzazione per il loro recupero e riutilizzo”.

“La scommessa vincente – sottolinea Bozza – è condividere queste strutture con i cittadini e le associazioni presenti sul territorio, che trovano in questi spazi la possibilità di incontrarsi e portare avanti la propria attività”.

Attualmente hanno sede a Forte San Mattia i gruppi “Coro Voci del Baldo”, “Associazione Radioamatori”, “Gruppo Speleologico Veronese”, “Gruppo Promozionale Trieste”, gruppo “Il Forte”, oltre ad alcune associazioni musicali.

 

Sopra Gemona la rinascita del forte

Costruito a partire dal 1904, con la rotta di Caporetto il forte di monte Ercole viene fatto saltare. È il 29 ottobre 1917. Nei giorni precedenti il forte viene svuotato dei pezzi di artiglieria più importanti, portati oltre il Tagliamento, quindi viene sgomberato l’abitato di Ospedaletto, troppo vicino e dunque a rischio. Alle 16 del pomeriggio l’ordine venuto dal comandante del Corpo d’armata speciale viene eseguito per mano del maresciallo Aurelio Bergamino, rimasto a presidiare il forte assieme a un drappello di uomini. Accese le cariche, ci vogliono pochi minuti perché il forte salti in aria, con tutte le munizioni ancora presenti. Nonostante l’esplosione e poi il sisma del ’76, molta parte delle gallerie e dei camminamenti sono ancora oggi in parte fruibili. (m.d.c.) GEMONA Quando si parla di fortificazioni risalenti alla prima guerra mondiale, nell’area della pedemontana friulana il pensiero va con naturalezza al Forte di Osoppo, protagonista di gloriose pagine di storia. Più difficilmente si avventura fino a Gemona e al suo forte di Monte Ercole, sopra Ospedaletto, meno conosciuto e di certo meno frequentato di quello osovano. Oggi lo si sta in parte riscoprendo grazie a una serie di interventi realizzati dalla Comunità montana del Gemonese, Val Canale e Canal del Ferro, per conto del Comune. L’ultima di queste opere (per 91 mila euro) ha permesso di riportare alla luce diverse porzioni del manufatto, prima coperto dalla vegetazione, e di metterle in sicurezza. L’intervento s’inserisce in un progetto ben più corposo di riqualificazione della struttura, che richiederebbe circa un milione di euro d’investimento per essere completato. Fondi che a oggi non ci sono, se non per piccole tranche che l’ente locale ha fin qui affidato alle cure della Comunità montana. Quella di recente conclusa corrisponde al secondo lotto di lavori, consistito «nella messa in sicurezza del manufatto, al fine di garantire l’incolumità dei numerosissimi visitatori – spiega il funzionario della Comunità montana, Lorenzo Beltrame -, nella pulizia della vegetazione che invadeva le strutture compromettendone la stabilità e infine nel ripristino delle opere idrauliche e della viabilità comunale immediatamente adiacente al manufatto fortificato». Si tratta, come detto, di una piccola ma rilevante opera il cui risultato è immediatamente apprezzabile a quanti, nelle ultime settimane, sono saliti a monte Ercole. Le strutture murarie della fortificazione sono tornate visibili, così come i vari accessi alle gallerie, che purtroppo però restano ancora buie e dunque non percorribili dai visitatori. «Nel futuro prossimo sarebbe bello riuscire a rendere nuovamente fruibili almeno alcune parti di questi cunicoli e delle trincee coperte», auspica il sindaco Paolo Urbani, che giorni fa ha visitato di persona il sito per toccare con mano il risultato dell’ultimo intervento. «Un’opera che permette di meglio apprezzare un importante pezzo di storia della Grande guerra affacciata su un panorama mozzafiato». Dalla cima di monte Ercole lo sguardo abbraccia tutta la pedemontana e spazia lungo il Tagliamento fino alla bassa. È anche in virtù di questa posizione e della vicinanza di altre fortificazioni che il rilievo, alle pendici del monte Cumieli, fu scelto all’alba del secolo scorso per ospitare una fortezza corazzata. Ottimo presidio sui Rivoli bianchi e fece parte della linea difensiva di fortificazioni dell’Alto Tagliamento-Fella assieme a Chiusaforte, al monte Festa e a Osoppo. Il forte di monte Ercole venne dotato di cannoni a lunga gittata e di sistemi per la difesa ravvicinata, che a tutt’oggi sono ancora individuabili, così come i resti delle cupole dove alloggiavano i cannoni da 149 puntati verso sella Foredor e la rete di gallerie con feritoie per i fucilieri che in molta parte sono ancora fruibili. Maura Delle Case

 

Aperto il Trincerone sullo Zugna

ROVERETO. «Maledetta Rovereto se non saprà sfruttare questo museo all’aperto della Grande Guerra»: il commento di Alberto Miorandi, presidente del Museo della Guerra, non poteva essere più azzeccato, nel salutare la fine dei lavori al trincerone in Zugna. Ieri la Fondazione Cengio Alto ha riconsegnato al Comune l’area, cent’anni fa fronte tra Italia ed Austria.
 Un anno fa la ricostruzione del muro del cosiddetto trincerone, quello che consentì agli italiani di sbarrare il passo agli austriaci, scatenò molte polemiche. Il muro, rifatto, rende evidente la distinzione tra esistente e al tempo stesso dà l’idea al profano di cosa c’era all’epoca. Affacciandosi dalla trincea, si scorgono, a neppure cento metri di distanza, sotto il tornante della strada, i resti della trincea austriaca. Ci si poteva parlare l’un l’altro, invece ci si sparava. Qui, stretti tra due precipizi, i due eserciti bloccarono l’avanzamento del “nemico”: gli italiani avrebbero altrimenti conquistato Rovereto, gli austriaci avrebbero dilagato in pianura. Un’area così piccola, circoscritta in appena 1 chilometro e mezzo, questa la lunghezza del nuovo percorso di visita, fu decisiva.
 Fino a pochi anni fa, pochissimi ne erano a conoscenza, non si vedeva nulla, perché il bosco aveva occultato tutto. «Grazie al buon senso della forestale, abbiamo potuto rivificare l’area, sono affiorati punti di guardia, postazioni, trincee - ha detto il presidente della Fondazione Cengio Alto, Giampaolo Ferrari - offriamo un’immagine reale di ciò che fu». Vivi apprezzamenti per l’esito dei lavori sono arrivati dal vicesindaco Daicampi, e dall’assessore alla cultura provinciale Panizza. Ma non sarebbe finita qui, perché la Fondazione, grazie al lavoro della Sat ed in particolare del gruppo grotte, ha scoperto ed esplorato le gallerie, italiana ed austriaca, sottostanti: ci sono 1800 metri di camminamenti, «Cercheremo di aprire due o tre siti in galleria», auspica Giampaolo Ferrari.
 Da adesso i tre ettari e mezzo sullo Zugna sono tornati al Comune. Ora il sito deve essere mantenuto, perché il bosco farebbe presto a cancellare tutto. Il sentiero di visita non è sempre evidente, si possono fare delle migliorie. Il trincerone, assieme a forte Pozzacchio, Nagià Grom, il Pasubio ed altri siti fa dell’area roveretana qualcosa di formidabile per ricordare ciò che fu la Prima Guerra Mondiale. Se Rovereto non la sfrutta, «È meglio che andiamo tutti a casa», come dice Alberto Miorandi del Museo.  Michele Stinghen

 

Opera 14, lo scoglio della sicurezza

Da corrierealtoadige.it del 20 luglio 2011

Urbanistica - Il bunker potrebbe ospitare installazioni artistiche. Adang:"Valorizzare un pezzo di Storia". Sopralluogo delle associazioni. Mancano le uscite di sicurezza.

Bolzano - A tre metri di profondità, al termine di una selva di cunicoli, l'aria è umida e pesante. Ma basterebbe, si fa per dire, abbattere una parete (due metri di cemento armato!) per realizzare un'uscita di sicurezza e collegare la sala (un tunnel che somiglia molto al vecchio Sciarada) al mondo esterno. L'Opera 14, il bunker che sorge a Bolzano Sud in mezzo a quella che a giorni diventerà una zona produttiva, ha bisogno di un grande restyling prima di diventare un centro culturale come vorrebbero Unitalia e il Pdl. Di certo, come assicura Ermanno Adang che nel tempo libero fa l'esploratore di bunker, demolirlo servono un sacco di soldi. "Le pareti sono fatte di cemento armato spesso due metri. Andrebbero tagliate e asportate a blocchi: mesei e mesi di lavoro. In Alto Adige - spiega Adang che ha dato vita al movimento Salviamo l'Opera 14 - ci sono bellissimi esempi di recupero di bunker. E a Bolzano ce ne sarebbero altri due, uno alla spaghettata e uno sul monte di Castel Flavon". Entrare non è semplice, bisogna farsi largo tra ragnatele e rifiuti abbandonati da anni. Le casematte hanno delle piccole finestrelle che danno sull'esterno, il resto è buio totale. La torcia di Adang illumina solo ambienti angusti e gli altri esploratori, Andrea Chiereghin, Thomas Brancalion e Iacopo Cavallaro, scuotono la testa. Impossibile sfruttare questo spazio per la musica ma per installazioni artistiche lo spazio è senza dubbio interessante. Una scala porta in basso e quando la luce delle torce illumina l'lantico dormitorio del forte si illuminano anche gli sguardi. Un tunnel di una dozzina di metri largo 3 con sette otto anfratti ai lati. La sala andrebbe collegata con l'esterno dove, nei progetti del Comune, dovrebbe sorgere un parco. "Non è impossibile, qui i muri sono meno spessi e sicuramente costa meno che abbatterlo tutto" spiega adang che sta facendo di tutto per salvare il bunker Opera 14.

 

Pozzacchio, viaggio al centro del forte - In 300 visitano i sotterranei dentro la montagna. Lavori per 1 milione

Trentino - 18 luglio 2011

TRAMBILENO. Da quota 882, in Valmorbia, tra Trambileno e la Vallarsa, guarda, dalla sommità, la valle. Ma il cuore è sottoterra, su tre livelli, dentro il monte. A forte Pozzacchio prosegue il restauro che dovrebbe concludersi l'estate prossima, tempo della definitiva apertura al pubblico. Ieri l'anteprima, in occasione della commemorazione dei Caduti.  Il viaggio dentro forte Pozzacchio inizia da sud, attraverso una galleria di circa 300 metri e 2 metri di altezza che avvicina al cuore della fortificazione, metri e metri sottoterra, su tre livelli. Si salgono 51 scalini in pietra per arrivare nel primo stanzone dall'ampia volta dove un attrice recita brani tratti dal diario di una profuga che, in seguito allo scoppio del conflitto tra Italia e Impero Austro-ungarico che fece del Trentino prima linea del fronte, venne portata coi figli nelle Città di legno. Destino di migliaia di persone.  E' la prima tappa del percorso che quando verrà aperto al pubblico, l'estate prossima, come ha detto il sindaco di Trambileno Renato Bisoffi, sarà completo di passerelle, impiantiti rialzati in vetro in diverse stanze e una scala che dal pozzo centrale, dove un montacarichi serviva gli obici, porterà sulla sommità.  Strana storia quella di forte Pozzacchio. Non ancora pronto allo scoppio del conflitto tra Regno d'Italia e Impero Austro-ungarico, lasciato a sé stesso, occupato dagli italiani che lo persero pagando un prezzo, in vite umane, spropositato (314) contro i 174 nemici, nel dopoguerra venne razziato dai recuperanti che portarono via tutto, legno, lamiere, ferro. Lasciando un rudere strapieno di detriti.  Ora, pulito da svariati metri cubi di sassi e pietre - nel solo pozzo centrale arrivavano a 2 metri e mezzo d'altezza - potrà essere visitabile. Il percorso prosegue a ferro di cavallo attraverso circa 3 chilometri di cunicoli. Un attore recita brani da un diario di un soldato. Si esce su una postazione che guarda il gruppo dello Spil. La guida dell'associazione culturale "Il forte" ricorda che nei grandi stanzoni c'erano intercapedini di legno e lamiera che ricoprivano tutta la volta, per mantenere la temperatura il più possibile costante, o, comunque, abbattere l'umidità. E che tutto è sparito ad opera dei recuperanti. Sono ben visibili le canalette che scorrono lateralmente ai tunnel di collegamento. Una struttura complessa, unica nel suo genere. Che i lavori appaltati dal Comune di Trambileno - su delega provinciale e progetto dell'architetto Francesco Collotti - alla ditta Azzolini permetteranno di far conoscere a tanti in tutta sicurezza. Il costo previsto è di circa 1 milione di euro. Seguirà la realizzazione di una sorta di parco della memoria, un luogo dove guardare al passato, avendone gli strumenti materiali e simbolici a disposizione, ma con lo sguardo in avanti.  di Paolo Piffer

 

Il Valmorbia Werk si svela

TRAMBILENO. A poco meno di un anno dall’avvio dei lavori, domenica sarà possibile entrare nel forte di Pozzacchio per vedere come procede la ristrutturazione.
 L’occasione è l’annuale commemorazione dei caduti della Grande Guerra, una festa che attira a Trambileno una folla di appassionati e curiosi che vogliono visitare i luoghi di battaglia e che a Pozzacchio trovano pane per i loro denti. Forte Pozzacchio, infatti, è l’unico forte scavato interamente nella roccia ed una delle ultime fortificazioni realizzate nella prima guerra mondiale dal genio austriaco. Il Valmorbia Werk, come è chiamato nei carteggi austoungarici, rimase incompiuto. Domenica, a partire dalle 13, sarà possibile visitarlo grazie alle guide dell’associazione “Il Forte di Pozzacchio” e “Gli amici del forte”. Poi il manufatto bellico tornerà ad essere un cantiere. I lavori finiranno per l’inizio delle celebrazioni del centenario della Grande Guerra nel 2014.
 Domenica il raduno nel piazzale del forte è previsto per le 10. Dopo l’alzabandiera verrà celebrata la messa sull’altare del forte (10.30). Non mancherà la cucina da campo con piatti tipici, si potrà visitare il forte e, alle 16, inizierà lo spettacolo “Cercando Totò” con le compagnie teatrali “Emit Flesti”, "Estroteatro” e “Teatro delle Quisquilie”. (st.c)

 

Le fortezze? Restaurate per il 2014 - Progetto Grande guerra:itinerari, eventi e turismo

Da l'Adige del 11 luglio 2011

Dalla sistemazione del Sentiero della pace al restauro del formidabile sistema difensivo in caverne di Werk Valmorbia (forte Pozzacchio). Dal recupero dei forti di Tenna, Levico e Predazzo all’apertura della Tagliata del Ponale, sul Garda e, finalmente, alla valorizzazione della Festung Trient, il munitissimo anello di fortezze, trincee e postazioni realizzato tutt’attorno alla città di Trento, resa inespugnabile dagli austriaci poco prima del conflitto. Gli interventi rientrano tutti nell’ambizioso programma, da qui al 2014, del progetto «Dalla guerra alla pace», messo in campo dalla Provincia per il centenario della Grande guerra a scopi culturali e di valorizzazione anche turistica di un patrimonio unico sulle Alpi. «È un progetto organico che rende visibile a livello europeo la rete della Grande guerra, e che nei prossimi giorni - anticipa l’assessore provinciale alla cultura Franco Panizza - illustreremo al Consiglio delle autonomie, che indicherà tre componenti per il comitato promotore. Ai presidenti delle Comunità di valle interessate chiederemo di fare sintesi sui propri territori. In settembre il programma sarà definitivo, in novembre verrà presentato alla popolazione con un workshop». L’offerta di un patrimonio visibile e in parte conservato sarà richiamata anche nel logo del progetto, che si articola in 8 «aree». A vario titolo, vi sono coinvolti i servizi e le strutture della Provincia, il Museo della guerra di Rovereto (che entro il 2014 avrà un nuovo allestimento), il Museo storico del Trentino, Trentino marketing, Apt, ecc. In area «interventi» ricadono il censimento delle opere campali, il recupero del Sentiero della pace e dei sistemi fortificati. Ma le opere vanno «comprese », lette nel loro contesto storico- militare e geografico. Ecco dunque la «Rete Trentino Grande guerra», per unire associazioni, musei e istituzioni, ed ecco l’area scientifica per i progetti di studio e di ricerca, alle quali si affiancano il progetto comunicazione (sito Web, dvd e cd, articoli, comunicati), quello di promozione turistica, quello di formazione (scuola, corsi, personale) e il piano degli eventi culturali. E la dimensione europea? «I contatti con la Galizia ucraina e polacca sono stati presi - informa Panizza - e la collaborazione comprende il Veneto e la Lombardia».Con i veneti, il Museo storico ha avviato la progettazione del «Parco della memoria» dalle Piccole Dolomiti agli Altipiani, mentre sul Pasubio c’è un accordo interregionale di valorizzazione della «zona sacra». Quanto alle risorse, l’assessore ipotizza una spesa di 2-3 milioni di euro: «Nel 2013 - ricorda - nella legge Finanziaria è stato inserito un articolo sulla Grande guerra: c’è quindi un fondo apposito, ma la maggior parte degli interventi è già finanziata ». È imminente l’apertura dello Strassensperre Buco di Vela, lo sbarramento stradale di Cadine, con visite guidate. L’allestimento (centro informativo sulle fortificazioni del Trentino) è in programma nel 2012, come la fine dei lavori al forte di Tenna e al Werk Col delle Benne (forte San Biagio a Levico).Quelli al Werk Valmorbia, noto come forte Pozzacchio e costituito da un sistema di gallerie, scalinate e ricoveri in roccia (Trambileno) dovrebbero concludersi già quest’anno. Entro il 2011 dovrebbero terminare anche il restauro del cimitero militare di malga Sorgazza (Pieve Tesino), la pulizia delle lapidi al cimitero monumentale  di Bondo, il restauro del monumento ai caduti di Caoria e gli interventi alla zona monumentale del Pasubio. Il recupero delle pertinenze del forte di Tenna è previsto nel 2012, mentre il restauro di forte Dossaccio a Paneveggio dovrebbe concludersi all’inizio del 2013. Alla Maza di Nago, gli interventi sui ruderi alla Busa dei Capitani comprendono la sistemazione dell’area circostante. Per la Tagliata del Ponale a Riva del Garda, infine, è pronto il progetto definitivo di restauro, per aprire alle visite le caverne e le scalinate che collegano i cinque livelli. F. T.

 

Da Hitler ai tank sovietici Nel bunker di Bolzano la storia del Vallo alpino

 Le vicende del Vallo Alpino sono racchiuse in un volume di 240 pagine dal titolo «Bunker» edito nel 2006 dalla Provincia autonoma e distribuito dalla casa editricer Athesia, e dovuto a Christina Niederkofler, Josef Urthaler ed Andrea Pozza. L’opera si è avvalsa inoltre della consulenza del tenente colonnello Licio Mauro, per 18 anni responsabile della fortificazione permanente per gli alpini d’arresto nell’alta Pusteria, e di altri contributi tecnici e storici di grande interesse.
 Il libro, scritto in italiano e in tedesco, è corredato da un avvincente apparato iconografico e da cartine molto dettagliate che guidano il lettore attraverso sessant’anni di storia.
 Solo un po’ più a est, non proprio dritto dritto. E così ha aspettato per altri 42 anni, in attesa dei carri armati del Patto di Varsavia. Ma i carri armati di Mosca, grazie a dio, non sono mai arrivati. Nel Novantadue gli hanno detto: amico è finita, spegni la luce e riposa. Finita un corno. Luglio Duemilaundici: colpo basso. Dopo una vita passata a scrutare il nord, si trova il nemico sull’uscio. A Sud. Zona di espansione Sud del Comune di Bolzano. Progettato per resistere alle cannonate, verrà raso al suolo dalla burocrazia e dal rimpallo di responsabilità tra Comune e Provincia. Spazzato vie dai nuovi insediamenti produttivi della città. Lui in gergo tecnico si chiama Opera 14 ed è l’ultimo bunker fuori terra dello sbarramento sud del Vallo Alpino, la linea di fortificazioni realizzata dal regime fascista tra il 1939 e il 1942 per contrastare un’ipotetica avanzata delle truppe del Reich, quasi un monumento a tutte le ambiguità seminate tra Roma e Berlino dall’alleanza tra l’Italia fascista e la Germania nazista. Più che Vallo alpino o Vallo Littorio, vale insomma la vulgata che trasformò velocemente quel nome pomposo in una assai più pittoresca «Linea non mi fido». La politica espansionistica tedesca, culminata nell’Anschluss austriaco del 13 marzo 1938, aveva portato infatti a diretto contatto Italia e Germania visto che l’ex-confine italo-austriaco era diventato il nuovo confine italo-germanico. In questo prossimità stanno le ragioni del Vallo. Il problema altoatesino, che nel 1938 aveva ancora i contorni di un contenzioso politico aperto, e l’atteggiamento non sempre lineare della politica romana nei confronti dell’ingombrante alleato, produssero il Vallo. L’ordine di Mussolini arrivò nel novembre del 1939: fortificare la frontiera nord. E così fu. Alla linea fortificata lavorò un esercito di 19 mila persone, con oltre 350 manufatti costruiti in tre anni. Lo stop ai lavori fu diramato dallo Stato Maggiore dell’Esercito italiano il 4 ottobre del 1942, a seguito delle ormai ripetute e sempre più pressanti proteste del Reich.
Gli sbarramenti in Alto Adige sono disposti secondo quattro direttrici: Adige, Isarco, Rienza-Drava e Passo Monte Croce di Comelico. Lo sbarramento di Bolzano sud apparteneva al raddoppio del terzo sistema difensivo della direttrice Adige, che partiva da Passo Resia. Il progetto di Bolzano sud, sviluppato nel 1940, prevedeva la costruzione di 67 opere con un armamento complessivo di 160 mitragliatrici, 35 fucili mitragliatori, 6 pezzi anticarro e 14 cannoni di piccolo calibro. Quando arrivò lo stop ai lavori le opere ultimate erano 42, molte delle quali in caverna. La numero 14, il bunker che oggi guarda su via Baracca, affonda dunque le radici in questa storia. Ma da qui si va anche dritti dritti al Dopoguerra, con un cambio, diciamo così, di destinazione d’uso, che racconta tutto del passaggio dalla guerra calda alla guerra fredda. Il Trattato di Pace di Parigi del 1947 imponeva infatti all’Italia lo smantellamento delle fortificazioni permanenti e nell’estate del 1948 parte delle opere del Vallo Alpino Littorio, alla frontiera occidentale, furono effettivamente demolite. Perché non tutte? Per un motivo molto semplice. Dopo l’adesione dell’Italia, nell’aprile del 1949, all’Alleanza Atlantica, cambia tutto e l’esercito italiano deve tornare ad interessarsi di fortificazioni. La dislocazione in Austria, fino al 1955, di truppe di occupazione sovietiche, convinse i vertici dello Stato maggiore italiano della necessità di ripristinare le opere dell’ex «Linea non mi fido» presenti in Alto Adige, e questo soprattutto grazie ai contributi della Nato. Il resto è attualità. La caduta del muro di Berlino cambia il mondo e nel 1992 inizia la completa e definitiva dismissione di tutte le fortificazioni attive dell’ex-Vallo Alpino. Il Patto di Varsavia esce dalla politica e entra nei libri di storia. Nel 1999 tutte le fortificazioni dismesse passano alla Provincia. A quel punto inizia anche il dibattito sul loro destino. Cosa farne? Si fa strada l’idea di valorizzarne, almeno alcune, dal punto di vista storico-culturale. Anche Durnwalder è favorevole e a lungo si accarezza l’ipotesi di restaurare e aprire al pubblico, in forma museale e con un percorso didattico dedicato, il bunker in caverna sotto Castel Firmiano, integrandolo col progetto del Museo della Montagne di Messner. Alla fine non se ne fa nulla. Adesso siamo all’ultimo atto ed è uno strano destino. Per un motivo o per l’altro, le pietre (o il cemento) e la memoria del nostro doloroso e comune passato recente, non riescono a fare sintesi in un patto intelligente di convivenza. Che sia il cinema Corso piuttosto che il quartiere delle Semirurali, troppo spesso va a finire con le ruspe che scaldano i motori. Magari per motivi diversissimi, ma dagli esiti dannatamente identici. Stavolta per abbattere il bunker in via Buozzi la ruspa però non basterà. È un osso duro quell’ammasso di metallo e cemento, e servirà una fresa al diamante. Sempre che il Comune di Bolzano non riesca ad uscire dal torpore e dall’inerzia passiva con cui, troppo spesso, è solito affrontare le tracce della storia. Ma, nonostante la piena disponibilità della Provincia, c’è poco da farci affidamento. Mauro Fattor

 

Cavallino, controlli ai forti militari - Il Demanio contro le occupazioni abusive

La Nuova Venezia - 9 luglio 2011

 CAVALLINO. Il Demanio ha inviato una serie di controlli alle fortificazioni militari di Cavallino-Treporti di sua proprietà disponendo l'abbattimento di eventuali strutture abusive realizzate all'interno e lo sgombero di locali demaniali abitati da decenni da famiglie senza averne titolo. I sopralluoghi da parte di incaricati dell'ufficio del demanio sono iniziati a fine giugno e si sono concentrati soprattutto al Forte Vecchio di Treporti, la fortificazione più grande e meglio conservata di tutto il litorale. Le verifiche dello stato di conservazione degli immobili riguarderebbero anche la batteria Amalfi, le batterie Vettor-Pisani, San Marco e Radaelli, le torri telemetriche lungo via Pordelio, la caserma di Cà Pasquali e altre importanti strutture storiche del litorale che risalgono al primo e secondo conflitto mondiale. Ancora non ci sono comunicazioni ufficiali del Demanio sulla finalità di questi controlli ma sul litorale c'è già chi ipotizza un preludio ai trasferimenti di queste proprietà demaniali nella disponibilità di beni del comune di Cavallino-Treporti. «Le strutture sono rimaste abbandonate per decenni - commenta il sindaco Claudio Orazio - ed ora il Demanio ne sta controllando lo stato di abbandono intervenendo dove c'è degrado o situazioni di abusivismo». «Per il centenario della Grande Guerra fra il 2015 e il 2018 - spiega lo storico Furio Lazzarini - la Regione riceverà 70 milioni di euro di trasferimenti comunitari per la valorizzazione dei forti e dei siti militari risalenti all'epoca». Francesco Macaluso

 

Un tuffo indietro nel tempo fino alla Grande Guerra - Applauditissimo il gruppo "Sentinelle del Lagazuoi" coordinato dal maggiore Roberto Semenzin

Corriere delle Alpi - 5 luglio 2011

VALLE. Un tuffo indietro nel tempo fino alla prima guerra mondiale. Un successo di partecipanti e la consapevolezza di avere suscitato emozioni forti. Così si può sintetizzare la rievocazione storica che domenica si è svolta a Venas, ai forti dell'Antro, per ricordare il 150º dell'Unità d'Italia. Grazie alla forte sinergia messa in atto tra i giovani della Pro Loco di Venas e l'Amministrazione di Valle, tutti i partecipanti hanno potuto godere di una piacevole giornata. Applauditissimo il gruppo "Sentinelle del Lagazuoi" di Conegliano, con una quindicina di figuranti coordinati dal maggiore Roberto Semenzin; con abiti e oggetti d'epoca, hanno "disegnato" una pagina di storia vivente ricordando gli anni dal 1915 al 1918. All'interno del forte sono stati ricreati con grande maestria alcuni ambienti: un comando con telefono da campo funzionante collegato ad una postazione attrezzata con un cannoncino a ed un'infermeria da campo, oltre che ad una postazione da mitragliatrice. Non si è trattato però solo di una festa. Gli elementi c'erano tutti. Una bellissima giornata, un pubblico attento e divertito, uno stand enogastronomico gestito con cura dai ragazzi della Pro Loco con la presenza anche di un piatto tricolore costituito da un tris di primi rispettivamente bianco, rosso e verde. La rievocazione storica 1915-1918 è stata però anche una manifestazione didattica, vista la forte valenza assunta da questo aspetto. Nello spazio di Pian dell'Antro tre aree sono state dedicate dai figuranti proprio alla didattica; qui era possibile fare ogni tipo di domanda sulla vita, sulle attrezzature, sull'armamento dei militari italiani durante la Grande Guerra. Un momento per incontrare la storia. Per riportare a galla valori, gesta, atteggiamenti e pensieri che altrimenti rischierebbero di cadere nel dimenticatoio. Soprattutto per ritrovarsi immersi in una narrazione comune che, partendo da radici lontane, si fa nuova, facendo passare a tutti delle ore inaspettatamente piacevoli. E tante sono state le persone che hanno voluto appagare la propria curiosità a proposito di quegli anni, facendo domande di tutti i tipi. Un appuntamento che, visto il grande successo, ci si augura venga riproposto anche negli anni a venire. di Alessandra Segafreddo

 

La Maddalena torna nello scacchiere Nato - Domani e dopodomani il vertice: iraniani, israeliani e palestinesi allo stesso tavolo

La Nuova Sardegna - 3 luglio 2011

LA MADDALENA. Nulla è quel che sembra. Ma certo il summit della Nato che comincia domani nell'arcipelago ha parecchie valenze simboliche. Soprattutto in un quadro di riferimento internazionale. Il vertice si svolgerà a Moneta nel complesso gestito da Mita Resort. Zona dai tempi del G8 al centro delle bufere sulla Cricca per appalti sospetti, bonifiche mai finite, accuse di corruzione. Il suo porto, in parte sotto sequestro giudiziario, è proprio dinanzi all'ex base della Us Navy e all'adiacente distaccamento della Marina italiana sull'isola di Santo Stefano.  

Tutte e due, visibili a occhio nudo dall'area del convegno, a meno di due miglia, ricordano fatti importanti. L'addio degli americani nel 2008 alla struttura d'appoggio per sottomarini nucleari nata 36 anni prima. Le voci (sempre smentite) sulla possibile riapertura sotto egida Nato delle gallerie vicine ai moli dove attraccavano gli hunter killer per le manutenzioni: stavolta per accogliere naviglio dell'Alleanza con moli adeguatamente da innalzare e fondi per 5 milioni già stanziati a questo scopo.  Poi da quel reticolo formato da 11 km di tunnel spunta un'altra vicenda più recente e dagli aspetti misteriosi: lo spostamento, in maggio, di un colossale carico di missili, razzi, kalashnikov, con un trasporto su navi passeggeri verso una destinazione sconosciuta. Armi da distruggere o da far arrivare in modo coperto nelle mani di amici dell'Italia e dell'Alleanza? Interrogativo che riporta subito ai temi politici e strategici da affrontare in questi due giorni di discussioni ai massimi livelli: dalla guerra in Libia fino alle tensioni e alle speranze mediorientali.  Luoghi evocativi, quelli di una Maddalena che da piazzaforte tenta una difficile riconversione turistica dopo il G8 mancato. E dibattiti dalle connotazioni altrettanto emblematiche. Così come i nomi di tanti protagonisti di ieri e delle prossime ore.  Lunedì e martedì ai lavori partecipano infatti esponenti di numerosi Paesi membri del Patto atlantico, politici di primo piano di altri e alte sfere militari. A cominciare dall'ammiraglio statunitense Samuel Locklear, comandante in capo delle forze alleate nel Sud Europa, che darà un aggiornamento sul fronte libico.  Ci saranno i viceministri degli Esteri Mohamed Moustafa Kamal (Egitto) e Ali Ahani (Iran), oltre all'ex premier iracheno Ayad Allawi. Venticinque le delegazioni straniere. Tra loro, Russia e Israele. Un appuntamento di estrema attualità perché, per la prima volta a un'assemblea parlamentare dell'Alleanza, verranno rappresentati Stati spesso tra loro contrapposti. A fare gli onori di casa il sindaco della Maddalena, Angelo Comiti.  Per il governo italiano interverranno i sottosegretari agli Esteri Stefania Craxi e alla Difesa Giuseppe Cossiga. I quali erano già in carica entrambi quando su Berlusconi si sono riversati i contraccolpi politici dell'inchiesta che all'inizio del 2010 ha portato alla messa in stato d'accusa del dirigente della Protezione civile Guido Bertolaso, di Angelo Balducci, del costruttore Diego Anemone e dei funzionari della Unità di missione per i lavori del G8 nell'arcipelago Mauro Della Giovampaola e Fabio De Santis.  Ci saranno poi il presidente del Gruppo speciale per il Mediterraneo e per il Medio Oriente, Sergio De Gregorio, il vice Antonello Cabras, i senatori Enzo Bianco, Elio Lannutti e Giovanni Torri e il deputato Giorgio La Malfa. Uno degli interventi più attesi è quello di Arturo Parisi, ministro della Difesa all'epoca del confronto per la cessione dell'enorme patrimonio di beni e aree della Marina e del Demanio statale. Processo determinante per l'industria delle vacanze nell'arcipelago, ma fino a oggi completato solo in parte dalle amministrazioni avvicendatisi alla guida di tutte le istituzioni e gli enti interessati dopo la caduta di Prodi e del suo governo.  Com'è stato sottolineato da più parti in questi giorni, adesso la sessione seminariale della Maddalena potrà forse riscaldare l'atmosfera di gelo che ancora contrappone per certi versi l'Occidente all'Iran. E allo stesso tempo incoraggiare il dialogo tra palestinesi e israeliani, oltre che eventuali negoziati con gli stessi delegati del regime di Teheran. I «dietro le quinte», sotto questo profilo, molto spesso si rivelano infatti più efficaci degli incontri ufficiali. E può darsi che in questo clima di aperture e minori frizioni risulti più chiaro, alla luce degli ultimi avvenimenti che hanno avuto La Maddalena come epicentro, proprio il ruolo chiave dell'arcipelago sardo. Soprattutto in tante storie rimaste finora sotto traccia

 

Il risveglio dei grandi forti cadorini, non solo il Rite - Dopo i lavori a Tudaio, Vidal e Monte Ricco, ora Pian dell'Antro

Corriere delle Alpi - 2 luglio 2011 di Walter Musizza Giovanni De Donà

Allorché venne aperto il Museo del monte Rite, quasi 10 anni fa, noi avanzammo interesse, pur unito a qualche dubbio, sul valore di quello che ritenevamo un fatto altamente "destabilizzante". Giudicavamo infatti l'iniziativa di Messner altamente innovativa e rivoluzionaria nei confronti di consolidati schemi pregiudiziali, davvero duri a morire, in particolare tutte quelle prevenzioni che più o meno recitano così: il rispetto per la montagna è incompatibile con gli affari, flussi rilevanti di escursionisti attentano a quanto rimane della verginità dolomitica, arte e poesia, se "non dant panem" in pianura, ancora meno lo possono fare ad alta quota... Non era nostra intenzione discutere della "sostenibilità" filologica e storica di quanto realizzato dal grande alpinista a 2200 metri di quota, ma ci limitavamo ad un dato di fatto: il forte del Rite era comunque ritornato a nuova vita, pur lontana dagli intendimenti politici, militari e strategici che ne avevano sotteso concezione e realizzazione nell'Italietta ambiziosa del primo '900. Il forte non era rinato con i suoi cannoni e le sue cupole corazzate, non si proponeva quale documento di "archeologia" ossidionale, come forse sarebbe risultato caro a noi e a tanti altri appassionati di reperti della Grande Guerra. Ma, che piacesse o no, esso s'imponeva quale meta interessante e conosciuta anche al di fuori dei confini nazionali e richiamava comunque turisti in un luogo di alta valenza architettonica e strategica. E allora ci chiedevamo: il Rite potrà risultare trainante per gli altri forti cadorini, simili ad esso e di esso coevi? Per cui sorgeva legittima la domanda: perché non fare la stessa cosa con il Tudaio, il Vidal, o magari il Miaron o Monte Ricco? Messner aveva detto con molta saggezza al convegno di Pieve del 28 giugno 2002: non bisogna mai copiare un'iniziativa "in toto", ma casomai prendere spunto per qualche aspetto, in qualche preciso settore, fermo restando che ogni territorio possiede la sua specificità, il suo patrimonio di risorse uniche ed irripetibili. Non si tratta quindi di riproporre su altri monti e in altri forti l'esperienza del Rite. Il problema è invece un altro: possiamo noi sfruttare, e magari migliorare, l'idea del Rite in altri contesti? Posso partire dallo scheletro di un poderoso forte per riconvertirlo in un progetto di attrattiva turistica? Potrebbe trattarsi di un museo dedicato ad aspetti di vita cadorina di ieri e di oggi, ma anche di qualcosa d'altro: osservatorio astronomico, palestra di roccia, centro naturalistico.... Ecco, a distanza di quasi 10 anni possiamo dire che qualcosa è cambiato o almeno sta cambiando in Cadore: il Tudaio e il Vidal hanno avuto una valorizzazione, anche con piani Interreg, Monte Ricco ha goduto di un poderoso restauro, ed ora pure Pian dell'Antro sembra risvegliarsi. La manifestazione che si terrà al suo interno il 3 luglio, con tanti figuranti in divisa pronti a riprodurre fedelmente vari aspetti della vita militare di un secolo fa, è un'autentica dimostrazione che la vera storia sa attrarre interessi culturali e flussi turistici. Se poi il secondo passo sarà quello del recupero scientifico del manufatto, potremo dire di aver raggiunto il massimo, superando il risultato stesso di chi ha dato il primo input, ovvero il Rite stesso. E non dimentichiamo mai che il forte di Pian dell'Antro fu il fratello maggiore del Rite e che quest'ultimo risultò essere la sua naturale integrazione.

 

Forte Poerio rinasce grazie alle associazioni

La Nuova Venezia - 28 giugno 2011

MIRA. Forte Poerio, laboratorio di integrazione tra uomo e natura. Se ne parlerà stasera alle 21 al centro civico di Oriago, in via Lago di Misurina. A lanciare il recupero delle strutture del 1909 (di proprietà del Comune) sono la coop Primavera, l'associazione Averikò, Legambiente e Mira Gas. «Rispetto alle proposte presentate in passato - spiega Sandro Mazzariol per gli organizzatori - e naufragate per vari motivi, ci riproviamo con una proposta che si integri con i progetti già presenti e che coinvolga le realtà associative. Nel nostro progetto abbiamo previsti spazi dedicati a momenti ricreativi per le famiglie e i giovani, con aree per i picnic domenicali e per gli spettacoli culturali serali, attrezzature sportive e un punto ristoro. E' stata individuata un'area dove creare una piccola fattoria didattica in grado di proporre nuovi modi di coltivare rispettosi dell'ambiente. Saranno create piccole zone di bosco di pianura e il ripristino del fossato con uno stagno dedicato alla biodiversità». (a.ab.)

 

L’Unità d’Italia fa il pienone

La Gazzetta di Mantova - 21 giugno 2011

BORGOFORTE L’Unità richiama il pienone. Si è svolto venerdì, nella suggestiva cornice del Forte Magnaguti, organizzata dall'orchestra della scuola primaria di Borgoforte, il compleanno per i 150 anni dell'Unità d'Italia, a cui hanno partecipato circa 300 persone. Mentre l'orchestra si esibiva rappresentando per intero l'inno di Mameli, tra il silenzio e l'emozione del pubblico é stato issato il tricolore alla presenza delle varie rappresentanze istituzionali. La serata, é stata organizzata dalla scuola primaria di Borgoforte ed ha visto protagonisti gli studenti, gli insegnanti e alcuni genitori che, quali componenti di una vera e propria orchestra con tanto di coro, ha ripercorso la storia d'Italia con filmati, racconti storici e musica dei nostri più illustri maestri. In musica l'orchestra ha rappresentato anche un viaggio tra le regioni d'Italia terminato con un brindisi tra tutti e un “buon Compleanno Italia”. Nei locali del Forte é stata esposta una mostra su tema dell'Unità d'Italia. (m.p)

 

Forte Boccea, no dei cittadini alla cementificazione dell’area

Quotidianocasa.it - martedì 21 giugno 2011

Che fine fanno gli arsenali militari che il Ministero della difesa cede alle amministrazioni comunali? Un esempio viene dalla vicenda di Forte Boccea, a Roma. Non appena entrato nella disponibilità del Comune, si è cambiato il Piano regolatore per fare diventare edificabile l'intera area

Braccio di ferro fra il Comune di Roma e i cittadini sulla destinazione d’uso di Forte Boccea. Come forse non tutti sanno esiste un protocollo d’intesa (giugno 2010) tra il Ministero della Difesa ed il Comune di Roma in base al quale Forte Boccea è entrato nella disponibilità della città di Roma insieme ad altre aree militari. Con la delibera n. 8 del 28-29 ottobre 2010 l’Amministrazione comunale ha modificato il Piano Regolatore Generale allo scopo di consentire la valorizzazione dell’area. La delibera ha però variato la destinazione del Piano Regolatore, cambiandola da “Servizi pubblici di livello urbano – Verde pubblico e servizi pubblici di livello locale” ad “Ambito di valorizzazione Città storica – E4”, in parole povere ha reso l’area edificabile.I cittadini però non ci stanno, in particolare quelli del Municipio 18°, e vogliono che l’area sia destinata a bene comune a disposizione di tutti. Per contrastare il progetto del Comune di Roma è nato il “COMITATO FORTE BOCCEA BENE COMUNE” che, insieme ad altre associazioni attive sul territorio, si è fatto promotore di un’informale consultazione popolare, distribuendo ai cittadini un questionario sull’argomento.

Per fare conoscere i primi risultati dei questionari è stato organizzato per giovedì 23 giugno 2011, ore 11,30 un evento davanti al Forte Boccea. Finora sono stati distribuiti oltre 2000 questionari e sono state raccolte le firme dei cittadini contrari alla decisione del Comune di Roma. «L’intento dichiarato del Comitato “Forte Boccea Bene Comune”, che raccoglie associazioni e singoli cittadini del XVIII Municipio di Roma, è – si legge in un comunicato – di impedire cementificazioni nell’area del Forte Boccea che dal giugno 2010 è entrato nelle disponibilità della città di Roma insieme ad altre aree militari. E’ inoltre intenzione del comitato adoperarsi, collaborando con tutti, affinché si trovi la migliore soluzione per l’utilizzo di questa preziosa aerea a favore del massimo bene comune concretamente realizzabile».

 

Mira, oggi a villa Widmann e a forte Poerio si discute di giovani e impresa futura

La Nuova Venezia - 18 giugno 2011

MIRA. Oggi dalle 16.30 al Forte Poerio e in Villa Widmann si terrà il convegno «Giovani e Impresa del Futuro». Il programma prevede alle 16.30 il ritrovo a Forte Poerio per la presentazione del Progetto Casa Futura, prototipo di abitazione ad alto contenuto tecnologico e risparmio energetico realizzato dal Consorzio Casa Artigiana con l'associazione Artigiani. Alle 17.30 ci si sposterà verso Villa Widmann per il convegno cui interverrà come relatore Stefano Miceli, professore di Economia e Gestione delle imprese a Cà Foscari e autore del volume «Futuro artigiano. L'innovazione nelle mani degli italiani». (g. pir.)

 

Apre Forte Bravetta parco della Resistenza

13 giugno 2011 — pagina 3 sezione: ROMA Repubblica

RINASCE il parco di Forte Bravetta. Durante il periodo fascista fu luogo di esecuzione delle sentenze di morte del tribunale speciale per la difesa dello Stato. Adesso, grazie all' intervento di riqualificazione del dipartimento Ambiente di Roma (costato 103mila euro) che ne ha permesso la riapertura, si accinge a diventare un polo storico - culturale e un simbolo per dire ' no' alla pena di morte e alla tortura. «Siamo lieti che, seppur a distanza di oltre due mesi dal nostro appello, il sindaco Alemanno abbia aperto ai cittadini il parco- hanno detto Paolo Masini, consigliere provinciale del Pd e Massimo Rendina, presidente dell' associazione partigiani - Il Forte Bravetta è un luogo simbolo della Resistenza romana».

 

Forte Boccea, i cittadini contro la speculazione edilizia

Nuovo Paese Sera - 13 giugno 2011

Forte BocceaIl comitato "Forte Boccea Bene Comune" si batte per evitare che l'area della struttura militare diventi edificabile - e porti ulteriori 3.000 residenti sul territorio - e per destinarla all'uso comune

Percorrendo la via Boccea, al Km 1 ci si imbatte nel Forte Boccea, una delle strutture militari costruite a Roma tra il 1877 e il 1891 allo scopo di garantire in maniera più agevole il controllo della neo capitale del Regno d’Italia. Negli anni il Forte Boccea è diventato un carcere militare, riuscendo anche ad “ospitare” al suo interno numerosi prigionieri politici. Tutto questo è rimasto immutato fino al 2005, quando il Forte viene dismesso. Nel 2009 il Governo decide di attuare un’opera di riqualificazione degli immobili appartenenti al Ministero della Difesa che insistono sul territorio nazionale: con la legge 191/2009, 15 siti disseminati sul territorio capitolino e appartenenti alla Difesa passano nelle mani del Comune di Roma. Tra questi rientra anche il Forte Boccea.

Il Forte ricopre un’area di ben sette ettari e mezzo, su un territorio, quello del Municipio XVIII e in particolare della via Boccea, particolarmente asfittico in termini di spazi sociali. Per cercare di capire meglio quello che sta accadendo intorno a questa struttura, abbiamo incontrato Gianna Filardi, capogruppo del Pd del Municipio XVIII la quale ci ha raccontato che: “Il consiglio comunale di Roma ha stabilito l’alienazione dell’immobile e ha effettuato delle modifiche al piano regolatore per consentirne la valorizzazione, rendendolo edificabile. Nel piano di riqualificazione rientrerebbero però la realizzazione di quattro palazzine con svariati appartamenti. Nel nostro quartiere 2.500-3.000 persone in più non sono tollerabili. Abbiamo votato con un ordine del giorno per ribadire il nostro no alla speculazione edilizia. Come stabilito dalla delibera comunale sulla partecipazione, il Comune dovrà aprire un tavolo di consultazione con i cittadini per decidere insieme l’utilizzo di quest’area. A tal proposito abbiamo invitato i cittadini del quartiere a riempire dei questionari affinché potessero esprimere la propria opinione sulla destinazione d’uso dell’immobile. Inoltre il 2 Giugno abbiamo organizzato una catena umana intorno al Forte per far sentire la nostra voce alle istituzioni”.

Al capogruppo Pd fa eco anche il consigliere Pio Zappaterreno, capogruppo di Federazione della Sinistra: “L’area è stata divisa in due: una di quattro ettari e mezzo destinata all'edilizia di stile e un’altra di tre ettari destinata a uso sociale. Sulla prima frazione di terreno c’è il progetto di realizzare una speculazione edilizia finalizzata esclusivamente ad uso abitativo che andrebbe ad affollare ulteriormente il quartiere. Per questo è nato un comitato, chiamato per l’appunto “Forte Boccea Bene Comune” il quale si sta battendo per prendere in gestione il Forte e destinarlo esclusivamente ad uso e consumo dei cittadini: lo spostamento del mercato di via Urbano II e la creazione di parcheggi auto e di capolinea dei Cotral”.

Ad oggi la situazione è questa. I cittadini di Boccea attendono le dovute risposte. Le domande al Municipio XVIII abbiamo provato a farle noi, ma dall’altra parte del telefono hanno preferito non rilasciare dichiarazioni in proposito. di Davide Liberatori

 

Comprare un castello in Sud Tirolo: le opportunità e le agenzie specializzate

Il Sole 24ore - 12 giugno 2011

Dopo alcuni anni di sostanziale stasi si apre il mercato immobiliare dei castelli del sud Tirolo. Ad oggi sono almeno dieci i castelli medievali in vendita nella provincia di Bolzano che, con le sue oltre 780 costruzioni antiche fra castelli, dimore nobiliari e ruderi, è tra le aree più ricche di fortificazioni della penisola. Si vende sul passaparola (la principale modalità d'informazione) ma alcuni si affidano ad agenzie immobiliari specializzate, ad annunci su importati quotidiani internazionali ed addirittura ad internet nella speranza di concludere un affare che spesso raggiunge cifre fra i 6 e i 20 milioni di euro. Non è però impossibile trovare, se si ha pazienza e passione, costruzioni di piccole dimensioni, anche parzialmente abitabili a cifre di gran lunga inferiori e che oscillano oggi, secondo il parere degli esperti, dai 200 mila al milione di euro.

«La nostra agenzia ora gestisce 4 grandi castelli nell'area di Appiano completi, come spesso accade, di tutti gli arredi. – spiega il titolare dell'agenzia immobiliare Dr Hans Meraner, Christoph Kofler, la cui famiglia era proprietaria fino al 2007 del castello Fragenstein. – Per quanto riguarda invece il mercato minore delle piccole fortezze e dei ruderi il discorso è diverso. Fino a 5-10 anni fa questo era un mercato relativamente florido ma ora le ulteriori strette della sovraintendenza sulle ristrutturazioni e i costi comunque elevati delle operazioni di restauro hanno notevolmente rallentato il mercato. Tuttavia, sebbene in questo momento non mi risulti esserci alcuna occasione di questo genere, in passato è vero che alcuni hanno usufruito di ottime opportunità»

Si tratta in tutti i casi di immobili dallo straordinario fascino le cui strutture ricordano le ambientazioni fiabesche tipiche dell'immaginario collettivo che ha origine dai testi dei fratelli Grimm e di Andersen. Arroccati, come castello di Salorno, su speroni di roccia inaccessibili o custodi di collezioni immense come quella di armi medievali di Castel Coira, adibiti a resort di lusso come Scholss Aichberg o a musei, i castelli del Tirolo, per la maggior parte visitabili, racchiudono fra le antiche mura tutto il mistero di un passato lontano.

Hanno spesso parchi di notevoli dimensioni e una lunga storia alle spalle. Presenti fino dagli albori del Sacro Romano Impero Germanico, i castelli del Tirolo svolgevano la funzione fondamentale di proteggere le vie commerciali e diplomatiche che univano l'Europa centrale con le ricche città della pianura padana. Molti gli imperatori che facevano tappa in queste fortezze nei frequenti viaggi verso l'Italia e molti furono gli scontri per il controllo di quest'area strategica. Ora queste residenze, che nei secoli hanno subito modifiche ed adeguamenti, sono spesso dimore di antiche famiglie (il 50% circa ha tuttora funzioni abitative) che, per ragioni ereditarie o di difficoltà finanziarie, sono disposte a disfarsene.

«La questione della vendita dei castelli è cosa complessa e che richiede molta discrezione – spiega il barone Philipp Hohenbühel, presidente del Südtiroler Burgeninsitut, l'associazione che oltre alla proprietà ed alla gestione diretta dei castelli di Totsburg e Taufers riunisce la gran parte dei proprietari dell'area. – Chi compra è spesso un appassionato, alle volte i cambi di proprietà si verificano all'interno della stessa famiglia ed è certo che la passione non basta. Ci vuole cultura, respiro lungo e solide basi finanziarie sebbene l'attenzione, ma anche la collaborazione, degli enti preposti alla tutela dei beni artistici ed architettonici sia consistente.»

 

Un anello difensivo per il turismo

La Voce del Popolo 9 giugno2011

Presentato in Municipio il progetto per il recupero del sistema di fortificazioni austroungariche

Le fortificazioni austroungariche sono parte integrante del ricco patrimonio storico, culturale e architettonico della Città di Pola. Una ricchezza che deve essere conservata, tutelata e messa a disposizione dei cittadini. A tale scopo l’amministrazione municipale ha elaborato un progetto dedicato al recupero del sistema di fortificazioni austroungariche dell’Istria meridionale, in passato linea di difesa del porto imperiale di Pola. Il progetto è stato presentato ieri dal vicesindaco, Fabrizio Radin, da Barbara Belić Raunić, dell’assessorato alla Pianificazione del territorio, e da Klara Udovičić, consulente per i Rapporti internazionali e i progetti della Città di Pola.
”Tra Pola e le località limitrofe il numero di fortificazioni e batterie di artiglieria risalenti al periodo austroungarico supera quota cinquanta”, ha affermato il vicesindaco, il quale ha ricordato che nel progetto di recupero e valorizzazione dei forti sono stati inclusi la Regione Istriana, il Museo archeologico e il Museo storico istriano di Pola, il Centro di Ricerche Storiche di Rovigno, la Sovrintendenza ai beni culturali, i Comitati di quartiere, l’Ente per il turismo della Città di Pola e diverse associazioni che in qualche modo sono collegate alle fortificazioni.
Ma prima bisogna essere proprietari
Elencate le principali fortificazioni e batterie di artiglieria (Zonchi, Punta Cristo, Monte Grasso, Munida, San Giorgio, Casoni Vecchi, Musil, Monvidal, San Michele, Bourguignon, Fisella, Stoia, Verudella, San Giovanni, Castion, Monte Turtian, Bradamante, Monte Castellier, Valmaggiore, Brioni Tegethoff, Brioni Minor e Forno) sparse tra Pola, Sichici, Dignano, Barbariga e le isole di Brioni, Barbara Belić Raunić ha spiegato che il sistema di fortificazioni del porto imperiale di Pola è stato costruito in diverse fasi a partire dai primi anni del XIX secolo. Se le prime costruzioni dovevano difendere il porto da un eventuale attacco dal mare, le successive sono state costruite per difendere la città da possibili attacchi via terra. Di conseguenza fu costruito un secondo anello di difesa all’altezza dell’odierna circonvallazione. Come ricordato precedentemente, altri punti di difesa furono eretti nelle zone limitrofe. Nel corso dell’esposizione, la rappresentante dell’assessorato ha sottolineato che, grazie alla smilitarizzazione, alcune costruzioni sono state cedute alla Città di Pola, altre sono invece di proprietà della Repubblica di Croazia e del ministero della Difesa. Di conseguenza, prima di procedere al loro recupero sarà necessario risolvere i nodi legati alla proprietà.
Un recupero a gradini
Oltre al restauro e alla rivitalizzazione degli edifici, il progetto prevede il recupero delle aree circostanti, la realizzazione di percorsi e piste ciclabili che colleghino una struttura all’altra. L’idea è dunque quella di trasformare le fortificazioni e le batterie di artiglieria austroungarica in una nuova offerta turistica.
Poiché la realizzazione di quanto descritto richiederà ingenti risorse finanziarie, di cui l’amministrazione municipale non dispone, il progetto sarà candidato a uno dei tanti programmi di finanziamento messi a disposizione dall’Unione Europea. “Uno di questi – ha rilevato Klara Udovičić – potrebbe essere il programma IPA-Adriatico”.
La consulente per i rapporti internazionali ha poi precisato che il progetto dovrebbe essere realizzato inCANSIGLIO. Giù la garitta. Con un colpo di benna che ha abbattuto il posto di sentinella all'ingresso dell'ex-caserma Nato "Bianchin", sono iniziati ieri a Pian Cansiglio i lavori di bonifica dell'area militare che fino agli anni '70 ospitava 9 rampe di lancio e un indefinito numero di missili terra - aria. «Riuscire a riaverla per usi civili è stata un'impresa quasi impossibile», ha detto il presidente della Provincia, Gianpaolo Bottacin.
Ieri nella sede di Veneto Agricoltura, che ha affidato l'appalto per la bonifica alla ditta E.Ma.Pri.Ce per conto della Regione Veneto (660 mila euro finanziati), si sono riuniti gli attori di una vicenda durata quasi trent'anni. Tanti ce ne sono voluti perchè il demanio militare si decidesse a cedere a quello civile ciò che ormai era diventato un rudere e soprattutto «una ferita aperta in un'oasi produttiva e naturalistica protetta anche a livello europeo», ha sostenuto l'amministratore di Veneto Agricoltura, Paolo Pizzolato.
Ma l'odissea, ripercorsa anche dall'allora amministratore di Veneto Agricoltura, Corrado Callegari e dal consigliere regionale Giovanni Furlanetto, è continuata tra ripetuti rimpalli tra il demanio militare e quello civile, fino a giungere, nel 2008 dopo due anni di battaglie, a soluzione, con la cessione del bene alla Regione in base al primo decreto Calderoli. «Il demanio voleva addirittura che lo pagassimo», ricorda Bottacin all'epoca consigliere regionale, «alla fine dopo altre vicissitudini, puntando sulla questione dell'amianto da bonificare ce l' hanno ceduto».
Effettuata la bonifica, la riqualificazione turistica dell'area passerà, oltre che per Veneto Agricoltura, anche per i Comuni dell'Alpago attraverso il Pati che si avvia all'ultima fase di approvazione e che conterrà anche il piano interventi. Il consigliere regionale Dario Bond ha rammentato il complesso iter tecnico-urbanistico percorso dalla seconda commissione in Regione: «Abbiamo modificato sia il Piano territoriale regionale che quello provinciale partendo dalle esigenze dei Comuni limitrofi all'area, riuscendo a sbloccare il Pati. Ora questo, il primo del Veneto, è diventato un piano urbanistico modificato dal basso che servirà da modello anche per gli altri». Ora, secondo Bond «va sciolto l'altro nodo, l'Albergo San Marco».
Alla "picconata" iniziale erano presenti Floriano De Pra, sindaco di Farra d'Alpago (il Comune dove si trova l'area smilitarizzata) e il sindaco di Tambre, Oscar Facchin, il Comune dirimpettaio dell'ex-caserma. «Grande sinergia tra gli enti e nessuna speculazione per un'operazione a tutela dell'ambiente e dei cittadini», ha affermato De Pra ricordando che il Cansiglio è un'importante zona che fa parte di un territorio ricco di risorse.
Apprezzamenti ribaditi anche da Facchin, che ha precisato che al momento oggi è in gioco solo la bonifica dell'area, «mentre per la sua rivalorizzazione si dovrà procedere assieme a tutti i soggetti della Piana affinchè ci sia una ricaduta positiva per tutto il territorio». Infine un'esortazione affinchè Veneto Agricoltura coinvolga in maniera sempre maggiore sul "che fare" in Cansiglio tali soggetti e i Comuni alpagoti. si distinte. In primo luogo sarà necessario realizzare un’analisi della situazione attuale. La fase successiva sarà, invece, dedicata alla stesura di uno studio sulla tutela dell’ambiente, alla pulizia delle aree circostanti e alla messa in sicurezza delle strutture per evitare e impedire l’ulteriore devastazione delle fortificazioni. Infine sarà necessario avviare una campagna d’informazione. A tale scopo è prevista la posa di diversi pannelli informativi, la creazione di un apposito sito internet e la distribuzione di brochure e cataloghi.
Intervenuto al termine dell’esposizione, Oriano Otočan, ha fornito ai responsabili del progetto alcuni interessanti suggerimenti in merito ai programmi e ai fondi strutturali dell’Unione Europa. L’assessore ha inoltre fornito il pieno appoggio della Regione Istriana, che sino a ora ha ottenuto dalla Commissione europea i fondi per la realizzazione di ben 140 progetti. Uno di questi simile a quello presentato ieri dalla Città di Pola. Si tratta del progetto di recupero e rivitalizzazione dell’entroterra istriano “Revitas”, grazie al quale è stato possibile restaurare il Castello Morosini-Grimani di Sanvincenti. L’intero paese di Piemonte d’Istria è stato invece recuperato attraverso il progetto “Redhill”.
Marko Mrđenović

 

Demolita l'ex base Nato in Cansiglio: sarà un museo

Da Il Corriere delle Alpi - 7 giugno 2011

CANSIGLIO. Giù la garitta. Con un colpo di benna che ha abbattuto il posto di sentinella all'ingresso dell'ex-caserma Nato "Bianchin", sono iniziati ieri a Pian Cansiglio i lavori di bonifica dell'area militare che fino agli anni '70 ospitava 9 rampe di lancio e un indefinito numero di missili terra - aria. «Riuscire a riaverla per usi civili è stata un'impresa quasi impossibile», ha detto il presidente della Provincia, Gianpaolo Bottacin.
Ieri nella sede di Veneto Agricoltura, che ha affidato l'appalto per la bonifica alla ditta E.Ma.Pri.Ce per conto della Regione Veneto (660 mila euro finanziati), si sono riuniti gli attori di una vicenda durata quasi trent'anni. Tanti ce ne sono voluti perchè il demanio militare si decidesse a cedere a quello civile ciò che ormai era diventato un rudere e soprattutto «una ferita aperta in un'oasi produttiva e naturalistica protetta anche a livello europeo», ha sostenuto l'amministratore di Veneto Agricoltura, Paolo Pizzolato.
Ma l'odissea, ripercorsa anche dall'allora amministratore di Veneto Agricoltura, Corrado Callegari e dal consigliere regionale Giovanni Furlanetto, è continuata tra ripetuti rimpalli tra il demanio militare e quello civile, fino a giungere, nel 2008 dopo due anni di battaglie, a soluzione, con la cessione del bene alla Regione in base al primo decreto Calderoli. «Il demanio voleva addirittura che lo pagassimo», ricorda Bottacin all'epoca consigliere regionale, «alla fine dopo altre vicissitudini, puntando sulla questione dell'amianto da bonificare ce l' hanno ceduto».
Effettuata la bonifica, la riqualificazione turistica dell'area passerà, oltre che per Veneto Agricoltura, anche per i Comuni dell'Alpago attraverso il Pati che si avvia all'ultima fase di approvazione e che conterrà anche il piano interventi. Il consigliere regionale Dario Bond ha rammentato il complesso iter tecnico-urbanistico percorso dalla seconda commissione in Regione: «Abbiamo modificato sia il Piano territoriale regionale che quello provinciale partendo dalle esigenze dei Comuni limitrofi all'area, riuscendo a sbloccare il Pati. Ora questo, il primo del Veneto, è diventato un piano urbanistico modificato dal basso che servirà da modello anche per gli altri». Ora, secondo Bond «va sciolto l'altro nodo, l'Albergo San Marco».
Alla "picconata" iniziale erano presenti Floriano De Pra, sindaco di Farra d'Alpago (il Comune dove si trova l'area smilitarizzata) e il sindaco di Tambre, Oscar Facchin, il Comune dirimpettaio dell'ex-caserma. «Grande sinergia tra gli enti e nessuna speculazione per un'operazione a tutela dell'ambiente e dei cittadini», ha affermato De Pra ricordando che il Cansiglio è un'importante zona che fa parte di un territorio ricco di risorse.
Apprezzamenti ribaditi anche da Facchin, che ha precisato che al momento oggi è in gioco solo la bonifica dell'area, «mentre per la sua rivalorizzazione si dovrà procedere assieme a tutti i soggetti della Piana affinchè ci sia una ricaduta positiva per tutto il territorio». Infine un'esortazione affinchè Veneto Agricoltura coinvolga in maniera sempre maggiore sul "che fare" in Cansiglio tali soggetti e i Comuni alpagoti. di Ezio Franceschini

 

Pola, fortificazioni austroungariche da restaurare

Il piccolo di Trieste - 6 giugno 2011

POLA L'amministrazione municipale ha presentato il progetto di recupero e rilancio del sistema di fortificazioni austroungariche nell'Istria Meridionale che in passato rappresentava la linea di...

L'amministrazione municipale ha presentato il progetto di recupero e rilancio del sistema di fortificazioni austroungariche nell'Istria Meridionale che in passato rappresentava la linea di difesa del porto imperiale. Tra Pola e le località limitrofe ci sono oltre 50 fortificazioni e batterie di artiglieria che si vorrebbe includere in un'offerta turistica del tutto nuova, incluse piste ciclabili che colleghino le varie strutture.
Il progetto è stato illustrato dal vice sindaco italiano Fabrizio Radin, da Barbara Raunic dell'Assessorato alla pianificazione del territorio e da Klara Udovicic, consulente per i rapporti internazionali e i progetti cittadini. «Nell'ambizioso progetto - spiega Radin - sono coinvolti il Museo archeologico dell'Istria, il Centro di ricerche storiche di Rovigno, la Sovrintendenza ai beni culturali, il Comitato di quartiere, l'Ente per il turismo e altre associazioni». Oltre al restauro degli edifici, il progetto prevede il recupero della aree circostanti. Dunque un progetto molto ambizioso e costoso. Tenuto conto che le casse municipali non dispongono delle necessarie risorse, si tenterà di attingere dai programmi di finanziamento messi a disposizione dall'Unione europea. Klara Udovicic ha parlato del programma Ipa-Adriatico. Ha aggiunto che il progetto sarà realizzato in tre fasi. La prima contempla l'analisi della situazione attuale, la seconda riguarderà la stesura di uno studio sull'impatto ambientale e l'avvio di una campagna d'informazione e infine i lavori veri e propri. Per il momento non si è parlato di termini anche perché il percorso burocratico si presenta alquanto tortuoso. Tra i vari ostacoli, i nodi legati alla proprietà delle fortificazioni. Alcune appartengono alla Città di Pola, altre al Ministero della difesa, su alcuni lotti sono intavolati anche cittadini privati difficilmente rintracciabili. Alcune di queste strutture sono entrate a pieno titolo nella storia e nella cultura della città e soprattutto nella memoria collettiva dei polesani: Zonchi, Punta Cristo, Monte Turtian, Fort Bourguignon, Munida, Monvidal, Valmaggiore, Bradamante e così avanti. (p.r.)

 

Festa in castello dal 3 al 5 giugno - In programma mostre, poesie, escursioni e musica

Messaggero veneto

RAGOGNA Torna a Ragogna la manifestazione Castello in fiore. Dal 3 al 5 giugno la splendida rocca medievale ospiterà la tre giorni organizzata dal Comune di Ragogna-assessorato a cultura e turismo, con il sostegno e il patrocinio della Provincia, della città di San Daniele e del Comune di Forgaria.

La manifestazione proporrà cultura, spettacoli, gastronomia, musica ed itinerari tematici alla scoperta del territorio. L’inaugurazione avrà luogo venerdì 3, alle 18,30, con la vernice della mostra di pittura e fotografia “Ispirazione natura” dell’artista tedesco Leo Hawranek, curata da Alessandra Minin e Daniela Zanella. Alle 21 si terrà “Dagli occhi al cuore”, serata con protagoniste immagini e poesie a cura di Bruno Zuliani, Luigina Lorenzini e Fernando Gerometta.

Sabato 4 alle 9,30 ci sarà un’escursione storica al campo trincerato imperiale sulle rive del Tagliamento lungo il nuovo sentiero tematico, alla riscoperta delle fortificazioni del 1918 (ritrovo in Località Tabine, tempo di percorrenza due ore e mezza, iscrizioni alla partenza, 15 euro comprensivi di pranzo a fine gita nella Trattoria Al vecjo traghet); alle 18 avrà luogo la presentazione del libro “Ragogna, un’oasi da scoprire nel cuore del Friuli” con proiezioni di fotografie del territorio e dibattito; alle 21 è in programma il concerto all’aperto “Ottoni inCanto” del gruppo Ottoni della Bassa Friulana. Domenica 5 altra escursione.


 

Quindici caserme al Comune Operazione da 2,5 miliardi di euro

La Repubblica - 4 giugno 2011

Quindici caserme al Comune Operazione da 2,5 miliardi di euroFirmato il protocollo tra Campidoglio e Difesa, che per ora continua ad avere a disposizione una decina di edifici. La superficie complessiva è di 82 ettari, la volumetria di un milione e mezzo di metri cubi. "Non si farà solo cassa ma anche interventi per le case"

Il Comune di Roma entra in possesso del più grande e importante "campo trincerato" d'Europa. Con il protocollo firmato oggi in Campidoglio tra Comune e ministero della Difesa, in totale sono 15 (anche se una decina per ora resteranno a disposizione della Difesa) per una superficie complessiva di 82 ettari e una volumetria complessiva di 1.500.000 metri cubi, gli immobili militari che passeranno al Comune e che, da quest'ultimo, verranno valorizzati e riutilizzati anche per aspetti sociali. La stima economica, a seguito della valorizzazione, è pari a circa 2,5 miliardi di euro.
In sostanza il ministero della Difesa promuove la costituzione di "fondi immobiliari di investimento" per valorizzare e vendere alcuni immobili militari attraverso accordi di programma con gli enti locali. In questo caso si tratta del Comune di Roma, al quale viene attribuito un importo di 600 milioni di euro, di cui 500 al commissario straordinario, attraverso l'operazione di valorizzazione di alcune strutture. La firma per protocollo di intesa è resa possibile in virtù della legge finanziaria 2009 che dava il via libera alla valorizzazione degli immobili militari.
Le strutture inserite nel programma sono: lo Stabilimento Militare materiali elettrici e di Precisione di via Guido Reni, la Direzione Magazzini del commissariato di via del Porto Fluviale, i Magazzini A.M. di via Papareschi, il Forte Boccea, la Caserma Donato di via del Trullo, i Magazzini del Genio, le Caserme Gandin (di via di Pietralata), Medici (di via Sforza), Piccinini (di via Casilina), Ruffo (di via Tiburtina), Nazario Sauro (di via Lepanto), Ulivelli (di via Trionfale), lo stabilimento Trasmissioni di viale Angelico, l'ex caserma Reali equipaggi in via Sant'Andrea delle Fratte e l'ex convento di Santa Teresa in via San Francesco di Sales.
Di queste quindici strutture le prime quattro sono disponibili da subito, mentre le altre lo saranno "gradualmente - ha detto il ministro della Difesa Ignazio La Russa - con un costo di poco inferiore ai 200 milioni di euro, necessario per riallocare le attività che ci sono in questi undici che sono parzialmente occupati". Con questa operazione il Comune di Roma è venuto in possesso anche di Forte Boccea, Forte Trionfale, Forte Tiburtino e Forte Pietralata, stimati in tutto 770.000.000 euro.
Il programma operativo, che dovrà essere completato entro un anno, prevede diversi step: l'individuazione da parte del ministero degli immobili oggetto della valorizzazione; il Comune e la Difesa accerteranno in via preliminare per ciascun immobile, con la soprintendenza per i beni architettonici e del paesaggio di Roma, le condizioni per l'espressione di un parere favorevole sul progetto urbanistico; il Comune, in coerenza con le previsioni del Piano regolatore generale 2008, definirà l'edificabilità complessiva, le destinazioni d'uso e i vincoli per ciascun immobile; il ministero verificherà la coerenza di queste decisioni con gli obiettivi di valorizzazione degli immobili stilando un elenco finale che costituisce "il piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari"; il Comune, con deliberazione del Consiglio comunale, approverà il protocollo d'intesa e l'accordo di programma del "piano", adottando le varianti allo strumento urbanistico generale; pubblicazioni, osservazioni e controdeduzioni; progettazione definitiva; conferenze di servizi indette dl ministero; sottoscrizioni degli accordi di programma, uno per ciascun immobile; trasferimento dei beni dal ministero al fondo immobiliare.
L'iter del Campidoglio per la valorizzazione e la vendita di questi immobili inizierà con l'adozione di una variante al prg, rimuovendo la destinazione a "servizio pubblico" e attribuendo una nuova destinazione urbanistica, coerente con gli indirizzi del prg. Con l'adozione della nuova destinazione urbanistica da parte del consiglio comunale si sviluppa, parallelamente al processo di approvazione della variante, la definizione finale delle destinazioni d'uso. Durante la progettazione urbanistica attuativa troveranno spazio anche le istanze di cittadini, comitati e associazioni. Inoltre verrà verificato con la direzione regionale ai beni culturali e le soprintendenze competenti che gli scenari di trasformazione e valorizzazione siano coerenti con la salvaguardia dei beni tutelati. Infine la progettazione attuativa si concluderà in coincidenza con l'approvazione definitiva della variante in modo da potere essere approvata nella conferenza dei servizi in conformità al prg.
"Questo percorso è iniziato nemmeno un anno fa - ha commentato La Russa - e si avvia a una conclusione rapida se è vero, come è vero, che il Comune ci garantisce che in pochi mesi si possa completare tutto l'iter. E' una vittoria dell'interesse generale, di Roma capitale sui piccoli egoismi, una vittoria che conforta la tesi di una necessaria e realizzata sinergia tra gli Enti locali e lo Stato". Il ministro non ha nascosto la ricaduta positiva dell'operazione anche per la difesa, in particolare per i militari: "Gli introiti che deriveranno da questa operazione ammoderneranno le infrastrutture esistenti su Roma e consentiranno un allargamento di quelle abitative che sono sempre più necessarie quando si fa riferimento a militari professionisti e volontari, che operano lontano dalle loro famiglie e hanno bisogno di alloggi, perché sono soggetti a continui trasferimenti". Un aspetto approfondito dall'assessore capitolino al Patrimonio e alla Casa, Alfredo Antoniozzi: "La valorizzazione di questi immobili consentirà non solo di fare cassa ma anche interventi per le case, di housing sociale in particolare per quanto riguarda il mondo militare e delle forze di polizia".
Per il sindaco Alemanno si tratta "di un avvenimento storico per la nostra città. Dopo un'attesa trentennale finalmente si sblocca la vicenda delle caserme dismesse e del patrimonio della Difesa a Roma e si sblocca con un vantaggio per la città, tra l'altro anche i 600 milioni di questa finanziaria arrivano attraverso questo fondo immobiliare. Attraverso questo atto fondamentale potremmo partire con la variante al prg in modo che le aree dismesse divengano un grande volano per la trasformazione di Roma, pensiamo ai forti che sono il punto di congiunzione tra aree dismesse e periferie e possono essere dei grandi volani per la riqualificazione delle periferie".

 

 

Forte di Montericco: lavori nel 2012 - «Il bando del secondo stralcio indetto presto. Interventi in primavera»

Corriere delle Alpi - 3 giugno 2011

PIEVE DI CADORE. Il sindaco di Pieve Maria Antonia Ciotti, è stato il cicerone ideale, sabato, nella prima visita settimanale al Forte di Montericco. I forti sul Colle di Montericco sono due: batteria Castello, dove si trova il laboratorio d'arte del pittore scultore Romano Tabacchi ed il Forte vero e proprio, che com'è noto, è stato oggetto di un'opera di restauro e di recupero architettonico molto importante ed ancora non conclusa, perché sinora è stato portato a compimento solo il primo stralcio. Le persone che si sono presentate al luogo di raccolta per questa prima uscita, sono state 30, tra queste anche alcune provenienti da Cortina. Fatto questo che ha rallegrato il primo cittadino di Pieve. Molte più del previsto e per questo sono stati necessari tre viaggi della navetta messa a disposizione dal Circolo Auser su richiesta dell'amministrazione comunale. La strada che collega Piazza Tiziano con la struttura recuperata, passa per la Borgata Arsenale ed è ancora per grande parte quella storica, realizzata ancora prima dell'800, quando fu necessario allargarla per costruire, sui ruderi dell'antico castello di Pieve i nuovi forti.

Lungo questo viale, una volta calpestato dagli zoccoli dei cavalLi, ci sono dei faggi secolari, anch'essi, come i due forti sottoposti ai vincoli della Soprintendenza ai beni ambientali e architettonici. La strada attualmente è a traffico limitato, proprio per salvaguardare sia il bosco che le fortificazioni. «Dobbiamo averne tutta la cura possibile», spiega il sindaco salendo verso i forti «Già con il transito dei camion per il trasporto del materiale dei restauri, la strada ha subito dei danni piuttosto pesanti. Noi vogliamo che il forte del Montericco divenga un punto di riferimento ambientale e culturale per tutto il Centro Cadore. Insieme alla Regione ed alla Magnifica Comunità stiamo lavorando in questo senso». La visita ha riguardato la parte ristrutturata, meno la scala in vetro, che porta al piano inferiore perché non è ancora illuminata. La comitiva ha visitato anche la "Caponiera" dove si trova la stanza più bassa del forte, che dà sul fossato. I visitatori, ringraziando il sindaco per l'opportunità loro offerta, al termine della visita erano piuttosto soddisfatti e si sono ripromessi di ritornare quando la struttura sarà a regime. Intanto, per tutto il mese di giugno, tempo permettendo la visita sarà ripetuta con le stesse modalità. L'occasione è servita al sindaco per annunciare che tra poche settimane inizierà il secondo stralcio, del quale è già stata avviata la fase preparatoria. «Il bando di gara per l'appalto dei lavori, dal costo previsto in circa 500.000 euro», ha annunciato il sindaco Ciotti, «sarà indetto al più presto, per poi iniziare i lavori in primavera». Il secondo stralcio dovrebbe essere pronto entro il 2012. (v.d.)

 

 

Lo Stato pronto a regalare l'«argenteria»

Da Brescia oggi del 1 giugno 2011

FEDERALISMO DEMANIALE. Il decreto con l'elenco dei beni è stato trasmesso alle rappresentanze degli enti locali per il parere prima del passaggio alla fase operativa Pochi i pezzi pregiati, ma qualche Comune ha già un'idea di come potrebbe reimpiegare alcuni edifici

L'ex deposito militare carburanti di via Serbatoio a Montichiari - C'è di tutto in provincia nel «gran minestrone» dei beni patrimoniali di proprietà dello Stato che presto verranno messi a a disposizione degli enti locali intenzionati a rilevarli. Il provvedimento, meglio noto come federalismo demaniale, è stato definito all'inizio di maggio dal ministero dell'Economia e delle finanze; l'elenco dei beni, pubblicato sotto, è allegato ad un decreto del presidente del Consiglio che dovrà essere sottoposto all'esame della Conferenza unificata Stato-Regioni-Province e Comuni. Esame, a dire il vero, già iniziato, ma le prime valutazioni degli enti locali raccontano di non poche perplessità, collegate anche alle tipologie dei beni disponibili.
L'incognita di fondo riguarda non solo quali beni verranni ceduti, ma l'effettivo interesse e di conseguenza il possibile reutilizzo degli immobili. Si tratta infatti di un pot-pourri di edifici, appartamenti, piccoli appezzamenti di terreni, ex poligoni di tiro, tratti di argine, pascoli, capannoni, rifugi anti-aereo della seconda guerra mondiali, resti di fortificazioni militari e anche un ex deposito carburanti militare a Montichiari. E anche di qualche pasticcio come, ad esempio, per un immobile di Leno del valore di quasi 800mila euro inserito erroneamente nell'elenco dei beni trasferibili poichè da anni è stato riscattato dai proprietari.
SCORRENDO RAPIDAMENTE le proprietà, in alta Valcamonica sono indicati tra i beni trasferibili il Forte di Corno d'Aola a Ponte di Legno, la strada militare che dalla località Ponte di Ferro a Temù conduce al rifugio Petit Pierre, sempre sul Corno d'Aola e, a Edolo, l'ex caseificio turnario di via Sala. La giunta edolese deciderà sul destino della struttura di via Sala solo dopo il passaggio di proprietà mentre le amministrazioni di Temù e Ponte di Legno non hanno ancora preso una decisione.
Per quanto attiene la ex mulattiera militare, va detto che gran parte di essa è già impiegata per raggiungere Valbione e il Corno, mentre del forte edificato all'inizio del secolo scorso per difendere il passo del Tonale, rimangono solo i resti di alcuni poderosi muraglioni.
In Valle Sabbia, a Roè Volciano ci sono due rifugi antiaereo della seconda guerra mondiale, ai Tormini e in Via delle casette e alcuni edifici lungo la ex ferrovia Brescia-Salò. Spiega il sindaco Emanuele Ronchi: «Per quanto riguarda i rifugi antiaereo sono una testimonianza importante del nostro passato, però il riutilizzo appare problematico. Ci interessano invece gli edifici lungo l'esx linea ferroviaria che sono poi quelli dello scalo merci. Durante la seconda guerra mondiale - ricorda il primo cittadino - arrivavano i convogli carichi di munizioni che venivano poi scaricate e trasportare in una polverirera vicina».
IL COMUNE è interessato a rilevare gli edifici e qualche idea l'ha già, anche se l'esiguità delle risorse comunali non autorizza a coltivare grandi sogni. «Uno degli edifici - ricorda il primo cittadino - è stato danneggiato dal terremoto del 2004 e non è stato fatto alcun intervento per sistermarlo; un altro invece è destinato dal nostro Pgt ad accogliere il servizio del 118 che ora si trova nel centro storico e crea qualche problema».
Per il resto, si ipotizzano interventi per la viabilità e impieghi anche in chiave sovracomunale. «Ma prima aspettiamo di avere a disposizione gli edifici» chiude con tono prudente il sindaco Ronchi.
Risalgono alla seconda guerra mondiale anche i ricoveri antiaereo di Gargnano, uno a Villa e l'altro nel capoluogo, sempre lungo la Gardesana.
Nel dibattito in paese, qualcuno aveva suggerito la loro trasformazione in un museo di storia locale, una testimonianza del passato arricchita magari con l'esposizione di reperti. Ma nulla di più, toccherà all'amministrazione valutare se e cosa farne quando lo Stato confermerà l'intenzione di sbarazzarsene. Sul piano normativo, la cessione dei beni statali sarà a titolo gratuito. Le Regioni e tutti gli altri enti locali che intendono acquisirli avranno 60 giorni di tempo dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale degli elenchi per presentare la domanda.
I beni non richiesti sono destinati a confluire in un patrimonio vincolato affidato all'Agenzia del demanio o all'amministrazione che ne cura la gestione, che provvede alla valorizzazione e alienazione degli stessi beni, d'intesa con le Regioni e gli enti interessati, sulla base di appositi accordi di programma o protocolli di intesa.

 

Cerese e il Forte sempre più vicini - A marzo pronta la pista ciclabile tra la Romana e strada del Corriere

29 maggio 2011 Gazzetta di Mantova

Progetto. In futuro il Comune interverrà anche in strada Streggia

 VIRGILIO. Le abitazioni sono state terminate, ora l'azienda, per rispettare l'accordo preso con il Comune, deve costruire la ciclabile che colleghi la zona di strada del Corriere con il centro di Cerese. Entro marzo.  L'opera, il cui valore si aggira attorno ai 250mila euro, non costerà nulla all'amministrazione comunale, in virtù del patto con l'azienda vincitrice dell'appalto per la lottizzazione C11 (nuove costruzioni di fronte al Toscano), che prevedeva appunto l'obbligo di creare una nuova ciclabile una volta terminati i lavori.  «Quest'opera - spiega il sindaco di Virgilio Alessandro Beduschi - ci permette di collegare il centro del paese con la zona di strada del Corriere, che fino ad oggi risultava isolata rispetto al resto del centro urbano». Ma non solo. Perché la nuova ciclopedonale aumenta il chilometraggio totale di piste per le due ruote del territorio comunale: in sostanza Cerese avrà, finalmente, una strada che porti all'inizio della tragitto che porta al Forte di Pietole.  «E' un passo importante - continua Beduschi - perché la ciclabile potrà essere uno strumento per introdurre a Virgilio quel turismo su due ruote che è tanto in voga negli ultimi anni, anche in molte zone limitrofe alla nostra».  Come a dire che l'obiettivo è portare al Forte napoleonico i tedeschi che trascorrono le vacanze sul Garda.  «Sì - ammette Beduschi - il sistema turistico mantovano è legato indissolubilmente al Garda e abbiamo avviato dei contatti per promuovere anche il nostro territorio». Progetti condivisi per far in modo che i visitatori di Verona, ad esempio, oltre all'ormai tradizionale mezza giornata per visitare i monumenti di Mantovano, passino anche dalla terra che ha dato i natali a Virgilio.  La nuova ciclabile, che è lunga poco meno di due chilometri, sarà pronta per marzo. Prima di quella data, però, l'amministrazione continuerà a lavorare intensamente per dare un nuovo aspetto sulla zona del Forte. Nelle scorse settimane decine di volontari hanno ripulito la zona della struttura, che diventerà un vero e proprio museo di storia. La Regione, poi, ha già stanziato i fondi per il Giardino letterario di Virgilio.  Un obiettivo è vicino: a ottobre - non va dimenticato - dovrebbe arrivare il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. di Vincenzo Corrado

 

Ex Base USAF di Monte Nardello: 30 anni dopo il ricordo di un sottufficiale americano
Da newx.it del 28 maggio 2011

Ex-Base USAF di Monte Nardello: un pezzo d’America nel cuore dell’Aspromonte. Dove italiani e americani vissero e lavorarono insieme per molti anni. La base serviva da ponte radio per le Forze Armate Americane, garantendo i collegamenti telefonici tra varie basi americani. Quindi niente radar o missili; come talvolta si è detto e scritto. Di quel periodo ci parla Jim Hoose (jhoose1@att.net) un exmilitare dell’USAF che adesso vive in Florida.

A Nardello, Jim era Sergente Maggiore. Ha vissuto in Italia per 5 anni: a Monte Paganella (TN) dal 1973 al 1976 e a Monte Cimone (MO) nel 1978/79. Ma anche in Corea del Sud, Olanda, Gran Bretagna, e Germania. Si è pensionato da Maresciallo nel 1990, dopo venti anni nell’Aviazione USA. Ora lavora come tecnico di rete cellulare per la Verizon Wireless, una compagnia telefonica. Questa intervista è stata possibile grazie al caro amico Roberto Praticò che mi ha aiutato nella traduzione.

In che periodo sei stato a Nardello?

Dal novembre 1976 al dicembre 1977.

Da quale comando in Italia dipendeva la base?

Comando Comunicazioni dell’Aviazione Militare USA, base di Aviano, 2176° Gruppo Comunicazioni. Per l’aspetto logistico, si andava in auto a Brindisi o alla base di Sigonella. Settimanalmente, un C130 arrivava all’aeroporto di Reggio da Aviano per rifornirci di materiale vario e pezzi di ricambio.

Quanti erano gli addetti? E che grado aveva il comandante?

25 aviatori; il Comandante era un Capitano (Ingegnere Elettronico).

Com’era la vita quotidiana?

Avevamo turni di 12 ore: dalle 7 alle 19 e dalle 19 alle 7. Eravamo tecnici radio e di generatori elettrici. C’erano un infermiere e due o tre persone in amministrazione. Per divertirci, avevamo video con film e show televisivi americani, il biliardo, tavolo da ping pong e un piccolo bar. Dischi per la musica e una biblioteca. Ciascuno di noi aveva grossi impianti hi-fi nelle nostre stanze. C’era una Sala delle Cene per tutti (purtroppo il cibo era americano preparato da cuochi italiani). Nessuna moglie era autorizzata a trasferirsi con noi.

Eravate collegati ad altre basi in Italia o all’estero?

C’era una connessione radio “tropo” (da punto a punto) da Nardello a Wheelus, in Libia, sino al 1970. Connetteva Wheelus al Sistema Europeo di Telefonia mobile. Il nostro collegamento partiva da Coltano, vicino Pisa, per Sigonella.

Sei in contatto con altri militari conosciuti in quell’anno?

No, ed è una vergogna: avevo grandi amici laggiù.

Quali erano i rapporti con gli abitanti di Gambarie e Santo Stefano?

Buoni. Parlavo un po’ d’italiano, anche se il dialetto era diverso da quello trentino. Siccome stavamo sempre alla base, era difficile fare amicizia. Poche militari portavano le mogli con sé a fare spese. In genere vivevano a Santo Stefano o a Gambarie. Gambarie era carina e accogliente. Ci fermavamo per il bar o la trattoria.

Quanti italiani lavoravano?

C’erano 15 italiani. Si occupavano del garage (avevamo 4 o 5 veicoli più lo spazzaneve). Lavoravano anche nella centrale di energia (producevamo la nostra energia con generatori) e nella sala cucine. Eravamo sempre assieme e abbiamo passato un buon periodo con loro. Tonino Nocera

 

A piedi dal Tirreno all'Adriatico il viaggio è sulla Linea Gotica

Repubblica - 27 maggio 2011

Una guida storica per accompagnare gli appassionati di trekking lungo i 350 chilometri dello sbarramento difensivo che i tedeschi innalzarono contro le armate alleate

di LUCA SANCINI
Un vero e proprio viaggio nella Storia, quella più vicina a noi, da fare a piedi dal Tirreno all’Adriatico inseguendo storia e memoria. Incamminandosi sulle tracce delle trincee più famose della seconda guerra mondiale in Italia: la Linea Gotica.

Duecentosettanta immagini, 24 mappe a corredo e 150 pagine per accompagnare chi lo vorrà, lungo i 350 chilometri dello sbarramento difensivo che Hitler e i suoi generali avevano inventato come estremo baluardo a sud contro l’arrivo delle armate alleate. Gli autori di “Sulle tracce della Linea Gotica” (Fusta Editore) sono Vito Paticchia, storico e responsabile del “Progetto Linea Gotica” da tempo portato avanti dall’Istituto Beni Culturali e dalla Regione, e Marco Boglione, studioso di fortificazioni e architettura militare.

Un connubio che ha permesso di unire, con contaminazione felice, il gusto e la professionalità per la ricerca storica di Paticchia, alla meticolosità di Boglione nel ricostruire trincee, camminamenti e bunker, i luoghi della guerra.

E’ dunque un libro che accompagnerà il lettore lungo crinali e argini, che ancora oggi sono memoria viva dei combattimenti, dei lutti, delle vicende umane e militari che lì si svolsero. Il percorso si snoda in diciotto tappe per un tracciato continuo da Cinquale sul Tirreno a Sant’Alberto di Ravenna sull’Adriatico, che però, come suggeriscono gli autori, può essere iniziato anche dai suoi punti-tappa.

E per ogni tappa i lettori troveranno una miriade di informazioni tratte da fonti d’archivio, a cui si aggiungono testimonianze anche inedite dei protagonisti di allora, ma soprattutto tempi di percorrenza e altitudine, suggerimenti per alloggi e ristorazione. La presentazione della guida è per domani (sabato) alle ore 11 all’Archiginnasio con Ivano Marescotti e gli autori.

 

 

Trincee e fortezze ripulite e visitabili con 6.5 milioni - Grazie a fondi statali ricostruiti 80 chilometri di percorsi e realizzati centri d'informazione. "Ora le sfide del mantenimento e promozione turistica"

Il Giornale di Vicenza - 26 maggio 2011

In sei anni sono stati spesi 6.5 milioni di euro, messi a disposizione dallo Stato, per ripristinare 80 chilometri di fronte tra trincee e fortezze della prima guerra mondiale e per creare dei centri visitatori, dei mini-musei, dove i turisti potranno far tappa prima di procedere alla scoperta della storia sugli Altopiani Vicentini tra dirupi e salite. Ieri a Palazzo Nievo si è tracciato il bilancio del progetto, ormai concluso, e per gettare le basi per il successivo con tre nodi da risolvere: mantenere e gestire il patrimonio e richiamare i turisti.

Bilancio. All'incontro voluto dal vice presidente della Provincia, Dino Secco, hanno partecipato, tra gli altri, i referenti della Comunità Montana, della Sopritendenza, l'onorevole Flavio Rodeghiero tra i fautori del progetto, i servizi forestali e le associazioni soprattutto di alpini che, a titolo gratuito, hanno prestato la loro manodopera. L'obiettivo è quello di permettere, soprattutto ai giovani, di ripercorrere quei percorsi dove si è scritta.

Tappe. Entro agosto saranno consegnati gli ultimi tratti di percorsi e inaugurati (è stato invitato il ministro per i Beni e le attività culturali, Giancarlo Galan) i centri visitatori, uno per ogni comunità montana. Ma per arrivare ai risultati importanti che sono stati sintetizzati ieri nella sala del consiglio di Palazzo Nievo, si è partiti da lontano. Sintetizza Dino Secco;" La legge del 2001 metteva a disposizione dei fondi, così le Comunità montane beriche (spettabile Reggenza dei Sette Comuni, Leogra - Timonchio, Alto Astico - Posina e Agno - Chiampo) e la provincia con la preziosa collaborazione Soprintendenza di Verona, hanno avviato l'elaborazione del "Progetto per la tutela e valorizzazione del patrimonio storico della prima guerra mondiale sugli altopiani vicentini". Nell'ottobre 2002 è stato approvato in sede di Conferenza di Servizi e quindi finanziato per 6.5 milioni di euro. I lavori sono iniziati nel 2005".

Risultati. Lavori che sono in gran parte terminati ed eseguiti "con la perizia di un archeologo persino dagli operai del servizio forestale", hanno sottolineato. "Operai che per eseguire gli interventi sul Pasubio hanno alloggiato per giorni al rifugio. Il materiale è stato portato tramite elicottero". Ma queste sono solo alcune delle difficoltà superate per riportare alla luce quei percorsi di storia da un gruppo numeroso di enti e associazioni che hanno dimostrato di saper lavorare in squadra. Mauro Passarin, conservatore Museo del Risorgimento e della Resistenza sintetizza:" Due gli interventi da segnalare. Primo. Sul Pasubio perchè frutto di un accordo con la provincia di Trento che ha co-finanziato il nostro progetto con 100 mila euro. Secondo. Il delicato lavoro per il recupero delle fortezze". E adesso? Il rischio che l'incuria e il tempo possano rimangiarsi tutto è dietro l'angolo. Sottolinea Secco:" Di qui la necessità di presentare a fine estate un nuovo accordo di programma per ottenere altri fondi che consentano di mantenere e gestire il patrimonio, magari affidando lo stesso alle associazioni". E gli alpini si sono detti disponibili a fronte di un minimo riconoscimento per le spese vive, come quelle per gli spostamenti.

 

Forte Cosenz, la novità dei centri estivi - Dal 20 giugno al 2 settembre, settanta euro a settimana: domani le iscrizioni

La Nuova Venezia - 24 maggio 2011

FAVARO. Centri estivi a Forte Cosenz. Il gioiellino militare si candida a diventare centro catalizzatore di iniziative di diverso tenore, dalle feste organizzate nelle varie ricorrenze alle attività sociali. L'Ocrad, il Dopolavoro della Regione, non ha mai fatto mistero delle sue intenzioni di coinvolgere più persone possibile e di essere disposta a collaborare con la municipalità. Quest'anno per la prima volta il Dopolavoro ha deciso di lanciare, proprio all'interno della struttura del campo trincerato di Mestre- per la quale non è ancora predisposto il passaggio al Comune dal Demanio militare - i centri estivi. Saranno gestiti e organizzati da animatori della cooperativa sociale La Traccia di San Donà, che ha già presentato un progetto con il filo conduttore«Il Castello volante di Arcy» e che accompagnerà i piccoli dall'inizio alla fine. I centri sono rivolti ai bambini dai 6 ai 13 anni, dunque che frequentano le elementari e le medie: copriranno l'arco di tempo che coincide con la chiusura delle scuole, vale a dire dal 20 giugno al 2 settembre, per facilitare i genitori che lavorano e che non hanno parenti ai quali affidare i figli.

Al forte i ragazzi verranno ospitati dalle 8 alle 18 e avranno a disposizione un grande spazio verde dove giocare, un campo da calcio, strutture per attività e, di fronte, un enorme bosco: tutto ciò fa di forte Cosenz un luogo a dir poco speciale dove organizzare centri estivi e dove passare il pomeriggio, specialmente per chi abita in città e non ha la possibilità di giocare in giardino. Il costo a settimana per la frequenza (compreso di pasti, merende e assicurazione) è di 70 euro ed è possibile iscriversi di settimana in settimana a seconda del bisogno. Per il pagamento anticipato di almeno 3 settimane è prevista una riduzione del 10% mentre per i fratelli o le sorelle si paga il 30 per cento in meno. Il forte è aperto per le iscrizioni domani dalle 16 alle 18 (per informazioni chiamare la cooperativa La Traccia allo 0421-482027). Tra le diverse iniziative messe in campo dall'Ocrad, c'è anche un incontro in programma venerdì alle 18: il primario cardiologo dell'ospedale di Venezia terrà la presentazione di un corso che si svolgerà nei giorni successivi. Il titolo è «Un airbag per il cuore» e servirà alle persone per imparare a comportarsi nel caso un amico o famigliare fosse colpito da arresto cardiaco, quale massaggio praticare nell'attesa del 118. Dopo il corso sarà rilasciato un attestato a quanti hanno partecipato. di Marta Artico

 

Recupero castelli, stanziati 2 milioni

Il Secolo XIX - 23 maggio 2011

La Spezia - Dai castelli di Sarzana, Riomaggiore e Bonassola, alle fortificazioni della Lunigiana, passando dalla batteria “Chiodo” fino agli spazi museali di Lerici e ai siti archelogici di Maissana. Sono solo alcuni dei beni della nostra provincia, individuati dalla Giunta regionale, nell’ambito del programma ‘Liguria Heritage’ che saranno oggetto di una imponente opera di valorizzazione e promozione, grazie allo stanziamento complessivo di 2 milioni di euro su proposta dell’assessore regionale allo sviluppo economico, Renzo Guccinelli. In tutto 99 beni culturali delle quattro province liguri, di cui 21 nello Spezzino, già oggetto di restauro e conservazione per un ammontare complessivo di 61 milioni di euro, che usufruiranno delle risorse provenienti dai fondi comunitari del Por Fesr 2007 – 2013 e appositamente stanziate dalla Giunta regionale. «Mi pare – ha spiegato l’assessore allo sviluppo economico, Renzo Guccinelli –che Liguria Heritage sia un progetto molto innovativo sotto svariati aspetti. Innanzitutto programma la valorizzazione di siti storici non dopo ma contemporaneamente all’ azione di recupero, cosa che prima non si è mai fatta, con l’obiettivo di essere già attiva una volta finiti i restauri. L’iniziativa - continua l’assessore – rivolta ai turisti, ma anche ai cittadini liguri punta molto sulle tecnologie avanzate, soprattutto per mettere al centro il piacere della visita. Pensiamo a Liguria Heritage come ad un progetto di marketing culturale che mette al centro il “prodotto bene culturale” come oggetto di una fruizione divertente e interessante, che comincerà da casa, visitando il portale, e porterà sul posto, a vedere di persona».

 

Ex fortificazioni da restaurare

La Nuova Venezia - 22 maggio 2011

CAVALLINO. «Le ex fortificazioni militari di Cavallino-Treporti dovranno essere restaurate in tempo per rientrare di diritto nel circuito storico museale che comprenderà l'altipiano di Asiago e il Monte Grappa dove si terranno le celebrazioni in occasione del centenario della Grande Guerra».

Sbalordito l'assessore regionale al turismo Marino Finozzi nella sua ultima visita a Cavallino-Treporti per la concentrazione e la varietà di fortezze militari dismesse nel territorio del litorale che potrebbero godere dei fondi europei per 70 milioni da erogare alla Regione in occasione del centenario della Grande Guerra tra il 2015 e il 2018.

Il 14 giugno si festeggerà nell'ambito del Palio Remiero il centenario della caserma di Ca' Pasquali realizzata nel 1911 e ancora mai ristrutturata. «Il sistema difensivo di Cavallino-Treporti - ha spiegato lo storico Furio Lazzarini che ha fatto da guida assieme al presidente di Assocamping Armando Ballarin - giunse a comprendere alcune centinaia di edifici, tra cui batterie costiere, polveriere, torri telemetriche, caserme, depositi, bunker e manufatti per gran parte ancora esistenti.

Risalgono a diverse epoche storiche, partendo dal risorgimentale Forte Treporti della metà dell'Ottocento, alle batterie costiere edificate ai primordi del Novecento come la San Marco, la Vettor Pisani e la Radaelli, a quelle riconducibili alla Prima e Seconda guerra mondiale, come la Amalfi, la Batteria Nuova, che rendono davvero unico questo patrimonio immobiliare». La Regione avrà quindi l'occasione per trasformare le batterie militari e le torri telemetriche in risorse per attrarre il turismo storico-culturale, ritenuto strategico nel futuro. di Francesco Macaluso



 

«Forte Marghera, gestione a costo zero» - Area ai privati o autogestione pubblica? Orsoni: «Decideremo entro quest'estate

La Nuova Venezia - 22 maggio 2011

Come volevasi dimostrare: un gioiello naturalistico, architettonico e storico nel cuore di Mestre si può tenere aperto alla città sei giorni su sette, domenica compresa, e gestire attività ricreative e culturali a costo zero. Proprio così, se l'anno scorso sono stati spesi 100 mila euro per la manutenzione e LA guardiania dell'area circondata dalle mura del forte trincerato, quest'anno, a tutt'oggi, la spesa è zero. Merito della«autogestione consapevole» di pulizie, manutenzioni e sorveglianza che i volontari delle varie associazioni attive dentro il forte garantiscono senza chiedere nulla in cambio, se non di poter continuare a utilizzare gli spazi per iniziative creative, sociali, sportive, culturali e persino legate all'università. «Una prova più che evidente - secondo Pierangelo Pettenò, presidente di Marco Polo System, la società pubblica che gestisce Forte Marghera per conto del Comune, - che non c'è bisogno del projcet financing e di grandi gruppi privati come Impregilo per gestire questa meravigliosa struttura. Il volontariato, le associazioni e gli enti pubblici stanno dimostrando di poterla gestire in modo sostenibile, preservando nel tempo il suo vincolo pubblico».

Il sindaco Orsoni- che da assessore al Patrimonio ne gestì l'acquisto dal demanio militar - l'estate dell'anno scorso aveva promesso che entro settembre 2010 sarebbe stata decisa dalla Giuna comunale la sorte di Forte Marghera. Ma nulla è poi stato deciso. Due settimane fa Orsoni è tornato a far visita al forte e a Pierangelo Pettenò ha rifatto la promessa: «Prima della fine di quest'estate» si deciderà il futuro del forte più grande e più bello di Mestre, costruito nell'Ottocento e restituito alla città dal demanio militare appena quattro anni fa. Nelle mani del sindaco c'è un dettagliato di Marco Polo System sul riutilizzo del forte «con funzioni pubbliche e private e un forte ruolo di indirizzo del Comune». Per Pettenò questa sorta di autogestione è «un percorso alternativo all'idea di concedere il gioiellino come il forte a una società provata come Impregilo che propone di realizzare una non meglio precisata cittadella del bambino su 15 degli oltre 40 ettari dell'area». L'idea di Pettenò è condivisa da decine di associazioni e migliaia di cittadini che in primavera hanno firmato una petizione per difendere un «bene pubblico» come Forte Marghera. Resta il problema dei costosi interventi di recupero «fisico» dell'area verde e dei vecchi edifici militari, nonché la bonifica dei terreni e il marginamento dei 7 chilometri di sponde. «Ce la possiamo fare -dice Pettenò - puntando a finanziamenti europei, alla Legge Speciale e, per il marginamento delle sponde, al Magistrato alle Acque». di Gianni Favarato

 

Alla scoperta delle fortificazioni del Veronese - Il 17 maggio, alle 21, appuntamento con una conferenza al circolo ufficiali di Castelvecchio

Continua il ciclo di appuntamenti organizzati dal Comando delle Forze operative terrestri, in collaborazione con la Provincia e l’istituto storico architettura militare in occasione del 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia. Martedì 17 maggio, alle ore 21.00, al circolo ufficiali di Castelvecchio, l’architetto Fiorenzo Meneghelli, vicepresidente dell’Isam e ricercatore del Politecnico di Milano, presenterà la conferenza dal titolo “Il territorio fortificato veronese dagli Asburgo allo Stato Unitario”, un excursus su quello che è considerato un patrimonio storico, architettonico e ambientale tra i più importanti a livello nazionale ed europeo.

Un’interessante e avvincente illustrazione della zona del veronese compresa tra il lago di Garda, le Prealpi del Baldo e dei Lessini e i fiumi Adige e Mincio che, grazie alla sua ampia rete logistica militare costituita da caserme, opifici, magazzini militari, arsenali, polveriere, è stata da sempre centro strategico–militare di primaria importanza per il controllo dell’area padana e il suo collegamento con l’area germanica.
 

I forti storici? Grande risorsa

La Nuova Venezia 11 maggio 2011 — pagina 35 sezione: Provincia

CAVALLINO. La Regione domani mattina sarà in visita a Cavallino-Treporti per valutare le strategie di recupero con fondi europei dei forti militari della prima e seconda Guerra Mondiale. Una delegazione regionale, guidata dall’assessore al turismo Marino Finozzi e comprendente i funzionari Paolo Rosso e Max Siron, sarà in visita al camping Union Lido. Dalle 11.30 si svolgerà poi una visita guidata ad alcune ex-fortificazioni costiere del litorale, tra cui batterie costiere, polveriere, torri telemetriche, caserme, depositi, bunker, tutte costruzioni che - nel bene e nel male - hanno reso unico il paesaggio del Litorale nord. Dal Forte Treporti della metà dell’Ottocento, alle batterie costiere edificate ai primordi del Novecento come la San Marco, la Vettor Pisani, Radaelli, a quelle riconducibili alla Prima e Seconda guerra mondiale, Amalfi, Batteria Nuova. Nell’ottica del federalismo demaniale e per l’incentivazione e la valorizzazione di aree fino ad ora trascurate, la Regione ne andrà a valutare le potenzialità per poterle trasformare in importanti risorse per attrarre il turismo storico-culturale. Il programma prevede la visita guidata, curata dal ricercatore storico Furio Lazzarini e con l’assistenza di Armando Ballarin presidente dell’Assocamping, la presenza del sindaco Claudio Orazio e l’assessore al turismo Elisa Scarpa. Dalle 15 la delegazione incontrerà il presidente del Parco Turistico di Cavallino-Treporti, Paolo Bertolini. - Francesco Macaluso

 

Forte tirato a lucido Cittadini e boy scout volontari a Pietole

Gazzetta di Mantova - 05 maggio 2011

VIRGILIO. Una commissione formata da consiglieri e associazioni. Centinaia di cittadini pronti a tirare a lucido il forte di Pietole in vista dell'arrivo di Napolitano. Il Comune di Virgilio ha iniziato una corsa contro il tempo: entro ottobre, quando potrebbe arrivare il presidente della Repubblica, tutto dovrà essere pronto.  

Via erbacce e rifiuti. Struttura messa in sicurezza. E un comitato d'accoglienza di giovani pronti ad illustrare le bellezze comunali.  «L'idea - spiega il sindaco Alessandro Beduschi - è quella di coinvolgere la cittadinanza in un progetto di ampio respiro. Il nostro obiettivo è preparare il forte napoleonico entro pochi mesi. Non sarà un'impresa facile, ma c'è l'entusiasmo giusto e molti cittadini hanno già dato la loro disponibilitá a collaborare». Per fortuna, viene da dire, visto che i fondi comunali per i lavori di riqualificazione scarseggiano. Come a dire che in tempo di tagli agli enti locali, l'unica soluzione è supplire alla scarsità di risorse con il volontariato. Cittadinanza attiva.  

Già nei giorni scorsi è stato portato a termine il primo intervento. Decine di boy scout hanno ripulito la zona limitrofa del forte. «Diamo una mano volentieri - spiega Francesco Rondelli, 27 anni, uno dei capi scout di "Virgilio 4" -. Insieme all'amministrazione, oltre agli interventi di manutenzione dell'area, stiamo studiando un piano per metterla in sicurezza».  «Stiamo perfezionando l'acquisizione del Forte dal Demanio - spiega Beduschi - e per motivare questa scelta dobbiamo cominciare a valorizzarlo. Se tutto andrà bene, Virgilio potrà rientrare nell'iter che i turisti seguono quando vengono a visitare Mantova».  A breve verrà formata una commissione ad hoc: un consigliere comunale di maggioranza e uno di minoranza.

E poi un gruppo di cittadini che da tempo si interessano del destino della struttura napoleonica. Lo studente che ha scritto una tesi di laurea sui territori virgiliani, l'anziano che fará da memoria storica, i giovani che vogliono darsi da fare per valorizzare il proprio territorio. Una squadra numerosa e un countdown: tra sei mesi bisogna fare bella figura con il presidente della Repubblica.

 

Quattordici nuovi radar in Italia per le guerre N.A.T.O.

Da dioni.altervista.org di maggio 2011

Nuovi impianti radar per potenziare la rete operativa dell’Aeronautica militare italiana ed integrarla ancora di più nella catena di comando, controllo, comunicazione ed intelligence dell’Alleanza atlantica. Dodici sistemi Fixed Air Defence Radar (FADR) RAT31-DL sono stati commissionati alla Selex Sistemi Integrati, società del gruppo Finmeccanica, e sono in via d’installazione in altrettanti siti dell’AMI sparsi in tutta Italia. Ad essi si aggiungeranno anche due sistemi configurati nella versione mobile DADR (Deployable Air Defence Radar) che saranno consegnati entro il 2013.

“Si tratta di un progetto dall’alta valenza tecnica, importante per la sicurezza aerea nazionale e necessario per migliorare la nostra efficienza militare”, ha spiegato il generale Mario Renzo Ottone, comandante del COA, il Comando Operazioni Aeree nazionali e del Combined Air Operations Center della NATO, di stanza a Poggio Renatico (Ferrara). “Il FADR costituisce la struttura portante del programma con cui l’Aeronautica militare ha avviato la sostituzione dei propri sistemi di sorveglianza aerea per rendere disponibili le frequenze necessarie all’introduzione della nuova tecnologia Wi-MAX (Worldwide Interoperability for Microwave Access) di accesso internet ad alta velocità in modalità wireless”. Molto più espliciti sulle finalità belliche del nuovo sistema radar i manager della società produttrice. “Il RAT31-DL è stato sviluppato per rispondere ai futuri bisogni della difesa, dove la superiorità delle informazioni e dei comandi giocherà un ruolo sempre maggiore”, recita la brochure di Selex Sistemi Integrati. “Il sistema ha eccellenti capacità di scoprire e tracciare i segnali radio a bassa frequenza di aerei e missili, può supportare diverse funzioni come la difesa da missili anti-radiazione e da contromisure elettroniche. In Italia, il FADR consentirà di controllare anche la presenza dei missili balistici, comunicherà con gli altri punti di controllo nazionali e della NATO e apporterà grandi elementi di innovazione, tra cui un migliorato telecontrollo e telediagnosi, riducendo quindi la necessità di personale, con un occhio anche alla riduzione dei costi di gestione”.

Il primo impianto entrato in funzione è quello installato presso la 112^ Squadriglia RadarRemota di Mortara (Pavia). Si tratta di una stazione dell’Aeronautica che nel periodo di massima espansione – anni 50-60 - era arrivata a contare fino a 700 avieri (300 militari di leva e 400 in servizio permanente), ma che dopo il 1998 è stata drasticamente ridimensionata sino a ospitare oggi solo una trentina di militari. Gli altri undici radar RAT-31DL stanno per essere installati presso il centro meteorologico dell’Aeronautica di Borgo Sabotino (Latina), a Capo Mele - Savona (115^ Squadriglia Radar Remota), Crotone (132^ Squadriglia), Jacotenente - Foggia (131^ Squadriglia), Lame di Concordia - Venezia (13° Gruppo Radar GRAM), Lampedusa (134^ Squadriglia), Marsala (35° GRAM), Mezzogregorio – Siracusa (34° GRAM), Otranto (32° GRAM), Poggio Renatico (Comando Operazioni Aeree) e Potenza Picena – Massa Carrara (14° GRAM). Come per Mortara, alcune di queste stazioni radar erano state ridimensionate negli ultimi quindici anni.

Dal punto di vista prettamente tecnico, il Fixed Air Defence Radar (FADR) appartiene all’ultima generazione dei sistemi 3D a lungo raggio: ha una portata sino a 500 km di distanza e 30 km in altezza, una potenza media irradiante di 2,5 kW e una potenza dell’impulso irradiato di 84 kW. L’antenna opera in una frequenza compresa tra 1,2 e 1,4 GHz (L-band), all’interno dello spettro delle cosiddette “microonde”, le onde molto corte estremamente pericolose per l’uomo, la fauna e la flora. Il radar può essere controllato anche da centri posti a notevole distanza e la configurazione meccanica con cui è stato disegnato consente facilità di assemblaggio e smontaggio nei campi di battaglia. La progettazione e la costruzione delle torri radar e degli impianti ausiliari e l’installazione dei nuovi sistemi nelle dodici basi dell’Aeronautica è stata affidata alla Vitrociset S.p.A. di Roma, una delle maggiori aziende private operanti nel campo della sicurezza, pure vincitrice della gara per il sistema multiradar ARTAS di Eurocontrol, l’agenzia europea per il controllo aereo. Il nome di Vitrociset è stato per anni legato al nome del suo fondatore, Camillo Crociani, uno dei protagonisti dello scandalo delle tangenti per l’acquisto negli anni ‘70 dei velivoli C130 prodotti dalla statunitense Lockheed. Il pacchetto azionario della società è ancora oggi interamente controllato dalla vedova Edoarda Vessel Crociani con una presenza più che simbolica della holding Finmeccanica (1,4%). Presidente del consiglio di amministrazione è invece il generale Mario Arpino, capo di Stato Maggiore della difesa fino al 2001, direttore generale l’ammiraglio Lorenzo D’Onghia, amministratore delegato Antonio Bontempi, ex ad di Alenia Marconi Systems poi Selex Sistemi Integrati. Il radar RAT31-DL sta progressivamente conquistando sempre maggiore spazio nel mercato internazionale. Il sistema è stato sinora acquistato da nove paesi, sette dei quali membri della NATO, per un totale di 34 esemplari. Tra essi spiccano Germania, Grecia, Polonia, Repubblica Ceca, Turchia e Ungheria. Altri esemplari starebbero per essere ordinati dalle aeronautiche militari di Austria, Danimarca e Malesia. Una conferma che il business di guerra non consoce crisi. Fonte: http://straker-61.blogspot.com/2011/05/quattordici-nuovi-radar-in-italia-per.html

 

Mira, domani apre Casa futura Uno spazio tutto eco-sostenibile

La Nuova Venezia - 30 aprile 2011

MIRA. Questa mattina alle 11 al Forte Poerio in via Risorgimento sarà inaugurata «Casa Futura» il più avanzato esempio di edilizia biosostenibile e connessa alle energie rinnovabili nella provincia di Venezia. Il progetto, promosso dall'associazione Artigiani della Riviera e dal comune di Mira, ha visto la realizzazione di una costruzione di 110 metri quadri, disposta su due piani, che risponde ai parametri di classe «A» e che rappresenta l'avanguardia in termini di innovazione nel campo delle energie rinnovabili, del risparmio energetico e delle tecnologie di costruzione degli edifici. Il progetto è l'unico della Provincia e rappresenta un'esperienza originale nel mondo artigiano. Forte Poerio diventerà quindi, grazie al Casa Futura, un punto di riferimento per i cittadini sul versante delle fonti rinnovabili e della bioedilizia. (g.pir.)

 

Lido, ruspe su forte Quattro Fontane per il palaCinema

La Nuova Venezia - 29 aprile 2011

La foto dei comitati: le ruspe distruggono uno storico forte della Serenissima - La ruspa su forte Quattro Fontane (clicca per ingrandire) La ruspa su forte Quattro Fontane

VENEZIA. Dopo l'allarme dei comitati lidensi e la diffida inviata dall'avvocato Mario D'Elia alla Soprintendenza archeologica, i residenti sono finalmente riusciti a "immortalare" la distruzione di ciò che resta del forte Quattro Fontane all'interno dello scavo per l'edificazione del nuovo palazzo del cinema.

Ecco quindi alcune ruspe, posate sopra i resti del forte della Serenissima, il più grande e imponente di cui era dotata Venezia per le sue difese, nella fase dei lavori.

Ad accompagnare le immagini, lo scoramento dei residenti per la perdita di questi elementi storici della loro isola.

 

 

 

 

 

 

Ruspe sui resti del Forte al Lido Diffida alla Soprintendenza

La Nuova Venezia - 28 aprile 2011

Ruspe sui resti del Forte al Lido Diffida alla Soprintendenza  «Le ruspe stanno facendo a pezzi i resti del forte austriaco ottocentesco».

Nuovo allarme dei comitati sui lavori in corso al Lido. E ieri l'avvocato Mario d'Elia ha inviato una diffida alla Soprintendenza archeologica.

«Vorrei sapere», scrive il legale, «se sono state rispettate le procedure di legge, cioè se il bene sia stato valutato e fotografato e definito di nessun interesse archeologico. In caso contrario chiedo siano presi dei provvedimenti».

Per realizzare le fondamenta del nuovo palazzo in cemento armato, le ruspe dell'impresa Sacaim, autorizzate dal commissario Spaziante, stanno scavando a grandi profondità.

Dopo le tante fermate dovute al ritrovamento di amianto adesso i lavori sono ripresi. Ma le polemiche vanno avanti. Il nuovo palaCinema doveva essere pronto per il 150esimo dell'Unità d'Italia, festeggiato nel marzo scorso. (a.v.)

PalaCinema, amianto nel cratere ma anche i resti dei forti austriaci

La Nuova Venezia - 22 aprile 2011

LIDO. Resti del forte ottocentesco delle Quattro Fontane e del sistema difensivo austriaco.

E ben visibili gli archi alla base dell'antica Blockhaus, su cui venne edificato negli anni Trenta il palazzo del Cinema. Reperti archeologici di un certo interesse emergono dai grandi scavi per il nuovo palazzo del Cinema al Lido.  Scavi di nuovo interrotti perché nel grande cratere della Sacaim sarebbero state trovate in profondità nuove tracce di amianto.

Nuovi ritardi che rendono sempre più problematica la realizzazione del contestato palaCinema che doveva essere pronto per il 150esimo dell'Unità d'Italia. «Chiediamo che si rinunci a questo progetto, che non serve a nessuno», insistono gli esponenti dei comitati, «la Biennale ha già impegnato milioni di euro per restaurare il vecchio palazzo del Cinema. Quello per loro è sufficiente». Ma il progetto va avanti. E nonostante il 150esimo sia ormai passato, il commissario Vincenzo Spaziante ha mantenuto i poteri straordinari della Protezione civile. E i progetti del Lido vengono approvati con le procedure speciali.  

Intanto emergono dal sottosuolo preziose testimonianze di due secoli fa. «Reperti di un certo valore», dice la storica Daniela Milani Vianello, «facciamo appello a tutti perché l'attenzione su queste cose rimanga alta». La situazione di oggi, ricorda la Vianello, è molto simile a quella degli anni Trenta. Procedure speciali e iter affidati a un commissario straordinario, il Comune che non ha soldi e si affida ai privati. E i nuovi edifici che oggi come allora vengono costruiti sopra i reperti antichi. Il comitato annuncia nuove mobilitazioni, in vista della presentazione dei progetti «collaterali» al Palacinema. L'Ospedale al mare trasformato in centro benessere, albergo e centro commerciale, il Forte di Malamocco che diventerà sede di 32 villette moderne e un nuovo albergo.

La nuova darsena a San Nicolò da 1500 posti che sta creando adesso dopo l'allarme paesaggistico anche quello ambientale, per la vicinanza alle spiagge di 1500 motori, nuove strade e parcheggi. Progetti che la cordata vincitrice della gara - la Finanziaria Est Capital che raccoglie investitori come Mantovani, e Condotte, le imprese del Mose - dovrà presentare entro il 31 maggio. Intanto per il nuovo palaCinema si scava. Tra reperti e amianto. di Alberto Vitucci

 

Castel del Monte, primo radar della storia

Corriere della Sera - 21 aprile 2011

Castel del MonteUn sistema di fortificazioni e una rete di vedette Fra mare e terra al centro c'è il maniero di Federico II

Limpiar las islas, «ripulire» le isole allontanando chiunque la cui presenza non fosse legittimata e «costruire su tutti i punti della costa, dietro indicazione dei regi ingegneri, torri in vista una dell’altra in modo da costituire nell’insieme una continua ininterrotta fortificazione (...) affinché vedendo fuste - cioè natanti sospetti - facesi foco di continuo e che tutte dette torri dovessero corrispondere l’una con l’altra nel tirare mascoli et nel far foco». I rapporti degli ambasciatori del re Filippo II a Madrid e i decreti vicereali di difesa del Regno di Napoli emanati prima nel 1563 da don Pedro de Toledo e poi da don Parafan de Ribera, duca di Alcalà, non lasciano dubbi sulla ferrea volontà di quel governo di costruire nel Mezzogiorno d’Italia un sistema di avvistamento e, dunque, di difesa del territorio da ogni forma di approdo più o meno clandestino, piratesco o corsaro che fosse; si trattasse cioè di mercenari del mare che agivano per il proprio tornaconto, nel primo caso, ovvero per un governo che rilasciava lettere di corsa, vere e proprie autorizzazioni ai saccheggi, opera di disturbo a coste e navi nemiche compresa.

Ed è lo storico Vittorio Faglia a spiegare come «molti e di diversa bandiera erano i corsari ma tutti in quei secoli furono pirati: Papi, Imperatori, Sultani e condottieri». Un ruolo, quello delle torri, che però non evitò, per esempio, la presa di Vieste il 15 luglio del 1554 da parte del corsaro turco Draguth approdato con le sue settanta galee; intanto, la logica difensiva già avviata nel 1290 dagli angioini consegnava al Rinascimento meridionale e pugliese le tipiche architetture la cui sequenza ordinata segna ancora oggi il territorio. Spesso innalzate su preesistenti torri romane, a base troncoconica e con uno sviluppo cilindrico, quelle della prima metà del Cinquecento, quadrangolari, invece, a partire dal 1567, sempre collegate visivamente l’una con l’altra: «La preferenza delle torri quadre rispetto alle tonde permetteva un uso più razionale dell’artiglieria perché la piazza d’arme (ultimo livello di copertura delle torri) poteva ospitare più pezzi senza che si intralciassero nelle manovre durante l’uso» (da L’isola delle sirene Li Galli di Romolo Ercolino). Una sorta di tam tam, telegrafo senza fili, radar dell’antichità affidato alla solerzia di quei guardiani capitani torrieri (nel Settecento anche ecclesiastici, donne e monache) che con segnali di fuoco di notte, di fumo di giorno o al suono di campane facevano rimbalzare dal mare sino all’interno, dalle periferie estreme sino ai grandi centri urbani, torre dopo torre, notizie di pericoli.

«A quel sistema torriero partecipavano anche i cavallari - spiega la storica dell’arte Michela Tocci, direttrice di Castel del Monte -. Gli era vietato possedere barche e pescare perché non si distraessero, preposti com’erano a presidiare a cavallo spiagge e foci dei fiumi dove gli incursori più spesso approdavano per approvvigionarsi di acqua dolce. C’erano anche le guardie con le feluche con lo stesso compito via mare. Nel 1748 si contavano ben 397 torri costiere nel Regno di Napoli, 121 in Puglia: 25 in Capitanata, 16 in Terra di Bari e 80 in Terra d’Otranto. Ma già Federico II di Svevia - precisa la Tocci - agli albori del 1200, aveva ben compreso come il controllo del potere dovesse passare attraverso una politica di fortificazione di tutta la costa del regno meridionale e della Puglia in particolare, prima testa di ponte dall’Africa e dall’Oriente per l’Europa, e terra fertile le cui prospettive certe di lucro erano note sin dalla notte dei tempi in tutta l’area mediterranea».

Fra le 36 città demaniali del regno svevo ben 17 erano centri urbani pugliesi, 12 dei quali costieri. «L’imperatore -racconta la Tocci - ne ordinò la fortificazione con strutture castellari, ciascuna dotata di un sistema di torri-satellite a distanza regolare l’una dall’altra. Sino a Castel del Monte, l’edificio ottagonale dai canoni di raffinata architettura e decorazione scultorea che peraltro faceva da riferimento visivo persino tra la costa adriatica, la zona di Canosa e l’entroterra dell’attuale Basilicata intercettando i segnali di tutte le "vedette", punto più alto sul livello del mare. Citato persino nel Compasso de navegare, il portolano duecentesco per l’orientamento in mare, come una montagna longa enfra terra et alta, e la dicta montagna se clama lo Monte de Sancta Maria, et à en quello monte uno castello». Maria Paola Porcelli

 

Al casel di Costa, filò dedicato alla Grande Guerra

Corriere delle Alpi - 16 aprile 2011

LAMON. Proseguono gli appuntamenti della rassegna culturale "Filò nte i Casiéi". Questa sera alle 20.30 il Casel di Costa ospiterà l'incontro "1885-1915 Trent'anni di fortificazioni: dal Covolo di Sant'Antonio a Forte Cima di Lan", promosso dall'amministrazione comunale. Protagonista della serata sarà Luca Girotto, dirigente medico all'ospedale San Lorenzo di Borgo Valsugana (Trento) con una passione, nata in famiglia, per lo studio degli avvenimenti bellici della prima guerra mondiale sul fronte del Trentino orientale, nonché della guerra russa combattuta in Galizia, la regione più settentrionale dell'Impero austro-ungarico. Girotto vanta pubblicazioni nel settore, collabora con l'associazione storico-culturale della Valsugana e del Tesino ed è tra i fondatori dell'"Esposizione permanente sulla Grande guerra in Valsugana e nel Lagorai", finora una delle raccolte più complete sugli aspetti locali del conflitto 1914-1918. Da dieci anni collabora con il gruppo alpini di Caoria (Tn) e con il loro museo che raccoglie testimonianze della grande guerra sulla catena del Lagorai. Sicuramente un esperto della materia. (a.m.)

 

Una galleria di contromina nei sotterranei del Priamàr

Il Secolo XIX - 14 aprile 2011

Savona - Un nuovo frammento di storia salta fuori dai sotterranei del Priamàr: sotto i giardini pubblici di viale Alighieri è stata scoperta una galleria lunga oltre 300 metri, costruita oltre tre secoli fa. Il percorso è tutto percorribile, dalla statua di Garibaldi fino al posteggio presso l’incrocio con corso Mazzini.

Si tratta di una galleria di contromina, costruita nel 1683 (nell’ambito del potenziamento seicentesco della fortezza) con lo scopo di monitorare e contrastare lo scavo di gallerie da parte di minatori nemici in caso di assedio. L’eccezionale scoperta è stata fatta in occasione dei lavori condotti dal Consorzio del depuratore nel viale Alighieri.

Mentre gli operai erano impegnati a sostituire i tubi, hanno portato alla luce un breve tratto dell’antica galleria della fortezza, alta 2,20 metri e posta tre metri sotto a viale Alighieri.

La trincea di scavo del depuratore ha tranciato un tratto di tre metri della volta della galleria, ma il pavimento e le pareti laterali sono ancora conservati per un metro d’altezza, come appurato dai rilievi effettuati dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Liguria, sotto la direzione di Francesca Bulgarelli.

STEFANIA MORDEGLIA

 

 

Forte Lugagnano al Comune e in arrivo altri beni da salvare

L'Arena - 12 aprile 2011

Forte Lugagnano è in territorio comunale ma a poca distanza dal paese frazione di Sona - Stretta finale per far passare dallo Stato ai Comuni forti e bastioni e le mura magistrali. Quindi per applicare il federalismo demaniale, la grande manovra che porterà a trasferire gratis agli enti locali una buona fetta di patrimonio pubblico, quasi sempre non più utilizzato, per sistemarlo e valorizzarlo, assegnandolo a gruppi e associazioni che promuovono attività sportive, ricreative e culturali. Intanto il Comune ha preso in consegna il forte Lugagnano (costruito fra 1860 e '61 in territorio comunale, poco distante dall'omonima frazione di Sona) che si aggiunge ad altri ex complessi militari asburgici già gestiti dal Comune, che ne è già proprietario.
COMUNE e Demanio si sono infatti appena incontrati e lo faranno ancora a breve a Venezia, per la terza volta, per sottoscrivere l'accordo per trasferire gli immobili con vincolo culturale, già prediposto. Stipulato l'accordo, in maniera definitiva il Comune diventerà proprietario della cinta di mura magistrali e dei forti austriaci Lugagnano, come detto, e poi Santa Caterina (al Pestrino), Sofia (fra Borgo Trento e le Torricelle), John (sulla dorsale collinare sopra Montorio) e poi delle quattro Torri Massimiliane (sempre asburgiche, sulle Torricelle) fino a Castelvecchio, tutt'ora di proprietà statale, anche se gestito dal Comune, museo compreso.
Il Comune otterrà anche la vasca esterna all'ex Arsenale. L'intero compendio dell'ex Arsenale austriaco è invece già diventato di proprietà comunale due anni fa, su impulso dell'attuale Amministrazione che ora, però, dovrà trovare i soldi (decine di milioni) per ristrutturarlo.
È IL TAVOLO TECNICO fra Comune e Demanio, guidato dal direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici Ugo Soragni, quello incaricato di definire nel dettaglio i punti dell'accordo. «Siamo ormai al termine di un percorso comnciato dal nostro Comune anche grazie all'intervento del deputato Aldo Brancher, che ha partecipato sin dall'inizio ai lavori del decreto del federalismo demaniale, e alla collaborazione del deputato Alessandro Montagnoli. Si è deciso così di procedere al trasferimento dei beni con specifici accordi di valorizzazione», commenta l'assessore comunale al patrimonio, Daniele Polato, che ha seguito l'iter.
«La sfida che lanciamo per Verona è quella di trasformare la nostra città nel più bel complesso monumentale militare fruibile al mondo, agevolando i cittadini veronesi e i turisti affinché possa sempre di più apprezzare il patrimonio di bellezze storico-artistiche della nostra città», prosegue l'assessore, «che negli ultimi decenni erano stati abbandonati a un progressivo degrado».
Proprio per contrastare questo degrado, intanto, il Comune ha nel frattempo ripulito varie zone forti e spazi non di sua competenza, provvedendo alla manutenzione ordinaria e straordinaria delle zone. A cominciare proprio dalle mura magistrali, già ripulite in diverse occasioni e tutt'ora conservate. Lo stesso avverrà con il forte Santa Caterina, che sarà affidato in gestione alla circoscrizioni Quinta (Borgo Roma, Cadidavid) e Settima (San Michele, Porto San Pancrazio) e appunto con l'ultimo arrivato, il forte Lugagnano.  Enrico Giardini

 

Gestire Forte Gisella? C'è già chi si fa avanti

L'Arena - 5 aprile 2011

I volontari dell'associazione impegnati nel trasloco - Verona. C'è già chi si fa avanti per gestire Forte Gisella dopo che l'associazione Santa Lucia ha deciso di chiudere l'attività dal 15 aprile, per mancanza di fondi. L'Amministrazione comunale ha già ricevuto proposte come quella del Centro turistico giovanile, della locale parrocchia e di un'associazione che organizza spettacoli, e le valuterà.
«Il Forte Gisella continuerà a vivere grazie al lavoro di organizzazioni che presenteranno un progetto, come aveva fatto cinque anni fa l'associazione Santa Lucia, che però ci ha comunicato il 7 febbraio scorso di non essere più in grado di gestirla. E non ha risposto al nostro invito a farsi da capofila ad altri gruppi per continuare l'attività, come accade in altri forti come il San Mattia e quello del Chievo», dice l'assessore al patrimonio Daniele Polato.
L'esponente della Giunta replica così agli appunti rivolti al Comune ieri, sul nostro giornale, in particolare dal dirigente degli istituti comprensivi di Santa Lucia e Golosine, Raffaele Piccinato, e da Alessandro Nobis, dell'associazione Musica acustica, già organizzatori di manifestazioni all'interno del forte. Piccinato si rammarica della sospensione dell'attività e teme che assegnare a vari gruppi il forte possa portare, un domani, a non renderlo più fruibile dalla collettività. E contesta che su cultura e scuola il Comune non investa, ma tagli. Nobis, invece, teme che ora il forte possa morire di degrado, come Forte Lugagnano. Polato ricorda che l'associazione Santa Lucia, presieduta da Igino Mengalli, era stata l'unica a presentare una proposta di gestione di Forte Gisella al bando di gara indetto il 27 settembre 2006 e poi assegnato il 28 febbraio 2007 dall'Amministrazione Zanotto. E mostra il progetto presentato a suo tempo dall'associazione che si impegnava a svolgere, nell'arco di 11 trienni (cioè 33 anni, ma con convenzione da rinnovare ogni tre) lavori per circa cinque milioni.
«Il Comune non dà e non darà mai un euro ad associazioni che gestiscono i forti ed edifici comunali», dice, «ma dà loro solo spazi in uso, che i gruppi debbono provvedere a gestire con risorse proprie», precisa Polato, «e se chi ha vinto il bando non ci riesce più, non è colpa nostra. Comunque, il Forte Gisella continuerà a vivere e non cadrà certo nel degrado, che peraltro non appartiene ad altri forti come Chievo, dove a giugno ci sarà una festa di tutti i gruppi, e il San Mattia, ripulito dopo decenni da questa amministrazione, ben gestiti da numerose associazioni guidate da una capofila».
Il Forte Lugagnano avvolto da sporcizia e degrado? «Quel forte, come altri, è dello Stato e quando ci verrà assegnato con il federalismo demaniale», conclude Polato, «sarà messo a posto come gli altri e come il bastione di via Torbido, da noi ripulito». Enrico Giardini

 

Il prefetto Ennio Mario Sodano visita l'ex base di Bagnoli

Da Il Mattino di Padova - 5 aprile 2011

Il prefetto Ennio Mario Sodano in sopralluogo all'ex caserma di Bagnoli di Sopra, insieme all'attuale comandante dell'aeronautica di Padova. Una visita segreta e per questo fissata di domenica, al riparo da sguardi indiscreti. La notizia però si è sparsa rapidamente nell'ambiente delle forze dell'ordine e anche se non è ancora stato reso noto il sito individuato dal ministero dell'Interno per accogliere gli immigrati, le "quotazioni" della base di Bagnoli sembrano in leggero rialzo rispetto a quelle della Romagnoli. Il prefetto non conferma e non smentisce: «Mi dispiace ma su questo argomento non voglio parlare», ha ripetuto anche ieri Ennio Mario Sodano.  Da due anni e mezzo l'ex caserma immersa nella campagna di San Siro di Bagnoli è chiusa. Quella che per mezzo secolo è stata la base dell'8 Gruppo Intercettori Teleguidati dell'Aeronautica Militare, con tanto di radar e postazioni di lancio dei missili, oggi è una vasta area in disuso. Nei quasi 80 mila metri quadrati dell'area logistica, dove vivevano oltre duecento militari, ci sono edifici sigillati, usati per alcuni mesi dopo la chiusura nel 2008, come magazzino e in seguito svuotati. Un paio di chilometri più a sud la zona lancio di 163 mila metri quadrati: qui cerano gli hangar, i radar e i missili, ora non c'è più nulla. Già in passato il sito era venuto alla ribalta quando si stava cercando il luogo per il Cie, il centro di identificazione ed espulsione nel Veneto, poi individuato in una ex caserma del veronese. di Enrico Ferro

 

«Un gioiello da non perdere» Ultima difesa a Forte Gisella

L'Arena - 4 aprile 2011

Scolaresche a Forte Gisella per un corso su flora e fauna - Verona. Continua a far discutere il «caso Forte Gisella». In particolare dal mondo della scuola, ma non solo, si registrano reazioni in merito alla vicenda. Come è noto, dal prossimo 15 aprile l'associazione Santa Lucia per mancanza di fondi è costretta a chiudere l'attività al Forte, monumento nazionale, di proprietà del Comune dal 1972. Ciò ha destato stupore, tristezza e preoccupazione.
Raffaele Piccinato, dirigente scolastico degli Istituti comprensivi 5 e 12 (Santa Lucia e Golosine) giudica triste la notizia perché il complesso fortificato era diventato «una risorsa» per il territorio. «Da tre anni», afferma Piccinato, «organizziamo al Forte, in novembre, la corsa campestre dove partecipano i ragazzi delle scuole medie di Santa Lucia, Golosine e, quest'anno, anche di Borgo Roma. Forte Gisella è stato per noi un punto di riferimento. Classi della zona hanno usufruito delle passeggiate di carattere scientifico con esperti che hanno illustrato flora e fauna». Non basta. «In altre parti della città, forti analoghi sono diventati sede di tanti associazioni ma quando si ragiona in termini di condominio, ognuno pensa al suo appartamento e non all'insieme della struttura e alle aree comuni. Il problema è che il forte un domani si trasformi in qualcosa di non più fruibile dall'intera collettività, e questo sarebbe un po' tornare indietro rispetto alla filosofia che ha caratterizzato in questi anni questo tipo di struttura, gestita finora in modo ottimale con una grande capacità organizzativa».
Per Piccinato esiste un problema di finanziamento pubblico al settore della cultura: «Tutto ciò che è cultura e scuola in questi anni non è stato un campo di investimenti ma di risparmi».
«Sono molto triste perché un posto così bello le città limitrofe ce lo invidierebbero», sostiene Alessandro Nobis, dell'associazione Musica Acustica ed insegnante di matematica e scienze alla scuola media di Lugagnano. Nobis ha curato, nelle scorse edizioni, i Concerti Scaligeri al Forte dove ha anche portato le sue classi per alcune visite guidate: «Capisco la situazione di bilancio dell'amministrazione, però lasciar morire un posto così mi sembra veramente una cosa assurda. Per i concerti c'è un'acustica eccezionale e tutti coloro che vi hanno suonato sono rimasti sorpresi molto favorevolmente dalla bellezza del luogo. Se viene abbandonato, fra sei mesi ritorna com'era anni fa: una discarica». Il docente aggiunge: «Gli altri forti sono messi molto male: Forte Lugagnano dentro è una foresta, quindi inagibile. Forte Gisella non merita questa fine».
«Avevamo previsto di realizzare un evento poco dopo Pasquetta, organizzato dai giocatori veronesi ma abbiamo dovuto sospenderlo», ci comunica invece da Bollate (Milano) Alessandro Verga, presidente di Bollaverde Live, una delle maggiori associazioni di giochi di ruolo dal vivo che, a Forte Gisella, ha ambientato negli ultimi anni varie saghe fantasy così come hanno fatto anche altre realtà del genere come Grv Italia, Memento Mori, La Fenice e La Faraonica Progetti. «Il luogo è molto bello e adatto ad eventi di questo tipo», dichiara Verga che sostiene: «L'associazione Santa Lucia ha fatto rinascere il Forte attribuendogli anche un ruolo importante dal punto di vista culturale; noi pensiamo che un'amministrazione con una cultura del territorio dovrebbe salvaguardare le gemme che nasconde lo stesso territorio, che non sono solo l'Arena e il centro storico, ma bisogna fare attenzione anche a ciò che circonda Verona e appoggiare, nei limiti del possibile, le associazioni».
Infine, mercoledì 13 aprile il Corpo forestale dello stato farà conoscere flora e fauna del Forte a 184 studenti accompagnati da 15 insegnanti. M.S.

 

I Forti austriaci alla Pescheria Nuova

Da Rovigo 24ore - 1 aprile 2011

La ricerca è stata fatta dai ragazzi del “Bernini” e ha prodotto una mostra

Un ritorno al dominio austriaco con la mostra sui Forti, promossa dal Comune, con l’Archivio di Stato e l’istituto per geometri “Bernini” di Rovigo. Fino al 9 aprile, la Pescheria Nuova ospiterà questo allestimento che vuole ricordare uno degli elementi principali di quel periodo, i Forti appunto.

L’idea, come ha spiegato l’assessore alla Toponomastica Luigi Osti, è nata all’interno della Commissione che si occupa di individuare le intitolazioni alle nuove strade. Su suggerimento del direttore dell’Archivio di Stato Luigi Contegiacomo, alcune vie sono state dedicate ai 4 Forti del periodo austriaco (si trovavano zona Spianata, zona Buso-Sarzano, località Roverdicré e area di Urban-Labor), ma poi grazie alla preziosa collaborazione con l’istituto per Geometri, il progetto è proseguito fino alla realizzazione della mostra.

“Si tratta di un lavoro molto bello che testimonia ancora una volta – ha detto Osti -, l’importanza della collaborazione tra Comune e istituto per Geometri, uno degli elementi importanti che lega questa amministrazione alla nostra comunità. Ringrazio la dirigente scolastica, gli insegnanti, gli studenti e tutti i collaboratori, per questo prezioso risultato, con l’auspico che la nostra città partecipi”. Curiosità e interesse sono nati in seguito alle richieste di uno studioso svizzero che nel ’93 contattò Contegiacomo per avere informazioni sui Forti di Rovigo.

“Mi sembrò un argomento da sviluppare – ha detto Contegiacomo -, perché si era persa la memoria di questa parte di storia e il recupero è fondamentale”. Il lavoro degli studenti, come ha sottolineato la dirigente scolastica Marilena Moscardini, rientra nella proposta formativa della scuola che punta anche ad avere più collaborazioni con enti e istituzioni del territorio. “E’ importante che gli studenti escano dall’aula, avendo occasioni professionali diverse”. Le classi coinvolte sono due, ma all’iniziativa sono state invitate tutte le scuole della Provincia.

I dettagli del lavoro sono stati illustrati dalla docente Silvia Zennaro che ha seguito il progetto. La ricerca è partita dai documenti recuperati, tra questi un libro dell’allora sovrintendente dei Forti a Rovigo Daniel Salis Soglio, sono stati coinvolti anche gli archivi di Vienna, e riguarda il periodo che va dalla progettazione dei Forti fino alla loro esplosione ad opera degli austriaci, nel 1866. La ricerca si chiude con un approfondimento sul modo di comunicare tra loro, ossia con telegrafo ottico. I forti erano 4 e avevano un diametro tra i 60, il più grande, e i 50 metri.

L’inaugurazione della mostra è prevista mercoledì 30 marzo alle ore 9 in Pescheria nuova. I ragazzi partiranno da scuola alle 8.30, accompagnati da 4 figuranti in abiti austriaci e da 3 militari, al suono di un tamburo. La mostra resterà aperta fino al 9 aprile con i seguenti orari: 9-12.30/17-19.30.

 

«La Rocca? E' un gioiello intoccabile»

L'Arena - 01 aprile 2011
 
Il complesso della Caserma La Rocca, di cui il Comune intende mantenere la proprietà per destinarla a servizi e come attrattore turistico

Peschiera. C'è un utilizzo di tipo turistico, recettivo misto a servizi, nel futuro del compendio della caserma La Rocca di Peschiera del Garda: uno dei gioielli dell'importante patrimonio architettonico lasciato in eredità dalla storia alla cittadina arilicense che ha riscosso grande successo nelle «Giornate di primavera» organizzate lo scorso fine settimana dal Fondo per l'ambiente italiano (Fai). La conferma dell'interesse dell'amministrazione comunale e del lavoro intrapreso da questa con il Demanio per la conservazione del bene a favore della comunità arriva dal sindaco Umberto Chincarini che illustra anche le possibili diverse destinazioni degli edifici del complesso.
«Tra le ipotesi c'è quella di prevedere nell'ala a destra del cancello di ingresso degli alloggi a favore di un turismo di tipo giovanile e universitario con una gestione che potrebbe essere mista insieme al privato», spiega Chincarini. «L'ala a sinistra potrebbe invece essere destinata a sede delle associazioni e delle realtà ospitate ad esempio ancora adesso nel Padiglione Grandi ufficiali: il circolo pensionati, il Museo della pesca. Infine resterebbe al Comune la Rocchetta, ovvero l'area più antica su cui sorgeva il castello scaligero inglobato dal "Cavaliere" la successiva costruzione militare veneziana con i resti della torre marmorea la cui costruzione risale al 1190: certamente il luogo più suggestivo di Peschiera, che conserva le tracce dei diversi passaggi della storia e che ci piacerebbe veder restaurato e recuperato come monumento che, abbiamo visto anche con le giornate del Fai, non potrebbe che incrementare l'interesse turistico».
Il possibile progetto include anche il cortile interno della Rocca per cui «la Soprintendenza ha escluso qualsiasi possibilità di copertura, inclusi gazebo o ombrelloni. Una volta abbattuto il cancello che separa la piazza Ferdinando di Savoia, o piazza d'Armi, dalla Rocca il cortile potrebbe essere sistemato e utilizzato in estate, vista l'acustica ottimale, per ospitare concerti. E poiché gli eventuali affidamenti in concessione riguarderebbero comunque gli interni mentre l'esterno resterebbe a noi, si potrebbero realizzare dei percorsi sui bastioni che inglobano la struttura e renderli fruibili anche ai portatori d'handicap. E la gestione di queste cose potremmo affidarla ad associazioni locali come "La compagnia del morbo", pensando ai suoi fondatori, o a "Il Pentagono" che da anni si interessano alla valorizzazione del territorio».
Chincarini si sofferma anche sul futuro della caserma XXX Maggio, l'ex carcere militare, e del Padiglione Grandi ufficiali: anche questi edifici che fanno parte dell'ex fortezza austriaca e ora del centro storico oggetto, come la caserma La Rocca, del protocollo d'intesa sottoscritto dal Comune con l'Agenzia del Demanio e il ministero dell'Economia e delle finanze. Per questi lo stesso Demanio ha suggerito una destinazione turistico-recettiva o per servizi per la XXX Maggio e residenziale-commerciale per il Padiglione.
«Al di là delle destinazioni, cui credo acconsentiremo se la Soprintendenza è d'accordo», sottolinea il sindaco, «il dato certo è che noi lavoriamo per tenere La Rocca ma non questi altri immobili: e questo perché non è possibile, viste le risorse a disposizione e la situazione economica attuale. Chi dice il contrario, cioè che il Comune dovrebbe tenere tutti questi immobili, mente sapendo di mentire. Un ente locale non può permettersi mantenimento e gestione di un simile patrimonio: non si possono fare assunzioni di società esterne per cui o ci sono molti volontari che aiutano o bisogna ricorrere ai privati con patti chiari. Anche il progetto di utilizzare queste strutture per una cittadella universitaria è praticamente impossibile: io stesso ho avuto un colloquio con tecnici dell'ateneo scaligero e mi è parso chiaro che non ci sia la minima intenzione di aprire sedi fuori Verona». Giuditta Bolognesi

 

Federalismo demaniale Pieve potrà richiedere due dei suoi siti simbolo

Corriere delle Alpi - 1 aprile 2011

PIEVE DI CADORE. Sono due i siti che, grazie al decreto sul federalismo demaniale, potranno essere richiesti dal Comune di Pieve: il deposito di munizioni di monte Zucco e il deposito carburanti de La "Madoneta". Lo stesso decreto stabilisce anche che la caserma "Pietro Fortunato Calvi", il deposito materiali di via Manzago di Tai e il deposito-officina de "La Madoneta" (di fianco al deposito carburanti), non potranno essere richiesti in quanto considerati «strutture militari non cedibili» perché «strategiche».

Suscita perplessità il mancato inserimento tra i beni richiedibili del deposito materiali che si trova all'inizio della strada che porta all'ex deposito munizioni ed al forte di Col Vaccher. Lo stesso dicasi per la mancata concessione dei grandi capannoni che si trovano nella zona del bivio di Nebbiù in quanto, pur essendo ancora custoditi da un ex sottufficiale, sono da anni vuoti ed inutilizzati. Importante, invece, la possibilità di ottenere gratuitamente dal ministero il deposito carburanti. «Ci aspettavamo anche i capannoni e l'officina», ha commentato il sindaco Ciotti,«ma siamo ugualmente contenti perché potremo finalmente dare il via ad alcuni progetti importanti, tipo la casa di riposo, e realizzare il progetto per avere nel nostro comune un distaccamento Gdf.

Gli immobili ci sono e sono in buone condizioni. Pertanto auspichiamo che in tempi brevi si possa avere un centro operativo delle Fiamme Gialle, forse anche attrezzato con cani antidroga. Per i capannoni, considerato che appartengono al IV Corpo d'Armata di Bolzano, cercheremo di prenderli in affitto per utilizzarli come officina comunale. Spero proprio di poterli ottenere, anche considerando il fatto che stanno degradando; il Comune, utilizzandoli, fermerebbe il degrado». (v.d.)



 

«Idee chiare per il Forte di Cadine» Nardelli (Pd) interroga sulla destinazione (dubbia) della struttura

Trentino — 1 aprile 2011

TRENTO. Dopo la pubblicazione sul Trentino della notizia relativa all'«abbandono» del Forte di Cadine - fortezza di origine austrungarica, da molti anni in fase di ristrutturazione da parte della Provincia e per la quale l'assessorato alla cultura ha deciso un futuro meno «nobile» di quello inizialmente previsto - il consigliere del Pd Michele Nardelli ha deciso di presentare una interrogazione al presidente della giunta per chiedere spiegazioni sul futuro del Forte.  Dopo aver ricostruito nel dettaglio la storia del Forte di Cadine, Nardelli ha ricordato che ad un certo punto la necessità di costruire un articolato sistema di fortificazioni si. «Dal 1860, proprio a partire da Cadine, attorno a Trento fu costruita una possente serie di fortificazioni che nel 1914 arrivò a contare 25 fra forti e blokhaus. Nel 2003 all'interno del Progetto Grande Guerra, coordinato dal Servizio Beni Culturali della Provincia autonoma di Trento assieme al Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto, si individuò nel Forte di Cadine la struttura dove collocare il Centro d'Informazione delle fortificazioni trentine e se ne iniziò il conseguente restauro. Recenti prese di posizione dell'Assessore Panizza hanno però fatto capire in modo esplicito che il Forte di Cadine non svolgerà più l'originaria funzione assegnatagli, ma che in tale struttura potrebbero trovare forme alternative di utilizzo, solo parzialmente e approssimativamente individuate. Considerando che il tema della guerra - in tutta la sua tragica attualità - richiede occasioni di narrazione ed elaborazione che potrebbero trovare in queste fortificazioni i luoghi simbolici per una diffusa pedagogia della pace, chiedo alla Giunta provinciale quali siano, allo stato attuale, le idee per un utilizzo efficace e creativo del Forte».

 

QUELLA PORTAEREI, DI NOME SICILIA

Da peacelink.it del 31 marzo 2011

I marines di Sigonella, l’aviazione italiana di Trapani, i depositi di munizioni di Augusta, gli hangar di Pantelleria e i centri radar e logistici sparsi per l’isola. Ecco le infrastrutture e le armi usate nelle operazioni militari in Libia.

Tre scali aerei, i porti, numerose postazioni radar, depositi di munizioni e carburante. Il conflitto scatenato contro la Libia ha trasformato la Sicilia in un’immensa portaerei da dove decollano 24 ore al giorno i caccia e gli aerei-spia della variegata coalizione multinazionale anti- heddafi. Il cuore di buona parte dei raid pulsa tra le decine di comandi ospitati a Sigonella, alle porte di Catania, la principale stazione aeronavale delle forze armate statunitensi nel Mediterraneo. A Sigonella vivono quasi 5.000 marines che hanno combattuto negli scacchieri di guerra mediorientali e africani, nei Balcani e in Caucaso. Dal 2004 ospita il Combined Task Force 67, il comando che sovrintende alle operazioni delle forze aeree della Marina USA, come i cacciaintercettori F-15, i pattugliatori marittimi P3-C “Orion”, i velivoli di sorveglianza elettronica EP-3E e per il rilevamento dei segnali radar EA-18G “Growlers”, questi ultimi determinanti per annientare le postazioni della contraerea libica. Lo scalo offre il supporto tecnico-logistico e il rifornimento munizioni e carburante agli aerei a decollo verticale V-22 “Ospreys” e agli elicotteri d’assalto CH-46 “Sea Knight” e CH-53E “Super Stallion” del Corpo dei marines, imbarcati sulle unità che assediano la costa nordafricana, e ai 15 cacciabombardieri F-15, F-16 e B-2 (gli “aerei invisibili”) che l’US Air Force ha trasferito nel Canale di Sicilia. Da Sigonella partono anche gli aerei cisterna KC-130 e KC-135 utilizzati per il rifornimento in volo dei velivoli impegnati nei raid. Oltre ai mezzi statunitensi, dalla base sono operativi sei caccia F-16 dell’aeronautica danesi, a cui potrebbero aggiungersi gli intercettori di Canada, Norvegia e Spagna. Coinvolti nella missione in Libia sono infine i reparti USA schierati stabilmente a Sigonella, come l’Helicopter Combat Support Squadron HC-4, il Fleet Logistic Support Squadron VR-24 e il 25° Squadrone Antisommergibile della US Navy. Un cocktail di strumenti di morte a cui l’aeronautica militare italiana non fa mancare il suo contributo: a nove pattugliatori “Atlantic” del 41° Storno antisommergibile è stato affidato infatti il controllo dello spazio aereo e marittimo prospiciente del Mediterraneo centrale. La cosiddetta operazione Odissey Dawn ha però il pregio di offrire una concreta opportunità per sperimentare sul campo i nuovi aerei senza pilota UAV “Global Hawk” che l’US Air Force ha iniziato a dislocare a Sigonella nell’ottobre 2010 in vista della sua trasformazione in “capitale internazionale” dei giganteschi aerei utilizzati per lo spionaggio e la direzione degli attacchi, convenzionali e nucleari, contro ogni possibile obiettivo nemico in Europa, Asia ed Africa. Stando ai piani del Pentagono, nella base siciliana dovrebbe operare entro il 2012 un plotone di 4-5 “Global Hawk”, mentre altri 5 velivoli UAV potrebbero essere assegnati entro anche ai reparti della Marina USA presenti in Sicilia. A questo fine si sta realizzando un enorme complesso per la manutenzione dei “Global Hawk”, un programma considerato “strategico” dal Dipartimento della difesa, e i cui lavori multimilionari sono stati appaltati alla CMC di Ravenna (Legacoop). La NATO, da parte sua, nel febbraio 2009, ha scelto la stazione aeronavale quale “principale base operativa” dell’Alliance Ground Surveillance – AGS, il nuovo sistema di sorveglianza terrestre dell’Alleanza Atlantica. Entro il 2014, giungeranno a Sigonella 800 militari, sei velivoli “Global Hawk” di ultima generazione e le stazioni fisse e trasportabili progettate per supportare il dispiegamento in tempi rapidissimi e in qualsiasi scacchiere internazionale delle unità terrestri, aeree e navali della Forza di Risposta (NRF) della NATO. Scalo di dimensioni più ridotte ma di uguale importanza strategica per la guerra alla Libia è quello di Trapani-Birgi. Sede dal 1984 ospita della NATO Airborne Early Warning and Control Force dotata dei velivoli radar Awacs, Trapani-Birgi ospita i cacciabombardieri F-16 del 37° Stormo dell’Aeronautica militare italiana, disponibili per le intercettazioni aeree e il bombardamento di obiettivi terrestri. È in questo scalo che il ministro della difesa La Russa ha fatto confluire i “gioielli” di morte destinati al fronte libico: quattro caccia “Tornado” del 50° Stormo di Piacenza nella versione Ecr (specializzati nella guerra elettronica e nella distruzione delle difese aeree), e due “Tornado” Ids del 6° Stormo di Ghedi per il rifornimento in volo e/o l’attacco contro target terrestri. A secondo della missione, i “Tornado” possono essere armati con i missili “anti-radar” Agm-88 Harm, con gli aria-aria Aim-9 e con gli aria-suolo “Storm Shadow”, questi ultimi con caratteristiche Stealth, una testata esplosiva perforante in grado di distruggere bunker protetti ed una gittata di circa 500 km. A Trapani sono pure atterrati i caccia supersonici Eurofighter 2000 “Typhoon” del 4° Stormo di Grosseto, velivoli con una bassa superficie riflettente al radar e forniti di missili aria-aria a guida infrarossa “DiehIris” per l’attacco ravvicinato ed Aim 120 per bersagli a 40 km di distanza. Completano lo schieramento quattro cacciabombardieri F-18 dell’aeronautica militare canadese, tra i più impegnati nei bombardamenti. Tutti i velivoli della coalizione possono utilizzare in qualsiasi momento le due piste di volo e il mega-hangar “Pier Luigi Nervi” ricavato all’interno di una collina dell’isola di Pantelleria - la postazione più avanzata di Odissey Dawn - capace di ospitare sino ad una cinquantina di aerei da guerra. Nello scalo sono stati completati di recente i lavori di ampliamento delle piste e di ristrutturazione dell’aerostazione che ha assunto un ruolo chiave nelle attività anti-migranti. D’importanza strategica pure alcuni impianti radar disseminati in Sicilia, a partire dal centro di Mezzogregorio (Siracusa), a cui è assegnato il compito di elaborare le informazioni raccolte da aerei, unità navali e dalle squadriglie radar dell’Ami presenti nell’isola di Lampedusa e a Marsala. I dati vengono poi trasferiti al Comando operativo delle forze aeree (COFA) di Poggio Renatico (Ferrara), il più grande centro di intelligence delle forze armate in Italia. Il Dipartimento della difesa USA può contare invece sui sofisticati sistemi di telecomunicazione di Sigonella e sulla stazione di Niscemi (Caltanissetta), dove sorgono una quarantina di antenne a bassissima frequenza per la trasmissione degli ordini di attacco ai sottomarini a propulsione nucleare. Tre di questi, in immersione nel Mediterraneo, hanno già lanciato contro la Libia decine di missili da crociera “Tomahawk” contenenti al proprio interno uranio impoverito. La centralità di Niscemi nell’assetto delle comunicazioni belliche è destinato a crescere: la base è stata prescelta per ospitare una delle quattro stazioni mondiali del nuovo sistema di telecomunicazione satellitare USA, il cosiddetto “MUOS”, la cui emissione di microonde comporterà insostenibili rischi per la salute e la sicurezza della popolazione locale. Ad assicurare le operazioni di rifornimento delle navi da guerra e dei sottomarini statunitensi, italiani e dei paesi partner è la base navale di Augusta (Siracusa), in una delle aree a più alto rischio ambientale d’Italia per la presenza di raffinerie, industrie chimiche, depositi di armi, ecc.. Augusta è classificata in ambito militare quale NATO facility ed è utilizzata dall’Alleanza atlantica e dalla VI Flotta USA per lo stoccaggio delle munizioni e deposito POL (petrolio, nafta e lubrificanti). Decine di elicotteri da trasporto fanno da ponte con la vicina base Sigonella, sorvolando popolati centri urbani. I morti di questa guerra sono invisibili. Gli angeli sterminatori, no. Tre scali aerei, i porti, numerose postazioni radar, depositi di munizioni e carburante. Il conflitto scatenato contro la Libia ha trasformato la Sicilia in un’immensa portaerei da dove decollano 24 ore al giorno i caccia e gli aerei-spia della variegata coalizione multinazionale anti-Gheddafi. Il cuore di buona parte dei raid pulsa tra le decine di comandi ospitati a Sigonella, alle porte di Catania, la principale stazione aeronavale delle forze armate statunitensi nel Mediterraneo. A Sigonella vivono quasi 5.000 marines che hanno combattuto negli scacchieri di guerra mediorientali e africani, nei Balcani e in Caucaso. Dal 2004 ospita il Combined Task Force 67, il comando che sovrintende alle operazioni delle forze aeree della Marina USA, come i cacciaintercettori F-15, i pattugliatori marittimi P3-C “Orion”, i velivoli di sorveglianza elettronica EP-3E e per il rilevamento dei segnali radar EA-18G “Growlers”, questi ultimi determinanti per annientare le postazioni della contraerea libica. Lo scalo offre il supporto tecnico-logistico e il rifornimento munizioni e carburante agli aerei a decollo verticale V-22 “Ospreys” e agli elicotteri d’assalto CH-46 “Sea Knight” e CH-53E “Super Stallion” del Corpo dei marines, imbarcati sulle unità che assediano la costa nordafricana, e ai 15 cacciabombardieri F-15, F-16 e B-2 (gli “aerei invisibili”) che l’US Air Force ha trasferito nel Canale di Sicilia. Da Sigonella partono anche gli aerei cisterna KC-130 e KC-135 utilizzati per il rifornimento in volo dei velivoli impegnati nei raid. Oltre ai mezzi statunitensi, dalla base sono operativi sei caccia F-16 dell’aeronautica danesi, a cui potrebbero aggiungersi gli intercettori di Canada, Norvegia e Spagna. Coinvolti nella missione in Libia sono infine i reparti USA schierati stabilmente a Sigonella, come l’Helicopter Combat Support Squadron HC-4, il Fleet Logistic Support Squadron VR-24 e il 25° Squadrone Antisommergibile della US Navy. Un cocktail di strumenti di morte a cui l’aeronautica militare italiana non fa mancare il suo contributo: a nove pattugliatori “Atlantic” del 41° Storno antisommergibile è stato affidato infatti il controllo dello spazio aereo e marittimo prospiciente del Mediterraneo centrale. La cosiddetta operazione Odissey Dawn ha però il pregio di offrire una concreta opportunità per sperimentare sul campo i nuovi aerei senza pilota UAV “Global Hawk” che l’US Air Force ha iniziato a dislocare a Sigonella nell’ottobre 2010 in vista della sua trasformazione in “capitale internazionale” dei giganteschi aerei utilizzati per lo spionaggio e la direzione degli attacchi, convenzionali e nucleari, contro ogni possibile obiettivo nemico in Europa, Asia ed Africa. Stando ai piani del Pentagono, nella base siciliana dovrebbe operare entro il 2012 un plotone di 4-5 “Global Hawk”, mentre altri 5 velivoli UAV potrebbero essere assegnati entro anche ai reparti della Marina USA presenti in Sicilia. A questo fine si sta realizzando un enorme complesso per la manutenzione dei “Global Hawk”, un programma considerato “strategico” dal Dipartimento della difesa, e i cui lavori multimilionari sono stati appaltati alla CMC di Ravenna (Legacoop). La NATO, da parte sua, nel febbraio 2009, ha scelto la stazione aeronavale quale “principale base operativa” dell’Alliance Ground Surveillance – AGS, il nuovo sistema di sorveglianza terrestre dell’Alleanza Atlantica. Entro il 2014, giungeranno a Sigonella 800 militari, sei velivoli “Global Hawk” di ultima generazione e le stazioni fisse e trasportabili progettate per supportare il dispiegamento in tempi rapidissimi e in qualsiasi scacchiere internazionale delle unità terrestri, aeree e navali della Forza di Risposta (NRF) della NATO. Scalo di dimensioni più ridotte ma di uguale importanza strategica per la guerra alla Libia è quello di Trapani-Birgi. Sede dal 1984 ospita della NATO Airborne Early Warning and Control Force dotata dei velivoli radar Awacs, Trapani-Birgi ospita i cacciabombardieri F-16 del 37° Stormo dell’Aeronautica militare italiana, disponibili per le intercettazioni aeree e il bombardamento di obiettivi terrestri. È in questo scalo che il ministro della difesa La Russa ha fatto confluire i “gioielli” di morte destinati al fronte libico: quattro caccia “Tornado” del 50° Stormo di Piacenza nella versione Ecr (specializzati nella guerra elettronica e nella distruzione delle difese aeree), e due “Tornado” Ids del 6° Stormo di Ghedi per il rifornimento in volo e/o l’attacco contro target terrestri. A secondo della missione, i “Tornado” possono essere armati con i missili “anti-radar” Agm-88 Harm, con gli aria-aria Aim-9 e con gli aria-suolo “Storm Shadow”, questi ultimi con caratteristiche Stealth, una testata esplosiva perforante in grado di distruggere bunker protetti ed una gittata di circa 500 km. A Trapani sono pure atterrati i caccia supersonici Eurofighter 2000 “Typhoon” del 4° Stormo di Grosseto, velivoli con una bassa superficie riflettente al radar e forniti di missili aria- ria a guida infrarossa “DiehIris” per l’attacco ravvicinato ed Aim 120 per bersagli a 40 km di distanza. Completano lo schieramento quattro cacciabombardieri F-18 dell’aeronautica militare canadese, tra i più impegnati nei bombardamenti. Tutti i velivoli della coalizione possono utilizzare in qualsiasi momento le due piste di volo e il mega-hangar “Pier Luigi Nervi” ricavato all’interno di una collina dell’isola di Pantelleria - la postazione più avanzata di Odissey Dawn - capace di ospitare sino ad una cinquantina di aerei da guerra. Nello scalo sono stati completati di recente i lavori di ampliamento delle piste e di ristrutturazione dell’aerostazione che ha assunto un ruolo chiave nelle attività anti-migranti. D’importanza strategica pure alcuni impianti radar disseminati in Sicilia, a partire dal centro di Mezzogregorio (Siracusa), a cui è assegnato il compito di elaborare le informazioni raccolte da aerei, unità navali e dalle squadriglie radar dell’Ami presenti nell’isola di Lampedusa e a Marsala. I dati vengono poi trasferiti al Comando operativo delle forze aeree (COFA) di Poggio Renatico (Ferrara), il più grande centro di intelligence delle forze armate in Italia. Il Dipartimento della difesa USA può contare invece sui sofisticati sistemi di telecomunicazione di Sigonella e sulla stazione di Niscemi (Caltanissetta), dove sorgono una quarantina di antenne a bassissima frequenza per la trasmissione degli ordini di attacco ai sottomarini a propulsione nucleare. Tre di questi, in immersione nel Mediterraneo, hanno già lanciato contro la Libia decine di missili da crociera “Tomahawk” contenenti al proprio interno uranio impoverito. La centralità di Niscemi nell’assetto delle comunicazioni belliche è destinato a crescere: la base è stata prescelta per ospitare una delle quattro stazioni mondiali del nuovo sistema di telecomunicazione satellitare USA, il cosiddetto “MUOS”, la cui emissione di microonde comporterà insostenibili rischi per la salute e la sicurezza della popolazione locale. Ad assicurare le operazioni di rifornimento delle navi da guerra e dei sottomarini statunitensi, italiani e dei paesi partner è la base navale di Augusta (Siracusa), in una delle aree a più alto rischio ambientale d’Italia per la presenza di raffinerie, industrie chimiche, depositi di armi, ecc.. Augusta è classificata in ambito militare quale NATO facility ed è utilizzata dall’Alleanza atlantica e dalla VI Flotta USA per lo stoccaggio delle munizioni e deposito POL (petrolio, nafta e lubrificanti). Decine di elicotteri da trasporto fanno da ponte con la vicina base Sigonella, sorvolando popolati centri urbani. I morti di questa guerra sono invisibili. Gli angeli sterminatori, no.

 

«A Forte Tron le visite guidate»

La Nuova Venezia - 31 marzo 2011

MARGHERA. Anche quest'anno Forte Tron a Ca' Sabbioni rischia di restare chiuso per la maggior parte del tempo, anche se il delegato all'Urbanistica della Municipalità, Donatella Marello, annuncia il ritorno delle aperture mirate con le visite guidate. «Non ne possiamo più - sbotta Nilo Dal Molin ex consigliere di Municipalità - Forte Tron è tornato nell'incuria più totale. Gli incivili, vedendo che non viene utilizzato, hanno continuato a scaricare immondizia ai lati dei fossati. Chiediamo al Comune e alla Municipalità di sapere quando questa struttura aprirà al pubblico in modo che non diventi per Ca' Sabbioni, il luogo del degrado». La storia di Forte Tron è emblematica. Postazione difensiva nata a ridosso degli anni '80 del 1800, gemello dei Gazzera e Carpenedo, si estende su un'area di 12 ettari. Come tutto il campo trincerato di Mestre, si dimostrò di fatto obsoleto già nel 1915. La storia più recente vede il forte, ancora proprietà del demanio militare, punto di riferimento per un progetto paesaggistico della Provincia, con l'area gestita dalla cooperativa Limosa. Un'idea che funzionava, tanto che il forte era diventato per un decennio meta fissa per le visite di scuole di tutta la provincia. Ma con la bonifica dei reperti bellici cominciata 4 anni fa il processo si è interrotto. E sono tornate le immondizie. Dal delegato all'urbanistica Marello arriva una buona notizia «Certo - dice - il forte non potrà restare aperto in continuazione, ma grazie a un accordo fatto con la cooperativa Limosa a breve saranno possibili di nuovo visite guidate». (a.ab.)

 

Nei cunicoli del Forte di Pietole con gli speleologi

31 marzo 2011 —   pagina 43   sezione: Cultura e Spettacoli Gazzetta di Mantova

Il forte di Pietole, il più grande d’Europa, napoleonico, poi austriaco, bellissimo e intricato, riapre sabato e domenica grazie a Camper solidale ed Exploring Academy. Sabato mattina visita di due ore, domenica invece giornata intera con esplorazione delle aree esterne e dei mille cunicoli guidata dagli speleologi che hanno ripulito e riaperto antichi percorsi militari. Pranzo al sacco a cura dei partecipanti. Per la visita al Forte è raccomandato un abbigliamento sportivo, scarponcini con suola antiscivolo e torcia elettrica. Bisogna prenotare perché nel Forte non si può entrare in troppi: 333 2954698. Il ritrovo è in via Argine Mincio alle 9.30 per l’escursione breve (costo per i non soci 5 euro) e alle 8.30 per quella di domenica (10 euro). Entro oggi bisogna poi prenotare per partecipare al ciclo tour di domenica ‘Sulle colline del Risorgimento’, tra Volta Mantova e Cavriana con visite guidate a Palazzo Gonzaga e Villa Mirra, dimore che ospirarono i quartier generali degli eserciti. Organizzano le Guide Virginio e ci sarà uno storico locale. Alla fine degustazione di prodotti tipici. Prenotazioni: 349 6614919.

di Donatella Sini Torre al buio per una notte intera

Torre al buio per una notte intera - «Earth Hour» a Castelsardo: le luci si spengono per salvare l'ambiente

La Nuova Sardegna - 26 marzo 2011

CASTELSARDO. Oggi il comune di Castelsardo aderisce a «Earth Hour 2011», campagna organizzata dal Wwf per la lotta ai cambiamenti climatici e per la salvaguardia del Pianeta. La campagna è partita nel 2007 da Sidney che si spense per un'ora. Il gesto fece il giro del mondo, dando vita ad un vero e proprio "movimento".  

«Earth Hour» è diventano in poco tempo un impegno globale tanto che nel 2008 riesce a coinvolgere 370 città con 50 milioni di click dell' interruttore di spegnimento. Nel 2009 milioni di persone fanno di Earth Hour un fenomeno planetario, aderiscono 3929 città di 88 paesi che documentano l'evento con video e foto da tutto il mondo. In Italia quell'anno si spegne la Fontana di Trevi, la Torre di Pisa, la Mole Antonelliana e la Valle dei Templi di Agrigento mentre partecipano all Ora della Terra oltre 140 comuni. Duecento sono a tutt'oggi le imprese italiane impegnate nell'evento, decine le organizzazioni che, con speciali iniziative, rigorosamente al buio, danno il loro contributo per la salvaguardia del nostro pianeta. L'ultima edizione dell'Ora della Terra ha visto milioni di persone in oltre 4.000 città di 128 paesi aderire all'iniziativa spegnendo le luci per un'ora intera. A Castelsardo, simbolicamente si spegnerà, per tutta la notte di sabato e non solo per un'ora, la Torre di Frigiano, uno dei nostri monumenti simbolo. Costruita nella seconda metà delXVI secolo dagli Spagnoli, la torre aveva funzioni di guardia delle calette sottostanti alla piazzaforte, a protezione dalle incursioni dei Saraceni e dei Barbareschi che avevano devastato il territorio per tutta la prima metà del'500. Fu successivamente dismessa dai piemontesi perché considerata di poco valore difensivo per la città. «Dispiace constatare che, a tutt'oggi, solo Castelsardo e Sassari hanno aderito in Sardegna, come si può verificare dal sito ufficiale della manifestazione www.wwf.it/oradellaterra - afferma l'assessore all'Ambiente Roberto Fiori - perchè Earth Hour è un impegno che non si limita al solo spegnimento della luce, ma alla scelta di uno stile di vita quotidiano all'insegna del risparmio energetico nel pieno rispetto del nostro pianeta».

 

Palizzata davanti al Forte Mezzacapo Stop al parcheggio selvaggio e alle gare di auto

La Nuova Venezia - 23 marzo 2011

ZELARINO. Stop al parcheggio selvaggio o alle gare notturne di jeep. Da ieri l'area antistante al Forte Mezzacapo (nella foto) è recintata con una staccionata di legno riciclato.

I volontari dell'associazione «Dalla Guerra alla Pace», che gestiscono l'ex struttura militare, si sono rimboccati le maniche e hanno portato a termine un lavoro pensato per salvaguardare l'ingresso del forte e per mantenere intatto uno spazio che verrà utilizzato come parcheggio dagli ospiti di Mezzacapo per un programma «primavera-estate» che si annuncia scoppiettante.  Questo, infatti, è l'anno della definitiva consacrazione di una struttura che si propone come punto di incontro non solo per i residenti della zona di Zelarino, ma per tutti i cittadini della terraferma veneziana.  

«Abbiamo posizionato una palizzata lunga venti metri con materiale di recupero per impedire la sosta selvaggia e la gare di auto - spiega Vittorino Darisi rappresentante dell'associazione - Di notte non sono mancate le scorribande con jeep enormi e questo ha messo a rischio l'area davanti all'entrata del forte. Il consorzio di bonifica Dese-Sile aveva messo una sbarra di sei metri che però non impediva l'ingresso delle auto».  Dunque l'ex struttura militare - dopo essere rimasta chiusa a lungo sia per il passaggio dall'Esercito al Comune sia per la presenza di amianto - si appresta a una primavera e a una estate di eventi, mostre e manifestazioni.

Durante l'inverno sono stati sistemati i capannoni e le stanze interne, oltre ai bagni. Ora insomma è tutto pronto per consegnare definitivamente questo importante spazio alla cittadinanza.

 

SASSARI. La pioggia o il cielo coperto non hanno fatto desistere i cittadini che sono stati presenti all'appuntamento per i 150 anni dell'Italia unita. Da Cagliari a Sassari, la Sardegna è stata attraversata da un sentimento comune. A dissociarsi sono stati pochi: Sardigna Natzione a Cagliari e gli autori di un manifesto che contesta i festeggiamenti a Ximaxis. Per il resto solo commemorazioni, concerti, spettacoli. E spesso i protagonisti principali sono stati gli studenti, i giovani, dalle elementari al liceo. Nè sono mancati i momenti folkloristici.
Ma è certo che i rappresentanti politici del governo, della Provincia e della Regione in massima parte si sono tenuti lontani dalle piazze. Persino da Caprera. Solo a Sassari un esponente della Regione, l'assessore Sergio Milia, ha presenziato ufficialmente al convegno sui 150 anni dell'unità.
I sassaresi ieri hanno reso omaggio a Efisio Tola, uno dei martiri del pensiero mazziniano, fucilato nel 1833, a trent'anni, reo di aver letto e divulgato i contenuti de «La giovine Italia». Il sindaco Gianfranco Ganau nel pomeriggio ha deposto una corona di alloro sotto la lapide di Efisio Tola, meno conosciuto del fratello Pasquale, il cui monumento si trova al centro della piazza dedicata ai fratelli Tola.

A La Maddalena, a sottolineare l'assenza di rappresentanti del governo o della Regione o della Provincia è stato il sindaco Angelo Comiti, prima della chiusura della manifestazione, strappando un lungo applauso. Il primo appuntameto è stato l'alza bandiera di fronte al palazzo di Marisardegna alla presenza di un picchetto d'onore, poi al porto, davanti alla colonna Garibaldi dove il sindaco e il comandante del presidio della Marina, Franco Felicioni, hanno deposto due corone.
«Aver conservato gelosamente il sacrario dell'Eroe e l'essere stata ad un tempo al centro del passaggio di mano simbolico, da questi al Regio Esercito e quindi alla Regia Marina e al sistema di fortificazioni, con l'arsenale militare sorto per le manutenzioni delle importanti opere - ha aggiunto in sindaco - prima ancora che del naviglio, ha fatto sì che nei maddalenini si rafforzato nel tempo il sentimento di Patria». Le manifestazioni proseguono oggi con il convegno "150 anni dall'unità d'Italia", e nei prossimi giorni.

A Cagliari sono stati gli studenti e i giovani ad animare la passeggiata coperta del Bastione di San Remy. Le gallerie sono state occupate dagli atelier degli studenti delle superiori di Cagliari e Quartu. Ogni istituto ha dato il proprio contributo con una documentazione precisa sugli eventi della fine '800 o la didattica scolastica del '900. Lo zenit della giornata è stata l'esibizione musicale del coro e degli strumentisti del Conservatorio.
Un'ora di performance che ha affascinato il numeroso pubblico, politici, militari e 650 studenti. Durante la mattinata, all'interno della Passeggiata coperta, gli alunni dell'istituto Michelangelo hanno proposto una band di 7 giovani jazzisti, e l'Itas Deledda ha presentato la Spigolatrice di Sapri.
Una nota dolce è stata offerta dal Caffè Tramer in piazza Martiri, dove si potevano gustare le meringhe tricolore preparate per la speciale occasione della festa dell'Unità. Il Caffè Tramer è noto perchè era meta di Antonio Gramsci, durante i tre anni trascorsi al liceo Dettori in Marina.

A Oristano pioggia e vento hanno accompagnato la cerimonia ufficiale nel pomeriggio con l'alza bandiera in piazza Eleonora. La giornata oristanese dell'Unità d'Italia si è conclusa in cattedrale con la santa messa celebrata dall'arcivescovo monsignor Ignazio Sanna.
Le condizioni meteo sono state più clementi a Nuoro dove alle 9 in punto, proprio quando il tricolore è stato issato sul pennone per la cerimonia dell'alzabandiera, ha fatto capolino il sole. Il Comune ha ricordato Giuseppe Corbu Guiso, garibaldino nuorese, sulla cui tomba è stato deposto un cuscino di fiori. La sua figura, cui verrà intitolata una via cittadina, è stata ricordata già durante il consiglio comunale straordinario di avanti ieri. L'Eroe dei due mondi ha unito anche lambrettisti e vespisti, da sempre protagonisti di un'agonistica e amichevole competizione. Ieri, i soci del Lambretta club Sardegna e del Vespa club Nuoro hanno organizzato un raid di Garibaldini su moto d'epoca.

A Olbia, una delle 150 città scelte dalle Ferrovie dello Stato per l'omaggio al tricolore, a mezzogiorno in punto la banda «Felicino Mibelli» ha suonato «Fratelli d'Italia». Attorno ai musicisti decine di cittadini. Uomini e donne. Giovani e meno giovani. Alcuni avevano in mano il tricolore, altri si sono vestiti di bianco, rosso e verde. Ma nessun rappresentante del Comune e della Provincia era presente. Da via Nanni, però, il presidente della Provincia Fedele Sanciu ha fatto sapere che era tutto programmato. 
Del resto Olbia-Tempio celebrerà i 150 anni per tutto il 2011. Eccezion fatta, evidentemente, per la giornata istituzionale di ieri. Il silenzio delle istituzioni non ha impedito che altri si facessero promotori di diverse iniziative. La più curiosa quella messa in atto dalla neonata associazione «Giovani Olbia». Il team di under 33 guidato da Gabriele Dettori aveva annunciato che ieri mattina Olbia avrebbe avuto un piacevole risveglio. Promessa mantenuta. Nella notte i ragazzi hanno riempito la città di palloncini tricolori.
In serata, l'associazione ha organizzato una manifestazione al Jamin-A Cafè Officina degli intenti, in cui sono stati ripercorsi i momenti più importanti della storia italiana, dal Risorgimento fino alla nascita della Repubblica.    ha collaborato Andrea Nieddu

 

Cadine, storia del Forte dimenticato Restauro non ultimato, 2 milioni spesi e un centro informativo mai nato

Trentino - 16 marzo 2011

TRENTO. All'inizio il progetto era ambizioso: trasformare quell'affascinante esempio di architettura militare dell'impero austroungarico nel centro informativo sulla grande guerra. Era il 2003 e la Provincia mise sul piatto 1,5 milioni. Otto anni dopo (oggi) il progetto è abortito. Non solo restauro e allestimenti non sono ancora ultimati, ma il forte non sarà nemmeno quel «cuore» informativo sul primo conflitto a cui era stato pomposamente destinato. 15 ottobre 2003. E' la data in cui il Servizio beni culturali della Provincia diede il via libera al progetto relativo al restauro per il recupero e la valorizzazione del Forte «Strassensperre» di Cadine. Il Forte del «Bus de Vala», come lo conosciamo tutto. Un tempo era impossibile non notare quella struttura militare dalle minuscole finestre ricavate dentro un muro grigio e impenetrabile. Era impossibile perché la statale della Gardesana ci passava in mezzo. Oggi lo Strassensperre è come se non esistesse più, relegato in un angolino quasi invisibile dalle gallerie di Cadine. Fu per ridare «dignità» a questo manufatto decaduto che la Provincia decise di investire un milione e mezzo di euro e di ristrutturarlo. Non solo. Il Forte di Cadine doveva diventare qualcosa di più, un riferimento informativo a livello provinciale delle opere legate alla grande guerra, con percorsi interni studiati nei dettagli per accogliere migliaia di visitatori. Il progetto, però, partì già con il piede sbagliato. Subito vennero adottate un paio di varianti (per la verità di tipo normativo) a cui si accompagnarono alcuni adeguamenti di compensi dovuti a ingegneri e architetti a causa del lievitare delle spese. Nel 2005 la Soprintendenza per i beni architettonici decise di affidare al signor Sergio Camin l'incarico di ideazione e redazione del progetto per l'allestimento del «Centro informazione delle fortificazioni trentine» con sede proprio al Forte di Cadine. Camin presentò un progetto dettagliato dal costo complessivo di 43.680 euro approvato con una determinazione del dirigente Sandro Flaim. I lavori di ristrutturazione, intanto, proseguivano fra mille difficoltà tanto che in pochi anni si arrivò alla quinta variante in corso d'opera. A rendere difficoltosi i lavori vennero rilevate alcune infiltrazioni dal terreno che obbligarono l'azienda appaltatrice ad un surplus di lavoro che - inevitabilmente - si è ripercosso sui costi dell'opera che nel luglio del 2009 sono stati valutati in 1,8 milioni di euro. Il 13 giugno 2007 come data di consegna dei lavori (come è evidente) non è stata rispettata e tra varianti e proroghe dei termini di consegna siamo arrivati al 2011 senza che il forte sia operativo. Di recente (novembre 2010) il Servizio prevenzione rischi ha approvato un progetto relativo ai lavori per la difesa da crolli rocciosi della parete sovrastante il forte austroungarico. Impegno di spesa 28 mila e 600 euro. Ma la vera beffa per il Forte dimenticato è arrivata il 31 gennaio scorso quando a Rovereto - in occasione del bilancio di un anno e mezzo della rete «Trentino Grande Guerra» - l'assessore alla cultura Franco Panizza ha annunciato: «Il Forte di Cadine non sarà più il centro informativo provinciale sul primo conflitto mondiale». «Resterà un punto informativo - spiega oggi Panizza - ma più ridimensionato. Vi faremo spettacoli teatrali, mostre o visite per le scuole. Del resto l'accesso alla struttura è difficoltoso e - diciamocelo - la posizione non è delle più felici».

 

Un deserto chiamato Comiso
Da agoravox.it del 10 marzo 2011
Doveva essere l’aeroporto civile del sud est della Sicilia, invece è abbandonata da un decennio. Storia e destino dell’ex base Nato di Comiso. Un impianto costato miliardi delle vecchie lire di cui le istituzioni si sono ricordate solo quando si è trattato di affrontare emergenze "umanitarie".

Il cancello davanti a cui si fermavano le colorate manifestazioni del movimento pacifista, fino ai primi anni '90, è ormai sempre aperto. Non ci sono più gli avieri italiani a sorvegliare l'ex base Nato di Comiso e neanche i militari dell'US Air Force. Entrare e uscire da lì, perciò, è facilissimo per chiunque.

Il destino dell'ex aeroporto militare “Magliocco” all'inizio del 2011, sembra dunque essere quello dell'abbandono definitivo.

La struttura che negli ultimi anni della guerra fredda ha ospitato gli “Euromissili” Cruise ha una storia lunga e tormentata. Nacque nel ventennio fascista, fra il 1937 e il 1939, e fu intitolato ad un generale della Regia Aeronautica, quel Vincenzo Magliocco che si “distinse” nella guerra d'Etiopia per essere stato uno dei primi ad utilizzare il gas contro i civili.

Durante la seconda guerra mondiale fu bombardato dagli alleati e totalmente distrutto in occasione dello sbarco in Sicilia. Ricostruito nel dopoguerra ospitò , fino al '73, il quarantunesimo stormo dell'Aeronautica Militare italiana e fu anche aperto al traffico civile. A Comiso, infatti, nel periodo fra il 1965 e il 1972, operò la compagnia LAI ( linee aeree italiane) con pochi voli di linea a corto raggio. Nel 1981, infine, il governo Spadolini trasformò l'aeroporto in base della NATO e lo destinò ad ospitare una batteria di 112 missili Cruise a testata nucleare.

I lavori di adattamento alla nuova funzione durarono circa cinque anni e richiesero notevoli investimenti. Non ci sono però dati precisi sulla loro quantità perché furono cofinanziati dal Ministero della Difesa italiano, della NATO e dal Dipartimento della Difesa del governo degli Stati Uniti. Si calcola comunque che solo nei primi 3-4 anni siano stati spesi ben 250 miliardi delle vecchie lire.

Il trattato sulle Forze Nucleari a medio raggio( INF) - firmato a Washington dai presidenti Reagan e Gorbacev l'8 dicembre del 1987 - e la successiva caduta del muro di Berlino resero obsoleta l'istallazione che fu dismessa nel corso degli anni 90 del secolo scorso, fino alla chiusura definitiva e all'assegnazione delle strutture al comune di Comiso, nel 1999.

Cominciò così la “terza vita” dell'ex aeroporto militare. Dapprima utilizzato dalla Protezione Civile, nell'ambito dell'operazione Arcobaleno, per ospitare circa cinquemila profughi kosovari, nel decennio che si è appena concluso è stato fatto oggetto dei più disparati progetti di riconversione ad usi civili ma ,nello stesso tempo, abbandonato a se stesso.

Oggi i suoi impianti sono terra di nessuno. Dà quest'impressione soprattutto la parte occupata a suo tempo dai militari italiani.

Le villette che li ospitavano con le loro famiglie sono quasi tutte in pessimo stato. All'interno di alcune ci sono ancora pezzi dei mobili in dotazione, ma gli impianti idraulici, gli infissi, i sanitari sono quasi sempre distrutti o smontati e portati via. Manca anche la luce generalmente, anche se in diversi appartamenti l'impianto elettrico è perfettamente funzionante.

Ogni “blocco” abitativo comprende una decina di alloggi più gli edifici, generalmente fatiscenti anche quelli, per i servizi collettivi (mense, punti di ritrovo etc). All'interno di essi si può girare liberamente e si rinviene di tutto. In un cortile persino un grosso generatore elettrico militare, con dentro ancora le batterie piene d'acido. Una bomba ecologica vera e propria. Ogni cosa lascia immaginare una situazione per cui è normalissimo entrare, uscire, saccheggiare tutto ciò che è riutilizzabile. I giardini tuttavia sembrano in buone condizioni, nonostante si vedano i giochi per bambini abbandonati a marcire, sarà forse perché qualcuna delle case è inopinatamente occupata.

In mezzo al deserto, infatti, spunta qua e la qualche automobile parcheggiata, qualche antenna tv, qualche citofono funzionante. Segni di vita che all'ufficio informazioni dell'ex base spiegano come “l'abitazione del custode” o come frutto delle concessioni effettuate dal comune comisano per gli usi più disparati, in attesa sempre che si realizzi il grande sogno dell'Aeroporto civile del sud est della Sicilia.

In effetti girando per i viali si vede di tutto: corsi professionali per parrucchiere ed estetista, massaggio ayurveda e trucco, organizzati dall'EFAL (ente di formazione della provincia di Ragusa); c'è anche l'autodifesa personale, la sede del “Fondo siciliano per la natura” e persino un' agenzia di casting cinematografico: la “Sicily production film srl” , intestata con tanto di lucida targa in ottone a tal Francesco Sacco.

Ma attività connesse all'originaria funzione aeroportuale del complesso? Ci sono anche quelle. Dai corsi per steward ed hostess alla sede dell'Aeroclub locale intitolata all'aviatore catanese Angelo D'Arrigo. Voci, confermate da un'interrogazione dei consiglieri comunali del PD di Comiso, parlano addirittura della realizzazione di un hangar adibito alle attività di volo da diporto.

Intanto il progetto dell'aeroporto civile che avrebbe dovuto essere intitolato a Pio La Torre langue.

Si tratta di un'opera ambiziosa, frutto - dicono i documenti dell'ente di gestione - “della collaborazione istituzionale fra l’Enac, la Regione siciliana e il Comune di Comiso". Il finanziamento dei cantieri, per un importo complessivo pari a 47milioni e 407.976,73 di euro, venne approvato con delibera del CIPE n.36 del 3 maggio 2002 dal Governo Berlusconi e successivamente con decreto n.368/Serv.2 del 28 maggio 2004 del Dipartimento Trasporti della Regione Siciliana. I lavori iniziarono il 23 ottobre 2004 ed andarono speditamente fino al completamento della parte air-side nell'aprile del 2007.

“Il progetto dell'aeroporto” - si legge ancora nella brochure istituzionale- “prevedeva la realizzazione di una pista di 2.460 metri dotata di sistema di atterraggio strumentale ILS. La sua funzione, a regime, sarà di complementarietà rispetto all'Aeroporto di Catania e servirà da base, oltre che per servizi di linea, per charter, compagnie low cost e cargo".

Peccato che di tutto ciò, nel mese di febbraio del 2011, non si veda neanche l'ombra. Anzi il poco personale presente sul posto conferma il continuo rinvio dell'inaugurazione e della messa in esercizio della grande opera.

In realtà il mito dell'Aeroporto di Comiso è sempre stato un alibi per cancellare ogni altra proposta di riuso civile dell'ex base Nato.

“Poteva nascere un campus universitario modernissimo” – ricorda il giornalista Antonio Mazzeo, che conosce Comiso fin dai giorni della lotta contro i Cruise - “L'Università di Catania aveva in animo di realizzare qui, al Magliocco, un polo attrezzato per ospitarvi una facoltà di lingue, dipartimenti di ricerca scientifica legati al modello di sviluppo locale, con particolare riguardo al tema della sostenibilità ambientale del medesimo; alloggi e servizi per studenti e docenti”. Non se ne fece nulla, preferendo, alla fine degli anni 90, spostare tutto su Modica e Ragusa Ibla.

“L'europarlamentare pacifista Alex Langer - prosegue Mazzeo - aveva anche proposto di realizzare un'università della difesa popolare non violenta, ovvero una scuola di diplomazia dal basso rivolta ai paesi dell'area mediterranea. In quell'occasione -subito dopo lo smantella mento degli euromissili- l'Italia perse l'occasione di utilizzare i fondi convert utilizzati da tutti i paesi dell'UE per la riconversione delle strutture militari".

“Si è sacrificata” - conclude Mazzeo - “ogni opportunità al sogno dell'aeroporto civile. Un'infrastruttura dai costi enormi, sproporzionati rispetto al reale movimento di passeggeri e merci”.

Sarà per questo che le popolazioni locali hanno sempre vissuto il destino del loro aeroporto con distacco, come se fosse un corpo estraneo. E come tale continuano ad utilizzarlo le autorità. Dieci anni dopo l'emergenza Kosovo si è ipotizzato un nuovo uso “umanitario” dell'ex base Nato, stavolta destinandola ad accogliere i rifugiati provenienti dalla Tunisia e dalla Libia. Per fortuna all'ultimo non se ne è fatto nulla, anche perché- a detta dell'unico custode che è stato in grado di fornire qualche informazione in merito- sarebbe stata utilizzata allo scopo la parte ex americana del complesso.

Quella situata oltre la nuova pista e non raggiungibile perché ancora perimetrata col filo spinato e torrette di guardia, quindi, all'apparenza, ancora militarizzata. Si tratta di una serie di blocchi abitativi buoni ad ospitare non più di 150/200 persone. Erano stati pensati come caserma per i soldati singles e, infatti, ancora oggi,nonostante il miglior stato di conservazione, fanno pensare ad un carcere o a un CIE.

Fra l'altro questi edifici sono vicinissimi ai bunker, ancora chiaramente visibili, che custodivano le testate atomiche e nulla garantisce che negli anni siano mai stati bonificati, dal momento che la zona è sempre stata sotto esclusivo controllo statunitense.

Evidentemente la logica che ha ispirato la scelta di quest'ala della base è ancora una volta rigidamente securitaria ed escludente.

Intanto i rifugiati e i richiedenti asilo non avranno certo miglior accoglienza nell'altro ex residence Nato che si sta predisponendo per loro nei pressi di Mineo. E l'Aeroporto civile? “parte l'estate prossima” assicurano negli uffici del Magliocco. Anzi, no “nel 2012...” di Tonino Cafeo

 

Il Codice Enipontano al Museo civico Il pezzo più prezioso (è del 1615) della mostra «Il lago di carta»

Trentino - 9 marzo 2011

 RIVA. Proveniente dal «Tiroler Landesarchiv» di Innsbruck, è arrivato lunedì al Museo di Riva il celebre Codice Enipontano III, voluto dall'arciduca Massimiliano d'Austria per verificare la consistenza delle fortificazioni meridionali del territorio tirolese, minacciato in quel tempo dalle mire espansionistiche di Venezia. Risalente al 1615, il pezzo - noto al pubblico locale nelle sue tante riproduzioni - sarà una delle attrazioni della mostra «Il lago di carta» che dal 27 marzo alla Rocca raccoglierà carte, mappe e disegni del lago di Garda dal Trecento fino agli albori del secolo scorso (l'inaugurazione è sabato 26 marzo alle 18). Attesi per i prossimi giorni altri pezzi di grande interesse, provenienti da diversi istituti di conservazione del Nord Italia.  

Il codice, in cui sono rappresentate non solo le fortificazioni ma anche il territorio del Tirolo meridionale, costituisce un documento di eccezionale importanza per la conoscenza di luoghi ed edifici in seguito distrutti. Come ad esempio Castel Penede a Nago, rappresentato nell'unica immagine conosciuta prima dei bombardamenti che quasi lo annientarono. Interessante poi per il Basso Sarca la rappresentazione della piana, con le foci del Sarca e i suoi centri abitati raccolti nelle cinte medievali.  Il volume, 40 centimetri per 30, è composto di 56 fogli e 34 disegni a matita colorati a tempera, con minuziose didascalie incorniciate in delicati disegni. L'origine del manoscritto è in una campagna d'ispezione militare lungo i confini con Venezia, alla quale prese parte Bartolomeo Lucchese, ingegnere che eseguì il rilievo sul campo e propose le migliorie da apportare al sistema difensivo tirolese. La mostra «Il lago di Carta» è realizzata dal MAG - Museo Alto Garda con l'assessorato alla cultura della Provincia autonoma di Trento e il Dipartimento di Filosofia, Storia e Beni culturali dell'Università degli Studi di Trento, e con il contributo finanziario della Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto.

 

Il Forte di Pietole passerà al Comune

La Gazzetta di Mantova - 24 febbraio 2011

VIRGILIO. Il Forte di Pietole diventerà presto proprietà comunale. La giunta Beduschi ha già avviato l’iter burocratico previsto dal primo decreto attuativo del federalismo demaniale: la Sovrintendenza deciderà a breve se il bene potrà passare ufficialmente al Comune di Virgilio. Una formalità o quasi, in realtà, considerando che in questo periodo lo Stato è alla ricerca di enti locali che si accollino pezzi di storia che da anni vengono sostanzialmente lasciati all’incuria del tempo. Il decreto prevede il passaggio di proprietà a costo zero.
Niente canone d’affitto dunque che, azzardando un ipotesi, si sarebbe aggirato sicuramente non sotto i 50mila euro. Il Comune, acquisendo la struttura, in futuro potrà in futuro farne un museo permanente. L’intento del sindaco Alessandro Beduschi è chiara: creare un polo di attrattiva per un Comune - Virgilio - che al momento ha introiti pari allo zero in quel settore.
Progettato e costruito in parte dai francesi agli inizi del 1800, il Forte è stato completato e potenziato dagli ingegneri austriaci negli anni dopo il 1834. Era poi arrivato nel 1917 al Regio Esercito Italiano, sempre come deposito di esplosivi. Una polveriera, insomma, che in quell’anno, in piena prima guerra mondiale, fu assediata per quattro giorni.
Il Forte in quell’occasione non crollò, ma sprofondò e subì gravi lesioni strutturali, tutt’ora visibili. Negli ultimi decenni più volte si era parlato di una nuova gestione della struttura. Nel 2007, ad esempio, il Comune di Virgilio prese in gestione il Forte, su proposta dell’Agenzia del Demanio. In sostanza l’edificio diventò meta di visite guidate e poco altro.
L’unico traguardo importante raggiunto fu, dunque, la salvezza di un esempio d’architettura militare, carico di storia. Nell’ultimo periodo, però, l’acquisizione del Forte è diventato uno dei chiodi fissi del sindaco di Virgilio Alessandro Beduschi, convinto sostenitore della necessità di riqualificare l’area storica di Pietole. Il Forte diventerà un museo multimediale: l’obiettivo è attirare migliaia di visitatori.
«Ad oggi - spiega Beduschi - il Comune ha il diritto di custodia e sorveglianza. Ora, sfruttando un decreto del maggio dell’anno scorso, cerchiamo di riprenderci il Forte». In sostanza il federalismo fiscale prevede che gli enti locali, senza sborsare un euro, possano valorizzare un bene pubblico che si sta deteriorando. Il progetto comunale prevede, oltre alla riqualificazione dell’area, una serie di interventi collaterali: ciclabili, parcheggi e tutto ciò che serve per rendere fruibile l’area del Forte.

 

Svelato il forte di Pietole, le foto

23 febbraio 2011 Gazzetta di Mantova

La polveriera è da tempo abbandonata ma ora sta per passare di proprietà, dal Demanio al Comune di Virgilio. Progettata dai francesi ad inizio 1800, è passata agli austriaci e poi agli italiani

PIETOLE. Ecco le immagini esclusive del Forte di Pietole.

Progettato e costruito in parte dai francesi agli inizi del 1800, la struttura è stata completato e potenziata dagli ingegneri austriaci negli anni dopo il 1834.

Era poi arrivato nel 1917 al Regio Esercito Italiano, sempre come deposito di esplosivi. Una polveriera, insomma, che in quell'anno, in piena prima guerra mondiale, fu teatro di una violenta esplosione.

Ora, dopo decenni di incuria sotto il Demanio, la proprietà Forte sta per passare al Comune di Virgilio.

 

 

"Caserme, no alla colata di cemento" Da Prati a Ostiense rivolta nei quartieri

Il Roma - 13 febbraio 2011

Dopo la cessione delle caserme della Difesa. I residenti: "Nelle 15 strutture spazi di cultura, basta centri commerciali"

"No a speculazioni. Le caserme sono un bene pubblico: stop ai palazzinari". È rivolta per la vendita dei forti militari. Una mobilitazione che sta coinvolgendo tutte le zone della città dove si trovano le 15 caserme che dal ministero della Difesa sono passate nelle mani del Campidoglio, che dovrà ora metterle in vendita. Volantinaggi, raccolta firme per la delibera di iniziativa popolare, striscioni e un manifesto che sarà presentato nella assemblea del 18 febbraio che coinvolgerà tutti i comitati di Roma per stilare un unico documento da consegnare al sindaco, Gianni Alemanno, entro il 22 febbraio, giorno in cui scade il termine per la presentazione delle osservazioni al "Piano di alienazione e valorizzazione degli immobili militari".

La protesta, che ha portato alla creazione del "Comitato per l'uso pubblico delle caserme", si svolge su diversi fronti. Se da una parte i cittadini dicono no alla colata di cemento, poiché da 834mila metri cubi esistenti si potrebbe arrivare a oltre un milione e mezzo con l'aumento del 30% della superficie utile lorda; dall'altra i comitati rivendicano una partecipazione decisiva sulla riqualificazione dei forti. Gli edifici sono infatti disseminati in quartieri centrali o strategici: dal deposito materiali elettrici all'inizio di via Flaminia allo Stabilimento trasmissioni in viale Angelico, dalla Direzione Magazzini Commissariato in via del Porto Fluviale (Ostiense) alla Caserma Medici in via Sforza, fino alla Nazario Sauro di via Lepanto, alla Reale Equipaggi di via Sant'Andrea delle Fratte, alla Caserma Ruffo sulla via Tiburtina e alla Donati del Trullo."In questa operazione non c'è interesse pubblico, l'unico obiettivo è fare cassa per il demanio - spiega Luigi Tamborrino di Campo Trincerato - Il Piano regolatore viene sbrindellato. Si cambiano destinazioni d'uso, alterando così gli standard del territorio. Il dato sconvolgente è che si possono spostare le cubature da una zona all'altra. Cosi può accadere che in un'area centrale le cubature previste, ma non attuabili, vengano dislocate in altri ambiti più periferici e con maggiore terreno "compensando" le cubature e aumentandole per il valore immobiliare differente". Insomma, si rischia di sconvolgere il territorio. "Il problema - incalza Tamborrino - è che si parte da quanta cassa bisogna fare per arrivare a decidere cosa fare. Si può comunque fare cassa, senza però arrivare ad una tale speculazione. Bisogna essere miopi per non vedere la forza che hanno queste caserme. Facciamo 10 Guggenheim, ma non 10 palazzine".

Il timore è che le cubature arrivino in quartieri come Boccea o Tiburtino, già al collasso per l'alta densità abitativa e per l'emergenza traffico. "Stavolta non ci fermeremo davanti ai palazzinari - dice Elio Romano, del Comitato Tiburtino per l'uso pubblico delle caserme - Nel V municipio abbiamo la Ruffo e la Gandin che sono due spine tra i vari quartieri. Il peso urbanistico è già eccessivo: no a case o centri commerciali, sì a teatri, luoghi d'incontro, residenze temporanee per studenti. Siamo pronti ad avviare un concorso di idee". I 15 edifici militari, che confluiranno in un fondo immobiliare della Difesa, coprono una superficie totale di 82 ettari: di questi almeno il 30% dovrebbe andare in residenziale, un altro 30 ad esercizi commerciali e l'ultima parte è invece la cosiddetta "variabile", il 20% della quale destinata a servizi comunali oltre che all'edilizia sociale.
"Uno scempio. La parte pubblica deve salire almeno al 50%", continua Tamborrino. E fa eco Renato Rizzo del comitato Forte Trionfale - Boccea: "Questi beni non devono andare nelle mani dei privati. Per la caserma Ulivelli del Trionfale chiediamo che le palazzine per l'esercito diventino tra dieci anni patrimonio del Comune, che l'hangar sia uno spazio culturale per concerti e manifestazioni e il parco sia lasciato tale e diventi il collegamento con l'Insugherata e le altre aree verdi".di LAURA SERLONI

 

La Nuova Venezia - 4 febbraio 2011

ZELARINO Mostra Si chiude domani a Forte Mezzacapo (orario 15-18), in via Scaramuzza, la mostra «1938-1945. La persecuzione degli ebrei in Italia». CHIRIGNAGO Orario dell'Urp La Municipalità ricorda che l'Urp (Ufficio di relazioni con il pubblico) di via Miranese 454 sarà aperto anche di pomeriggio, martedì e giovedì, dalle 15 alle 17. GIOVEDI' PROSSIMO Sciopero Actv La segreteria regionale Usb Lavoro Privato ha aderito allo sciopero del personale Actv promosso da Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Cisal per il 10 febbraio. Lo sciopero verrà attuato così: dalle 9.30 alle 12.30 personale del movimento, personale turnista negli impianti fissi; dalle 9 alle 13 impiegati, ausiliari negli uffici, personale officine (non turnista) e distaccato presso Vela spa. CONFERENZA La Corte Suprema Usa Oggi alle 18 nella sede dell'Unione ufficiali in congedo (Unuci) in via Mestrina 36, conferenza di Enrico Grassi su «La Corte Suprema degli Stati Uniti, dalla Dichiarazione d'Indipendenza».

 

 

Un nuovo bosco al Büs dal gat

Alto Adige - 31 gennaio 2011

Area verde da 20mila metri e duemila piante.

Un nuovo bosco al Büs dal gatE' in arrivo un nuovo polmone verde alle porte della città, nella prima periferia nord. Sono partiti i lavori per il bosco di Fossamana, nella zona del Büs dal Gat. La Provincia mantiene così fede all'impegno preso tre anni fa quando, su proposta del Parco del Mincio (ente concessionario dell'area interessata dal progetto), si decise la compensazione entro il 2011 per il taglio di una superficie verde di oltre 23mila metri quadrati nell'area del porto di Valdaro, per la realizzazione della darsena dello scalo.  La piantumazione appena avviata porterà alla nascita di un bosco di 19.600 metri quadrati, con 2.332 alberi (1.300 piante per ettaro) e due radure. I lavori sono stati affidati alla cooperativa Consorzio forestale padano, un'azienda di Casalmaggiore: per la Provincia si tratta di un investimento da poco più di 57mila euro. Il progetto ha coinvolto anche il Demanio (proprietario dell'area), il Comune e la Sovrintendenza ai beni paesaggistici di Brescia.  

Palazzo di Bagno parla di almeno quattro obiettivi per l'operazione: miglioramento ambientale ed ecologico di un'area degradata, protezione del suolo dall'erosione grazie alle piante, aumento della qualità visiva del territorio, promozione turistica e ricreativa.  La decisione di realizzare il bosco risale dunque a tre anni fa, quando venne tagliato quello che sorgeva sulla scarpata provvisoria venutasi a creare dopo i lavori per i primi lotti della darsena del porto, tra lo specchio acqueo e l'area destinata ad accogliere il terzo lotto funzionale dello scalo di Valdaro. Ma l'area era vincolata sotto il profilo ambientale perché compresa nel Parco del Mincio. Da qui l'impegno preso dalla Provincia a compensare con un nuovo polmone verde.  A quel punto si trattò di decidere in quale punto farlo crescere. La scelta della zona del forte Fossamana, nota come Büs dal gat), è stata indicata proprio dal Parco del Mincio con l'obiettivo di valorizzare sia il verde che il vecchio monumento.  «L'idea - dice il vicepresidente e assessore ai lavori pubblici della Provincia, Claudio Camocardi - è stata quella di creare una sorta di quinta scenica, che mirasse alla valorizzazione non solo del Forte stesso, ma di tutta l'area circostante. Ciò è stato possibile grazie alla stretta collaborazione tra gli enti coinvolti e alla grande professionalità dei funzionari».

 

«Centenario, aiuti ai piccoli musei» Bilancio dopo più di un anno di attività. Ferrandi: «No a grandi eventi»

Trentino - 31 gennaio 2011 di Donato Riccadonna

 ROVERETO. C'erano tutti l'altro pomeriggio al castello di Rovereto per il bilancio di un anno e mezzo della rete "Trentino Grande guerra". Tutti quelli (e sono veramente tanti) che, a vario titolo, soprattutto volontario, si occupano, a livello storiografico e di ricerca, di quella tragedia che è stata la Prima Guerra Mondiale.  E' stato tracciato il bilancio di un anno e mezzo di iniziative e si sono poste le basi per le celebrazioni del centenario dell'inizio della guerra, il 2014: il tutto con il coordinamento del Museo storico italiano della guerra di Rovereto. In questo anno e mezzo la rete di soggetti che si occupa di Prima Guerra Mondiale, composta di persone e istituzioni private e pubbliche, ha lavorato intensamente.  Il direttore del Museo storico del Trentino Giuseppe Ferrandi ha detto che «la rete non è una nuova istituzione o una nuova associazione culturale, bensì un punto di partenza con un potenziale incredibile di sviluppo territoriale e che non richiede grandi eventi, ma aiuti concreti ai piccoli musei periferici che non riescono a garantire aperture continuative e certe, e che hanno difficoltà a pubblicizzare quello che fanno».  Le preoccupazioni, emerse soprattutto dai rappresentanti istituzionali, sono che, tra poco, bisognerà confrontarsi con gli ambiziosi progetti per il 2014 del Veneto, del Friuli e della Lombardia, che prevedono investimenti per milioni di euro.

«Ma forse, in questo caso - è stato ricordato - l'interlocutore non sarà certo la rete bensì l'ente capofila, che finora è stato il Museo della guerra di Rovereto». Insomma sono due esigenze diverse e con tempi diversi. Sicuramente il centro promotore, come ha esortato lo storico Fabrizio Rasera, deve anche guardare a progetti con un respiro più ampio e che collochi il Trentino con un po' di originalità, come avere finalmente un momento alto di confronto su cosa vuol dire mettere mano alle fortificazioni e alle trincee dopo le ultime violente polemiche sugli interventi sullo Zugna (nella foto); oppure sulla unicità delle vastissime scritture popolari e sull'opportunità che il Mart approfondisca il tema guerra-arte. L'assessore provinciale Panizza ha preso nota ed ha aggiunto che qualche soldino per il centenario ci sono: soprattutto ha detto ai Comuni che se hanno progetti di recupero di farli arrivare entro aprile e che il forte di Cadine (altra novità) non sarà più il centro informativo di tutta la provincia, vista la sua difficoltà di accesso.  La rete "Trentino grande guerra" è partita il 5 giugno 2009: ha realizzato 12 mostre di "Paesaggi di guerra", 27 allestimenti con 50 mila visitatori. È stata organizzata la rete tra i 19 musei che si occupano di questo argomento, con un depliant in due lingue, 20 puntate andate in onda su Rttr "Dalla guerra alla pace" e viste da 350 mila persone. Per il 2011 si stanno producendo 19 brevissimi filmati per il web, una guida che inquadra i musei e il loro territorio suddiviso in ambiti, un coordinamento tra le escursioni e le serate storiche, un potenziamento del sito Internet, un ciclo di video interviste ai recuperanti e la formazione per gli addetti al turismo

 

«Giornata della memoria» a forte Gazzera

La Nuova Venezia - 23 gennaio 2011

GAZZERA. Iniziano all'interno di forte Gazzera le manifestazioni di Chirignago-Zelarino legate alla «Giornata della memoria» del 27 gennaio. Domani alle 10 nella ex postazione di artiglieria di via Brendole verrà infatti inaugurata la mostra «1938-1945. Una comunità tra persecuzione e rinascita», esposizione a cura di Renata Segre Berengo. L'iniziativa è promossa dalla Municipalità e dalla comunità ebraica di Venezia, in collaborazione con l'associazione «I Figli della Shoah» e durerà fino al 29 gennaio. Il 27 la tradizionale fiaccolata si terrà quest'anno alla Cipressina.

 

«Bastava poco per evitarne il degrado»

Corriere delle Alpi - 11 gennaio 2011

PIEVE DI CADORE. «Emerge subito», sottolineano da NuovoCadore.it, facendo un po' la sintesi dei messaggi lasciati sul forum, «il confronto con il monte Ricco, altra fortificazione cadorina per il quale il Comune di Pieve sta investendo cifre importanti, per rimborsare le quali sarà necessario impegnare il bilancio comunale per molto tempo».

E gli utenti si chiedono anche un'altra cosa: «Il Comune non poteva preservare i locali di Col Vaccher perfettamente agibili e in buono stato e destinarli ad un uso pubblico?

Sarebbe bastato un piccolo investimento per mettere a norma gli impianti e darlo in autogestione a qualche gruppo o associazione, con il risultato di poter offrire spazi per i giovani che tanto ne denunciano la mancanza». (a.s.)


 

 

Col Vaccher, il web in soccorso - Un forum su NuovoCadore.it ne sollecita un immediato recupero

Corriere delle Alpi - 11 gennaio 2011

 

PIEVE DI CADORE. Il degrado del forte di Col Vaccher corre sul web. NuovoCadore.it, il portale del Cadore, ha una sezione dedicata a un forum, una bacheca on-line aperta a tutti, al quale sono già iscritti 330 utenti e in cui sono stati inseriti più di 2.000 messaggi.

Il feedback positivo che si trae da questo strumento è ricollegabile al fatto che gli utenti iscritti, confrontandosi sulle pagine del sito, arrivano a promuovere delle iniziative spontanee riguardanti temi sentiti nel territorio di residenza. Dagli utenti è emersa la necessità di documentare quanto prima con reportage fotografici situazioni di particolare degrado relative al territorio di appartenenza.

In particolare, in questi giorni è emersa la questione relativa al forte di Col Vaccher, situato nel Comune di Pieve di Cadore, definito da Cesare Vecellio«opera fortificata, realizzata alla fine dell'800, tra le più importanti presenti in Cadore, in quanto aveva funzione di controllo della Val Boite e della carrozzabile». Circa 20 anni fa, il Comune di Pieve ha affittato i locali del Forte a Olivo De Polo che, con enormi sforzi e migliaia di giornate di lavoro, era riuscito a ristrutturarlo, trasformandolo in abitazione, locale pubblico e laboratorio per la lavorazione delle ceramiche (vasi, piatti e molto altro).

«Molti erano gli artisti che frequentavano il suo locale», sottolineano i tecnici di NuovoCadore.it, «e, nonostante il suo comportamento a volte scontroso e imprevedibile,

Olivo era riuscito a diventare un "personaggio". In seguito alla sua morte la sua compagna, Franca, ci abitò ancora per qualche tempo e poi il forte venne restituito al legittimo proprietario: il Comune di Pieve di Cadore».

Il reportage fotografico pubblicato all'interno del forum documenta lo stato di degrado ormai decennale del forte, dovuto sia all'abbandono e sia agli atti di vandalismo subiti e che più volte sono finiti agli onori della cronaca.

di Alessandra Segafreddo



 


 

Forte Marghera è una Stella d'acqua Negli occhi e nelle opere di un docente sudafricano

La Nuova Venezia - 8 gennaio 2011 di Gianluca Codognato

 Un tempo avevano lo scopo di difendere il territorio dai nemici. Ora rappresentano un pezzo di storia alla ricerca di una propria identità. La costellazione di fortificazioni dislocate a Venezia e in particolare attorno a Forte Marghera sono da sempre luoghi in attesa di un nuovo riconoscimento da parte della città.  Ernst Struwig - architetto di Città del Capo, docente dello Iuav dal 1999 dove svolge attività didattica nell'ambito della progettazione architettonica - ha voluto celebrare tramite l'arte proprio le fortificazioni che imprigionano il bordo della laguna con 12 opere (quadri e bassorilievi) esposte nello spazio eventi Ca' Zen, in viale Garibaldi 2.  Curata dall'architetto Magda Minguzzi, la mostra, intitolata «Stella d'acqua», presenta le ultime opere di Struwig, lavori che prendono ispirazione soprattutto dal campo trincerato di Forte Marghera. Il tema affrontato dal docente sudafricano, «è particolarmente importante - come spiega la stessa curatrice dell'esposizione - perché rappresenta luoghi da sempre in attesa: un tempo, in attesa di difendere il territorio, oggi di trovare una nuova identità. La domanda che Struwig pone attraverso le sue opere è: possiamo sottrarre un luogo al suo destino?».  Il significato di «Stella d'acqua» trova sostegno nella presentazione della mostra, tramite le parole dell'artista. «Conoscere un luogo enigmatico che sta fra cielo, acqua e terra come l'universo della laguna di Venezia è uno straordinario artifact a scala geografica. All'interno di questo teatro lagunare caratterizzato dalla singolare qualità della luce prodotta dell'interscambio fra acqua e cielo, da un orizzonte infinito, dal «galleggiante» centro storico di Venezia, c'è Forte Marghera. Elemento fondante dell'identità urbana, antologia dell'architettura difensiva veneziana che diventa prima strumento di lettura, e poi si trasforma, attraverso l'opera, in una scrittura del luogo. Come Venezia e le sue isole la cui origine si fonda sull'acqua, anche questa Stella d'acqua non è solitaria ma accompagnata da diverse costellazioni di fortificazioni disperse in fragili suoli lungo la vastità del territorio veneziano».  La mostra si visita fino a venerdì 21 gennaio, dalle 10 alle 12.30 e dalle 16.30 alle 19.30, da martedì a sabato.  

 

Le fortezze della Lombardia

Il Sole 24ore - 7 gennaio 2011

Stemmi nobiliari, ripetuti per ribadire il potere della casata. Grandi affreschi, realizzati da maestri come il Mantegna. Sulle tracce del biscione dei Visconti, che nel Trecento spiccava un po' dappertutto, è possibile ripercorrere vicende e intrighi familiari dei nobili milanesi, visitando gli oltre 50 castelli disseminati in territorio lombardo. Tra prosperità e ingegno militare, la rete di fortificazioni raggiunse il suo splendore all'alba del Rinascimento: visitabili per lo più su prenotazione, a volte riconvertiti in moderni uffici o ristoranti, le roccaforti – prima dei Visconti, poi degli Sforza – schiudono verità e testimonianze di un'epoca, in bilico tra crisi e rinascita.

Nel 1360 tutti i Comuni del Pavese furono costretti ad accollarsi le paghe degli operai per costruire il castello cittadino. I Visconti perpetrarono ruberie di calce, sassi e travi in vari luoghi e imposero tasse al clero di Novara per sopperire ai costi, che raggiunsero i 4mila scudi. Avevano propensione per l'edilizia in genere, e queste dimore fortificate divennero presto i loro palazzi, luoghi di vita, dei piaceri della tavola, dell'alcova alla caccia e dell'ospitalità. Si affermò così il modello di castello visconteo, a Pavia come a Mantova, a protezione dei valichi montani, agli incroci di antiche strade, alla confluenza di corsi d'acqua.

Galeazzo II, sempre insoddisfatto delle sue costruzioni e condizionato da profonda diffidenza e spirito di sfida verso il fratello Bernabò Visconti, reagì edificando decine di baluardi difensivi, finché scelse la zona di porta Vercellina per erigere quello che poi sarebbe diventato il Castello Sforzesco di Milano, dove visse il nipote Filippo Maria, l'ultimo dei Visconti. Appassionato di tarocchi, miniature tardogotiche e cultore di giochi educativi, Filippo Maria commissionò alcuni dei mazzi preziosi a noi pervenuti, oggi conservati all'Accademia Carrara di Bergamo o nella Pinacoteca di Brera. Il gioco era un gradito intrattenimento per i duchi: carte, dadi, scacchi e giochi di palla venivano praticati in tutte le loro residenze.

Gian Galeazzo Visconti, figlio di Galeazzo II e padre di Filippo Maria, nel 1381 donò alla madre Bianca di Savoia il borgo di Vigevano, compreso il castello edificato con le ingenti spese della comunità, che fu ripagata con l'esenzione dalle tasse e il diritto ai dazi nei decenni successivi. Alle signore della casata furono affidate numerose fortezze, e loro si rivelarono ottime amministratrici, nel Trecento, quando le fortune dei Visconti andavano consolidandosi. Era fitto il corteggio di dame di compagnia e nobildonne, spesso accompagnate dai loro figlioletti: alcune lettere di Agnese del Maino, amante di Filippo Maria Visconti, raccontano delicati aneddoti circa la frequentazione dei piccoli duchi con altri bambini, con cui dividevano giochi e merende. Al duca Filippo Maria si deve la complessa politica di canalizzazione del Milanese: una rete di vie d'acqua che allora serviva per collegare Milano a Pavia, passando per i castelli di Abbiategrasso, Vermezzo e Bereguardo, toccando quello di Binasco. Il duca portò a termine anche l'escavazione di un canale derivato dal Naviglio Grande fino al castello di Cusago: oggi si stenta a credere che questa roggia fu un naviglio ducale.

È attraverso il romanzo ottocentesco Marco Visconti di Tomasso Grossi che si entra nel vicino castello di Rosate, dove prende forma il topos della dama segregata nel castello dal signore tiranno, un leitmotiv della storia medievale che troverà nel Manzoni un'interpretazione mediata, considerato il ceto sociale di Lucia e l'ambientazione più moderna. In età viscontea la tragedia di Bice del Balzo narrata da Grossi richiama le storie di tanti don Rodrigo affacciati alla finestra del loro castello, ispirate alle vite di personalità come Agnese del Maino e Bona di Savoia (compagna di Ludovico il Moro), e soprattutto di Beatrice di Tenda, consorte di Filippo Maria la cui morte fu musicata da Vincenzo Bellini nel dramma di Felice Romani.
L'Associazione Castelli e Ville aperti in Lombardia, nata nel 1997 per presentare un nuovo e omogeneo circuito turistico e culturale, oggi conta 40 dimore e circa 1 milione di visitatori annuali 
Michela Finizio

 

In visita ai lavori che renderanno agibile il caposaldo austriaco in vista del centenario della Grande Guerra Forte Pozzacchio, uno straordinario cantiere

Voce Comune | Notiziario di Trambileno

A vederlo già ora, con soli i cunicoli ripuliti dal materiale e dai detriti accumulati in quasi un secolo di abbandono, si fatica a riconoscerlo. E pensare a come sarà tra poco più di un anno, quando sarà completamente illuminato, gli interni saranno completati e la sommità resa accessibile, rende Forte Pozzacchio/Valmorbia Werk davvero un luogo unico e straordinario. Suggestivo, a modo suo, è già il cantiere di questo imponente restauro al quale il comune di Trambileno con la soprintendenza ai beni architettonici della Provincia sta lavorando da diversi anni e che finalmente prende forma. È proprio in questi mesi, in cui il Forte – che non essendo in origine mai giunto a conclusione – è tornato ad essere un cantiere, che questa macchina da guerra incompiuta si legge al meglio nelle sue caratteristiche peculiarità. Per questo è stato davvero significativo che il consueto appuntamento con la festa di metà luglio non sia saltato ma si sia trasformato in una visita al cantiere di un’opera che ha valenza sovracomunale e delle grandi potenzialità in vista del centenario della Grande Guerra. Il Progetto Chi si aspetta un restauro di Forte Pozzacchio/Valmorbia Werk che lo riporti alla situazione prima dell’inizio della guerra, o peggio, crede che siano poste in opera e ricostruite le cupole mai realizzate sulla sommità, si deve ricredere.

Quello che si sta realizzando nella roccia tra Trambileno e Vallarsa è un restauro dei migliori dal punto di vista architettonico, a firma di Francesco Collotti e Giacomo Pirazzoli. Non una ricostruzione di una situazione antecedente – che oltre a falsare l’ambiente costruito cancellerebbe gli effetti della guerra e dell’abbandono di un secolo – ma un sottile lavoro di conservazione e valorizzazione dell’esistente, rendendolo accessibile in sicurezza e ricreando quelle che erano le sensazioni che si dovevano avere all’epoca, ridando significato alle varie zone del forte austroungarico ora poco riconoscibili. Per questo tutte le opere di nuovo inserimento saranno in acciaio Cor-ten  e dipinte di arancione. Un arancione che sta ad indicare tutte quelle opere che nel restauro sono costruite ex novo e non sono quindi parte originale del manufatto. Dal punto di vista pratico, saranno realizzati i collegamenti per permettere la fruibilità del forte in assoluta sicurezza. Una grande scala permetterà di salire alla sommità senza rischi. Un camminamento in alto avrà le dimensioni di quelle che dovevano essere le calotte girevoli con cui sarebbe stato armato il caposaldo, proprio per rendere dal punto di vista spaziale l’idea del forte come avrebbe dovuto essere. Nelle grotte all’interno, tutti i cunicoli saranno illuminati in modo da renderli percorribili con facilità. Nei grandi stanzoni dove trovavano posto le baracche per rendere un po’ più confortevole la vita dei soldati, saranno riprodotte queste “case nella grotta” con materiali contemporanei, per far capire la loro funzione e la loro spazialità senza ingannare il visitatore con un restauro in stile. Infine ogni postazione, ogni feritoia, sarà riqualificata e valorizzata per quella che era la sua funzione originaria. Dei punti di vista permetteranno di traguardare gli obiettivi che  queste postazioni sorvegliavano, valorizzando quindi ogni luogo ricostruendone l’originale funzione.

Ciò verrà completato poi, con le opere di completamento che riguarderanno tutta l’area attorno al Forte, dalla strada di accesso alle caserme nei dintorni e al bosco che  sarà museo a cielo aperto; questo intervento, già progettato a livello preliminare, farà parte del secondo lotto funzionale che sarà oggetto di richiesta di finanziamento provinciale da parte del Comune entro ottobre di quest’anno. Il cantiere Il fatto che Forte  Pozzacchio sia l’unico forte scavato interamente nella roccia, rende del tutto particolari le tecniche da adottare per questo cantiere. Della particolarità e difficoltà dell’intervento in atto se ne sono resi conto anche gli assessori provinciali Franco Panizza e Tiziano Mellarini, che assieme ai tecnici e alla giunta comunale hanno visitato i lavori nei mesi scorsi. Trattandosi infatti di grandi spazi ipogei, è necessaria oltre ad una buona illuminazione del cantiere, anche una versatilità dei mezzi da adottare a riguardo oltre ad una straordinaria maestria negli operai che vi lavorano. Per liberare il materiale accumulato nei cunicoli, in parte proveniente da crolli, in parte da riempimenti svolti in passato per occultare e rendere più sicure le zone di trincee e pozzi, la ditta che lavora al restauro utilizza mezzi piccoli. Minipale  e miniescavatori negli spazi che lo permettono, carriole cingolate per attraversare i cunicoli più angusti, attrezzi a mano per i luoghi meno agevoli. Un cantiere che viene costantemente controllato dal punto di vista della sicurezza e della operatività, che per le sue straordinarie caratteristiche è oggetto di un video in fase di realizzazione da Luciano Stoffella (alla festa del Forte si poteva vedere un’anteprima della quale riportiamo alcuni fotogrammi in queste pagine) che testimonia le grandi abilità delle maestranze e i problemi insiti in questo cantiere. Nel liberare il fossato in alto dai detriti, si è scoperto che la quota ipotizzata non era quella reale. In realtà questo cunicolo si abbassava di tre metri e questo ha comportato la modifica della struttura che dovrà reggere il camminamento in alto. Per quanto riguarda lo sgombro delle gallerie, spettacolari sono le scene che mostrano gli operai che portano fuori il materiale su mezzi cingolati, a volte gettandoli “a sbalzo” sulla benna della gru attraverso i finestroni che guardano verso valle. Il tutto senza poter rinunciare alla sicurezza. Dal “pozzo” centrale – dove in origine stava il montacarichi – è stato estratto materiale che raggiungeva oltre due metri di altezza. Lì tra qualche settimana sarà montata la grande scala che sarà divisa in tre pezzi per poterla calare dall’alto e montare all’interno  del cunicolo. Il cuore del forte di un tempo diventa il cuore del progetto e anche del cantiere, racchiudendo nella straordinarietà di uno spazio sospeso tra il buio del sottosuolo e la splendida vista sulla valle, i problemi e le potenzialità di un progetto che sarà sicuramente di grande importanza per la realtà di Trambileno e non solo. Massimo Plazzer

 

La Base West Star

Da Folgore di gennaio 2011

Affi, uscita sull’autostrada del Brennero solitamente intasata nel periodo estivo soprattutto da chi si reca in vacanza al Lago di Garda, S.Zeno di Montagna, Caprino Veronese, o in qualsiasi altro luogo di questa meravigliosa porzione di territorio Veronese. Anch’io tante volte da bambino, con la mia famiglia, passavo da questi luoghi ed ero affascinato da quello strano Monte che attirava lo sguardo e quasi intimoriva merito di tutte quelle leggende metropolitane costruite su di esso. Tutte le volte, con la coda dell’occhio indifferentemente, quasi fosse un furto, si cercava di carpire qualche movimento che era sicuramente strano e segreto anche perché alimentato e ingigantito dalla nostra galoppante fantasia infantile. Oggi so che quello «strano» Monte si chiama Moscal, ma da bambino per me e sicuramente per molti miei coetanei, era la Base Militare Americana Super Segreta. Chissà cosa conteneva quella montagna, chi ipotizzava fosse un deposito di armi speciali e segrete, chi sede di esperimenti militari, chi addirittura diceva che contenesse testate nucleari e all’improvviso poteva spalancarsi e far partire i potenti missili, una voce diceva addirittura che la montagna era stata costruita in un secondo tempo, sopra alla base per mimetizzarla e renderla invisibile ai rilevamenti aerei.

Gli abitanti della zona comunque, qualsiasi cosa contenesse, si sentivano i meno sicuri di tutto l’occidente, perché in caso di attacco atomico, quel Monte era certamente uno dei primi bersagli nel mirino dell’armata rossa, eravamo nel periodo di guerra fredda, e molto vicini ad uno scontro tra titani. Dopo che nel 1962 con la crisi Cubana le cose andarono via via peggiorando tra le due superpotenze con Kennedy da una parte e Krusciov dall’altra si sfiorò un conflitto atomico. Tutto ciò che per anni era riuscito a rimanere underground, nascosto, segreto, improvvisamente esce allo scoperto, nel più semplice dei modi, con una visita all’interno della base, per questa volta riservata a poche decine di persone tra le quali il Ministro della difesa On. Ignazio La Russa, il Sottosegretario all’Economia On. Alberto Giorgetti, e l’Assessore Regionale (paracadutista) Massimo Giorgetti, che accompagnati nella visita dal Generale Novelli del COMFOTER,hanno potuto sfatare tutti i miti e le leggende che si erano col tempo costruite su di essa. Gli uomini degli eserciti della metà «buona» del mondo, hanno lavorato per ben 13 anni, fino al 1963 per far diventare questa «città sotterranea» operativa a tutti gli effetti. Oggi lo scenario politico mondiale è cambiato, non è più critico come quegli anni dopo la caduta del muro di Berlino e lo sfascio della politica rossa e mantenere attiva una base come questa, anche se tecnologicamente ancora all’avanguardia, (ne esiste una simile solamente in Belgio) comporta una spesa oggi inutile e non più sostenibile per le nostre forze armate, ecco che allora grazie all’interessamento dell’Assessore Regionale Massimo Giorgetti, la Regione Veneto ha pensato di convertire il sito ed il 4 febbraio 2010 con un emendamento del consiglio veneto ha stanziato centomila euro per i prossimi tre anni, per far sopravvivere «West Star», durante i quali si troverà il modo di farla diventare museo a tutti gli effetti. «Vorrei – ha detto Massimo Giorgetti – che qui si potesse realizzare un museo militare. L’emendamento di 300mila euro copre le spese di tre anni per la base inattiva. Stiamo cercando un accordo perchè non venga dismessa». La «stella dell’Ovest» è tenuta in vita dal tenente colonnello Giovanni Basile. È lui che si occupa delle aree dell’esercito nel Veronese. Lui che ha guidato tutti in quella «città sotterranea» di cui conosce ogni angolo. Questi cunicoli vengono alimentati da un’aria riciclata, indispensabile perchè quei muri non vengano sopraffatti dalle muffe e dai muschi della montagna. Un tunnel lungo 1.300 metri circa perfora il monte da un lato all’altro, quasi a metà vi sono tre entrate protette da porte che garantiscono la pressurizzazione, porte spesse almeno una ventina di centimetri che separano in maniera definitiva e assolutamente fisica da qualsiasi elemento esterno, sia esso acqua, aria o contaminazione. Per poter entrare, dopo queste enormi porte, bisogna oltrepassarne altre ancora seppur di spessore inferiore, ma sempre a chiusura ermetica.

Ecco che arriviamo ad un insieme di corridoi e stanze, una vera città sotterranea, con tutti i servizi, c’è il cinema, la mensa, l’infermeria, il bar, il barbiere, i lavandini dei bagni sono addirittura di marmo, e l’unica cosa che manca sono proprio le armi, che addirittura non ci sono mai state in questi tredicimila metri quadrati incavati nella roccia, dove si entrava solamente per lavorare. Sembra comunque di essere su di una nave, non in un’enorme caverna artificiale. Tre vasche gigantesche contenevano l’acqua per la sopravvivenza delle 500 persone che vi avrebbero dovuto lavorare con il sostentamento, garantendo così per 6 mesi l’operatività del Comando delle Forze Alleate Sud Europa anche in caso di guerra nucleare. Nel nostro giro nei meandri della base, arriviamo finalmente nella vera sala comando, la «sala Tempest», ecco che allora la sensazione di essere su di una nave scompare. Vi è un grande specchio, dietro al quale stavano gli interpreti che traducevano per i vari ufficiali, è qui che ci si rende conto, in questa sala insonorizzata guardando una «mappa» disegnata con dei pennarelli che vanno dal blu all’azzurro, e con una linea netta che divide i paesi Nato da quelli dell’URSS. Tutte le enormi cartine dell’Italia che ci sono intorno, non danno il senso di quell’unica cartina dell’Europa disegnata a mano. Il ministro della Difesa La Russa in questa sala, si è espresso elogiando l’iniziativa: «La Regione Veneto ha fatto bene a stanziare i 300mila euro. Per noi questa sede non ha alcuna valenza strategica e da tempo stiamo razionalizzando le spese. Se arriverà un progetto per un museo cercheremo di agevolare l’operazione, soprattutto adesso che si pensa di creare una realtà come “difesa spa”. Il museo non dovrebbe essere quello della “guerra fredda”, ma quello della “guerra mancata”. Per noi non ha senso avere dei siti solo per tenerli e questa iniziativa di Giorgetti mi sembra fondamentale, per una realtà come quella di questa base». La «città sotterranea», venne utilizzata l’ultima volta sei anni fa, per un’esercitazione virtuale tra i vari comandi europei. Dario Evangelisti