ANNO
2011
Storia della Grande guerra, un progetto
Messaggero Veneto - 28 dicembre 2011
PINZANO La memoria della Grande Guerra come
“ricchezza” storica per promuovere il territorio: questo
l’intento dell’amministrazione comunale di Pinzano al
Tagliamento. Oltre al recupero dell’ex ossario militare
di Pion, l’altro sito individuato è quello del ponte sul
Tagliamento, dove sono presenti fortificazioni legate al
primo conflitto mondiale del quale tra poco ricorrerà il
centenario. In giunta comunale è passato il progetto di
recupero inserito nel programma triennale 2009-2011
delle opere pubbliche, pari a 40 mila euro di cui 16
mila coperti dalla Regione, il resto con fondi comunali.
Un momento in cui è stato fatto il punto sul futuro del
progetto, che accanto ai lavori di cantiere veri e
propri prevede anche la realizzazione di una specifica
cartellonistica. L’intento finale è quello di legarsi
con le attività turistiche già in atto sulla riva
sinistra del fiume, visto che a Ragogna è attivo da
qualche anno il museo della Guerra. Nelle sue sale
vengono raccontati il progetto fortificatorio
d’anteguerra, i primi anni del conflitto, le battaglie
della ritirata di Caporetto tra le quali la battaglia
del Tagliamento, la difesa del monte di Ragogna e lo
sfondamento di Cornino. Tutti avvenimenti che
coinvolsero anche Pinzano, che quindi punta a entrare
anch’esso in pianta stabile nell’itinerario tematico
legato all’esposizione museale e che si sviluppa attorno
al monte che domina la stretta sul Tagliamento. A
settembre dalla sede del museo era partito un gruppo di
studiosi e appassionati, recatosi dapprima nella zona
del ponte per osservare le fortificazioni (risalenti
anche agli anni successivi alla Grande guerra), quindi
sul vicino colle dove si trova l'ex ossario germanico,
voluto dal Terzo Reich per ricordare i caduti della
battaglia sul ponte. (d.f.)
CONTRO IL RADAR
ANTI-MIGRANTI MOBILITAZIONE
POPOLARE E RICORSO AL TAR
Da webmarte.tv del 27
dicembre 2011
L’installazione
del radar antimigrante ha
mobilitato la cittadina di
Melilli, che su iniziativa
del Presidente del
Consiglio, Sebastiano Sbona,
ha discusso della
problematica nella seduta
dell’ultima Assise comunale
di martedì scorso.
Sono stati presentati, per
la visitazione dei
consiglieri, un parere
tecnico legale con le
motivazioni giuridiche che
inficiano l’installazione
del radar nelle prossimità
del centro abitato di
Melilli, che colpirebbe con
il cono d’ombra del radar
anche la prossima Priolo
fino ad arrivare a Siracusa.
Pronti a ricorrere al TAR ed
a organizzare – ha detto il
Presidente Sbona – una
mobilitazione popolare per
far sentire con forza la
volontà della cittadinanza
di smantellare il radar
anti-migrante della Guardia
di Finanza, per un atto di
prevaricazione – continua
Sbona – verso i cittadini
melillesi, che sono stanchi
di vedere il proprio paese
considerato come la
“cenerentola” dei comuni.
Non sembra invece
soddisfatto delle iniziative
proposte
dall’amministrazione, il
comitato Movimento Difesa
del Cittadino che, con una
nota, ha considerato le
risposte dello scorso
consiglio comunale
“estremamente fumose e
lontane da ciò che oltre 700
cittadini, e con essi il
Movimento Difesa del
Cittadino, hanno richiesto
con una petizione popolare”.
“Abbiamo assistito – afferma
ancora il Movimento – a
tatticismi oscillanti tra
tentativi di
strumentalizzazioni ed una
serie di bizzarre
definizioni sulla rilevanza
del radar-antimigranti. Ci
aspettiamo un’azione forte e
non sottovalutiamo la
possibilità di intraprendere
un’azione legale”. Silvana
Baracchi
Mura e forti al Comune,
pronti i piani -
FEDERALISMO DEMANIALE. Nel
2012 si concluderà il
passaggio dei beni. Polato:
«Verranno valorizzati dai
cittadini» Zone sportive e
culturali, parchi e percorsi
pedonali Associazioni in
campo con progetti e
interventi
L'Arena - 24 dicembre 2011
La Rondella delle
Boccare, via
Ippolito Nievo,
Valdonega
- Percorsi pedonali e
storico-archeologici,
zone attrezzate per
praticare sport, sedi e
luoghi di ritrovo per
associazioni di
volontariato e
culturali, parchi e
giardini curati. Sono le
prime idee per gestire
mura, bastioni, forti e
altri edifici e aree di
proprietà dello Stato
che passeranno gratis al
Comune, con il
federalismo demaniale.
Il 2012 alle porte
dovrebbe essere l'anno
buono. Il 2 febbraio gli
uffici del settore
patrimonio del Comune,
con l'assessore Daniele Polato, le
Sovrintendenze ai Beni
paesaggistici e
archeologici e il
Demanio s'incontreranno
a Venezia per esaminare
e dare il via libera al
Piano di acquisizione
dei beni. Questo andrà
poi sottoposto al voto
della Giunta e del
Consiglio comunale.
Il «Programma di
valorizzazione del
sistema difensivo
veronese» ha appena
avuto il nulla osta
dalle Sovrintendenze.
Ora si attende quello al
documento finale, in
febbraio. Poi si penserà
alle funzioni da
assegnare ai vari
compendi, oltre a
manutenzioni e restauri.
I progetti, oltre alla
cinta delle mura
magistrali, si
riferiscono ai forti
Lugagnano (San Massimo),
Sofia (Valdonega-Torricelle),
Parona (Boscomantico),
Santa Caterina (Porto
San Pancrazio), Procolo
(zona Navigatori) e
Preara detto John (Montorio),
oltre alle Torri
Massimiliane e al bosco
delle Torricelle, a
Castelvecchio, alla
vasca dell'Arsenale. Il
forte Lugagnano è in
concessione temporanea
al Comune ed è stato già
affidato ai Marinai
d'Italia e ad altre
associazioni
combattentistiche e che
hanno sistemato l'area e
l'interno dell'edificio.
Lavori di recupero, in
questo caso affidati ad
associazioni di
volontariato, sono
partiti anche al Forte
Santa Caterina, al
Pestrino. «Questi i beni
vincolati da noi
richiesti e che, in base
all'articolo 5 del
decreto sul federalismo
demaniale, hanno una
corsia preferenziale
nell'acquisizione»,
spiega l'assessore
Polato. «Ora sono beni
di valore
storico-monumentale e
quindi vincolati, ma
presto diventeranno di
tutti i veronesi. Con il
prossimo anno così
partirà così la
collaborazione fra
istituzioni e cittadini
per promuovere attività
e iniziative in forti,
bastioni e mura».
Il Comune ha chiesto poi
di acquisire altri
edifici e beni demaniali
— alcuni considerati
tutt'ora di interesse
governativo e quindi non
disponibili subito — che
però verranno assegnati
in un secondo momento,
rispetto a quelli
vincolati. Anche per
questi però è già
cominciato l'iter per il
passaggio dallo Stato
all'ente locale. La
lista comprende le
caserme Riva di
Villasanta (San Zeno,
destinata all'Azienda
ospedaliera) e Martini
(zona navigatori;
ospiterà la nuova
caserma della Guardia di
Finanza), poi la San
Bernardino (San Zeno) e
anche Palazzo Bertoldi
(a Veronetta, in via
Nicola Mazza, attuale
sede della Guardia di
Finanza). Rientrano poi
nell'elenco anche
l'Educandato agli Angeli
(zona Cittadella) e
parte del complesso
monastico di San
Giuseppe. Ci sono poi
numerosi boschi,
torrenti e pezzi di
strade e varie altre
aree. Enrico
Giardini
"Il Risorgimento a Verona e nel Veronese" Nasce il “Museo diffuso” on web dalle iniziative realizzate sul territorio
Dal sito www.carnetverona.it del 21 dicembre 2011
Oggi,
al
Palazzo
Scaligero,
l’assessore
alla
Cultura
e
Identità
Veneta
Marco
Ambrosini
ha
annunciato
il
progetto
on
web
“Museo
diffuso
del
Risorgimento
Veronese”,
nato
dalle
iniziative
realizzate
in
11
Comuni
veronesi
con
il
coordinamento
provinciale
“Il
Risorgimento
a
Verona
e
nel
Veronese”.
Il
progetto
è
stato
realizzato
dall'Assessorato
alla
Cultura
della
Provincia
di
Verona,
con
il
coordinamento
organizzativo
della
Fondazione
Fioroni
di
Legnago
capofila
e
con
la
collaborazione
del
Com.f.o.ter
e
dell'I.s.a.m.
e ha
coinvolto
le
amministrazioni
di
11
Comuni
della
provincia:
Verona,
Bardolino,
Castelnuovo
del
Garda,
Legnago,
Pastrengo,
Peschiera
del
Garda,
Rivoli,
Sommacampagna,
Sona,
Valeggio
sul
Mincio,
Villafranca.
Erano
presenti:
Andrea
Ferrarese,
direttore
della
Fondazione
Fioroni
di
Legnago;
Mario
Rizzi,
sindaco
di
Pastrengo;
Mirko
Campagnari,
sindaco
di
Rivoli;
Leonardo
Oliosi,
assessore
alla
Cultura
del
Comune
di
Valeggio
sul
Mincio;
maggiore
Angelo
Ciavarella,
responsabile
delle
pubbliche
relazioni
del
Com.f.o.ter.
di
Verona;
architetto
Fiorenzo
Meneghelli,
vicepresidente
dell'Istituto
per
la
Storia
e
l'Architettura
Militare
(ISAM);
Marco
Monaco,
per
la
Società
“Provincia
di
Verona”;
Andrea
Deamoli,
consigliere
con
delega
alle
Manifestazione
e
alla
Protezione
Civile
di
Castelnuovo
del
Garda;
Maurizio
De
Lorenzi,
assessore
alle
Politiche
Giovanili
del
Comune
di
Legnago.
L'Assessorato
alla
Cultura
della
Provincia
di
Verona
e la
Fondazione
Fioroni
di
Legnago
hanno
realizzato,
nell'anno
del
150°
anniversario
dell'Unità
d'Italia,
una
serie
di
iniziative
dedicate
agli
eventi
e ai
fatti
salienti
per
la
storia
del
Risorgimento
a
Verona
e
nel
Veronese.
Per
questo
è
stato
sviluppato
un
complesso
progetto
di
rete
che
ha
coinvolto
le
realtà
culturali
maggiormente
interessate
allo
studio
della
storia
risorgimentale
e le
amministrazioni
comunali
il
cui
territorio fu
toccato
dai
più
importanti
accadimenti
storici.
Scopo
dell'iniziativa
è
stato
quello
di
avvicinare
il
pubblico
alla
conoscenza
e
alla
comprensione
dei
momenti
decisivi
e
cruciali
del
Risorgimento
veronese,
interrogandosi
sul
proprio
passato
e
sui
segni
lasciati
da
esso
nel
tempo
fino
ai
giorni
nostri.
A
partire
da
maggio
del
2010
la
Provincia
di
Verona
e la
Fondazione
Fioroni
capofila
del
progetto
di
coordinamento
hanno
attivato
una
serie
di
incontri
con
i
vari
rappresentanti
delle
amministrazioni
locali
della
provincia
e
del
territorio
veronese.
I
successivi
colloqui
e la
verifica
delle
disponibilità
degli
enti
hanno
permesso
di
predisporre
un
piano
di
intervento
articolato
in
quattro
strategie
primarie
di
azione,
individuate
e
inserite
all'interno
di
una
programmazione
unitaria,
nello
specifico:
-
Conferenze e convegnistica – momenti culturali di discussione e incontro organizzati nei comuni di Peschiera del Garda, Castelnuovo del Garda, Sommacampagna, Sona, Villafranca, Rivoli, Bardolino, nella sede della Fondazione Fioroni, nel Circolo Ufficiali di Castelvecchio e nella Loggia di Fra' Giocondo dall’Isam e dal Comfoter.
-
Mostre – esposizioni sul tema del Risorgimento, dal titolo: “Il museo del Risorgimento: Verona dagli Asburgo al Regno d’Italia”, “Vivere in fortezza. La vita quotidiana nelle piazzeforti del Quadrilatero”, “Dalle origini all’Unità d’Italia. Nomi e volti di protagonisti”, “Il territorio fortificato veronese: dall’impero austro-ungarico al Regno d’Italia”, “Un museo per la città. Maria Fioroni e il museo del Risorgimento di Legnago”, “Pier Domenico Frattini e i martiri di Belfiore”, “150 anni di uniformi, 1861 - 2011”, organizzate nei comuni di Verona, Peschiera del Garda, Villafranca, nella sede della Fondazione Fioroni di Legnago e nel Circolo Ufficiali di Castelvecchio dall’Isam e dal Comfoter
-
3 .Rievocazioni storiche – numerosi figuranti hanno interpretato, per avvicinare alla storia adulti e bambini, episodi significativi del Risorgimento veronese, dal titolo: “Momenti e fatti militari della prima e della seconda guerra d’indipendenza” a Valeggio sul Mincio e Villafranca; “Il combattimento di Bosco di Sona (5 aprile 1799)” a Sona; “163° Anniversario della Carica dei Carabinieri” a Pastrengo; “Momenti e fatti militari nella fortezza del Quadrilatero durante il 1848” a Legnago, “Il combattimento di Calmasino (29 maggio 1848)” a Calmasino di Bardolino
-
4.Percorsi storico-monumentali – la seconda edizione dell’iniziativa “I Tesori Veronesi”, con i suoi percorsi naturalistici e storico-monumentali, è stata incentrata sul tema “I luoghi e le vicende del Risorgimento a Verona e nel Veronese”, con tappe a Valeggio sul Mincio, Sommacampagna, Pastrengo, Rivoli, Legnago e a Verona.
L'intero
progetto
si è
sviluppato
attraverso
la
realizzazione
di
numerosi
eventi
e
incontri
culturali
legati
ai
momenti
decisivi
e
agli
aspetti
significativi
della
storia
risorgimentale
veronese
e,
nello
specifico,
ha
visto
l'attuazione
di:
-
13
esposizioni/mostre;
-
3
convegni
di
studio;
-
31
conferenze;
-
14
itinerari
storico-monumentali;
-
6
rievocazioni
storiche.
In
occasione
dell'iniziativa
sono
state
inoltre
realizzate
e
distribuite
25
mila
copie
della
pubblicazione
“Il
Risorgimento
a
Verona
e
nel
Veronese”
per
l'illustrazione
e la
descrizione
degli
eventi
e
delle
manifestazioni
culturali
tematiche.
È
stata
infine
programmata
la
realizzazione
del
‘Museo
diffuso
del
Risorgimento
veronese’:
si
tratta
di
un
sito
web
con
multiformi
funzionalità,
in
grado
di
‘mappare’
virtualmente
luoghi,
eventi,
momenti
e
monumenti
della
memoria
risorgimentale
veronese
attraverso
la
realizzazione
di
schede,
percorsi
e
raccolte
di
immagini.
Il
‘Museo
diffuso’
si
propone
quindi
come
motore
culturale
incentivante
che,
partendo
da
un’impostazione
didattica
rigorosa,
quanto
facilmente
accessibile,
permetta
nel
contempo
di
sviluppare
le
potenzialità
culturali
del
Risorgimento
veronese,
aprendole
a
nuove
prospettive
di
fruizione,
di
valorizzazione
(ad
esempio
turistica)
e di
conoscenza
territoriale.
La
progettazione
e la
realizzazione
del
sito
web
è
stata
affidata
alla
Fondazione
Fioroni:
il
progetto
è
attualmente
in
fase
di
avanzata
realizzazione
e
verrà
presentato
agli
inizi
del
2012.
Le vecchie aree militari di
Montecchia pronte a un
cambio di destinazione
L'Arena - 08 dicembre
2011
L'area Lancio
ospiterà il parco
delle rinnovabili
-
Montecchia. Le aree
militari cambiano
destinazione: Montecchia
dà il via libera
urbanistico al parco
delle rinnovabili
nell'area dell'ex Lancio
e Roncà dà il semaforo
verde alla riconversione
dell'ex Logistica in
area socio sanitario e
assistenziale ma anche
residenziale. Le due
amministrazioni hanno
inserito il cambio di
destinazione d'uso nel
piano degli interventi,
che applica il piano di
assetto del territorio (Pat).
Così parte del compendio
militare in uso
all'aeronautica militare
sul Monte Calvarina
cambia volto: il
Consorzio Le Valli
realizzerà in località
Duello il suo parco
scientifico e didattico
con produzione di
energia da fonti
rinnovabili; il Comune
di Roncà e la
cooperativa sociale
Monscleda Onlus
trasformeranno invece il
complesso all'imbocco di
via Calvarina nella
«Cittadella della
persona». Il via ad
entrambi i progetti,
però, poteva darlo solo
il cambio di
destinazione urbanistica
delle ex aree militari.
«La classificazione a
zona produttiva, perché
di zona di produzione
tecnico-scientifica e
area didattica si
tratta, dà concretezza
al progetto», ha
spiegato in Consiglio
comunale il sindaco
Edoardo Pallaro. «Qui si
produrrà energia
elettrica con tre
diverse fonti
rinnovabili e mi auguro
che entro giugno possa
entrare in funzione la
prima parte del parco».
Non si sbilancia sui
tempi Giuliano Zigiotto,
che del Consorzio Le
Valli è il presidente.
«Il progetto per i due
impianti fotovoltaici da
200 kilowatt è
definitivo, ma i tempi
si allungano perché è
lungo l'iter per
ottenere la cabina Enel.
Lunedì i tecnici ci
aggiorneranno, durante
l'assemblea, sullo stato
dell'iter», dice, «Si
tratta di un intervento
da un milione di euro,
che copriremo con fondi
propri, e che
costituisce l'avvio del
progetto complessivo».
Zigiotto sperava di
potercela fare entro
fine anno, ma deve
arrendersi ai tempi un
po' più lunghi: «Stiamo
correndo e continueremo
a farlo perché rischiamo
di perdere lo scaglione
massimo del contributo
del Gestore
dell'energia». La scelta
di Roncà di non cedere
al Consorzio la parte
roncadese della base non
inficia nulla: «Si va
avanti e comunque nel
progetto generale c'è
posto, eventualmente,
anche per Roncà».
Montecchia, del resto,
fece una scelta diversa
acquistando con i soldi
del Consorzio e cedendo
allo stesso i 54.093
metri quadrati sul suo
territorio. «Ero e
rimango convinto della
bontà della decisione
assunta», ha ribadito il
sindaco Pallaro, «che ha
risparmiato al Comune un
esborso di 300 mila
euro, salvaguarda la
proprietà pubblica,
impedisce speculazioni e
ci fa essere comunque
proprietari per il 9 per
cento». Così ha zittito
sul nascere i
consiglieri leghisti
che, invece, non hanno
condiviso la scelta
della maggioranza di
rinunciare alla
proprietà. E al collega
di valle, Roberto Turri
di Roncà, che ha
ingaggiato un serrato
confronto con l'Agenzia
del demanio per arrivare
con il federalismo alla
cessione gratuita dei
beni, manda a dire: «La
parte non venduta è
ancora del Demanio. Non
si regala più niente e
se un ente regala
qualcosa a un altro fa
un danno. Altri hanno
fatto altre scelte,
vedremo chi avrà
ragione».
Museo della guerra in val di Fiemme
Trentino - 13 dicembre 2011
VAL
DI FIEMME. Un museo permanente
in valle di Fiemme (con sede ancora
da individuare) dedicato alla
memoria delle guerre. Ecco il
progetto che un gruppo di lavoro
incaricato dalla Comunità di valle
ha elaborato in vista dei 100 anni
dalla Grande Guerra: recupero delle
testimonianze storiche sul fronte
austro-italiano, ricerca di reperti
e documenti ma soprattutto
l’istituzione di un nuovo museo in
cui prendere per mano il visitatore
e fargli ripercorrere la storia
della valle di Fiemme tra l’Impero
Austro Ungarico e il Regno d’Italia.
Il progetto preliminare è stato già
consegnato alla Comunità di valle e
porta la firma di Luca De Marco e
Fulvio Vanzo, con il coordinamento
di Silvia Delugan e la
collaborazione di Ermanno Deflorian,
Giampietro De Zolt, Igor Gilmozzi,
Carlo Zorzi e di tutti i membri
della commissione cultura della
Comunità territoriale.
L’obiettivo è quello di recuperare
una quindicina di siti storici e
attrezzarli in modo che possano
essere raccontati ai turisti: dal
Lagorai al Lusia, i luoghi
principali del conflitto, dove
ancora esistono testimonianze del
passato come fortificazioni e
baracche.
E poi il museo. Tenendo conto -
come si legge nel progetto
preliminare - che in val di Fiemme
già c’è il Museo delle Fiamme Gialle
(a Predazzo), ma anche il Museo
della Guerra privato di Ermanno
Deflorian (a Ziano) e poi la
collezione di reperti custodita al
rifugio Cauriol e ancora la
collezione Tagliabue. Ma manca un
museo - si legge nella relazione -
che possa essere un centro di
documentazione della guerra,
collegato anche con le altre
strutture.
L’ipotesi è quella di una struttura
permanente, da realizzare dopo la
ricerca di ulteriori documenti e
testimonianze. In tutto questo ci
sarebbe anche spazio - come
spieghiamo nel box accanto - anche
per la ferrovia Ora-Predazzo,
terminata nel 1918 ma costruita
proprio per essere al servizio
dell’esercito austriaco.
Ora la palla passa alla Comunità di
valle che - sulla base di questo
progetto - dovrà coinvolgere i
Comuni e iniziare ad affrontare il
cruciale capitolo dei costi.
(a.s.)
LA STORIA
Era «bellica» pure la ferrovia
Si parla anche della ferrovia
Ora-Predazzo nel progetto della
Comunità di valle per la
valorizzazione dei luoghi e delle
testimonianze in vista del
Centenario dalla Grande Guerra. Di
questa ferrovia - si legge nella
relazione - si parlava già nel 1891,
ma fu proprio la guerra a dare un
grande impulso alla realizzazione.
L’obiettivo era quello di portare
un’intera brigata di fanteria da Ora
alla valle di Fiemme in appena 24
ore. I lavori cominciarono
nell’inverno tra il 1915 e il 1916 e
gli operai al lavoro raggiunsero
punte di 6 mila uomini: 3.900
civili, 600 militari e 1.500
prigionieri (per lo più serbi e
russi). Nel marzo del 1917 la
ferrovia collegava Ora e Castello,
ma solamente l’anno successivo entrò
in funzione sull’intero tratto.
Da
Stella un aiuto contro il degrado delle mura
Messaggero Veneto - 24 novembre 2011
PALMANOVA Incredulità per le condizioni di degrado
della cinta bastionata di Palmanova, ma anche stupore
per le sue potenzialità turistiche. Questi sentimenti
hanno accompagnato Gian Antonio Stella, editorialista
del Corriere della Sera, autore di opere di successo
quali “La Casta”, nella sua visita a Palmanova martedì
pomeriggio. «Abbiamo invitato Stella- spiega il sindaco
Francesco Martines - con la speranza che un giornalista
già molto attento alle tematiche culturali del nostro
Paese (si pensi soltanto al libro “Vandali. L’assalto
alle bellezze d'Italia”, anche questo scritto con Rizzo)
possa prendersi a cuore la situazione di Palmanova,
accendendo i riflettori su un patrimonio troppo
lungamente trascurato e dal potenziale turistico
enorme». Stella è stato accolto dal primo cittadino,
dalla vice Adriana Danielis e dal Soprintendente Luca
Rinaldi. Gli è stata consegnata la documentazione sulla
città stellata e sui risultati del recente intervento di
pulizia straordinaria. Poi sopralluogo alle
fortificazioni. Nei pressi di porta Cividale, Stella ha
verificato lo stato di degrado delle mura veneziane. La
visita è proseguita verso porta Udine con una tappa al
cantiere pilota della Soprintendenza e una al cantiere
dove stanno ancora operando gli uomini del Servizio
gestione territorio e del Genio civile. Stella ha voluto
poi visitare la caserma Ederle e, dall’esterno, anche la
Montezemolo. Stupito per lo stato di degrado della cinta
fortificata, il giornalista ha lasciato Palmanova
auspicando che la città possa trovare presto una via per
la valorizzazione delle sue immense potenzialità
turistiche. Monica Del Mondo
Ecco
i bastioni dopo il maxi-intervento
Messaggero Veneto - 23 novembre 2011
PALMANOVA E adesso? È la domanda che si fanno tutti
i palmarini, siano essi sostenitori o detrattori della
giunta in carica. L’intervento della Protezione civile
regionale è stato imponente; ci sono tuttavia zone
ancora invase dalla vegetazione, perché l’ampiezza della
cinta muraria cittadina è davvero enorme. E c’è il
problema della manutenzione del lavoro svolto. Il
rischio, infatti, è che in un paio d’anni lo sforzo di
25 mila ore di lavoro da parte dei volontari venga
vanificato. «La prima cosa che intendiamo fare -
risponde il sindaco Martines - è lanciare l’idea della
costituzione di un’associazione di volontariato che si
faccia carico di una manutenzione ordinaria. Una realtà
tipo “Amici delle mura”, o qualcosa di simile. Il nome
non ha importanza: quel che conta è vedere quanto la
città stia a cuore ai palmarini stessi». Il sindaco
riferisce che in queste due settimane di esercitazione
molte persone si sono dette disponibili a dare una mano.
«Già nel prossimo giornalino dell’amministrazione
comunale - annuncia - intendiamo avanzare la proposta,
forse con tanto di modulo di adesione. Sarebbe
importante che la cittadinanza desse un segnale chiaro
di quanto le fortificazioni le siano care». Martines sta
poi affrontando il problema della manutenzione
straordinaria delle fortificazioni, «per la quale
certamente occorrerà chiedere il sostegno della Regione,
per verificare se possano essere trovate ulteriori
risorse». Un’altra strada da seguire è quella di una
convenzione con il Servizio gestione del territorio per
poter avere personale specializzato all’opera sui
paramenti murari. «Si potrebbe così proseguire
l’importante opera che i forestali stanno facendo nei
pressi di porta Udine, ben visibile alla sinistra di chi
entra in città da quell’ingresso», aggiunge il sindaco».
C’è poi allo studio un’altra convenzione con il terzo
reggimento Genio guastatori di Udine, un reggimento alle
dipendenze della Brigata Pozzuolo, che in passato è già
intervenuto sulle fortificazioni nell’area del Museo
storico militare e che ha fatto la propria parte anche
in queste due settimane. «Sembra - spiega Martines - che
si possa studiare una forma di collaborazione che
consenta di portare personale e attrezzature al lavoro
sulle fortificazioni, e non solo sulle zone di
competenza dell’esercito». Vi saranno poi azioni
politiche da studiare e concertare. «C’è bisogno -
aggiunge infatti il sindaco - di creare la massima
convergenza possibile sulla necessità di salvare la
città e le sue mura. Palmanova, infatti, è un patrimonio
non solo per i suoi abitanti, ma per l’intero Friuli
Venezia Giulia. Se la città riuscirà a mettere in moto
il volano dello sviluppo turistico, ne trarrà giovamento
l’intera regione». L’esercitazione contro il rischio
idrogeologico della Protezione civile regionale è
servita a riportare alla luce la parte più esterna della
cinta veneziana, rimasta nascosta sotto alberi e
cespugli da decenni. Ma con lo splendore delle
fortificazioni è emerso anche lo stato di degrado:
alcuni muri sono crollati in più punti, mentre tratti
dei bastioni sono a rischio di frana. E i costi di un
intervento di restauro e consolidamento sono davvero
alti. Si pensi, ad esempio, al cantiere pilota che la
Soprintendenza sta eseguendo sulla zona della cinta
fortificata di competenza del Museo storico militare,
nelle vicinanze di porta Cividale. In più tranches
saranno stanziati per quel lavoro quasi 700 mila euro.
«Quel cantiere - conclude Martines - ci permetterà di
avere un’idea dei costi che si dovrebbero affrontare per
mettere mano a un piano graduale di recupero della parte
muraria delle fortificazioni». Monica Del Mondo
Bambini sui bastioni: un successo
Messaggero Veneto - 21 novembre 2011
PALMANOVA Oltre 200 persone, per più di metà
bambini: ha avuto un ottimo riscontro di adesioni
l’iniziativa, “Bambini e ragazzi per Palmanova 2011”.
Comune, Protezione civile e Circolo di Cultura N.
Trevisan hanno infatti voluto coinvolgere i più piccoli
in una mattinata all’aria aperta, iniziata sulle
fortificazioni ovattate dalla nebbia e proseguita di
fronte a una lunetta napoleonica illuminata dal sole.
Due i momenti previsti: un percorso di conoscenza del
territorio e un’attività di avvicinamento al
volontariato di Protezione civile. Due gli scopi: far
apprezzare la bellezza e l’unicità della città fortezza
e far capire ai più piccoli che è bello fare qualcosa di
concreto per tutelarla e proteggerla. I bimbi, con i
loro genitori, accompagnati da esperte guide, hanno
costeggiato la cinta muraria veneziana, hanno scoperto i
segreti della loro costruzione, hanno imboccato la
galleria sotterranea che conduce dal fossato alla
lunetta napoleonica, per ammirare gli spalti e le
costruzioni di epoca francese. I bimbi sono stati quindi
accolti dalla Protezione civile che ha spiegato compiti
e ambiti di intervento, nonché l’importanza dell’impegno
volontario. I ragazzi hanno potuto guardare da vicino le
opere svolte in questi due fine settimana a Palmanova,
le strumentazioni utilizzate (dalle motoseghe alla
cippatrice), i presidi di sicurezza. Infine, ciascuno ha
fatto la propria parte, raccogliendo la legna tagliata e
costruendo una catasta. A ricordo della giornata sono
stati consegnati ai piccoli partecipanti la spilla
creata per l’esercitazione e un diploma di
partecipazione, alla presenza delle autorità comunali e
di Protezione civile. (m.d.m.)
Protezione civile e “Mezza maratona”: assalto alla fortezza
Messaggero Veneto - 19 novembre 2011
PALMANOVA Esercitazione della Protezione civile
regionale e Mezza Maratona “Città di Palmanova”: due
eventi che porteranno in piazza Grande migliaia di
persone tra oggi e domani. I numeri infatti non lasciano
dubbi. Oggi è in programma la terza giornata di
“Palmanova 2011” l’esercitazione per la prevenzione del
rischio idrogeologico programmata dalla Protezione
civile regionale con le 218 squadre comunali. Saranno
pertanto presenti circa un migliaio di volontari oggi e
altrettanti domani. Anche le cifre della Mezza maratona
sono davvero da record per gli organizzatori, ma anche
per lo sport regionale perché con oltre 3000 iscritti
questa gara si pone come la maggiore manifestazione di
questo genere in Regione per numero di partecipanti. Le
iscrizioni si sono chiuse con 3081 atleti in gara, dei
quali 2000 italiani, 900 sloveni, 160 austriaci, 10
croati. Non mancano tedeschi, francesi, belgi, irlandesi
e perfino un colombiano. Il primato per il gruppo più
numeroso spetta allo sloveno Tekaski Forum con 89
iscritti, seguito a ruota dal friulano Atletica Buja. A
questi numeri devono poi aggiungersi quelli della corsa
non competitiva da 10 chilometri che partirà in coda
alla Mezza Maratona che conta già circa 200 iscritti. Il
programma di questo fine settimana prevede, per quanto
riguarda l’esercitazione di Protezione civile, la
presenza di volontari sulle fortificazioni oggi e domani
dalle 8 alle 14 circa. Domenica è stata anche
programmata un’iniziativa rivolta ai bambini e ai
ragazzi per conoscere i segreti della fortezza e per
visitare da vicino un cantiere della protezione civile.
«L'intento –spiega il sindaco, Francesco Martines- è
quello di coinvolgere i cittadini più giovani e le loro
famiglie in un evento storico per Palmanova, unendo a
quest’obiettivo anche due importanti finalità
didattiche: la conoscenza del sistema di fortificazioni
della città stellata che ne fa un patrimonio culturale
unico, da rispettare e salvaguardare, e l'avvicinamento
allo spirito del volontariato, valore che sostiene e
anima la Protezione civile». Per quanto riguarda la
Mezza Maratona i festeggiamenti sono iniziati già ieri
sera, con l’inaugurazione della mostra fotografica delle
immagini dell’edizione 2010 della manifestazione e della
curiosa esposizione “Le scarpe ricordano”. Oggi le
iniziative riprenderanno coinvolgendo le scuole medie e
superiori della zona in una staffetta attorno a piazza
Grande, proseguiranno in serata con musica sotto il
tendone. Monica Del Mondo
Non c'è bunker che tenga Ecco Big Blue, la super bomba
Da corriere.it del
18 novembre 2011
WASHINGTON
– L’hanno studiata per devastare bunker e rifugi
sotterranei. Una super bomba che sembra fatta apposta
per colpire installazioni come quelle costruite dalla
Corea del Nord e dall’Iran per proteggere i siti
nucleari. Lunga 6,25 metri, armata con una testata che
contiene 2,4 tonnellate d’esplosivo ad alto potenziale,
la Big Blue – questo il nomignolo – è arrivata da poco
nell’arsenale dell’Us Air Force. L’aviazione, che ne ha
ordinato già venti (costo complessivo di 314 milioni di
dollari), le impiegherà a bordo delle famose fortezze
volanti B 52 e dei più moderni B2.
POTENZA
UNICA - Messo a punto dalla Boeing, l’ordigno
sarebbe dieci volte più potente della versione
precedente: una volta sganciato sul bersaglio è in grado
di distruggere anche quei bunker realizzati a diverse
decine di metri nel sottosuolo. «Non c’è altra arma come
questa», ha affermato il generale Scott Vander Hamm. Per
alcuni osservatori l’annuncio della Big Blue rappresenta
un nuovo messaggio di avvertimento a Teheran in quanto
segue di appena una settimana il rapporto dell’Aiea sui
programmi atomici e le ripetute indiscrezioni su una
futura opzione militare per fermarli.
ACQUISTI «ANTI-IRAN»
-Inoltre a fine settembre è stato rivelato che gli Usa
hanno venduto a Israele 55 bombe per i bunker GBU 28,
ordigni non paragonabili alla nuova arma ma comunque
molto efficaci. E – stando alla stampa americana – la
Casa Bianca ha intenzione di cedere bombe speciali anche
agli Emirati Arabi. Una fornitura che viene letta sempre
in chiave anti-iraniana. Non si spiegherebbe altrimenti
la necessità del piccolo stato di dotarsi di mezzi
d’offesa di questo tipo.
NORD COREA
«MAESTRA» PER I BUNKER - La questione bunker è
diventato uno dei temi usati dai fautori della linea
dura nei confronti di Teheran. Più tempo passa – è la
loro tesi – e più diventerà difficile bloccare gli
impianti iraniani visto che il regime è impegnato a
nasconderli in profonde gallerie. Una ripetizione di
quanto fatto dai nord coreani, tra i più abili nella
realizzazione dei bunker. Infatti hanno esportato le
loro tecniche anche in Birmania e Siria, altri due paesi
che sono sospettati di condurre ricerche su armi non
convenzionali. di Guido Olimpio
Un viaggio nei millenni, tra castelli e
forti
Trentino - 16 novembre 2011
ALTO GARDA. Manufatti bellici
altogardesani sotto osservazione,
nel recente libro scritto a quattro
mani dai rivani Elvio Pederzolli e
Renzo Saffi, che individualmente
avevano già dato alle stampe altre
opere: si intitola “Saxa Fracta” (in
latino sassi spezzati, ruderi) e
mira a far conoscere la Busa
attraverso le sue fortificazioni
sorte dalla preistoria alla seconda
guerra mondiale passando per i
castelli medievali e i resti della
grande guerra. Oltre quindici anni
di ricerche, escursioni, contatti,
fotografie - a cominciare dagli anni
dello scoutismo - hanno trovato
collocazione in un libro volutamente
divulgativo e scorrevole come si
conviene a una guida, ma nel quale -
assicurano i curatori - ogni notizia
è stata verificata.
Dopo una premessa storica per
spiegare origine, tecniche
costruttive e tipologie delle
numerosissime costruzioni di guerra
presenti nell’Alto Garda, il volume
- pubblicato per i tipi di Panorama
- presenta quindici itinerari quasi
tutti percorribili anche in
bicicletta: accanto ai “grandi
classici” - Bastione di Riva,
Castello di Arco e forti austriaci
del Brione - i due autori passano in
rassegna località non sempre
conosciute come Castel Sejano a
Bolognano, Castello di Castellino in
Monte Velo, Rocca di Bocca Tratt,
Castel Verde di Loppio, vari
castellieri preistorici (come ad
esempio S.Bartolomeo di Ceole o il
Castèl di Tiarno), fortificazioni
romane o tardo antiche (quali la
Rocchettina sopra S.Giovanni in
Pinza, o San Martino in Val Lomasona),
le fortificazioni del Monte Tombio e
quelle realizzate dalla Todt nel
periodo 1943-1945.
Sulla base di evidenze
archeologiche (non sempre visibili)
e dei ruderi, Pederzolli (classe
1976, assistente della Polizia di
Stato e ricercatore storico nel
tempo libero) e Saffi (classe 1978,
insegnante di scrittura creativa al
centro Metroart) tentano di mettere
in evidenza la straordinaria
stabilità fortificatoria nell’arco
di tre millenni di tante aree del
Sommolago. Un esempio su tutti è
quello del dosso di S.Bartolomeo a
Ceole (abbandonato a se stesso dal
punto di vista storico-ambientale),
noto agli occhi dell’osservatore
comune più per il caratteristico
ristorante (Berlera) o per il vicino
cementificio che per il pregnante
ruolo militare avuto nei secoli, coi
resti più antichi avvolti dalla
vegetazione (Pederzolli e Saffi
spingono per un intervento di
recupero) ma ancora intuibili: è
passato da castelliere preistorico a
probabile vedetta in epoca romana,
divenendo poi sede di un “castrum”
durante i tormentati secoli delle
invasioni barbariche e ospitando un
castello medievale comunitario nel
XIII secolo, viene pesantemente
fortificato dagli austriaci prima e
durante il primo conflitto mondiale
e quindi dai tedeschi nel periodo
1943-1945.
La parte escursionistica del volume
è stata arricchita, oltre da alcuni
approfondimenti storici, da vari
“specchietti” narranti leggende e
curiosità delle varie località
visitate, dai fantasmi a Castellino/Castil
di Monte Velo al carro spettrale
delle sette lanterne lungo l’antica
via tra Nago e Bolognano, fino alle
meno metafistiche scritte
antifasciste nei tunnel della
Tagliata del Ponale e ai
concretissimi tunnel nascosti sotto
la chiesetta di S.Michele in centro
a Riva. (m.cass.)
In poche ore un altro aspetto per i
bastioni
Messaggero Veneto - 14 novembre 2011
PALMANOVA La giornata di
ieri ha visto avanzare i lavori
sulle fortificazioni e l’ampio
dispiego di forze rende
possibile accorgersi della
differenza tra “prima” e “dopo”
anche soltanto a distanza di
poche ore. E così, quando i
volontari, attorno alle 14, si
sono portati nel tendone di
piazza Grande per il pranzo, le
“mura” (come gli abitanti di
Palmanova chiamano l’intera
cinta fortificata) avevano un
altro aspetto. L’operazione
“Palmanova 2011” coinvolge circa
1000 persone al giorno per due
fine settimana. A turnarsi
saranno circa 2000 volontari.
Quelli all’opera in questo fine
settimana hanno un’età compresa
tra i 16 e i 70 anni. Sono
arrivati anche da Arta Terme,
Erto e Casso, Forni di Sopra,
Ligosullo ma pure da Monfalcone,
Muggia, Trieste, Pordeonone,
ecc. Le aree verdi attorno al
centro abitato sono vastissime:
circa un milione di metri
quadrati. La superficie
complessiva esterna, coperta dai
rovi e dalla vegetazione
arbustiva ed arborea infestante,
è pari a circa 247.000 mq;
l'area complessiva su cui
intervengono i volontari della
Protezione civile è di 125.710
mq. E altre 30 sono partite
verso la provincia di La Spezia.
(m.d.m.)
Cadavere
nello
stagno,
giallo
a
Forte
Gazzera
La
Nuova
Venezia
- 13
novembre
2011
MESTRE. Sono stati un paio di pescatori, domenica mattina verso le 10. 30, a notare la presenza di un cadavere nello stagno vicino all’area pic-nic di Forte Gazzera.
Immediato l’allarme alle forze dell’ordine e ai vigili del fuoco.
Sono stati proprio i sommozzatori dei pompieri a ripescare, verso mezzogiorno, il cadavere dell’uomo. Non sono stati trovati documenti: si tratta di una persona dall’età apparente di 60 anni. Non sono stati evidenziati segni visibili di violenza sul corpo.
Probabilmente l’uomo, che indossava scarpe da ginnastica e un giubbotto scuro, è scivolato e annegato.
Le operazioni di recupero della salma si sono svolte sotto gli occhi di una cinquantina di persone che avevano scelto proprio Forte Gazzera per un pic-nic con gli amici.
Forti e trincee
attrazione
turistica
Trentino - 7
novembre 2011
RIVA.
In vista del
centenario
della Grande
Guerra (che
cadrà nel
2014), le
fortificazioni
dell’Alto
Garda -
settore di
prima linea
nel corso
del primo
conflitto
mondiale -
potrebbero
ricevere una
rinfrescatina
al proprio
“look”: dopo
aver
raccolto le
opinioni dei
referenti
comunali,
infatti, la
Comunità di
Valle - in
particolare
nella
persona
dell’assessore
alla cultura
Luca
Giuliani -
sta pensando
a un corposo
intervento
di
valorizzazione
di forti,
resti di
trincee,
camminamenti,
postazioni e
opere
campali
della zona.
L’idea è
quella di
fare dei
molti
manufatti
bellici che
caratterizzano
i rilievi
montuosi che
circondano
Riva e
dintorni non
solo un
punto di
riferimento
storico-culturale,
ma pure una
vera
attrazione
turistica,
coinvolgendo
soggetti
quali
Trentino
Marketing,
Ingarda e
gli
operatori
del settore
per
promuovere
la proposta
anche
all’estero:
il progetto
- che
prevederebbe
pure la
partnership
con Rete
Trentino
Grande
Guerra, la
realizzazione
di guide
multimediali
e
pubblicazioni
editoriali
sul tema - è
stato
trasmesso
alla
Provincia
per la
determinazione
della
copertura
finanziaria.
Il piano
prevede la
richiesta al
Servizio
Conservazione
di azioni
prioritarie
e altre
subordinate:
tra le
risistemazioni
più urgenti
sono state
segnalate
quella della
Tagliata del
Ponale di
Riva (con
restauro,
messa in
sicurezza e
realizzazione
di un
percorso di
visita),
quindi -
sempre in
terra rivana
- forte
Garda,
batteria di
mezzo e
galleria
S.Nicolò
(con pulizia
e ripristino
del presidio
in galleria
e
realizzazione
di un punto
informativo
e logistico,
pulizia
degli
interni del
forte Garda
e interventi
di
consolidamento
anche delle
strutture
del forte
batteria di
mezzo, messa
in sicurezza
del sentiero
vicino e
realizzazione
di
cartellonistica),
il forte
Sant’Alessandro
(con
allestimento
di un
itinerario
dei forti e
delle opere
minori del
Brione),
l’arcense
Busa dei
Capitani
(sistemazione
dell’area
che circonda
i ruferi e
allestimento
di un
percorso di
visita) e la
ledrense
Costa di
Salò-Cima
Oro (con
messa in
sicurezza
del sentiero
di guerra e
predisposizione
di un
itinerario
turistico).
Tra gli
interventi
secondari
sono citati
quelli che
riguarderebbero
Perlone (Nago-Torbole),
Cima
Bassa-Monte
Stivo
(Arco-Drena),
Creino (Arco
e
Nago-Torbole,
sentiero Sat
637), Bosco
Caproni
(Arco),
pendici
settentrionali
dell’Altissimo
(Nago-Torbole),
Busatte-Doss
del Tenim (Nago-Torbole),
Bocca
Saval-Tomeabrù-Cocca
(Riva-Ledro)
e Casino di
Bersaglio
(Arco).
L’operazione
non è vista
come fine a
se stessa:
«Gli
investimenti
richiesti
alla
Provincia e
l’impegno di
Comunità,
Comuni e
associazioni
- afferma
Luca
Giuliani -
non deve
esaurirsi
nel 2014, ma
deve essere
l’inizio di
un nuovo
ramo di
sviluppo
turistico.
Si auspica
infatti che
l’imponente
impegno
profuso per
arrivare
all’appuntamento
con una
manifestazione
degna di
nota sia -
conclude
l’assessore
- l’inizio
di possibili
ricadute e
opportunità
occupazionali».
(m.cass.)
Mille
firme
per il
parco
sulle
colline
L'Arena
- 06
novembre
2011
Il monte Mamaor a Valeggio -
Chiedono
di
partecipare,
individuando
un
percorso
trasparente
e
condiviso,
i
più
di
mille
firmatari
e le
26
associazioni
che
hanno
sottoscritto
l'appello
promosso
nel
2008
dal
gruppo
etico-territoriale
«El
morar»
per
tutelare
gli
ex
forti
di
Monte
Mamaor
e
Monte
Vento
(143,4
ettari
di
verde)
ora
in
vendita.
«Queste
sono
aree
pubbliche»,
dichiara
infatti
Fabrizio
Gagliardi,
portavoce
de «El
morar»,
che
ha
emesso
un
comunicato
stampa
sulla
questione,
«e,
come
sta
scritto
anche
nella
bozza
di
protocollo
di
intesa
tra
ministero
della
Difesa
e
Comune
di
Valeggio
(per
ora
in
stand-by),
bisogna
che
il
riuso
di
quelle
aree
arrivi
a
"contemperare
la
valorizzazione
degli
immobili
militari
oggetto
dell'intesa
con
i
fabbisogni
e le
esigenze
espresse
a
livello
locale".
Per
questo,
sulla
scorta
di
altre
esperienze
italiane
come
quella
di
Cormons
(Gorizia)
in
Friuli
per
un'altra
area
militare,
chiediamo
che
l'amministrazione
comunale
coinvolga
la
cittadinanza
nelle
varie
fasi».
Sono
due
le
proposte
principali
che
«El
morar»
ritiene
indispensabili
e
che
siano
realizzate
per
rispondere
alle
richieste
della
cittadinanza:
la
creazione
di
un «Parco-riserva
naturale
di
interesse
locale»
che
permetta
la
protezione
e la
valorizzazione
dei
due
monti,
anche
accedendo
con
gradualità
a
fondi
regionali
e
comunitari
e un
collegato
«piano
ambientale».
In
questo
si
potrà
prevedere
un'ampia
riserva
naturalistica
integrale,
un'area
agricola-didattica
nella
quale,
con
i
metodi
più
attenti
all'impatto
ambientale,
coltivare
e
commercializzare
i
prodotti
della
terra
ed
infine
un'area
destinata
ad
attività
culturali,
turistiche
e
ricreative.
L'associazione
non
chiude
la
porta
ad
un
recupero
ecosostenibile
di
parte
delle
casematte
esistenti,
ma
critica
la
spinta
a
privilegiare
la
«monetizzazione»
e
sottolinea
che
in
tutti
i
programmi
elettorali
dei
partiti
la
salvaguardia
dei
due
ex-forti
era
confermata.
Intanto
è
emerso
un
articolato
carteggio
tra
la
Securlogistics
Glsms
(Società
per
la
gestione
logistica
in
sicurezza
dei
materiali
sensibili),
ditta
che
aveva
manifestato
il
proprio
interesse
ad
acquistare
le
due
aree
in
dismissione
ed
il
Comune
di
Valeggio.
Dalle
carte
appare
chiaro
che
la
ditta,
la
quale
attraverso
il
suo
presidente,
Franco
Zanza,
è
legata
al
gruppo
immobiliare
Zanza
immobili,
di
cui
Zanza
è
titolare,
aveva
già
avviato
nel
2002
i
primi
contatti
con
lo
Stato
Maggiore
dell'esercito,
mantenendo
inizialmente
la
stessa
destinazione
d'uso
dei
siti
e
proponendone
la
bonifica.
Poi,
dopo
aver
contattato
le
amministrazioni
comunali
succedutesi,
aveva
evidenziato
l'intenzione
di
realizzare
a
Monte
Vento
degli
impianti
composti
da
fotovoltaico
e
minieolico.
«Sono
aree
delicate»,
dichiara
l'assessore
all'urbanistica
Martina
Marconi,
«e
non
mi
sembrano
indicate
per
realizzare
opere
impattanti
come
un
parco
eolico.
Abbiamo
scelto
di
tutelare
soprattutto
i
corridoi
ecologici,
in
sintonia
con
le
indicazioni
della
Provincia,
e
nel
Pat,
che
verrà
illustrato
pubblicamente
a
breve,
queste
aree
vengono
inserite
tra
quelle
destinate
alla
tutela,
riqualificazione
e
valorizzazione,
come
quella
del
paleo
alveo
del
Mincio,
tutte
destinate
alla
realizzazione
di
programmi
complessi.
Certo
ci
sarà
anche
una
zona
dedicata
all'edilizia
residenziale
o
alla
recettività
turistica,
ma
cercheremo
di
privilegiare
l'ecosostenibilità».
Al
momento
quindi
il
Comune,
che
dovrà
relazionarsi
con
l'acquirente
dopo
l'acquisto
dal
Demanio,
sembra
voglia
evitare
d'imporre
vincoli
e
tenersi
le
mani
il
più
possibile
libere
per
contrattare
con
il
privato.
I
programmi
complessi
sono
infatti
un
insieme
di
strumenti
per
la
riqualificazione
urbana,
introdotti
dall'inizio
degli
anni
Novanta,
che
servono
a
definire
interventi
pubblici
e
privati,
tra
loro
coordinati
,
decidendo
solo
alcuni
aspetti
degli
interventi
(diversamente
dai
Piani
urbanistici
attuativi)
e
rendendo
disponibili
alle
amministrazioni
comunali
risorse
fresche
per
realizzare
opere
pubbliche.
Alessandro
Foroni
Dalla Fondazione i
soldi per Montericco
Corriere delle Alpi
- 05 novembre 2011
VALLE DEL
BOITE Comuni
e Regole in
Regione per
difendere il
territorio e le
sue risorse. I
sindaci di San
Vito e Borca,
con i
rappresentanti
delle Regole,
sono scesi a
Venezia per
rimarcare la
contrarietà ai
progetti
presentati da
Enel En&En,
Proiter e
Alpina, che
vogliono
realizzare delle
maxi centrali
idroelettriche
sul Boite.
«Abbiamo
incontrato
l'assessore
Conte», spiega
il sindaco di
Borca, Bortolo
Sala. «Abbiamo
soprattutto
rimarcato il
fatto che siamo
contrari alle
mega opere che
le ditte esterne
vogliono
realizzare e
siamo invece
favorevoli al
progetto
presentato dalle
Regole. Conte ci
ha ascoltati,
adesso gli
invieremo la
documentazione
che ci ha
chiesto e poi
vedremo. Al
momento non
possiamo dire
come andrà a
finire questa
storia, ma noi
non abbassiamo
la guardia.
Vogliamo
progetti a
misura del
territorio che
garantiscono la
salvaguardia
dell'ecosistema
e una ricaduta
economica sia
per le Regole e
sia per i
Comuni. (a.s.)
di Vittore Doro
wPIEVE DI CADORE
I soldi ci sono.
La Fondazione
Cariverona ha
confermato il
suo impegno
globale di 3
milioni di euro
in favore del
recupero del
Forte di
Montericco di
Pieve di Cadore.
Lo ha deciso
nell’ambito
dell’approvazione
del piano
programmatico
per il 2012, che
prevede per il
Bellunese
stanziamenti
pluriennali
importanti tra i
quali appunto
quello per il
completamento
dei forti di
Pieve. «Lo
stanziamento
globale che
riguarda il
recupero del
Forte», spiega
l’architetto
Gianfranco
Agostinetto,
consigliere
della
fondazione, «è
di 3 milioni di
euro. Di questi,
500.000 sono già
stati investiti
in lavori di
consolidamento
urgente della
struttura, un
altro milione e
mezzo sono stati
già spesi per la
realizzazione
del primo
stralcio, che è
stato consegnato
all’amministrazione
comunale la
scorsa
primavera. Il
contributo
rimanente, al
quale dovrà
sommarsi
l’importo di
cofinanziamento
investito dal
Comune di Pieve,
servirà per il
completamento
del secondo
stralcio. Con
questa somma
saranno
completati i
lavori necessari
per rendere
funzionale
l’intero
complesso:
quindi arredi
interni,
attrezzature
necessarie per
rendere fruibile
la struttura,
lavori
accessori». «Per
quanto concerne
il recupero
dell’altra parte
del forte,
conosciuta come
Batteria
Castello»,
prosegue
Agostinetto, «è
un discorso che
dovrà essere
affrontato più
avanti, tenendo
presenti alcuni
fattori che lo
differenziano
dalla parte del
corpo del Forte
di Montericco,
in fase di
completamento.
La conferma
dello
stanziamento
iniziale»,
aggiunge
l’architetto, «è
stato possibile
solo perché è
tradizione della
Fondazione
Cariverona, di
accantonare le
cifre deliberate
per la
realizzazione
dei piani
programmatici.
Se non fosse
stato così, con
gli attuali
problemi dei
mercati,
probabilmente
non sarebbe
stato possibile
mantenere gli
stanziamenti».
Grazie alla
conferma degli
impegni presi
dalla Fondazione
Cariverona, il
Comune di Pieve
potrà stabilire
una scaletta di
opere
prioritarie da
realizzare in
tempi mediamente
brevi, per
rendere fruibile
al più presto il
forte. La
determinazione
della Fondazione
Cariverona
premia l’operato
dell’amministrazione
comunale di
Pieve di Cadore,
che sin dal suo
insediamento ha
sempre seguito
con grande
attenzione il
recupero della
struttura e
cercato varie
strade per
trovare una
soluzione
ottimale per la
sua gestione e
per farlo
diventare un
polo di sviluppo
culturale.
In trecento visitano le fortificazioni
Alto
Adige - 04 novembre 2011
CURON VENOSTA. Da fortificazioni di guerra a
fortificazioni di pace e di cultura
alla sorgente del fiume Adige,
attraverso il bunker numero 20, che
è stato completamente ristrutturato.
Sono
state oltre 300 le persone che
l’altro giorno hanno partecipato
alla visita delle fortificazioni
volute da Mussolini negli anni
Trenta per difendersi da
un’eventuale invasione della
Germania nazista, prima del grande,
tragico feeling che poi lo avrebbe
unito a Hitler.
Resia, piccola frazione di Curon
Venosta è ubicata sullo spartiacque
tra l’Adige e il Riovalmiur (Stillebach)
che a sua volta prosegue verso l’Inn,
affluente del Danubio.
L’Adige, il secondo fiume più lungo
d’Italia con i suoi 415 chilometri
nasce a Resia a 1.550 metri. La sua
sorgente originale, però, si trova
all’interno di un bunker militare
costruito nel 1939 durante il regime
fascista, che veniva utilizzato per
il fabbisogno dei militari.
Dal 1936 al 1942 è stata costruita
un’estesa linea di difesa lungo il
passo Resia con impianti bunker,
posti di combattimento tattico,
sbarramenti anticarro, caserme e
linee di rifornimento. Le linee di
difesa erano progettate per la
protezione contro un’invasione di
Hitler, ovvero della Germania. Anche
dopo l’alleanza dell’Italia con la
Germania i lavori continuarono in
segreto e neanche la popolazione del
posto sapeva dell’esistenza di
questo progetto.
Dopo la dismissione dei bunker dal
patrimonio statale, a Curon Venosta
gli abitanti e gli amministratori
locali quali l’ex sindaco Albrecht
Plangger, il suo vice Florian Eller,
l’attuale primo cittadino Heinrich
Noggler, l’assessore comunale alla
cultura Franz Prieth, si sono posti
il problema di come gestire le opere
e fare in modo che potessero essere
messe a disposizione della
collettività.
Dopo un primo contatto col
colonnello Mauro Licio, esperto di
fortificazioni e già comandante
della 262ª Compagnia Alpini
d’arresto “Val Brenta” e con Josef
Urtaler della ripartizione
patrimonio provincia Bolzano, è
stato dato il via al progetto di
ristrutturazione del più importate
tra i bunker esistenti: il numero
20, all’interno del quale si trova
la sorgente del secondo fiume Adige.
Il progetto, finanziato in parte
dall’Unione europea e in parte dalla
Provincia e dallo stesso Comune di Curon, è stato portato a termine in
poco meno di due anni, tra il 2007 e
il 2009.
La vera sorgente del fiume Adige,
adesso, è visibile attraverso un
tubo trasparente, anche se la sua
prima vera “fontana”, si trova
appena all’esterno del bunker. Le
acque dell’Adige, dopo una breve
ripida discesa scompaiono nel
sottosuolo dei prati della frazione
di Resia.
Dopo alcune centinaia di metri,
attraverso un canale alberato che
divide in due Resia/paese vecchio,
le acque del fiume finiscono nel
lago di Resia. Il bunker è stato
aperto per le visite da luglio a
settembre sotto la guida di persone
esperte del luogo. - Bruno Pileggi
A Punta Giglio pannelli informativi - Storia del parco, della flora e della fauna e suggerimenti per gli itinerari
La Nuova Sardegna - 2 novembre 2011
ALGHERO. Il sentiero naturale principale del complesso forestale di Punta Giglio si è arricchito di nuova cartellonistica informativa e didattica.
A inaugurare ufficialmente la segnaletica sono stati nei giorni scorsi il presidente del Parco di Porto Conte Francesco Sasso, il direttore Vittorio Gazale e il direttore del complesso forestale di Prigionette Giovanni Piras. A fare da cornice all'evento due scolaresche di Alghero e Fertilia e il gruppo delle future guide del parco che stanno effettuando l'apposito corso professionale. Sono in tutto nove i pannelli distribuiti lungo la strada sterrata che conduce alle fortificazioni militari e che raccontano dei paesaggi vegetali tipici che si possono ammirare, ma anche la storia del luogo, la fauna selvatica e gli aspetti geomorfologici del Parco regionale di Porto Conte in generale. Uno dei pannelli illustra inoltre alcuni particolari delle vicende belliche che interessarono il promontorio di Punta Giglio.
Tutti i pannelli sono corredati di foto e testi in multilingua (italiano, inglese e algherese) ed è presente anche una lastra braille per consentire la lettura anche agli utenti ipovedenti. Nel pannello generale ci sono inoltre le tempistiche di percorrenza dei sentieri.
L'intervento di riqualificazione chiude un progetto avviato qualche anno fa dall'Ente Parco su finanziamento regionale. Un progetto che ha consentito di mettere in sicurezza il tracciato del sentiero principale, realizzare delle piccole aree per i pic-nic e predisporre dei punti informativi unitamente alla sistemazione di una recinzione perimetrale.
Da segnalare comunque che tutti i sentieri sono di tipologia turistica, ossia percorribili da chiunque a piedi o in bicicletta: il grado di difficoltà è praticamente nullo.
Non sono invece ammessi i veicoli a motore e nemmeno animali domestici, per evitare il contatto con la fauna selvatica. Un'eventualità che potrebbe creare problemi nei periodi riproduttivi o per il rischio di trasmissione malattie.
I
segreti dell'ex base
Nato di Sciaves
Da altoadige.it del
31 ottobre 2011
Chiusa nel 1983, la
vecchia caserma
potrebbe diventare
un'area ricreativa
ma restano i vecchi
dubbi: ospitò
missili nucleari
puntati contro il
Tirolo?
di Paolo Cagnan
SCIAVES. Ma allora:
queste testate
nucleari Usa contro
il «pericolo rosso»,
a Naz Sciaves, ci
sono state oppure
no? Dice Peter
Gasser, sindaco
47enne di Naz
Sciaves, che se i
suoi 2.887
compaesani fossero
chiamati a votare,
si dividerebbero a
metà tra scettici e
convinti. E lui,
comunque, starebbe
dalla parte dei
primi. «Perché, dài,
quell’area era tutt’altro
che nascosta. E poi
si sa, la Guerra
fredda si è giocata
molto sulla
Erschreckungsstrategie,
la forza della
minaccia
preventiva». Il
sindaco non conosce
probabilmente la
storia del capitano
James Warren
Lieblang, from New
Jersey: ventisei
anni all’epoca del
suo arresto come
spia. Era il 1972 e
la base Nato di Naz
Sciaves prosperava
all’ombra della
Guerra fredda da
poco più di un
decennio.
All’apparenza non
era che una delle
tante, tantissime
caserme costruite
dall’esercito nella
val d’Isarco un po’
sull’onda
dell’emergenza
terroristica degli
anni Sessanta, un
po’ per «segnare» il
territorio, un po’
per presidiare il
corridoio del
Brennero, altamente
strategico quale
baluardo
dell’eventuale
espansione del Patto
di Varsavia verso
l’Europa del Sud e
l’area del
Mediterraneo. Da una
parte c’era la Nato,
sorta nel 1949:
alleanza strategica
tra gli americani e
l’Europa riemersa
dalle sue macerie.
Dall’altra, l’Unione
sovietica e i suoi
Paesi satellite, a
Est. Là nel mezzo,
la cortina di ferro.
Chi era bambino
negli anni Sessanta
se lo ricorda bene,
lo spauracchio della
terza guerra
mondiale.
L’invasione dei
bolscevichi.
L’Impero del Male.
Per attaccarci
sarebbero passati
dal Brennero,
nessuno nutriva
dubbi a proposito.
Così, nei 10,6
ettari dell’areale
di Naz Sciaves fu
creata una sorta di
enclave militare
americana. Difesa
dall’esercito
italiano, ma
off-limits anche ai
nostri alpini. Chi
riusciva a entrare
in caserma si
trovava davanti
all’invalicabile
compound a stelle e
strisce. Cosa ci
fosse là dentro,
ovvio, era segreto
militare e lo è
tutt’ora. Poco meno
di due ettari che
comprendevano un
paio di capannoni,
due bunker e alcune
palazzine. Più rampe
missilistiche a
corta e media
gittata, puntate su
obiettivi strategici
come il ponte Europa
a nord di Innsbruck.
Missili tipo MGR-1
più noti come «Honest
John», tecnicamente
«vettori tattici per
armi nucleari» con
gittate tra i 7 e i
48 km. Narra la
leggenda, così
precisa su questi
aspetti da farci
sospettare che le
cose stessero
effettivamente così,
che la base era
armata di 44
atomiche. Sì,
insomma, una
spruzzatina di
plutonio sui missili
et voilà, i
sovietici avrebbero
avuto l’accoglienza
che si meritavano.
Zona militarizzata,
dicevamo, quella a
nord di Bressanone.
A meno di due
chilometri dalla
base Nato c’era
un’altra caserma: la
«Ruazzi» di Elvas.
Ospitava il
battaglione
logistico e per
collegarla al
compound americano
venne creata una
strada ad hoc. I
militari americani
in servizio furono
tra i trenta e i
cinquanta, mai di
più. Non dormivano
in caserma,
alloggiando invece
presso alberghetti
della zona,
alimentando
l’economia locale e
anche... la
demografia. In
quegli anni, dice la
leggenda, nacquero
alcuni bambini color
cioccolato. Neri o
bianchi che fossero
gli americani, è
vero che più di una
donna del posto ebbe
fugaci avventure o
vere e proprie love
story con gli
«occupanti», ma se
oggi chiedi se in
paese vi siano
ancora figli di
coppie miste, quasi
tutti fanno
spallucce. La base
Nato restò aperta
sino ai primi anni
Ottanta. Vi furono
varie manifestazioni
contro gli americani
e il loro carico di
morte. La vigilanza,
affidata ai militari
italiani, era
strettissima.
Diversi fungaioli e
curiosi armati di
macchine
fotografiche
passarono qualche
brutto quarto d’ora,
per essersi
avvicinati troppo
all’areale militare.
Poi, il 31 luglio
del 1983, gli
americani se ne
andarono. Le
cronache dell’epoca
riferiscono di
grossi elicotteri
militari da
trasporto che
nottetempo si
sarebbero portati
via i famosi
missili. Ma nei loro
ventri capienti
potevano esserci
solo bauli di
scartoffie e casse
di viveri. Sul Monte
Telegrafo, a quasi
2500 metri,
svettavano i potenti
radar gestiti
dall’Aeronautica
militare italiana:
mandati in pensione
proprio in quegli
anni dai primi
satelliti. Quanto
alla guerra fredda,
sarebbe
ufficialmente finita
tra il 1989 e il
1990, con il crollo
del muro di Berlino
e l’implosione
dell’Unione
Sovietica. Molti
anni prima, gli
americani si
dovevano essere
convinti che
l’invasione dal
Brennero non sarebbe
mai avvenuta. Con
loro smobilitò anche
l’esercito.
Abbandonato a se
stesso e svuotato di
ogni possibile
minaccia, l’areale
di Sciaves venne
periodicamente
controllato dagli
alpini di Elvas sino
a che, il primo
febbraio del 2002,
ammainò bandiera lo
stesso reggimento
logistico, l’ultimo
rimasto in Italia.
Era tramontata anche
l’era della naja.
Non risulta che, in
questi anni, i
documenti top secret
declassificati
abbiano contribuito
a chiarire il
mistero di Sciaves.
Il sindaco si sente
rassicurato dalle
analisi svolte nel
settembre del 1992
dal Laboratorio
provinciale di
chimica del dottor
Luigi Minach. Il
quale, non potendo
entrare in caserma,
misurò il tasso di
radioattività dei
terreni circostanti,
senza trovare
traccia alcuna di
plutonio. Ora Gasser
ha chiesto all’Appa
di ripetere gli
esami all’interno
dell’ex base Nato,
perché non si sa
mai. Ma allora, se
quella dei missili
era una leggenda,
che ci faceva il
capitano Lieblang
dalle parti di
Sciaves quel 30
luglio del 1972?
Narrano le cronache
dell’epoca che il
nostro fosse un ex
ufficiale
dell’esercito
americano passato
dall’altra parte
della cortina di
ferro. Una spia al
soldo dell’Urss,
insomma. Congedatosi
in modo anomalo un
anno prima, l’FBI
iniziò a pedinarlo
nei suoi frequenti
viaggi in Italia.
Turista sui generis,
sempre dalle parti
del Brennero e di
altri valichi
strategici per la
difesa, come il
passo di Resia e la
zona di Trieste. Lo
ritroveranno, in
quell’estate di
quasi 40 anni fa, a
curiosare dalle
parti di Naz.
Fermato a bordo
della sua macchina
dal controspionaggio
italiano, salteranno
fuori una macchina
fotografica e
documenti che la
procura definirà
«compromettenti e di
notevole
importanza». Le
indiscrezioni
parlano di carte
geografiche segnate
e schizzi sulla
dislocazione
d’installazioni
militari. «Alla spia
interessavano i
missili di
Bressanone», titolò
l’Alto Adige quel
giorno. Come sia
andata a finire, non
siamo in grado di
dirlo. Del resto,
nelle spy-story
degne di questo nome
il finale è sempre
aperto.
Iniziata la missione
culturale e di
testimonianza per il
Forte di Cadine
Da valledeilaghi.tv
del 28 ottobre 2011
Cadine -
Grande affluenza
di pubblico per
l'apertura del
Forte di Cadine.
Il Forte, che
conta più di 150
anni, non ha mai
subito gli
attacchi delle
truppe avverarie
e quindi può
essere tangibile
testimonianza e
ponte fra la
guerra e la
pace.
Grande affluenza
di pubblico per
l'apertura del
Forte di Cadine.
Hanno idealmente
aperto i
battenti del
Forte Giuseppe
Ferrandi
Direttore della
Fondazione Museo
Storico del
Trentino, ha poi
preso la parola
Sandro Flaim
Sovrintendente
ai bene
Architettonici e
Franco Panizza
Asssessore
Provinciale alla
Cultura Rapporti
europei e
Cooperazione.
L'architetto
Valentina
Barbacovi ha
quindi
provveduto ha
illustrare tutti
i lavori e a
proporre una
visita guidata
d'eccezione per
tutti i
presenti.
Il Forte, che
conta più di 150
anni, non ha mai
subito gli
attacchi delle
truppe
avversarie e
quindi può
essere tangibile
testimonianza e
ponte fra la
guerra e la
pace. La
struttura ha
subito un
importante
restauro
conservativo che
ha consentito di
riportare in
vita e rendere
fruibile in
futuro, per
varie attività,
il forte stesso.
La metodica di
restauro decisa
dagli esperti
che hanno
seguito i lavori
è stata quella
di mantenere il
più possibile
tutti i segni
del passato (
per esempio il
nero sulle
pareti esterne
che permetteva
una migliore
mimetizzazione).
Ha altresì
deciso di
intervenire
sulle parti
mancanti
ripristinando
pareti e zone
danneggiate e
integrando ciò
che con il tempo
si era demolito
proprio per
consentire
un'agevole
fruizione della
struttura.
Questa scelta è
stata fatta per
alcune
importanti
ragioni. Prima
tra tutte quella
che gli sfregi
esistenti sul
Forte non erano
ferite di guerra
ma solo
deperimenti
dovuti
all'incuria del
tempo, inoltre,
sul letto del
torrente Vela e
fra i detriti si
sono trovati
parecchi
frammenti di
muri e
recinzioni che
quindi sono
potute essere
state
ricollocate
nelle strutture
originarie.
Anche la via di
accesso è stata
ripristinata in
funzione del
ritrovamento di
alcune parti di
sottofondo
stradale
originario, che
prevedeva, come
in tutte le
strutture di
difesa, un
terrapieno ed un
accesso ad S.
Questo per
garantire una
maggiore
inespugnabilità.
Non è più quindi
presente il
cimale di tratto
stradale che
percorrevamo un
tempo per
raggiungere la
capitale. Questo
tratto di strada
lo ritroviamo
subito a valle
del Forte.
Il Forte è
l'ideale
congiungimento
tra Trento e la
Valle dei Laghi
e, come
ricordiamo, un
tempo la nostra
valle si apriva
“al di la del
buco di Vela".
Ricordiamo anche
in poche righe
la leggenda che
riporta sulle
rocce che
sostengono il
Forte, proprio
dove l'imbocco
per il Bus di
Vela apre allo
sguardo la via
di Trento. Là, a
testimonianza di
un'antica
leggenda, sono
ancora incise
nella roccia
l'impronta della
mano di S.
Vigilio e dello
zoccolo del suo
cavallo, quando,
in fuga gridò la
indimenticata
esortazione
“apriti o crozzo
che i rendeneri
mi vengono
addosso”... e fu
così che si aprì
il Bus di Vela.
Tanti ieri hanno
avuto il
desiderio di
porre la propria
mano
sull'impronta
della mano di S.
Vigilio.
Ricordiamo, è
solo una
leggenda, ma
anche queste
piccole emozioni
e sorprese fanno
parte delle
belle e piccole
gratificazioni
che le giornate
trascorse tra
cultura e natura
ci riservano.
Tra gli
interventi delle
autorità, vi è
stato il primo
dei momenti
musicali ed
artistici che si
svolgeranno in
questi giorni al
forte di Cadine,
l'esibizione
delle Muchachas
Aladas,
apprezzato duo
di interpreti
canore cresciuto
nel progetto
musicale portato
avanti da
ForzaBand &
Friends. Molto
significativa la
presenza di
questa
associazione
invitata a
presenziare in
questa
occasione.
L'associazione,
nata e con sede
in Valle dei
Laghi, si occupa
di promuovere
nei giovani la
passione per la
musica in tutte
le più svariate
sfaccettature.
Significativa
perchè tangibile
testimonianza
dell'ideale
ponte che si
desidera creare
tra passato
presente e
futuro.
Domenica a Resia
visita al bunker nr.20
Alto Adige - 26
ottobre 2011
RESIA.
Il circolo
promozionale
Oculus-Fortificazioni
storiche al
passo Resia,
unitamente al
circolo
Altfinstermünz e
in
collaborazione
con
l’assessorato
alla cultura di
Curon Venosta,
organizza per
domenica 30
ottobre dalle
ore 11 una
giornata di
porte aperte:
sarà possibile
visitare con
un’esperta guida
il bunker nr.20,
con al suo
interno la
sorgente
dell’Adige,
situato a poche
centinaia di
metri
dall’abitato di
Resia. (b.p.)
Storia e
futuro della città-fortezza nata a tavolino
Il Giornale di Vicenza del 20 ottobre 2010
Ci sono diversi modi di
raccontare la storia di una città. Si può raccontare facendo
approfondite ricerche su tutti i particolari più o meno
interessanti che la riguardano con date precise e riferimenti
altrettanti precisi così come fanno gli storici. Si può farlo
attraverso antichi documenti e vecchie fotografie. Si può farlo
in forma giornalistica prendendo in esame tutti i fatti più
importanti narrandoli in una forma veloce e piacevole. Così ha
fatto il giornalista Silvano Bertossi con la sua Storia di
Palmanova (edizioni Biblioteca dell'Immagine, 115 pagine, 13
euro).
Palmanova è una città fortezza costruita alla fine del
Cinquecento, precisamente nel 1593, dalla Serenissima Repubblica
di Venezia nel mezzo della pianura friulana. È un grande esempio
di architettura militare che rispecchia tutti i dettami e le
teorie di filosofi e costruttori civili e militari del
Rinascimento.
Si tratta di una fortezza studiata a tavolino che doveva far
convivere i tanti militari che dovevano difenderla e i civili
che vi lavoravano. È una perfetta stella a nove punte circondata
da tre ordini di mura che, ancora oggi, resistono agli assalti
del tempo.
A Palmanova tutto è tre e multiplo di tre, tre sono le porte
d'ingresso alla città, nove le punte delle sue mura, tre i suoi
borghi, così si chiamano le strade principali che collegano in
una perfetta linea retta le grande Piazza centrale con le porte,
tre le contrade che permettevano alle truppe di raggiungere
direttamente le mura, sei i lati della Piazza.
La storia di Palmanova non è lunga, ma molti sono gli
avvenimenti che si sono succeduti nel tempo e Silvano Bertossi
li racconta con il stile scorrevole, quasi discorsivo,
cominciando dalla teoria degli studiosi, passando per la
costruzione che ha visto l'impiego di migliaia di uomini, le "Fraglie"
e le confraternite, gli ospedali, la rivoluzione del 1848, per
arrivare a quello che è stato chiamato "Il secolo breve" cioè il
Novecento, che ha visto la fortezza trasformata in deposito e
infermeria. La storia di questa città fortezza si conclude ai
nostri giorni con la speranza che qualcuno possa attivarsi per
fare in modo che questo capolavoro di ingegneria non vada
lentamente perduto.
Silvano Bertossi è nato e vive a Palmanova e non è nuovo a
pubblicazioni sulla sua città a cui è molto legato.G.R.
«La
vendita dei vecchi forti? Si
rischia la negrarizzazione»
L'Arena - 17 ottobre
2011
La collina di Monte
Mamaor potrebbe
essere messa in
vendita e c'è chi
teme le colate di
cemento -
È lo spettro della "negrarizzazione"
quello che aleggia sulla
vicenda della probabile
vendita all'asta degli
ex forti di Monte Mamaor
e Monte Vento (143,4
ettari complessivi) e
che ha provocato
immediate reazioni da
più parti. Il timore
infatti, dopo le recenti
parole del primo
cittadino, Angelo
Tosoni, che confermano
l'idea che il demanio
statale venderà all'asta
queste grandi aree
verdi, è che si
verifichi anche in
questo angolo ancora
incontaminato delle
colline moreniche
quell'urbanizzazione
spinta che è avvenuta
nei decenni scorsi in
Valpolicella.
Questo fenomeno spinse
l'architetto Arturo
Sandrini a coniare
proprio il termine di
negrarizzazione,
diventato presto
sinonimo di distruzione
e scempio delle colline.
Uno dei più sconcertati
per le dichiarazioni del
sindaco riguardo ad una
maggiore possibilità di
monetizzazione è
Fabrizio Gagliardi,
portavoce del gruppo
etico-territoriale El
morar, che ha raccolto
più di mille firme e 26
associazioni attorno ad
un progetto di tutela
degli ex forti.
«Mi aspettavo altre
sottolineature»,
dichiara Gagliardi a
caldo, «perché è
evidente a tutti che
questa è un'area unica,
ancora incontaminata e
dotata di una preziosa
naturalità, una specie
di ultimo baluardo di
fronte ad un progressivo
impoverimento ambientale
e paesaggistico che sta
lentamente, ma
inesorabilmente,
interessando le colline
moreniche a sud del lago
di Garda». «La scelta da
fare ora», prosegue, «è
tra la tutela ed un
futuro ecosostenibile
per tutto il territorio
o il suo affossamento.
Non avrebbe proprio
senso costruire nuove
case qui, visto che sul
territorio ce ne sono
già tante di sfitte e
che in questo momento
c'è uno stallo a livello
demografico».
La sensazione diffusa è
che gli ex forti e
soprattutto Monte Mamaor,
con la loro natura
selvaggia, potrebbero
diventare il
completamento dell'ampia
offerta turistica
distribuita sul
territorio, oltre che un
polmone verde per tutta
la provincia. Ma a
remare contro soluzioni
ecosostenibili sono le
condizioni sempre più
difficili delle casse
comunali, a causa della
riduzione dei
trasferimenti statali.
«Siamo alle solite»,
conferma Michele
Bertucco, presidente di
Legambiente, che la zona
la conosce benissimo
perché è di Sona, «i
Comuni sono senza soldi
e si vendono il
territorio. Eppure la
Regione Veneto nella
stesura del nuovo Piano
territoriale regionale
del territorio (Ptrc),
adottato nel 2009, ha
sottolineato proprio l'
obiettivo di qualità
paesaggistica, con
l'invito alle autorità
pubbliche di tener conto
delle aspirazioni delle
popolazioni per quanto
riguarda le
caratteristiche
paesaggistiche del loro
ambiente di vita». «Tra
i 40 ambiti
paesaggistici del Veneto
da preservare»,
sottoliena Bertucco,
«viene individuato anche
il Monte Mamaor, legato
al sistema Baldo-Garda e
considerato unico. La
proposta di Legambiente
è che l'area venga
inserita nel Parco delle
colline moreniche
previsto dal Piano
d'area del Quadrante
Europa».
Sulla stessa falsariga
anche le considerazioni
che arrivano dal Wwf.
«La nostra
associazione», sostiene
Luigi Facincani,
responsabile del Wwf del
Sud-ovest veronese, «ha
già presentato alla
Regione Veneto ed al
ministero dell'Ambiente
una proposta per l'
individuazione di due
nuovi Siti di importanza
comunitaria (Sic) ai
sensi della direttiva
92/43/Cee, in
particolare per i Monti
Mamaor e per il Monte
Cornone e per l'ansa del
fiume Tione, ma bisogna
pensare anche
all'istituzione di un
Parco naturale di
interesse locale».
Duri i giudizi delle
forze politiche di
minoranza. «Mi sembrano
passati secoli»,
dichiara l'ex sindaco
Albino Pezzini, «da
quando presentai
richiesta per poter
acquisire come Comune
quest'area che è
senz'altro vitale per lo
sviluppo del territorio.
Certo è un bel
cambiamento di
prospettiva, ma
l'amministrazione non
può rinunciare ad un
ruolo da protagonista».
Per Maria Grazia Lugo,
capogruppo di Valeggio
anch'io, «Questa
amministrazione non
rispetta nemmeno il
proprio programma
elettorale, dove si
parla di tutelare il
Monte Mamaor e di
scoraggiare la
speculazione. Su questi
temi in particolare non
si può esser messi
davanti al fatto
compiuto, ma serve la
massima informazione per
poter formulare proposte
concrete e al contempo
ecosostenibili».
Intanto è sorto su
Facebook un gruppo che
si chiama «Salviamo il
Monte Mamaor e il Monte
Vento a Valeggio sul
Mincio». Alessandro
Foroni
Heaney: «Non ho dubbi, tutto iniziò qui»
Gazzetta di Mantova - 17 ottobre 2011
Se
della casa di Virgilio ancora non ci
sono tracce, a prendere forma è
invece un laboratorio virgiliano
vero e proprio. Dove? Al Forte di
Pietole, che ieri ha aperto le porte
al pubblico, per la prima volta in
occasione di una cerimonia: la
presentazione del libro “Virgilio a
Pietole tra storia e cronaca”. Un
incontro che tra la partecipazione
di studiosi e accademici, ha visto
anche l'intervento del premio nobel
per la letteratura, e premio
“Virgilio d'oro”, Seamus Heaney.
Dopo una mattinata di riflessioni
sul poeta, a suggerire in parte
l'idea del laboratorio è stato il
giornalista della Gazzetta Stefano
Scansani, che ha sottolineato
l'importanza di far tornare Virgilio
tra il popolo. «La crisi economica
ci accomuna tutti _ osserva _ ma
perché non creare delle giornate
virgiliane, in cui tutti gli
studiosi non facciano accademia, ma
lezioni vere e proprie?». Giornate
che potrebbero trasformarsi in una
“settimana virgiliana” in versione
studentesca: «Momenti di dialogo con
i ragazzi, non nelle aule, spesso
sorde, ma nei luoghi di Virgilio, in
mezzo alla natura. Cosa accadrà dopo
questa esperienza?». Una proposta
subito accolta e condivisa dal
sindaco di Virgilio, Alessandro
Beduschi. Il progetto è quindi di
valorizzare i trecentomila metri
quadrati, una superficie imponente,
da cui è formato il complesso del
Forte napoleonico. Il complesso
napoleonico era nato come protezione
dell’opera di chiusa a sbarramento
delle acque tra il Mincio, e l’ex
lago Paiolo, considerato punto
strategico per Mantova. Allargato e
modificato in più riprese, dalla
seconda guerra mondiale è stato
utilizzato come deposito militare
per poi diventare definitivamente
inutilizzato, e così abbandonato. A
riflettere sulla bellezza del luogo
è il nobel Heaney: «E' vero, non si
sa dove esattamente sia la casa di
Virgilio, ma camminando in mezzo
alla natura da cui è circondato, non
ho avuto dubbi che fossimo nel posto
giusto, quello da cui per il poeta
tutto è partito, e che ancora oggi
possiamo leggere nelle sue opere».
Durante la mattinata è stato inoltre
proiettato un videoclip sul Forte,
che ne ha ripercorso la storia e le
immagini, accompagnato dalla
lettura, a cura della compagnia
teatrale “Campogalliani”, del
discorso che Giosuè Carducci
pronunciò nel 1884 all’inaugurazione
del monumento di Pietole a Virgilio.
Elena Caracciolo
Oggi al Forte di Pietole con il premio
Nobel
Gazzetta di Mantova - 16 ottobre 2011
“Siete
mai stati a Tunisi? E al museo del
Bardo? Dovete assolutamente venire,
ne vale la pena”: il direttore
dell’istituzione culturale che ci ha
prestato il mosaico con la più
antica rappresentazione del volto di
Virgilio, monsieur Taher Ghalia,
confida molto in questa occasione di
incontro tra i due paesi. “Per noi
prestare il mosaico, cosa che non
avevamo concesso neppure al Louvre,
è un segno di amicizia per l’Italia,
che sentiamo come un paese
fratello”. Ieri, insieme al
conservatorio del patrimonio
nazionale A»hmed Fergaoui, ha
visitato Palazzo Ducale e poi è
andato all’inaugurazione - con il
sindaco Sodano e il prefetto Ruffo -
della mostra all’Archivio di Stato.
I due ospiti tunisini hanno mostrato
grande interesse per
“l’organizzazione delle istituzioni
culturali in Italia e per la tutela
del nostro patrimonio - ha notato la
direttrice Daniela Ferrari - loro
stanno rilanciando il museo del
Bardo che aprirà nella nuova sede a
marzo”. Il Museo del Bardo, a
Tunisi, è ricchissimo di mosaici
romani, all’ingresso ce n’è uno
immenso, circa 130 metriquadrati. Ma
gli ospiti tunisini hanno anche
parlato della situazione del loro
Paese, dopo la Rivoluzione: “Dopo le
elezioni, si farà la nuova
Costituzione. Dopo la Tunisia
toccherà all’Egitto e poi alla
Libia” hanno raccontato con
orgoglio, rammentando che se oggi
c’è una intensa emigrazione dalla
Tunisia all’Italia, nella seconda
metà dell’Ottocento molti siciliani
si trasferirono sull’altra sponda
del Mediterran. Virgilio piace
perché fece risalire l’origine
dell’impero e della civiltà romana
ai movimenti migratori nel
Mediterraneo. “Enea era troiano e i
suoi discendenti hanno fondato Roma.
Questa occasione a Mantova con il
nostro mosaico - racconta ancora il
direttore Ghalia - ha creato molta
curiosità in Tunisia, ne hanno
parlato giornali e televisioni”.Gli
ospiti tunisini si sono poi
informati sui rapporti che già
esistono tra Mantova e la Tunisia,
parlando della fabbrica Lubiam nel
loro Paese e dei molti studenti di
famiglie tunisine nelle nostre
scuole. E oggi, mentre iniziano le
visite del pubblico alla mostra di
Palazzo Te, a Pietole si terrà al
Forte Napoleonico alle 11 la
presentazione del libro “Virgilio a
Pietole tra storia e cronaca”,
organizzata dal Comune di Virgilio.
Con William Spagggiari, Giorgio
Bernardi Perini, Armando Savignano e
Stefano Scansani, ci sarà anche il
poeta Seamus Heaney. Bus navetta
partiranno a partire dalle 10 dal
parcheggio della palestra di Pietole.
(maf)
Stazioni H.A.A.R.P. mobili
Da tankerenemy.com del 5 ottobre
2011
Esistono
stazioni H.A.A.R.P. mobili,
impiegate dalla Marina degli Stati
Uniti d’America. L'immagine, che
correda l’articolo, ritrae il "Sea
based H.A.A.R.P". X-band radar (S.B.X.),
una di queste piattaforme usate a
complemento dei vari impianti
H.A.A.R.P. dislocati in vari paesi
del pianeta (Stati Uniti, Norvegia,
Russia, Francia...) [1] Sul ponte
della S.B.X. è installata una
particolare struttura, componente
chiave della "Missile Defense Agency"(M.D.A.),
sistema G.M.D.
La “nave” militare include una
centrale per la produzione di
energia elettrica, un ponte, sale di
controllo, alloggi per il personale,
aree di stoccaggio e le
infrastrutture necessarie a
sostenere l'enorme radar in banda X.
Il radar S.B.X. è un apparato molto
sofisticato. Il sistema
radioricevente “phased array
antenna” è costituito da migliaia di
antenne azionate da moduli di
ricetrasmissione. Il radar è
progettato e costruito dalla "Raytheon
Integrated Defense Systems" (si
ritiene che la "Raytheon", una delle
magiori industrie belliche mondiali,
sia controllata, attraverso società
di comodo, dal Vaticano, n.d.t.) per
la "Boeing", il più importante
appaltatore per il progetto negli
Stati Uniti, attuato dalla "Missile
Defense Agency". H.A.A.R.P. esiste.
Il programma H.A.A.R.P. non è un
segreto. Sul sito ufficiale è
spiegato che con H.A.A.R.P. si
colpisce temporaneamente una zona
limitata della ionosfera.
Le finalità sarebbero
“scientifiche”. In realtà sono sì
irradiati campi ad alta frequenza su
alcune aeree della ionosfera, ma,
sfruttando la lieve discrepanza tra
due propagazioni elettromagnetiche
ravvicinate nel tempo, sulla Terra
vengono riflesse onde a bassa
frequenza, consentendo pesanti
manipolazioni geofisiche e
climatiche. [2] La Stanford
University conosce e pubblica
rapporti sulle attività condotte
negli impianti H.A.A.R.P.
[1] Si noti che i riscaldatori
ionosferici H.A.A.R.P. sono ubicati
per lo più lungo la “cintura del
fuoco”, la fascia costellata da
vulcani e solcata da faglie... una
singolare correlazione.
[2] Recentemente l’insigne
scienziato brasiliano Fran De Aquino
ha compiuto un’importantissima
ricerca su H.A.A.R.P., giungendo
alla conclusione che il sistema in
oggetto può essere collegato a
fenomeni tettonici e climatici
indotti. Si legga C. Penna, “Il
rinomato fisico Fran De Aquino ha
realizzato uno studio per dimostrare
che H.A.A.R.P. può generare
terremoti, cicloni e riscaldamento
localizzato”, 2011
Forte
Ardietti: domani l’apertura al pubblico
Gazzetta di Mantova - 01 ottobre 2011
CASTEL GOFFREDO: LIBRI SOTTO I PORTICI Una marea di
bancarelle e una fitta serie di eventi. E' più che mai
ricco l'appuntamento mensile con Libri sotto i portici
di Castel Goffredo. Domani saranno centocinquanta le
bancarelle sotto i portici vecchi e nuovi e nelle piazze
della cittadina che faranno di Libri sotto i portici, il
più grande mercato all'aperto e in gran parte al
coperto, d'Europa. E accanto ai libri, una sequenza di
eventi. Alle 10,30, in piazza Mazzini ecco i giovani
autori Ana Kramar e Marco Zucchini. Un terzo libro sarà
presentato alle 16: è “Da terra aperta a ben intesa
fortezza. Le mura e le fortificazioni di Castel
Goffredo”. Ne parleranno gli stessi autori, Mariano
Vignoli e Giancarlo Cobelli che, un'ora prima, quindi
alle 15, guideranno una visita ai resti delle antiche
fortificazioni descritte nel loro volume. Domani è la
Giornata delle associazioni degli Amici dei Musei.
Quest'anno il tema promosso dalla Federazione riguarda
la nostra storia nazionale e “Unità nella arti” è il
titolo di tutte le manifestazioni locali. In questo
ambito, l'Associazione degli Amici di Palazzo Te e dei
Musei Mantovani propone all'attenzione dei cittadini un
recente incremento del patrimonio culturale mantovano:
Forte Ardietti a Ponti sul Mincio, imponente
fortificazione asburgica della seconda metà
dell'Ottocento, legata alle guerre del Risorgimento.
Forte Ardietti, già "Lagerwerk n.6", fu uno dei punti
chiave delle fortificazioni austriache del celebre
Quadrilatero. Collocato a ridosso di Peschiera, si trova
oggi per due terzi sul territorio comunale di Ponti sul
Mincio. Il Forte è un capolavoro di architettura
militare. Fu costruito con gli elaborati di progetto del
forte Kaiserin Elisabeth (Forte S.Michele), attribuiti
all'ingegnere austriaco Andreas Tunkler (1820 - 1873)
capo dell'Imperiale Regio Ufficio delle Fortificazioni
di Verona. La prima versione progettuale del forte
risale al 1853, ma il complesso fu concluso solo alla
fine del 1860, entrando a far parte della cinta di
fortificazioni esterne della linea Verona-Peschiera.
Forte Ardietti si presenta come un manufatto grandioso
con gallerie, camerate della guarnigione, una collezione
di pezzi d'artiglieria di tutte le epoche, tra cui
alcune autentiche rarità, planimetrie del forte in età
austriaca e altri documenti esposti. All'interno si
trova un ampio cortile, come una piccola piazza d'armi.
Il ridotto centrale è una sorta di U, con la curva
rivolta "al nemico". Intorno al ridotto un ampio
fossato, nel quale, tra i materiali conservati, spicca
un esemplare rarissimo: un pezzo contraereo di marina da
37/54 della Seconda Guerra Mondiale. Camminare lungo il
ridotto, infilare la testa nelle feritoie, lasciar
spaziare lo sguardo sulla pianura sottostante,
percorrere l'insieme di scalinate, casematte, poterne è
un'esperienza emozionante. E non meno interessanti sono
i dettagli architettonici, come le fughe tra mattone e
mattone, fughe in rilievo, fatte da "fantastici
artigiani al servizio di un fantastico architetto". Da
qualche anno è gestito da volontari che hanno provveduto
a ripulire dalla vegetazione tutta l'area interna e
mantengono la cura delle strutture. Domani dalle 15 le
visite guidate in gruppo. Ultimo ingresso ore 17.
Verso
il recupero i forti del Brione
Trentino - 27 settembre 2011
RIVA.
I cent’anni dalla grande Guerra (2014 l’inizio, 2015 per
l’Italia, 2018 la fine) che s’avvicinano a grandi passi,
rappresentano per il sistema di fortificazioni
austro-ungariche della piazza di Riva l’occasione d’oro
per un recupero ed una valorizzazione attesi da decenni.
La provincia, che ha preteso di assumere direttamente o
attraverso il Museo della Guerra la regia delle
celebrazioni, ha dettato le direttive entro cui gli enti
periferici, comunità di valle e comuni, dovranno
muoversi se vorranno attingere ai contributi.
Riva, che nel settore della cultura marcia con Arco e
Nago-Torbole, ha così segnalato che nell’Alto Garda
dalla Tagliata del Ponale al forte di Nago passando per
il Brione, esiste un ventaglio di testimonianze che
meritano sorte migliore dell’abbandono totale in cui
giacciono da quando i recuperanti hanno finito di
spogliarle dei residui ferrosi che, in anni di vacche
magrissime, si vendevano un tanto al chilo. Della
Tagliata si occupa direttamente la Provincia che ne è
proprietaria, avendola ereditata dall’Anas. Sepolto
perchè troppo costoso il megaprogetto di recupero
presentato da Margherita Cogo quand’era assessore alla
cultura, anche la provincia s’è orientata ad un recupero
francescano, minimale: rendere sicuri e visitabili i
luoghi, ma lasciandoli così come sono, anche perchè
siano le pietre nude e crude a cercar di trasmettere ai
visitatori d’oggi (e di domani) quel che dovette essere
per centinaia e centinaia di giovani la vita da talpe
che vi hanno condotto. Forte Nago va bene così com’è: ed
allora resta l’infilata dei quattro del Brione, da san
Nicolò a Sant’Alessandro, per i quali l’assessore
Brunelli, dopo sopralluogo con i consiglieri lungo il
sentiero della Pace, ha affidato all’architetto Andrea
Rigo dello studio Plan Architetture di Arco, l’incarico
di studiare un recupero soft, secondo le direttive, ma
comunque tale da consentire di aprire un percorso che
sarebbe di eccezionale interesse dato che offre
testimonianza delle quattro generazioni di forti
costruiti dall’Impero in risposta alle mutate esigenze:
di salvaguardia dei confini all’inizio, di reale
efficienza bellica quando il conflitto era diventato
realtà.
Per Forte San Nicolò di prima generazione -dove sono
gli uffici di Lido di Riva- non ci sono problemi:
l’ipotesi progettuale prevede però pulizia e ripristino
del presidio in galleria per realizzarne un punto
informativo e logistico per attività didattiche,
culturali e sportive.
Per forte Garda, di IV generazione, calcestruzzo armato
capace di ospitare 200 soldati occorre recuperare
l’accessibilità dal sentiero della Pace, pulizia degli
interni ed interventi di consolidamento e messa in
sicurezza, più tutta la cartellonistica necessaria.
Per la Batteria di mezzo (seconda generazione, pietre
squadrate e copertura in calcestruzzo, capace di
ospitare 70-80 uomini) gli alpini di Sant’Alessandro
(che potrebbero continuare ad usarlo, magari assieme
agli astrofili) hanno già fatto molto in termini di
pulizia e controllo: basta il consolidamento delle
strutture.
Resta forte sant’Alessandro, il più a nord verso Arco,
per cui non si suggeriscono interventi.
Il totale delle spese da sostenere, dal sommario
preventivo iniziale, arriva al milione. Se dalla
Provincia arriveranno contributi da permettere gli
interventi, nel giro d’un paio di anni il percorso
potrebbe essere pronto per un mercato turistico che,
assicura anche Ingarda, è assolutamente interessante. Il
tutto accompagnato dalla serie di interventi di natura
culturale e didattica che il Mag, impegnato da anni sul
fronte dei forti, intende proseguire su aspetti
specifici del grande tema della guerra.
Base
Conero: nel 1984 tre arresti per spionaggio
|
Da
e-cronaca.blogspot.com del
25 settembre 2011 |
Tra il 17 e il 18 gennaio 1984 ad Ancona
e su La Stampa di Torino nasceva il caso
di G. G., un giornalista pubblicista il
quale, lavorando a un’inchiesta per il
giornale “Il Pungitopo”, del partito dei
Verdi, si era imbattuto nei tunnel del
monte Conero e stava disegnando una
mappa con l’aiuto di un ex operaio della
base. I carabinieri, dopo una indagine
partita da alcune confessioni dei
brigatisti rossi in carcere, arrestarono
il G. insieme ad altri due ecologisti, i
coniugi L. . I quotidiani di Ancona
dedicarono ampio spazio all'argomento
condannando il comportamento dei tre
arrestati. Alla fine di maggio 1984
arrivò la sentenza che portò a delle
condanne a otto mesi per tutti e tre gli
imputati. Ma questo caso di cronaca e i
movimenti della guerra fredda vicino al
Monte Conero sono stati presto
dimenticati. Un cronista con cui ho
lavorato a Il Resto del Carlino, Alfredo
Mattei, scriveva che il Monte Conero è
una sorta di groviera, costituita da
tunnel militari. Perché queste sue
parole, a soli due anni dalla frana di
Ancona, non hanno portato a una
riflessione politica sulla sicurezza
geologica di quella zona? Massimo
D'Agostino
|
I fortini di Porto Conte
-
La storia del 1943
raccontata nei «Quaderni» Oggi la mostra dei
cimeli e la parata
La Nuova
Sardegna - 24 settembre 2011
ALGHERO.
In alcuni punti della
costa che va dal ponte di Calabona sino a Porto Ferro il
tempo si è fermato al 1943. Quando, dopo aver costruito
centinaia di fortini ed aver sistemato le mitragliatrici sui
basamenti a cremagliera, l'esercito italo-tedesco, depistato
dai servizi segreti avversari, aspettava lo sbarco delle
forze alleate. Che invece, com'è noto, sbarcarono in Sicilia
nel luglio di quello stesso anno. Così ad Alghero il giorno
della smobilitazione i 180 fortini furono abbandonati e le
munizioni gettate in mare.
Questa e molte altre curiosità
sono raccolte nel secondo volume della collana «I quaderni
del Parco di Porto Conte», realizzato dall'Ente Parco
assieme al Circolo filatelico numismatico di Alghero e
all'Associazione per lo studio delle fortificazioni costiere
della Sardegna. L'opera «Fortini a Porto Conte» è un
resoconto storico che narra la storia del territorio di
Alghero nel contesto della seconda guerra mondiale. Il
volume sarà presentato stamattina alle 10,30 casa Gioiosa,
sede del parco naturale, e contemporaneamente sarà
inaugurata una mostra con uniformi militari, armi,
documenti, cimeli, cartoline e riviste di quegli anni. Farà
da contorno a questi due importanti appuntamenti un «Raduno
internazionale di mezzi militari storici», per la prima
volta in Sardegna con 25 equipaggi provenienti da tutta
Italia.
La parata è prevista nel weekend per le strade di Alghero e a Villanova Monteleone. L'iniziativva, attirerà
di appassionati e turisti, ma potrà anche fungere da sprono
per un azione di recupero e salvaguardia di queste opere di
architettura militare di sicura importanza storica per il
territorio. di Sergio Ortu
"Cinquecento anni or sono, sul far
della sera ... Gradisca è presa da Massimiliano d'Asburgo" -
IL
500° DELL'ARRIVO DELL'AUSTRIA Gradisca celebra gli Asburgo
IL PICCOLO 22 settembre
2011
La Fortezza
celebrerà la sua conquista da parte degli Asburgo. Ricorre infatti all'imbrunire
del 26 settembre di quest'anno il 500° dell'annessione di Gradisca all'Austria,
avvenuto nel 1511 e durata sino al 192l. Quegli eventi saranno ricordati
dall'amministrazione comunale. Spiega l' assessore alla Cultura, Paolo Bressan:
«Il passaggio della città agli Asburgo è stato un momento di decisiva importanza
per il territorio, avendo la successiva plurisecolare appartenenza al dominio
austriaco segnato in maniera decisiva i caratteri sociali, culturali,
architettonici, artistici della città e dell'Isontino nel suo complesso». A
suggellare il 500o anniversario di annessione all'Austria sarà una breve
conversazione con il pubblico tenuta dai noti studiosi e cultori di storia
patria Luciano Alberton e Vinicio Tomadin dal titolo "Cinquecento anni or sono,
sul far della sera ... Gradisca è presa da Massimiliano d'Asburgo", in programma
lunedì alle 18 a palazzo Torriani. Inoltre, grazie alla disponibilità di un
collezionista privato, il Comune realizzerà a tiratura limitata un numero di
copie della stampa di matrice cinquecentesca tratta dal Weisskunig,
l'autobiografia dell'Imperatore realizzata da Hans Burgkmair e raffigurante la
presa della Fortezza gradiscana. Sarà utilizzata dall'amministrazione anche come
materiale di rappresentanza.
È il 1511
quando le truppe di Massimiliano I prendono possesso della fortezza.
Un'annata
molto particolare, drammatica per le genti del Friuli: prima la rivolta del
Giovedì grasso con i contadini che sfidarono la nobiltà feudale, quindi il
gravissimo terremoto, infine un' epidemia di peste. E infine, la sconfitta
patita da Venezia che dovette cedere ai Lanzichenecchi uno dei principali
avamposti della Serenissima (e della cristianità) contro le scorribande dei
turchi, realizzata nel1479. Appena 32 anni dopo Gradisca diventa imperiale. Un
dominio durato sino a dopo la Prima guerra mondiale, nel192l. Dal 1615 al 1617
Venezia tentò di riprendere il controllo del territorio, dando inizio alla
Guerra di Gradisca, ma senza successo. Gli austriaci riuscirono a resistere agli
attacchi veneziani e al termine della guerra Gradisca diventò capitale della
nuova Contea, che in seguito sarà venduta da Ferdinando III, per far fronte alle
spese della Guerra dei Trent'anni, al principe Giovanni Antonio di Eggenberg:
quello fu il periodo d'oro di Gradisca. Sotto il governo della famiglia
stiriana, la Fortezza conobbe un importante sviluppo civile ed economico, con
una forte indipendenza - tanto da battere moneta – trasformandosi anche sotto
l'aspetto edilizio, che ammorbidì l'originaria connotazione di borgo
fortificato, assumendo sempre più le caratteristiche di cittadella residenziale
e signorile, caratteristiche che conserva tuttora. (l. m.)
Forte Rossarol, serate aperte per l'integrazione
La Nuova
Venezia - 22 settembre 2011
Il Centro
di Solidarietà Don Lorenzo Milani di
Forte Rossarol si apre alla città. E'
stata presentata ieri, nel gioiellino
militare del Campo trincerato mestrino,
l'iniziativa «IncontrarSè», lanciata con
lo scopo di far diventare il forte una
finestra aperta sulla città grazie a una
serie di serate che inizieranno martedì
prossimo e proseguiranno fino a luglio,
per cercare di far dialogare i ragazzi
della comunità dei minori stranieri non
accompagnati con l'esterno, creando
un'osmosi in grado di catalizzare
energie positive, far sapere a chi
ancora non lo conoscesse, dove si trova
Forte Rossarol, cosa gravita al suo
interno, quanta gente ci lavora, chi ci
vive e come. I 35 ragazzi ospitati
provengono da luoghi toccati dalla
guerra come Afghanistan, Albania,
Kurdistan, Kosovo. «Alle spalle hanno un
progetto migratorio - spiega il
responsabile Renato Mingardi - nel senso
che la famiglia li spedisce per fare
fortuna, guadagnare e mandare i soldi a
casa: hanno 16 anni, ma sulle spalle le
responsabilità di un quarantenne». «Qui
- precisa don Franco De Pieri - diamo
loro cibo e vestiti tenendo presente che
nella libertà ci si incontra, nella
costrizione ci si separa». «Le tre
regole sono l'autonomia - prosegue
Mingardi - la corresponsabilità e
l'inserimento sociale». Lo scopo è
renderli indipendenti, aiutarli ad
imparare un mestiere e trovare un
lavoro, ma anche a rielaborare le
proprie aspettative. 170 gli ospiti
della Comunità tra minori (35),
stranieri adulti della comunità Boa
(55), richiedenti asilo e persone che
invece vivono nelle comunità dedicate
alle dipendenze (alcol e droga). Ogni
giorno vengono serviti ben 400 pasti:
una macchina che funziona. Molti anche i
volontari che tengono corsi di italiano
e alfabetizzazione come Gabriele
Stoppani. C'è persino una sarta in
pensione gettonatissima che ogni lunedì
aggiusta calzoni o fa l'orlo ai
pantaloni e un progetto per insegnare ai
ragazzi ad aggiustare le bici.
Quest'anno il programma dell'iniziativa
prevede una decina di appuntamenti
dedicati all'arte e alla creatività. La
serata di martedì prossimo sarà dedicata
alla musica revival anni Sessanta e
Ottanta mentre martedì 25 ottobre verrà
inaugurata l'Arteteca, un nuovo spazio
dove i ragazzi esprimono le loro doti in
campo artistico. Sono anche previsti
due incontri al Centro civico di via
Sernaglia. (m.a.)
Palmanova in rete: la fortezza veneziana in cerca di
rilancio
Messaggero Veneto - 21 settembre 2011
di
LUCIANO DI SOPRA* È stata valutata in termini molto
positivi la proposta del Ministero ai Beni Culturali di
inserimento di Palmanova nell’iniziativa promossa, come
capofila, dal Comune di Bergamo, del progetto Le opere
di difesa veneziane tra il XV e XVIII secolo nel
Mediterraneo per il riconoscimento quale sito seriale
internazionale dell’Unesco. Palmanova, già riconosciuta
come monumento nazionale dal 1960, è stata formalmente
iscritta fin dal 2006 nella tentative list delle
candidature italiane per la World Heritage List.
Nonostante vari incontri e sopralluoghi e nonostante sia
tuttora inserita nella lista, questa candidatura singola
ha subito una battuta di arresto e sembra che forse si
sia “raffreddata”. Anche il Comune di Bergamo si trovava
nella stessa situazione, anch’esso iscritto fin dal 2006
nella tentative list italiana con una candidatura che
sembrava anch’essa priva di prospettive di avanzamento.
Bergamo ha reagito costituendo un soggetto promotore per
il rilancio della propria candidatura, modificandola e
rendendola seriale e internazionale. Nel dicembre 2010
ha organizzato un workshop dedicato al tema Terra di San
Marco. Da Bergamo al Mediterraneo e ha raccolto le prime
adesioni. La novità di tale candidatura consiste nella
volontà di creare un sito seriale, appunto, in quanto
non relativo a una singola città, ma finalizzato ad
attivare, coinvolgere e mettere in relazione una
molteplicità di localizzazioni diverse. Per esempio, il
recente nuovo sito Unesco che fa capo a Cividale e
coinvolge una molteplicità di insediamenti longobardi è
seriale, ma non transnazionale, dato che si esaurisce il
Italia. La scelta di un comune denominatore, quello
dell’aver storicamente rappresentato nel Mediterraneo i
punti nevralgici per la difesa e per il commercio
marittimo e terreste della Serenissima Repubblica di
Venezia, chiama in causa città appartenenti a Paesi
diversi e quindi caratterizza una serialità
transnazionale del progetto. Il carattere della
transnazionalità accresce certamente, accanto alla
complessità culturale del tema proposto, anche lo sforzo
e la capacità organizzativa da mettere in campo per
superare le conseguenti difficoltà. Ne scaturisce un
valore del progetto che oggi viene considerato rilevante
per il successo di una candidatura agli uffici Unesco di
Parigi. Il progetto, che è tuttora in fase di
elaborazione, coinvolge la partecipazione di vari
partecipanti, quali Croazia, Montenegro, Albania, Grecia
e Cipro. Tra i molteplici centri interessati emerge la
cipriota Nicosia (cinta veneziana del 1561), sorella
maggiore di Palmanova e facente capo alla stessa
paternità progettuale di Giulio Savorgnan, oltre al
centro storico croato di Ragusa, già riconosciuto
dall’Unesco dal 1994 (cinta ampliata e rafforzata anche
da Venezia), e a quello greco di Corfù, riconosciuto
sempre dall’Unesco dal 2007. Per l’Italia l’elenco, che
come si è detto è in fase di definizione a partire da
Bergamo Alta (cinta veneziana del 1561), potrà
coinvolgere, tra le altre, Peschiera del Garda, Venezia
e Palmanova. Il progetto entrerà nel merito del valore
intrinseco dei vari siti che testimoniano l’abilità
tecnica delle opere di ristrutturazione di impianti
preesistenti o di fondazione ex novo. In tale contesto,
è indiscutibile che la città-fortezza di Palmanova
costituisce una testimonianza culturale unica in Europa
e quindi, nello specifico, anche a livello mondiale.
Palmanova ha formato oggetto di una fondazione ex novo,
operata in un territorio agricolo attraverso una
progettazione integrale, non solamente riguardante la
cinta, ma estesa anche al disegno del suo futuro assetto
urbano interno. A partire dal 1593, data di fondazione,
il sistema fortificato si evolve con una ulteriore
cerchia realizzata nella seconda metà del ’600 e con una
terza cerchia napoleonica del primo decennio dell’800.
Il complesso fortificato raggiunge una dimensione di
oltre un milione e mezzo di metri quadrati. Le tre
cerchie proiettano verso l’esterno la geometria
ennagonale della fortezza con l’articolazione di un
ordine di oltre 1.000 sottosistemi, manufatti fisici
identificati ciascuno da un nome e da una specifica
funzione militare. Il valore culturale del sistema può
essere colto attraverso il suoi modello da cui trae
ordine, come sintesi dell’urbanistica militare facente
capo alla scuola di Venezia e costituente, nella sua
unicità, parte integrante della più generale cultura
tridimensionale dello spazio elaborata dal Rinascimento
italiano. Da questo punto di vista, Palmanova
rappresenta uno dei più antichi e completi esempi oggi
esistenti dell’arte fortificatoria basata sulla
complessità geometrica e sul sistematico incrocio tra le
“piazze vive”, sorgenti di fuoco dell’artiglieria, le
gittate, con traiettorie e bersagli predefiniti, e con
le varie opere di difesa passiva, costituite da un gioco
sapiente di terrapieni protettivi. La logica ispiratrice
del modello fa capo alla balistica, che studia
l’andamento tridimensionale della gittate, a partire dal
punto di fuoco e fino al bersaglio. Con ciò rappresenta
un capitolo importante dal Rinascimento italiano e della
più generale nuova concezione tridimensionale dello
spazio. Tridimensionale è infatti lo spazio della
rappresentazione prospettica in pittura e in
architettura, tridimensionale la capacità di “fare il
punto” nelle coordinate del planisfero o di localizzare
in cartografia una rappresentazione geografica e sempre
tridimensionale è la concezione delle orbite planetarie.
È vero che Venezia, con il tipico pragmatismo che la
caratterizzava, non indulgeva su queste considerazioni
generali, ma le stesse offrono oggi la chiave di lettura
per focalizzare il valore culturale cui fa capo anche il
sistema fortificato di Palmanova. Va rilevato che i
modelli dell’urbanistica militare italiana del
Rinascimento sono stati successivamente esportati in
Europa e hanno trovato ulteriore sviluppo e continuità
sia nella scuola spagnola, soprattutto coloniale, sia
nella scuola francese, dove emerge la figura del Vauban,
primo ingegnere militare di Luigi XIV , caposcuola di
Francia e progettista del complesso di fortificazioni
che sono già state inserite dal 2008 a far parte della
lista Unesco. Pur essendo inventore con successo della
“guerra di movimento”, Napoleone restò affascinato di
fronte alla macchina militare di Palmanova, che Venezia
aveva progettato secoli prima seguendo l’ormai superato
modello della “guerra di posizione”. In omaggio a tale
ammirazione, nel 1805 Napoleone incaricò l’ingegnere
militare Chasseloup, erede di Vauban, di progettare e
attuare il grandioso ampliamento della cinta per una
estensione di ulteriori novecentomila metri quadrati.
Quattro anni dopo, a opere ultimate, l’intervento
militare austriaco dimostrò che il modello era ormai
stato superato dalle nuove strategie e che l’utilità
della fortezza era sostanzialmente decaduta. Gli
interventi francesi attuati da Napoleone a Palmanova
concludono il circuito del valore storico-culturale di
un modello che ha origine nella Serenissima Repubblica
di Venezia nel contesto dell’Italia rinascimentale,
viene recuperato e si sviluppa nella Francia di Vauban
e, da qui, oltre 200 anni dopo, viene riportato
nuovamente in Italia dai francesi attraverso il
completamento napoleonico dell’opera. Nel complesso,
dunque, Palmanova concorre al progetto promosso da
Bergamo oon il proprio contributo di valore culturale
che costituisce una punta emergente dell’ingegneria
militare veneziana e contemporaneamente anche la
documentazione compiuta del modello europeo di tre
secoli. Forse per Palmanova è la volta buona.
*Architetto, libero docente di urbanistica
all’Università La Sapienza di Roma
La protesta del comitato
del Lido «Il forte non è un rudere»
La Nuova Venezia - 19 settembre 2011
LIDO. «Non sono ruderi
senza valore, ma i resti di un forte asburgico in parte demolito dal
fascismo negli anni 1934-1936, tutelati dal Palav, il piano di area della
laguna». Nuovo esposto del comitato «Altrolido», che raccoglie le
associazioni dell'isola che si battono contro i grandi lavori per il palazzo
del Cinema e dei congressi e contro la «cementificazione» del Lido. Nei
giorni scorsi nuova documentazione è stata inviata alla Procura, dove giace
un esposto presentato nel marzo del 2010. «Chiediamo alla magistratura e
alla Corte dei Conti», dice il portavoce Salvatore Lihard, «di fare luce su
questa vicenda. Nonostante l'area del forte sia individuata nella
cartografia e nella lista dei beni storico culturali delle fortificazioni
tutelate dal Palav. approvato nel 1998, è stato danneggiato durante i primi
lavori di scavo». Un dossier è stato spedito anche alla direzione generale
dei Beni culturali, chiedendo l'intervento dello Stato. «Oltretutto, dicono
i comitati, «se invece di demolire le volte in mattoni si fosse fatta
un'attenta analisi archeologica, si sarebbe potuto stabilire prima
dell'avvio dei lavori l'esistenza o meno di grandi quantità di amianto nel
sottosuolo». I comitati chiedono infine di sapere che fine abbia fatto la
gradinata monumentale di accesso al Casinò, sottoposta a vincolo monumentale
e rimossa al momento del via ai lavori. (a.v.)
Forte
Roncogno riapre le porte ai visitatori
Trentino - 09
settembre 2011
POVO. Domani, a partire dalle 9
in Cimirlo, nell’ambito della Festa della Montagna,
organizzata dalla circoscrizione di Povo, si inaugurerà
il ristrutturato Forte Roncogno. L’opera, eseguita
dall’Azienda Forestale e costata 296.558 euro, ha
interessato tutto l’edificio. Sono state restaurate le
pareti di pietra calcarea e calcestruzzo, aggiustate le
feritoie e le fuciliere, rifatti i pavimenti, un tempo
in terra battuta ed ora in legno ed al vecchio tetto in
calcestruzzo e a cupola, si ne è preferito uno in lastre
di porfido leggermente a punta. All’interno è stata
portata l’energia elettrica e sono stati costruiti i
servizi sanitari. Il forte, costruito dagli austriaci
nel 1879, sorge ad 805 mt di altezza ed assieme al forte
Cimirlo doveva formare uno schema a tenaglia di difesa
per proteggere la Valsugana da eventuali intrusioni
degli italiani. Attrezzato per contenere 4 cannonni da
120 mm, 1 ufficiale e 50 soldati, all’inizio della Prima
Guerra Mondiale fu considerato obsoleto e fu disarmato
per spostare armi e guarnigione in punti più strategici.
Abbandonato all’incuria, nel 1989 fu liberato dalla
vegetazione e messo in sicurezza dalla Provincia e dal
2008 erano in corso i lavori di progettazione e di
esecuzione del restauro dell’Azienda Forestale. «Domani
il forte sarà visitabile ed accessibile a tutti coloro
verranno alla “Festa della Montagna”». Dichiara Paola
Moster, presidente della circoscrizione di Povo, che
aggiunge: «Con il consiglio circoscrizionale e l’Azienda
forestale decideremo che destinazione d’uso farne. La
cittadinanza spinge che l’edificio resti pubblico e
penso che l’idea migliore sarebbe farne un luogo per la
rievocazione storica e per la celebrazione di eventi
comunitari. Quella di domani sarà un primo momento per
iniziare a discutere di quest’argomento, ma sarà anche
un’occasione di festa e di partecipazione popolare. Ci
sarà il sorteggio della legna, l’esibizione dei
forestali nel taglio degli alberi, con annessa
spiegazione delle tecniche per farlo in sicurezza. Alle
12 ci sarà la presentazione ufficiale del Forte e a
seguire il pranzo con il ragù donato dalla Casa di
riposo che ci fornirà anche la pasta per le omelet con
le quali faremo la merenda. Il tutto sarà allietato
dalla musica di un quintetto veneto di fisarmoniche e,
nel pomeriggio, si potranno anche eseguire delle visite
guidate sul monte Celva e alle fortificazioni austriache
sparse nella zona».
La
servitù di Franz Joseph
Trentino - 07
settembre 2011
RIVA. Adalberto Mosaner, sindaco
di Riva, e Paolo Mattei, in rappresentanza della
Cartiere del Garda, si sono trovati nello studio del
notaio D’Argenio per cancellare dal libro Fondiario una
servitù... di cannoneggiamento. La storia è vecchia
esattamente di un secolo. Nel 1911, e successivamente
nel 13 e nel 14, in contemporanea con la costruzione e
l’armamento del sistema di forti del monte Brione che
doveva difendere, assieme alla Tagliata del Ponale, il
confine meridionale dell’Impero, il ministero della
guerra di Francesco Giuseppe aveva imposto una servitù
sull’intera campagna che si distendeva, completamente
vuota di abitazioni, fra il nucleo abitato di
Sant’Alessandro e la sponda settentrionale del lago. La
servitù, che doveva consentire alla guarnigione degli
artiglieri di stanza nella serie di fortificazioni di
effettuare le esercitazioni ed i tiri prescritti, era
stata intavolata a favore di due particelle situate
sulla sommità del monte e queste particelle erano
passate alla fine del conflitto nel Demanio dello stato
italiano che, dopo aver riconosciuto che quei beni non
erano più necessari per la difesa dello stato o per
servizi di carattere nazionale, le aveva girate alla
provincia di Trento una trentina d’anni fa. La provincia
a sua volta li aveva passati, assieme ad altri immobili,
al comune di Riva, che così si trova ad essere titolare
di questa servitù, cui nessuno ha fatto più caso, come
testimoniano le molte costruzioni sorte nella piana. La
cartiera, mesi addietro, nel preparare il progetto d’un
sostanzioso ritocco all’area ex Atlas di sua proprietà
(è prevista, oltre al rifacimento dei magazzini, anche
la costruzione d’un marciapiede su via Filanda su
terreno ceduto dall’industria) ha trovato l’iscrizione
del vincolo ed ha preferito che venisse cancellato. E’
vero che la servitù, non essendo mai stata esercitata di
fatto ed essendo trascorso il periodo di vent’anni
previsto per la prescrizione, poteva anche considerarsi
scaduta: ad ogni buon conto la cartiera ha preferito
ufficializzare la cancellazione. Di qui la delibera con
cui la giunta ha accettato di rinunciare alla servitù e
l’incontro dei due responsabili -sindaco ed
amministratore delegato- davanti al notaio per l’ultimo
atto: la formalizzazione dell’atto.
Montericco, un incarico a “Villaggio
globale”
Corriere delle Alpi - 23 agosto 2011
PIEVE DI
CADORE. Sarà l’organizzazione
“Villaggio globale international” a
progettare le strutture museali del
forte di Montericco. Lo ha detto il
sindaco di Pieve, durante le visite
che in questi giorni ha organizzato
per illustrare la portata del
progetto a concittadini e turisti.
Una
iniziativa che sta ottenendo un
crescente consenso. «Dopo aver
salvato il forte», ha spiegato Maria
Antonia Ciotti, «si è trattato di
programmare un sua utilizzo che
avesse anche la capacità di attrarre
visitatori e di consentire il
recupero di una parte delle ingenti
spese sinora affrontate e che sarà
necessario affrontare per completare
l’opera. Poichè ritengo che un ente
pubblico non abbia la capacità di
ideare e progettare le soluzioni più
adatte, l’Amministrazione ha
ritenuto utile affidarsi ad una
organizzazione specializzata, come
quella del “Villaggio globale
international”, che ha già dato
prova di capacità recuperando il
forte di Marghera. Poiché la
Fondazione Cariverona, che finanzia
gran parte del recupero, aveva messo
dei paletti precisi per quanto
riguardava l’utilizzazione della
struttura, che dovrà essere
esclusivamente culturale e storica,
sono state fatte delle scelte
importanti per cercare la migliore
delle soluzioni. Così abbiamo preso
tutte le proposte che erano arrivate
dalle associazioni, dai privati e
dai comuni e le abbiamo passate pari
pari ai tecnici di “Villaggio
globale”, che hanno già iniziato ad
elaborare un loro progetto. Non
appena questo elaborato sarà pronto,
sarà presentato a cittadinanza e
studiosi interessati. Tra le
strutture che sono state chieste a
gran voce», ha proseguito il
sindaco, «c’è anche quella
pinacoteca cadorina che avrebbe
dovuto trovare posto nel palazzo
Jacobi, a Pieve, ma che per
questioni di necessità non è stata
realizzata. In questo museo non ci
saranno però solo Tiziano Vecellio e
la sua scuola, ma anche pittori e
scultori di varie epoche, compresa
l’attuale. Inoltre, per valorizzare
maggiormente la struttura, potremmo
accogliere anche opere di autori non
cadorini, ma qui presenti con loro
opere; come ad esempio il Brustolon,
che in Cadore ha fatto opere
eccezionali». (a.s.)
«Gli edifici sono
vincolati Saranno un
bene di tutti»
-
GLI INTERVENTI. Polato:
«Presentati a Roma 18
piani di fattibilità»
Lavori di recupero già
cominciati nei forti
Santa Caterina e
Lugagnano, concesso ai
Marinai
L'Arena - 12 agosto
2011
«Al ministero», fa sapere l'assessore al
patrimonio Daniele
Polato, «abbiamo
presentato 18 piani
di fattibilità che
riguardano forti,
torri, mura di cinta
e relative rondelle
indicando programmi
di utilizzo in
collaborazione con
il nostro tessuto
associativo. I beni
di cui chiediamo di
diventare
proprietari,
infatti, hanno un
valore inestimabile,
ma per il Comune»,
aggiunge, «il
federalismo
demaniale non è un
"affare" economico,
anche perché si
tratta di edifici
vincolati, ma
un'opportunità per
recuperare strutture
che fanno parte del
nostro patrimonio
storico e
culturale».
Per alcuni degli
edifici di cui il
Comune vuol
diventare
proprietario sono
già cominciati gli
interventi di
riqualificazione.
Forte Lugagnano, in
origine Werk
Kronprinz Rudolf,
situato tra San
Massimo e Lugagnano
e costruito nel
1861, è uno di
questi. «Essendo in
concessione
temporanea», spiega
Polato, «l'abbiamo
già affidato ai
Marinai d'Italia e
ad altre
associazioni
combattentistiche
che stanno
sistemando l'area e
l'edificio che
all'interno è stato
letteralmente
devastato da vandali
e ladri dopo la
dismissione dei
militari». In
condizioni critiche
è anche forte Preara,
sull'altura a nord
del castello di
Montorio. Fu
edificato nel 1860 e
intitolato al barone
Franz von John, per
le azioni nelle
battaglie di Goito e
Volta Mantovana.
Lavori di recupero,
invece, sono già
stati eseguiti dalle
associazioni di
volontariato della
quinta e sesta
circoscrizione per
forte Santa
Caterina, al
Pestrino. Costruito
nel 1852, deve il
suo nome alla
cappella dedicata
alla santa senese
che si trovava lungo
la strada che dal
Lazzaretto di San
Pancrazio conduceva
a Porta Nuova. Venne
poi intitolato al
barone Heinrich von
Hess, capo di Stato
maggiore nell'armata
di Radetzky. Il
Comune, infine,
chiede di entrare in
possesso di forte
Sofia, sul colle San
Leonardo. Fu
costruito nel 1838 e
intitolato
all'arciduchessa di
Baviera, madre
dell'imperatore
Francesco Giuseppe.
Enrico Santi
Forti, ecco
il piano per farli rivivere - PATRIMONIO
STORICO. Il Comune ha inviato al Demanio la
relazione sui progetti necessaria per ottenere
la proprietà dei beni. Palazzo Barbieri
prospetta la creazione un percorso turistico e
naturalistico lungo la cinta difensiva
L'Arena -
12 agosto 2011
Forte Preara, o forte John, sul colle
a nord del castello di Montorio. Il
Comune ne chiede la proprietà
Verona. La
creazione di un percorso turistico e
naturalistico lungo le mura, i forti, le
torrette e le altre strutture militari del
sistema difensivo che circonda la città. È
il progetto con cui Palazzo Barbieri conta
di ottenere dal Demanio, entro settembre, la
proprietà effettiva delle Mura magistrali,
dei forti e delle torri austriache. Il
Comune, su iniziativa dell'assessore al
patrimonio Daniele Polato, ha infatti
ultimato il «Programma di valorizzazione del
sistema difensivo veronese» e inviato la
relazione di 70 pagine ai direttori
regionali della Soprintendenza per i beni
culturali e paesaggistici Ugo Soragni, e
dell'agenzia del Demanio Pier Giorgio
Allegroni.
Il documento illustra le strategie che
l'Amministrazione comunale intende mettere
in atto per valorizzare i fabbricati
storici, elencando utilizzi previsti,
interventi di manutenzione o di restauro già
programmati e le iniziative per la tutela,
la conservazione e la fruizione pubblica. La
richiesta riguarda forte Lugagnano, forte
Santa Caterina, forte Sofia e forte
Preara,
le quattro
torri
Massimiliane sulle Torricelle e lo
stesso bosco che le circonda. Ma anche
Castelvecchio, il cui passaggio di proprietà
al Comune non è mai stato ufficializzato e
la grande vasca dell'Arsenale, ora in fase
di restauro e che si pensa di inaugurare ad
ottobre.
«Il programma», spiega l'assessore Polato,
«consiste nel recupero degli spazi esterni
ed interni attraverso accordi tra il Comune
e le associazioni culturali, di volontariato
e sportive, alle quali affideremo in
gestione le strutture che dovranno essere
aperte alla popolazione con iniziative
rispettose e consone al valore storico e
culturale del luogo, così come stiamo già
facendo per strutture già di nostra
proprietà, come forte
Gisella, per il quale abbiamo stipulato
una convenzione con la parrocchia di Santa
Lucia e forte Chievo, dove già stanno
operando molte associazioni del territorio e
siamo intenzionati a fare per forte San
Mattia, recentemente riqualificato».
Nell'ambito delle operazioni consentite dal
decreto sul federalismo demaniale, inoltre,
esiste già una concessione temporanea per
forte Lugagnano, al cui risanamento stanno
lavorando i soci dell'associazione Marinai
d'Italia, e
forte Santa Caterina, al Pestrino, per
l'utilizzo della quale si è aperto un tavolo
di lavoro che coinvolge la quinta e la sesta
circoscrizione che sta valutando una serie
di proposte. «Sicuramente», sottolinea
Polato, «non vi faremo, come qualcuno ha
detto, una pista di motocross per rispetto
dell'ambiente e del vicino monastero di
clausura». Nel 2009, inoltre, ci fu la
concessione delle Mura magistrali,
condizionata all'impegno del Comune di
investirvi sei milioni di euro, quattro già
spesi nel compendio della Passalacqua, per
la pulizia e la manutenzione.
Il programma dovrà passare al vaglio del
ministero dei Beni culturali. Una volta
approvato, l'assessore al patrimonio porterà
in Consiglio comunale la delibera per il
passaggio in proprietà degli immobili.
«L'obiettivo», fa sapere Polato, «è rendere
fruibili entro il 2012 queste zone, con
percorsi turistici che valorizzino le
strutture fortificate. Il federalismo
demaniale di cui siamo stati fra i primi in
Italia a usufruire anche grazie all'apporto
dell'onorevole Brancher», continua, «è
un'opportunità per avere la proprietà
giuridica di questi beni con la possibilità,
quindi, di valorizzarli. Se trascurati,
rischiano di andare irrimediabilmente
distrutti dal degrado e dai vandalismi».
Enrico Santi
Inaugurato
il piazzale di Forte San Mattia
L'Arena -
5 agosto 2011
Verona. È
stato inaugurato oggi Forte San Mattia,
sulle Torricelle, dopo i lavori di
manutenzione straordinaria che hanno
interessato l’area esterna del complesso
monumentale risalente al 1848. L’intervento,
finanziato dal Comune con un contributo di
50 mila euro e realizzato dalla cooperativa
sociale “Milonga” per conto di Amia, ha
riguardato: il taglio e il riordino della
vegetazione in tutta l’area del Forte, la
sistemazione del cortile esterno e la
realizzazione della nuova staccionata per la
messa in sicurezza del luogo.
Presenti al taglio del nastro il sindaco
Flavio Tosi, l’assessore al Patrimonio
Daniele Polato e i presidenti di Amia
Stefano Legramandi e della 2ª Circoscrizione
Alberto Bozza. “Era da 60 anni che non si
interveniva su Forte San Mattia con un
intervento di manutenzione straordinaria –
afferma il sindaco -. Ora, grazie ad un
lavoro di alta qualità e professionalità –
aggiunge Tosi – questo suggestivo luogo
della città torna in tutto il suo splendore
ai cittadini veronesi e, in particolare,
alle associazioni che lo tengono vivo e
contribuiscono in modo fondamentale alla sua
pulizia e al suo decoro”. “L’Amministrazione
comunale prosegue nell’impegno di
riqualificare i luoghi fortificati della
città per restituirli ai cittadini – afferma
Polato –; dopo la sistemazione della cinta
muraria di via Torbido e gli interventi su
Forte Gisella e Forte San Mattia,
proseguiremo con il recupero dei Forti
Chievo e Lugagnano. Inoltre – aggiunge
l’assessore – con l’attuazione del decreto
sul federalismo demaniale, entro settembre
il Comune diventerà proprietario dei 9
chilometri di cinta muraria e di una serie
di beni vincolati che appartengono al
patrimonio della città. Per queste strutture
– conclude Polato – è già stato approvato
dall’Agenzia del Demanio e dalla
Soprintendenza del Veneto il piano di
valorizzazione per il loro recupero e
riutilizzo”.
“La scommessa vincente – sottolinea Bozza –
è condividere queste strutture con i
cittadini e le associazioni presenti sul
territorio, che trovano in questi spazi la
possibilità di incontrarsi e portare avanti
la propria attività”.
Attualmente hanno sede a Forte San Mattia i
gruppi “Coro Voci del Baldo”, “Associazione
Radioamatori”, “Gruppo Speleologico
Veronese”, “Gruppo Promozionale Trieste”,
gruppo “Il Forte”, oltre ad alcune
associazioni musicali.
Sopra Gemona la
rinascita del forte
Messaggero Veneto - 11 agosto 2011
Costruito a partire dal 1904, con la rotta di Caporetto
il forte di monte Ercole viene fatto saltare. È il 29
ottobre 1917. Nei giorni precedenti il forte viene
svuotato dei pezzi di artiglieria più importanti,
portati oltre il Tagliamento, quindi viene sgomberato
l’abitato di Ospedaletto, troppo vicino e dunque a
rischio. Alle 16 del pomeriggio l’ordine venuto dal
comandante del Corpo d’armata speciale viene eseguito
per mano del maresciallo Aurelio Bergamino, rimasto a
presidiare il forte assieme a un drappello di uomini.
Accese le cariche, ci vogliono pochi minuti perché il
forte salti in aria, con tutte le munizioni ancora
presenti. Nonostante l’esplosione e poi il sisma del
’76, molta parte delle gallerie e dei camminamenti sono
ancora oggi in parte fruibili. (m.d.c.) GEMONA Quando si
parla di fortificazioni risalenti alla prima guerra
mondiale, nell’area della pedemontana friulana il
pensiero va con naturalezza al Forte di Osoppo,
protagonista di gloriose pagine di storia. Più
difficilmente si avventura fino a Gemona e al suo forte
di Monte Ercole, sopra Ospedaletto, meno conosciuto e di
certo meno frequentato di quello osovano. Oggi lo si sta
in parte riscoprendo grazie a una serie di interventi
realizzati dalla Comunità montana del Gemonese, Val
Canale e Canal del Ferro, per conto del Comune. L’ultima
di queste opere (per 91 mila euro) ha permesso di
riportare alla luce diverse porzioni del manufatto,
prima coperto dalla vegetazione, e di metterle in
sicurezza. L’intervento s’inserisce in un progetto ben
più corposo di riqualificazione della struttura, che
richiederebbe circa un milione di euro d’investimento
per essere completato. Fondi che a oggi non ci sono, se
non per piccole tranche che l’ente locale ha fin qui
affidato alle cure della Comunità montana. Quella di
recente conclusa corrisponde al secondo lotto di lavori,
consistito «nella messa in sicurezza del manufatto, al
fine di garantire l’incolumità dei numerosissimi
visitatori – spiega il funzionario della Comunità
montana, Lorenzo Beltrame -, nella pulizia della
vegetazione che invadeva le strutture compromettendone
la stabilità e infine nel ripristino delle opere
idrauliche e della viabilità comunale immediatamente
adiacente al manufatto fortificato». Si tratta, come
detto, di una piccola ma rilevante opera il cui
risultato è immediatamente apprezzabile a quanti, nelle
ultime settimane, sono saliti a monte Ercole. Le
strutture murarie della fortificazione sono tornate
visibili, così come i vari accessi alle gallerie, che
purtroppo però restano ancora buie e dunque non
percorribili dai visitatori. «Nel futuro prossimo
sarebbe bello riuscire a rendere nuovamente fruibili
almeno alcune parti di questi cunicoli e delle trincee
coperte», auspica il sindaco Paolo Urbani, che giorni fa
ha visitato di persona il sito per toccare con mano il
risultato dell’ultimo intervento. «Un’opera che permette
di meglio apprezzare un importante pezzo di storia della
Grande guerra affacciata su un panorama mozzafiato».
Dalla cima di monte Ercole lo sguardo abbraccia tutta la
pedemontana e spazia lungo il Tagliamento fino alla
bassa. È anche in virtù di questa posizione e della
vicinanza di altre fortificazioni che il rilievo, alle
pendici del monte Cumieli, fu scelto all’alba del secolo
scorso per ospitare una fortezza corazzata. Ottimo
presidio sui Rivoli bianchi e fece parte della linea
difensiva di fortificazioni dell’Alto Tagliamento-Fella
assieme a Chiusaforte, al monte Festa e a Osoppo. Il
forte di monte Ercole venne dotato di cannoni a lunga
gittata e di sistemi per la difesa ravvicinata, che a
tutt’oggi sono ancora individuabili, così come i resti
delle cupole dove alloggiavano i cannoni da 149 puntati
verso sella Foredor e la rete di gallerie con feritoie
per i fucilieri che in molta parte sono ancora fruibili.
Maura Delle Case
Aperto il Trincerone
sullo Zugna
Trentino - 05 agosto 2011
ROVERETO. «Maledetta Rovereto se
non saprà sfruttare questo museo all’aperto della Grande
Guerra»: il commento di Alberto Miorandi, presidente del
Museo della Guerra, non poteva essere più azzeccato, nel
salutare la fine dei lavori al trincerone in Zugna. Ieri
la Fondazione Cengio Alto ha riconsegnato al Comune
l’area, cent’anni fa fronte tra Italia ed Austria.
Un anno fa la
ricostruzione del muro del cosiddetto trincerone, quello
che consentì agli italiani di sbarrare il passo agli
austriaci, scatenò molte polemiche. Il muro, rifatto,
rende evidente la distinzione tra esistente e al tempo
stesso dà l’idea al profano di cosa c’era all’epoca.
Affacciandosi dalla trincea, si scorgono, a neppure
cento metri di distanza, sotto il tornante della strada,
i resti della trincea austriaca. Ci si poteva parlare
l’un l’altro, invece ci si sparava. Qui, stretti tra due
precipizi, i due eserciti bloccarono l’avanzamento del
“nemico”: gli italiani avrebbero altrimenti conquistato
Rovereto, gli austriaci avrebbero dilagato in pianura.
Un’area così piccola, circoscritta in appena 1
chilometro e mezzo, questa la lunghezza del nuovo
percorso di visita, fu decisiva.
Fino a pochi anni fa, pochissimi ne erano a conoscenza,
non si vedeva nulla, perché il bosco aveva occultato
tutto. «Grazie al buon senso della forestale, abbiamo
potuto rivificare l’area, sono affiorati punti di
guardia, postazioni, trincee - ha detto il presidente
della Fondazione Cengio Alto, Giampaolo Ferrari -
offriamo un’immagine reale di ciò che fu». Vivi
apprezzamenti per l’esito dei lavori sono arrivati dal
vicesindaco Daicampi, e dall’assessore alla cultura
provinciale Panizza. Ma non sarebbe finita qui, perché
la Fondazione, grazie al lavoro della Sat ed in
particolare del gruppo grotte, ha scoperto ed esplorato
le gallerie, italiana ed austriaca, sottostanti: ci sono
1800 metri di camminamenti, «Cercheremo di aprire due o
tre siti in galleria», auspica Giampaolo Ferrari.
Da adesso i tre ettari e mezzo sullo Zugna sono tornati
al Comune. Ora il sito deve essere mantenuto, perché il
bosco farebbe presto a cancellare tutto. Il sentiero di
visita non è sempre evidente, si possono fare delle
migliorie. Il trincerone, assieme a forte Pozzacchio,
Nagià Grom, il Pasubio ed altri siti fa dell’area
roveretana qualcosa di formidabile per ricordare ciò che
fu la Prima Guerra Mondiale. Se Rovereto non la sfrutta,
«È meglio che andiamo tutti a casa», come dice Alberto
Miorandi del Museo. Michele Stinghen
Opera
14, lo scoglio della sicurezza
Da
corrierealtoadige.it del 20 luglio 2011
Urbanistica - Il bunker potrebbe ospitare installazioni
artistiche. Adang:"Valorizzare un pezzo di Storia".
Sopralluogo delle associazioni. Mancano le uscite di
sicurezza.
Bolzano - A tre metri di
profondità, al termine di una selva di cunicoli, l'aria
è umida e pesante. Ma basterebbe, si fa per dire,
abbattere una parete (due metri di cemento armato!) per
realizzare un'uscita di sicurezza e collegare la sala
(un tunnel che somiglia molto al vecchio Sciarada) al
mondo esterno. L'Opera 14, il bunker che sorge a Bolzano
Sud in mezzo a quella che a giorni diventerà una zona
produttiva, ha bisogno di un grande restyling prima di
diventare un centro culturale come vorrebbero Unitalia e
il Pdl. Di certo, come assicura Ermanno Adang che nel
tempo libero fa l'esploratore di bunker, demolirlo
servono un sacco di soldi. "Le pareti sono fatte di
cemento armato spesso due metri. Andrebbero tagliate e
asportate a blocchi: mesei e mesi di lavoro. In Alto
Adige - spiega Adang che ha dato vita al movimento
Salviamo l'Opera 14 - ci sono bellissimi esempi di
recupero di bunker. E a Bolzano ce ne sarebbero altri
due, uno alla spaghettata e uno sul monte di Castel
Flavon". Entrare non è semplice, bisogna farsi largo tra
ragnatele e rifiuti abbandonati da anni. Le casematte
hanno delle piccole finestrelle che danno sull'esterno,
il resto è buio totale. La torcia di Adang illumina solo
ambienti angusti e gli altri esploratori, Andrea
Chiereghin, Thomas Brancalion e Iacopo Cavallaro,
scuotono la testa. Impossibile sfruttare questo spazio
per la musica ma per installazioni artistiche lo spazio
è senza dubbio interessante. Una scala porta in basso e
quando la luce delle torce illumina l'lantico dormitorio
del forte si illuminano anche gli sguardi. Un tunnel di
una dozzina di metri largo 3 con sette otto anfratti ai
lati. La sala andrebbe collegata con l'esterno dove, nei
progetti del Comune, dovrebbe sorgere un parco. "Non è
impossibile, qui i muri sono meno spessi e sicuramente
costa meno che abbatterlo tutto" spiega adang che sta
facendo di tutto per salvare il bunker Opera 14.
Pozzacchio,
viaggio al centro del forte
- In 300 visitano i
sotterranei dentro la montagna. Lavori per 1
milione
Trentino - 18 luglio 2011
TRAMBILENO.
Da
quota 882, in Valmorbia, tra Trambileno
e la Vallarsa, guarda, dalla sommità, la
valle. Ma il cuore è sottoterra, su tre
livelli, dentro il monte. A forte
Pozzacchio prosegue il restauro che
dovrebbe concludersi l'estate prossima,
tempo della definitiva apertura al
pubblico. Ieri l'anteprima, in occasione
della commemorazione dei Caduti. Il
viaggio dentro forte Pozzacchio inizia
da sud, attraverso una galleria di circa
300 metri e 2 metri di altezza che
avvicina al cuore della fortificazione,
metri e metri sottoterra, su tre
livelli. Si salgono 51 scalini in pietra
per arrivare nel primo stanzone
dall'ampia volta dove un attrice recita
brani tratti dal diario di una profuga
che, in seguito allo scoppio del
conflitto tra Italia e Impero
Austro-ungarico che fece del Trentino
prima linea del fronte, venne portata
coi figli nelle Città di legno. Destino
di migliaia di persone. E' la prima
tappa del percorso che quando verrà
aperto al pubblico, l'estate prossima,
come ha detto il sindaco di Trambileno
Renato Bisoffi, sarà completo di
passerelle, impiantiti rialzati in vetro
in diverse stanze e una scala che dal
pozzo centrale, dove un montacarichi
serviva gli obici, porterà sulla
sommità. Strana storia quella di forte
Pozzacchio. Non ancora pronto allo
scoppio del conflitto tra Regno d'Italia
e Impero Austro-ungarico, lasciato a sé
stesso, occupato dagli italiani che lo
persero pagando un prezzo, in vite
umane, spropositato (314) contro i 174
nemici, nel dopoguerra venne razziato
dai recuperanti che portarono via tutto,
legno, lamiere, ferro. Lasciando un
rudere strapieno di detriti. Ora,
pulito da svariati metri cubi di sassi e
pietre - nel solo pozzo centrale
arrivavano a 2 metri e mezzo d'altezza -
potrà essere visitabile. Il percorso
prosegue a ferro di cavallo attraverso
circa 3 chilometri di cunicoli. Un
attore recita brani da un diario di un
soldato. Si esce su una postazione che
guarda il gruppo dello Spil. La guida
dell'associazione culturale "Il forte"
ricorda che nei grandi stanzoni c'erano
intercapedini di legno e lamiera che
ricoprivano tutta la volta, per
mantenere la temperatura il più
possibile costante, o, comunque,
abbattere l'umidità. E che tutto è
sparito ad opera dei recuperanti. Sono
ben visibili le canalette che scorrono
lateralmente ai tunnel di collegamento.
Una struttura complessa, unica nel suo
genere. Che i lavori appaltati dal
Comune di Trambileno - su delega
provinciale e progetto dell'architetto
Francesco Collotti - alla ditta Azzolini
permetteranno di far conoscere a tanti
in tutta sicurezza. Il costo previsto è
di circa 1 milione di euro. Seguirà la
realizzazione di una sorta di parco
della memoria, un luogo dove guardare al
passato, avendone gli strumenti
materiali e simbolici a disposizione, ma
con lo sguardo in avanti. di Paolo
Piffer
Il Valmorbia Werk si
svela
Trentino - 14 luglio 2011
TRAMBILENO. A poco meno di un anno
dall’avvio dei lavori, domenica sarà possibile entrare
nel forte di Pozzacchio per vedere come procede la
ristrutturazione.
L’occasione è l’annuale commemorazione dei caduti della
Grande Guerra, una festa che attira a Trambileno una
folla di appassionati e curiosi che vogliono visitare i
luoghi di battaglia e che a Pozzacchio trovano pane per
i loro denti. Forte Pozzacchio, infatti, è l’unico forte
scavato interamente nella roccia ed una delle ultime
fortificazioni realizzate nella prima guerra mondiale
dal genio austriaco. Il Valmorbia Werk, come è chiamato
nei carteggi austoungarici, rimase incompiuto. Domenica,
a partire dalle 13, sarà possibile visitarlo grazie alle
guide dell’associazione “Il Forte di Pozzacchio” e “Gli
amici del forte”. Poi il manufatto bellico tornerà ad
essere un cantiere. I lavori finiranno per l’inizio
delle celebrazioni del centenario della Grande Guerra
nel 2014.
Domenica il raduno nel piazzale del forte è previsto
per le 10. Dopo l’alzabandiera verrà celebrata la messa
sull’altare del forte (10.30). Non mancherà la cucina da
campo con piatti tipici, si potrà visitare il forte e,
alle 16, inizierà lo spettacolo “Cercando Totò” con le
compagnie teatrali “Emit Flesti”, "Estroteatro” e
“Teatro delle Quisquilie”. (st.c)
Le fortezze?
Restaurate per il 2014 - Progetto Grande guerra:itinerari,
eventi e turismo
Da l'Adige del 11
luglio 2011
Dalla
sistemazione del Sentiero della pace al restauro del
formidabile sistema difensivo in caverne di Werk Valmorbia
(forte Pozzacchio). Dal recupero dei forti di Tenna, Levico
e Predazzo all’apertura della Tagliata del Ponale, sul Garda
e, finalmente, alla valorizzazione della Festung Trient, il
munitissimo anello di fortezze, trincee e postazioni
realizzato tutt’attorno alla città di Trento, resa
inespugnabile dagli austriaci poco prima del conflitto. Gli
interventi rientrano tutti nell’ambizioso programma, da qui
al 2014, del progetto «Dalla guerra alla pace», messo in
campo dalla Provincia per il centenario della Grande guerra
a scopi culturali e di valorizzazione anche turistica di un
patrimonio unico sulle Alpi. «È un progetto organico che
rende visibile a livello europeo la rete della Grande
guerra, e che nei prossimi giorni - anticipa l’assessore
provinciale alla cultura Franco Panizza - illustreremo al
Consiglio delle autonomie, che indicherà tre componenti per
il comitato promotore. Ai presidenti delle Comunità di valle
interessate chiederemo di fare sintesi sui propri territori.
In settembre il programma sarà definitivo, in novembre verrà
presentato alla popolazione con un workshop». L’offerta di
un patrimonio visibile e in parte conservato sarà richiamata
anche nel logo del progetto, che si articola in 8 «aree». A
vario titolo, vi sono coinvolti i servizi e le strutture
della Provincia, il Museo della guerra di Rovereto (che
entro il 2014 avrà un nuovo allestimento), il Museo storico
del Trentino, Trentino marketing, Apt, ecc. In area
«interventi» ricadono il censimento delle opere campali, il
recupero del Sentiero della pace e dei sistemi fortificati.
Ma le opere vanno «comprese », lette nel loro contesto
storico- militare e geografico. Ecco dunque la «Rete
Trentino Grande guerra», per unire associazioni, musei e
istituzioni, ed ecco l’area scientifica per i progetti di
studio e di ricerca, alle quali si affiancano il progetto
comunicazione (sito Web, dvd e cd, articoli, comunicati),
quello di promozione turistica, quello di formazione
(scuola, corsi, personale) e il piano degli eventi
culturali. E la dimensione europea? «I contatti con la
Galizia ucraina e polacca sono stati presi - informa Panizza
- e la collaborazione comprende il Veneto e la
Lombardia».Con i veneti, il Museo storico ha avviato la
progettazione del «Parco della memoria» dalle Piccole
Dolomiti agli Altipiani, mentre sul Pasubio c’è un accordo
interregionale di valorizzazione della «zona sacra». Quanto
alle risorse, l’assessore ipotizza una spesa di 2-3 milioni
di euro: «Nel 2013 - ricorda - nella legge Finanziaria è
stato inserito un articolo sulla Grande guerra: c’è quindi
un fondo apposito, ma la maggior parte degli interventi è
già finanziata ». È imminente l’apertura dello
Strassensperre Buco di Vela, lo sbarramento stradale di
Cadine, con visite guidate. L’allestimento (centro
informativo sulle fortificazioni del Trentino) è in
programma nel 2012, come la fine dei lavori al forte di
Tenna e al Werk Col delle Benne (forte San Biagio a Levico).Quelli
al Werk Valmorbia, noto come forte Pozzacchio e costituito
da un sistema di gallerie, scalinate e ricoveri in roccia (Trambileno)
dovrebbero concludersi già quest’anno. Entro il 2011
dovrebbero terminare anche il restauro del cimitero militare
di malga Sorgazza (Pieve Tesino), la pulizia delle lapidi al
cimitero monumentale di Bondo, il restauro del
monumento ai caduti di Caoria e gli interventi alla zona
monumentale del Pasubio. Il recupero delle pertinenze del
forte di Tenna è previsto nel 2012, mentre il restauro di
forte Dossaccio a Paneveggio dovrebbe concludersi all’inizio
del 2013. Alla Maza di Nago, gli interventi sui ruderi alla
Busa dei Capitani comprendono la sistemazione dell’area
circostante. Per la Tagliata del Ponale a Riva del Garda,
infine, è pronto il progetto definitivo di restauro, per
aprire alle visite le caverne e le scalinate che collegano i
cinque livelli. F. T.
Da Hitler ai tank
sovietici Nel bunker di Bolzano la storia del Vallo alpino
Alto
Adige - 10 luglio 2011
Le
vicende del Vallo Alpino sono racchiuse in un volume di
240 pagine dal titolo «Bunker» edito nel 2006 dalla
Provincia autonoma e distribuito dalla casa editricer
Athesia, e dovuto a Christina Niederkofler, Josef
Urthaler ed Andrea Pozza. L’opera si è avvalsa inoltre
della consulenza del tenente colonnello Licio Mauro, per
18 anni responsabile della fortificazione permanente per
gli alpini d’arresto nell’alta Pusteria, e di altri
contributi tecnici e storici di grande interesse.
Il libro, scritto in italiano e in tedesco, è corredato
da un avvincente apparato iconografico e da cartine
molto dettagliate che guidano il lettore attraverso
sessant’anni di storia.
Solo un po’ più a est, non proprio dritto dritto. E
così ha aspettato per altri 42 anni, in attesa dei carri
armati del Patto di Varsavia. Ma i carri armati di
Mosca, grazie a dio, non sono mai arrivati. Nel
Novantadue gli hanno detto: amico è finita, spegni la
luce e riposa. Finita un corno. Luglio Duemilaundici:
colpo basso. Dopo una vita passata a scrutare il nord,
si trova il nemico sull’uscio. A Sud. Zona di espansione
Sud del Comune di Bolzano. Progettato per resistere alle
cannonate, verrà raso al suolo dalla burocrazia e dal
rimpallo di responsabilità tra Comune e Provincia.
Spazzato vie dai nuovi insediamenti produttivi della
città. Lui in gergo tecnico si chiama Opera 14 ed è
l’ultimo bunker fuori terra dello sbarramento sud del
Vallo Alpino, la linea di fortificazioni realizzata dal
regime fascista tra il 1939 e il 1942 per contrastare
un’ipotetica avanzata delle truppe del Reich, quasi un
monumento a tutte le ambiguità seminate tra Roma e
Berlino dall’alleanza tra l’Italia fascista e la
Germania nazista. Più che Vallo alpino o Vallo Littorio,
vale insomma la vulgata che trasformò velocemente quel
nome pomposo in una assai più pittoresca «Linea non mi
fido». La politica espansionistica tedesca, culminata
nell’Anschluss austriaco del 13 marzo 1938, aveva
portato infatti a diretto contatto Italia e Germania
visto che l’ex-confine italo-austriaco era diventato il
nuovo confine italo-germanico. In questo prossimità
stanno le ragioni del Vallo. Il problema altoatesino,
che nel 1938 aveva ancora i contorni di un contenzioso
politico aperto, e l’atteggiamento non sempre lineare
della politica romana nei confronti dell’ingombrante
alleato, produssero il Vallo. L’ordine di Mussolini
arrivò nel novembre del 1939: fortificare la frontiera
nord. E così fu. Alla linea fortificata lavorò un
esercito di 19 mila persone, con oltre 350 manufatti
costruiti in tre anni. Lo stop ai lavori fu diramato
dallo Stato Maggiore dell’Esercito italiano il 4 ottobre
del 1942, a seguito delle ormai ripetute e sempre più
pressanti proteste del Reich.
Gli sbarramenti in Alto Adige sono disposti secondo
quattro direttrici: Adige, Isarco, Rienza-Drava e Passo
Monte Croce di Comelico. Lo sbarramento di Bolzano sud
apparteneva al raddoppio del terzo sistema difensivo
della direttrice Adige, che partiva da Passo Resia. Il
progetto di Bolzano sud, sviluppato nel 1940, prevedeva
la costruzione di 67 opere con un armamento complessivo
di 160 mitragliatrici, 35 fucili mitragliatori, 6 pezzi
anticarro e 14 cannoni di piccolo calibro. Quando arrivò
lo stop ai lavori le opere ultimate erano 42, molte
delle quali in caverna. La numero 14, il bunker che oggi
guarda su via Baracca, affonda dunque le radici in
questa storia. Ma da qui si va anche dritti dritti al
Dopoguerra, con un cambio, diciamo così, di destinazione
d’uso, che racconta tutto del passaggio dalla guerra
calda alla guerra fredda. Il Trattato di Pace di Parigi
del 1947 imponeva infatti all’Italia lo smantellamento
delle fortificazioni permanenti e nell’estate del 1948
parte delle opere del Vallo Alpino Littorio, alla
frontiera occidentale, furono effettivamente demolite.
Perché non tutte? Per un motivo molto semplice. Dopo
l’adesione dell’Italia, nell’aprile del 1949,
all’Alleanza Atlantica, cambia tutto e l’esercito
italiano deve tornare ad interessarsi di fortificazioni.
La dislocazione in Austria, fino al 1955, di truppe di
occupazione sovietiche, convinse i vertici dello Stato
maggiore italiano della necessità di ripristinare le
opere dell’ex «Linea non mi fido» presenti in Alto
Adige, e questo soprattutto grazie ai contributi della
Nato. Il resto è attualità. La caduta del muro di
Berlino cambia il mondo e nel 1992 inizia la completa e
definitiva dismissione di tutte le fortificazioni attive
dell’ex-Vallo Alpino. Il Patto di Varsavia esce dalla
politica e entra nei libri di storia. Nel 1999 tutte le
fortificazioni dismesse passano alla Provincia. A quel
punto inizia anche il dibattito sul loro destino. Cosa
farne? Si fa strada l’idea di valorizzarne, almeno
alcune, dal punto di vista storico-culturale. Anche
Durnwalder è favorevole e a lungo si accarezza l’ipotesi
di restaurare e aprire al pubblico, in forma museale e
con un percorso didattico dedicato, il bunker in caverna
sotto Castel Firmiano, integrandolo col progetto del
Museo della Montagne di Messner. Alla fine non se ne fa
nulla. Adesso siamo all’ultimo atto ed è uno strano
destino. Per un motivo o per l’altro, le pietre (o il
cemento) e la memoria del nostro doloroso e comune
passato recente, non riescono a fare sintesi in un patto
intelligente di convivenza. Che sia il cinema Corso
piuttosto che il quartiere delle Semirurali, troppo
spesso va a finire con le ruspe che scaldano i motori.
Magari per motivi diversissimi, ma dagli esiti
dannatamente identici. Stavolta per abbattere il bunker
in via Buozzi la ruspa però non basterà. È un osso duro
quell’ammasso di metallo e cemento, e servirà una fresa
al diamante. Sempre che il Comune di Bolzano non riesca
ad uscire dal torpore e dall’inerzia passiva con cui,
troppo spesso, è solito affrontare le tracce della
storia. Ma, nonostante la piena disponibilità della
Provincia, c’è poco da farci affidamento. Mauro Fattor
Cavallino, controlli ai forti militari -
Il Demanio contro le occupazioni
abusive
La Nuova Venezia - 9 luglio 2011
CAVALLINO. Il Demanio
ha inviato una serie di controlli alle fortificazioni militari di Cavallino-Treporti di sua proprietà disponendo l'abbattimento di eventuali
strutture abusive realizzate all'interno e lo sgombero di locali demaniali
abitati da decenni da famiglie senza averne titolo. I sopralluoghi da parte
di incaricati dell'ufficio del demanio sono iniziati a fine giugno e si sono
concentrati soprattutto al Forte Vecchio di Treporti, la fortificazione più
grande e meglio conservata di tutto il litorale. Le verifiche dello stato di
conservazione degli immobili riguarderebbero anche la batteria Amalfi, le
batterie Vettor-Pisani, San Marco e Radaelli, le torri telemetriche lungo
via Pordelio, la caserma di Cà Pasquali e altre importanti strutture
storiche del litorale che risalgono al primo e secondo conflitto mondiale.
Ancora non ci sono comunicazioni ufficiali del Demanio sulla finalità di
questi controlli ma sul litorale c'è già chi ipotizza un preludio ai
trasferimenti di queste proprietà demaniali nella disponibilità di beni del
comune di Cavallino-Treporti. «Le strutture sono rimaste abbandonate per
decenni - commenta il sindaco Claudio Orazio - ed ora il Demanio ne sta
controllando lo stato di abbandono intervenendo dove c'è degrado o
situazioni di abusivismo». «Per il centenario della Grande Guerra fra il
2015 e il 2018 - spiega lo storico Furio Lazzarini - la Regione riceverà 70
milioni di euro di trasferimenti comunitari per la valorizzazione dei forti
e dei siti militari risalenti all'epoca». Francesco Macaluso
Un tuffo indietro nel tempo fino alla
Grande Guerra -
Applauditissimo il gruppo
"Sentinelle del Lagazuoi" coordinato dal maggiore Roberto Semenzin
Corriere
delle Alpi - 5 luglio 2011
VALLE. Un tuffo indietro nel tempo fino alla prima guerra mondiale. Un
successo di partecipanti e la consapevolezza di avere suscitato emozioni
forti. Così si può sintetizzare la rievocazione storica che domenica si è
svolta a Venas, ai forti dell'Antro, per ricordare il 150º dell'Unità
d'Italia. Grazie alla forte sinergia messa in atto tra i giovani della Pro
Loco di Venas e l'Amministrazione di Valle, tutti i partecipanti hanno
potuto godere di una piacevole giornata. Applauditissimo il gruppo
"Sentinelle del Lagazuoi" di Conegliano, con una quindicina di figuranti
coordinati dal maggiore Roberto Semenzin; con abiti e oggetti d'epoca, hanno
"disegnato" una pagina di storia vivente ricordando gli anni dal 1915 al
1918. All'interno del forte sono stati ricreati con grande maestria alcuni
ambienti: un comando con telefono da campo funzionante collegato ad una
postazione attrezzata con un cannoncino a ed un'infermeria da campo, oltre
che ad una postazione da mitragliatrice. Non si è trattato però solo di una
festa. Gli elementi c'erano tutti. Una bellissima giornata, un pubblico
attento e divertito, uno stand enogastronomico gestito con cura dai ragazzi
della Pro Loco con la presenza anche di un piatto tricolore costituito da un
tris di primi rispettivamente bianco, rosso e verde. La rievocazione storica
1915-1918 è stata però anche una manifestazione didattica, vista la forte
valenza assunta da questo aspetto. Nello spazio di Pian dell'Antro tre aree
sono state dedicate dai figuranti proprio alla didattica; qui era possibile
fare ogni tipo di domanda sulla vita, sulle attrezzature, sull'armamento dei
militari italiani durante la Grande Guerra. Un momento per incontrare la
storia. Per riportare a galla valori, gesta, atteggiamenti e pensieri che
altrimenti rischierebbero di cadere nel dimenticatoio. Soprattutto per
ritrovarsi immersi in una narrazione comune che, partendo da radici lontane,
si fa nuova, facendo passare a tutti delle ore inaspettatamente piacevoli. E
tante sono state le persone che hanno voluto appagare la propria curiosità a
proposito di quegli anni, facendo domande di tutti i tipi. Un appuntamento
che, visto il grande successo, ci si augura venga riproposto anche negli
anni a venire. di Alessandra Segafreddo
La
Maddalena torna nello scacchiere Nato - Domani e dopodomani il
vertice: iraniani, israeliani e palestinesi allo
stesso tavolo
La Nuova
Sardegna - 3 luglio 2011
LA
MADDALENA. Nulla è quel che sembra. Ma certo il summit della
Nato che comincia domani nell'arcipelago ha parecchie
valenze simboliche. Soprattutto in un quadro di riferimento
internazionale. Il vertice si svolgerà a Moneta nel
complesso gestito da Mita Resort. Zona dai tempi del G8 al
centro delle bufere sulla Cricca per appalti sospetti,
bonifiche mai finite, accuse di corruzione. Il suo porto, in
parte sotto sequestro giudiziario, è proprio dinanzi all'ex
base della Us Navy e all'adiacente distaccamento della
Marina italiana sull'isola di Santo Stefano.
Tutte e
due, visibili a occhio nudo dall'area del convegno, a meno
di due miglia, ricordano fatti importanti. L'addio degli
americani nel 2008 alla struttura d'appoggio per sottomarini
nucleari nata 36 anni prima. Le voci (sempre smentite) sulla
possibile riapertura sotto egida Nato delle gallerie vicine
ai moli dove attraccavano gli hunter killer per le
manutenzioni: stavolta per accogliere naviglio dell'Alleanza
con moli adeguatamente da innalzare e fondi per 5 milioni
già stanziati a questo scopo. Poi da quel reticolo formato
da 11 km di tunnel spunta un'altra vicenda più recente e
dagli aspetti misteriosi: lo spostamento, in maggio, di un
colossale carico di missili, razzi, kalashnikov, con un
trasporto su navi passeggeri verso una destinazione
sconosciuta. Armi da distruggere o da far arrivare in modo
coperto nelle mani di amici dell'Italia e dell'Alleanza?
Interrogativo che riporta subito ai temi politici e
strategici da affrontare in questi due giorni di discussioni
ai massimi livelli: dalla guerra in Libia fino alle tensioni
e alle speranze mediorientali. Luoghi evocativi, quelli di
una Maddalena che da piazzaforte tenta una difficile
riconversione turistica dopo il G8 mancato. E dibattiti
dalle connotazioni altrettanto emblematiche. Così come i
nomi di tanti protagonisti di ieri e delle prossime ore.
Lunedì e martedì ai lavori partecipano infatti esponenti di
numerosi Paesi membri del Patto atlantico, politici di primo
piano di altri e alte sfere militari. A cominciare
dall'ammiraglio statunitense Samuel Locklear, comandante in
capo delle forze alleate nel Sud Europa, che darà un
aggiornamento sul fronte libico. Ci saranno i viceministri
degli Esteri Mohamed Moustafa Kamal (Egitto) e Ali Ahani
(Iran), oltre all'ex premier iracheno Ayad Allawi.
Venticinque le delegazioni straniere. Tra loro, Russia e
Israele. Un appuntamento di estrema attualità perché, per la
prima volta a un'assemblea parlamentare dell'Alleanza,
verranno rappresentati Stati spesso tra loro contrapposti. A
fare gli onori di casa il sindaco della Maddalena, Angelo
Comiti. Per il governo italiano interverranno i
sottosegretari agli Esteri Stefania Craxi e alla Difesa
Giuseppe Cossiga. I quali erano già in carica entrambi
quando su Berlusconi si sono riversati i contraccolpi
politici dell'inchiesta che all'inizio del 2010 ha portato
alla messa in stato d'accusa del dirigente della Protezione
civile Guido Bertolaso, di Angelo Balducci, del costruttore
Diego Anemone e dei funzionari della Unità di missione per i
lavori del G8 nell'arcipelago Mauro Della Giovampaola e
Fabio De Santis. Ci saranno poi il presidente del Gruppo
speciale per il Mediterraneo e per il Medio Oriente, Sergio
De Gregorio, il vice Antonello Cabras, i senatori Enzo
Bianco, Elio Lannutti e Giovanni Torri e il deputato Giorgio
La Malfa. Uno degli interventi più attesi è quello di Arturo
Parisi, ministro della Difesa all'epoca del confronto per la
cessione dell'enorme patrimonio di beni e aree della Marina
e del Demanio statale. Processo determinante per l'industria
delle vacanze nell'arcipelago, ma fino a oggi completato
solo in parte dalle amministrazioni avvicendatisi alla guida
di tutte le istituzioni e gli enti interessati dopo la
caduta di Prodi e del suo governo. Com'è stato sottolineato
da più parti in questi giorni, adesso la sessione
seminariale della Maddalena potrà forse riscaldare
l'atmosfera di gelo che ancora contrappone per certi versi
l'Occidente all'Iran. E allo stesso tempo incoraggiare il
dialogo tra palestinesi e israeliani, oltre che eventuali
negoziati con gli stessi delegati del regime di Teheran. I
«dietro le quinte», sotto questo profilo, molto spesso si
rivelano infatti più efficaci degli incontri ufficiali. E
può darsi che in questo clima di aperture e minori frizioni
risulti più chiaro, alla luce degli ultimi avvenimenti che
hanno avuto La Maddalena come epicentro, proprio il ruolo
chiave dell'arcipelago sardo. Soprattutto in tante storie
rimaste finora sotto traccia
Il risveglio dei grandi forti cadorini, non
solo il Rite - Dopo i lavori a Tudaio, Vidal e
Monte Ricco, ora Pian dell'Antro
Corriere delle Alpi - 2 luglio 2011
di Walter Musizza Giovanni De Donà
Allorché venne aperto il Museo
del monte Rite, quasi 10 anni fa, noi avanzammo interesse, pur unito a qualche
dubbio, sul valore di quello che ritenevamo un fatto altamente
"destabilizzante". Giudicavamo infatti l'iniziativa di Messner altamente
innovativa e rivoluzionaria nei confronti di consolidati schemi pregiudiziali,
davvero duri a morire, in particolare tutte quelle prevenzioni che più o meno
recitano così: il rispetto per la montagna è incompatibile con gli affari,
flussi rilevanti di escursionisti attentano a quanto rimane della verginità
dolomitica, arte e poesia, se "non dant panem" in pianura, ancora meno lo
possono fare ad alta quota... Non era nostra intenzione discutere della
"sostenibilità" filologica e storica di quanto realizzato dal grande alpinista a
2200 metri di quota, ma ci limitavamo ad un dato di fatto: il forte del Rite era
comunque ritornato a nuova vita, pur lontana dagli intendimenti politici,
militari e strategici che ne avevano sotteso concezione e realizzazione nell'Italietta
ambiziosa del primo '900. Il forte non era rinato con i suoi cannoni e le sue
cupole corazzate, non si proponeva quale documento di "archeologia" ossidionale,
come forse sarebbe risultato caro a noi e a tanti altri appassionati di reperti
della Grande Guerra. Ma, che piacesse o no, esso s'imponeva quale meta
interessante e conosciuta anche al di fuori dei confini nazionali e richiamava
comunque turisti in un luogo di alta valenza architettonica e strategica. E
allora ci chiedevamo: il Rite potrà risultare trainante per gli altri forti
cadorini, simili ad esso e di esso coevi? Per cui sorgeva legittima la domanda:
perché non fare la stessa cosa con il Tudaio, il Vidal, o magari il Miaron o
Monte Ricco? Messner aveva detto con molta saggezza al convegno di Pieve del 28
giugno 2002: non bisogna mai copiare un'iniziativa "in toto", ma casomai
prendere spunto per qualche aspetto, in qualche preciso settore, fermo restando
che ogni territorio possiede la sua specificità, il suo patrimonio di risorse
uniche ed irripetibili. Non si tratta quindi di riproporre su altri monti e in
altri forti l'esperienza del Rite. Il problema è invece un altro: possiamo noi
sfruttare, e magari migliorare, l'idea del Rite in altri contesti? Posso partire
dallo scheletro di un poderoso forte per riconvertirlo in un progetto di
attrattiva turistica? Potrebbe trattarsi di un museo dedicato ad aspetti di vita
cadorina di ieri e di oggi, ma anche di qualcosa d'altro: osservatorio
astronomico, palestra di roccia, centro naturalistico.... Ecco, a distanza di
quasi 10 anni possiamo dire che qualcosa è cambiato o almeno sta cambiando in
Cadore: il Tudaio e il Vidal hanno avuto una valorizzazione, anche con piani
Interreg, Monte Ricco ha goduto di un poderoso restauro, ed ora pure Pian
dell'Antro sembra risvegliarsi. La manifestazione che si terrà al suo interno il
3 luglio, con tanti figuranti in divisa pronti a riprodurre fedelmente vari
aspetti della vita militare di un secolo fa, è un'autentica dimostrazione che la
vera storia sa attrarre interessi culturali e flussi turistici. Se poi il
secondo passo sarà quello del recupero scientifico del manufatto, potremo dire
di aver raggiunto il massimo, superando il risultato stesso di chi ha dato il
primo input, ovvero il Rite stesso. E non dimentichiamo mai che il forte di Pian
dell'Antro fu il fratello maggiore del Rite e che quest'ultimo risultò essere la
sua naturale integrazione.
Forte Poerio rinasce grazie alle
associazioni
La Nuova Venezia - 28
giugno 2011
MIRA. Forte Poerio,
laboratorio di integrazione tra uomo e natura. Se ne parlerà stasera alle 21
al centro civico di Oriago, in via Lago di Misurina. A lanciare il recupero
delle strutture del 1909 (di proprietà del Comune) sono la coop Primavera,
l'associazione Averikò, Legambiente e Mira Gas. «Rispetto alle proposte
presentate in passato - spiega Sandro Mazzariol per gli organizzatori - e
naufragate per vari motivi, ci riproviamo con una proposta che si integri
con i progetti già presenti e che coinvolga le realtà associative. Nel
nostro progetto abbiamo previsti spazi dedicati a momenti ricreativi per le
famiglie e i giovani, con aree per i picnic domenicali e per gli spettacoli
culturali serali, attrezzature sportive e un punto ristoro. E' stata
individuata un'area dove creare una piccola fattoria didattica in grado di
proporre nuovi modi di coltivare rispettosi dell'ambiente. Saranno create
piccole zone di bosco di pianura e il ripristino del fossato con uno stagno
dedicato alla biodiversità». (a.ab.)
L’Unità
d’Italia fa il pienone
La Gazzetta di
Mantova - 21 giugno 2011
BORGOFORTE L’Unità
richiama il pienone. Si è svolto venerdì, nella
suggestiva cornice del Forte Magnaguti, organizzata
dall'orchestra della scuola primaria di Borgoforte,
il compleanno per i 150 anni dell'Unità d'Italia, a
cui hanno partecipato circa 300 persone. Mentre
l'orchestra si esibiva rappresentando per intero
l'inno di Mameli, tra il silenzio e l'emozione del
pubblico é stato issato il tricolore alla presenza
delle varie rappresentanze istituzionali. La serata,
é stata organizzata dalla scuola primaria di
Borgoforte ed ha visto protagonisti gli studenti,
gli insegnanti e alcuni genitori che, quali
componenti di una vera e propria orchestra con tanto
di coro, ha ripercorso la storia d'Italia con
filmati, racconti storici e musica dei nostri più
illustri maestri. In musica l'orchestra ha
rappresentato anche un viaggio tra le regioni
d'Italia terminato con un brindisi tra tutti e un
“buon Compleanno Italia”. Nei locali del Forte é
stata esposta una mostra su tema dell'Unità
d'Italia. (m.p)
Forte Boccea,
no dei cittadini alla cementificazione dell’area
Mira, oggi a villa Widmann e a
forte Poerio si discute di giovani e impresa futura
La Nuova Venezia -
18 giugno 2011
MIRA. Oggi dalle
16.30 al Forte Poerio e in Villa Widmann si terrà il convegno
«Giovani e Impresa del Futuro». Il programma prevede alle 16.30 il
ritrovo a Forte Poerio per la presentazione del Progetto Casa
Futura, prototipo di abitazione ad alto contenuto tecnologico e
risparmio energetico realizzato dal Consorzio Casa Artigiana con
l'associazione Artigiani. Alle 17.30 ci si sposterà verso Villa
Widmann per il convegno cui interverrà come relatore Stefano Miceli,
professore di Economia e Gestione delle imprese a Cà Foscari e
autore del volume «Futuro artigiano. L'innovazione nelle mani degli
italiani». (g. pir.)
Apre Forte Bravetta parco
della Resistenza
13 giugno 2011 — pagina 3 sezione: ROMA
Repubblica
RINASCE il parco di Forte Bravetta. Durante il periodo fascista fu luogo di
esecuzione delle sentenze di morte del tribunale speciale per la difesa dello
Stato. Adesso, grazie all' intervento di riqualificazione del dipartimento
Ambiente di Roma (costato 103mila euro) che ne ha permesso la riapertura, si
accinge a diventare un polo storico - culturale e un simbolo per dire ' no' alla
pena di morte e alla tortura. «Siamo lieti che, seppur a distanza di oltre due
mesi dal nostro appello, il sindaco Alemanno abbia aperto ai cittadini il parco-
hanno detto Paolo Masini, consigliere provinciale del Pd e Massimo Rendina,
presidente dell' associazione partigiani - Il Forte Bravetta è un luogo simbolo
della Resistenza romana».
Forte Boccea, i cittadini contro la
speculazione edilizia
Nuovo Paese Sera - 13 giugno 2011
Il
comitato "Forte Boccea Bene Comune" si batte per
evitare che l'area della struttura militare diventi
edificabile - e porti ulteriori 3.000 residenti sul
territorio - e per destinarla all'uso comune
Percorrendo la via
Boccea, al Km 1 ci si imbatte nel Forte Boccea, una
delle strutture militari costruite a Roma tra il
1877 e il 1891 allo scopo di garantire in maniera
più agevole il controllo della neo capitale del
Regno d’Italia. Negli anni il Forte Boccea è
diventato un carcere militare, riuscendo anche ad
“ospitare” al suo interno numerosi prigionieri
politici. Tutto questo è rimasto immutato fino al
2005, quando il Forte viene dismesso. Nel 2009 il
Governo decide di attuare un’opera di
riqualificazione degli immobili appartenenti al
Ministero della Difesa che insistono sul territorio
nazionale: con la legge 191/2009, 15 siti
disseminati sul territorio capitolino e appartenenti
alla Difesa passano nelle mani del Comune di Roma.
Tra questi rientra anche il Forte Boccea.
Il Forte ricopre
un’area di ben sette ettari e mezzo, su un
territorio, quello del Municipio XVIII e in
particolare della via Boccea, particolarmente
asfittico in termini di spazi sociali. Per cercare
di capire meglio quello che sta accadendo intorno a
questa struttura, abbiamo incontrato Gianna Filardi,
capogruppo del Pd del Municipio XVIII la quale ci ha
raccontato che: “Il consiglio comunale di Roma ha
stabilito l’alienazione dell’immobile e ha
effettuato delle modifiche al piano regolatore per
consentirne la valorizzazione, rendendolo
edificabile. Nel piano di riqualificazione
rientrerebbero però la realizzazione di quattro
palazzine con svariati appartamenti. Nel nostro
quartiere 2.500-3.000 persone in più non sono
tollerabili. Abbiamo votato con un ordine del giorno
per ribadire il nostro no alla speculazione
edilizia. Come stabilito dalla delibera comunale
sulla partecipazione, il Comune dovrà aprire un
tavolo di consultazione con i cittadini per decidere
insieme l’utilizzo di quest’area. A tal proposito
abbiamo invitato i cittadini del quartiere a
riempire dei questionari affinché potessero
esprimere la propria opinione sulla destinazione
d’uso dell’immobile. Inoltre il 2 Giugno abbiamo
organizzato una catena umana intorno al Forte per
far sentire la nostra voce alle istituzioni”.
Al capogruppo Pd fa
eco anche il consigliere Pio Zappaterreno,
capogruppo di Federazione della Sinistra: “L’area è
stata divisa in due: una di quattro ettari e mezzo
destinata all'edilizia di stile e un’altra di tre
ettari destinata a uso sociale. Sulla prima frazione
di terreno c’è il progetto di realizzare una
speculazione edilizia finalizzata esclusivamente ad
uso abitativo che andrebbe ad affollare
ulteriormente il quartiere. Per questo è nato un
comitato, chiamato per l’appunto “Forte Boccea Bene
Comune” il quale si sta battendo per prendere in
gestione il Forte e destinarlo esclusivamente ad uso
e consumo dei cittadini: lo spostamento del mercato
di via Urbano II e la creazione di parcheggi auto e
di capolinea dei Cotral”.
Ad oggi la situazione
è questa. I cittadini di Boccea attendono le dovute
risposte. Le domande al Municipio XVIII abbiamo
provato a farle noi, ma dall’altra parte del
telefono hanno preferito non rilasciare
dichiarazioni in proposito. di Davide Liberatori
Comprare un castello in Sud Tirolo: le opportunità e le agenzie specializzate
Il Sole 24ore - 12 giugno 2011
Dopo
alcuni anni di sostanziale stasi si apre
il mercato immobiliare dei castelli del
sud Tirolo. Ad oggi sono almeno dieci i
castelli medievali in vendita nella
provincia di Bolzano che, con le sue
oltre 780 costruzioni antiche fra
castelli, dimore nobiliari e ruderi, è
tra le aree più ricche di fortificazioni
della penisola. Si vende sul passaparola
(la principale modalità d'informazione)
ma alcuni si affidano ad agenzie
immobiliari specializzate, ad annunci su
importati quotidiani internazionali ed
addirittura ad internet nella speranza
di concludere un affare che spesso
raggiunge cifre fra i 6 e i 20 milioni
di euro. Non è però impossibile trovare,
se si ha pazienza e passione,
costruzioni di piccole dimensioni, anche
parzialmente abitabili a cifre di gran
lunga inferiori e che oscillano oggi,
secondo il parere degli esperti, dai 200
mila al milione di euro.
«La nostra
agenzia ora gestisce 4 grandi castelli
nell'area di Appiano completi, come
spesso accade, di tutti gli arredi. –
spiega il titolare dell'agenzia
immobiliare Dr Hans Meraner, Christoph
Kofler, la cui famiglia era proprietaria
fino al 2007 del castello Fragenstein. –
Per quanto riguarda invece il mercato
minore delle piccole fortezze e dei
ruderi il discorso è diverso. Fino a
5-10 anni fa questo era un mercato
relativamente florido ma ora le
ulteriori strette della sovraintendenza
sulle ristrutturazioni e i costi
comunque elevati delle operazioni di
restauro hanno notevolmente rallentato
il mercato. Tuttavia, sebbene in questo
momento non mi risulti esserci alcuna
occasione di questo genere, in passato è
vero che alcuni hanno usufruito di
ottime opportunità»
Si tratta
in tutti i casi di immobili dallo
straordinario fascino le cui strutture
ricordano le ambientazioni fiabesche
tipiche dell'immaginario collettivo che
ha origine dai testi dei fratelli Grimm
e di Andersen. Arroccati, come castello
di Salorno, su speroni di roccia
inaccessibili o custodi di collezioni
immense come quella di armi medievali di
Castel Coira, adibiti a resort di lusso
come Scholss Aichberg o a musei, i
castelli del Tirolo, per la maggior
parte visitabili, racchiudono fra le
antiche mura tutto il mistero di un
passato lontano.
Hanno
spesso parchi di notevoli dimensioni e
una lunga storia alle spalle. Presenti
fino dagli albori del Sacro Romano
Impero Germanico, i castelli del Tirolo
svolgevano la funzione fondamentale di
proteggere le vie commerciali e
diplomatiche che univano l'Europa
centrale con le ricche città della
pianura padana. Molti gli imperatori che
facevano tappa in queste fortezze nei
frequenti viaggi verso l'Italia e molti
furono gli scontri per il controllo di
quest'area strategica. Ora queste
residenze, che nei secoli hanno subito
modifiche ed adeguamenti, sono spesso
dimore di antiche famiglie (il 50% circa
ha tuttora funzioni abitative) che, per
ragioni ereditarie o di difficoltà
finanziarie, sono disposte a disfarsene.
«La
questione della vendita dei castelli è
cosa complessa e che richiede molta
discrezione – spiega il barone Philipp
Hohenbühel, presidente del Südtiroler
Burgeninsitut, l'associazione che oltre
alla proprietà ed alla gestione diretta
dei castelli di Totsburg e Taufers
riunisce la gran parte dei proprietari
dell'area. – Chi compra è spesso un
appassionato, alle volte i cambi di
proprietà si verificano all'interno
della stessa famiglia ed è certo che la
passione non basta. Ci vuole cultura,
respiro lungo e solide basi finanziarie
sebbene l'attenzione, ma anche la
collaborazione, degli enti preposti alla
tutela dei beni artistici ed
architettonici sia consistente.»
Un anello difensivo per il turismo
La Voce del Popolo 9 giugno2011
Presentato in Municipio il
progetto per il recupero del sistema di fortificazioni austroungariche
Le fortificazioni
austroungariche sono parte integrante del ricco patrimonio storico, culturale e
architettonico della Città di Pola. Una ricchezza che deve essere conservata,
tutelata e messa a disposizione dei cittadini. A tale scopo l’amministrazione
municipale ha elaborato un progetto dedicato al recupero del sistema di
fortificazioni austroungariche dell’Istria meridionale, in passato linea di
difesa del porto imperiale di Pola. Il progetto è stato presentato ieri dal
vicesindaco, Fabrizio Radin, da Barbara Belić Raunić, dell’assessorato alla
Pianificazione del territorio, e da Klara Udovičić, consulente per i Rapporti
internazionali e i progetti della Città di Pola.
”Tra Pola e le località limitrofe il numero di fortificazioni e batterie di
artiglieria risalenti al periodo austroungarico supera quota cinquanta”, ha
affermato il vicesindaco, il quale ha ricordato che nel progetto di recupero e
valorizzazione dei forti sono stati inclusi la Regione Istriana, il Museo
archeologico e il Museo storico istriano di Pola, il Centro di Ricerche Storiche
di Rovigno, la Sovrintendenza ai beni culturali, i Comitati di quartiere, l’Ente
per il turismo della Città di Pola e diverse associazioni che in qualche modo
sono collegate alle fortificazioni.
Ma prima bisogna essere proprietari
Elencate le principali fortificazioni e batterie di artiglieria (Zonchi, Punta
Cristo, Monte Grasso, Munida, San Giorgio, Casoni Vecchi, Musil, Monvidal, San
Michele, Bourguignon, Fisella, Stoia, Verudella, San Giovanni, Castion, Monte
Turtian, Bradamante, Monte Castellier, Valmaggiore, Brioni Tegethoff, Brioni
Minor e Forno) sparse tra Pola, Sichici, Dignano, Barbariga e le isole di Brioni,
Barbara Belić Raunić ha spiegato che il sistema di fortificazioni del porto
imperiale di Pola è stato costruito in diverse fasi a partire dai primi anni del
XIX secolo. Se le prime costruzioni dovevano difendere il porto da un eventuale
attacco dal mare, le successive sono state costruite per difendere la città da
possibili attacchi via terra. Di conseguenza fu costruito un secondo anello di
difesa all’altezza dell’odierna circonvallazione. Come ricordato
precedentemente, altri punti di difesa furono eretti nelle zone limitrofe. Nel
corso dell’esposizione, la rappresentante dell’assessorato ha sottolineato che,
grazie alla smilitarizzazione, alcune costruzioni sono state cedute alla Città
di Pola, altre sono invece di proprietà della Repubblica di Croazia e del
ministero della Difesa. Di conseguenza, prima di procedere al loro recupero sarà
necessario risolvere i nodi legati alla proprietà.
Un recupero a gradini
Oltre al restauro e alla rivitalizzazione degli edifici, il progetto prevede il
recupero delle aree circostanti, la realizzazione di percorsi e piste ciclabili
che colleghino una struttura all’altra. L’idea è dunque quella di trasformare le
fortificazioni e le batterie di artiglieria austroungarica in una nuova offerta
turistica.
Poiché la realizzazione di quanto descritto richiederà ingenti risorse
finanziarie, di cui l’amministrazione municipale non dispone, il progetto sarà
candidato a uno dei tanti programmi di finanziamento messi a disposizione
dall’Unione Europea. “Uno di questi – ha rilevato Klara Udovičić – potrebbe
essere il programma IPA-Adriatico”.
La consulente per i rapporti internazionali ha poi precisato che il progetto
dovrebbe essere realizzato inCANSIGLIO. Giù la garitta.
Con un colpo di benna che ha abbattuto il posto di sentinella all'ingresso
dell'ex-caserma Nato "Bianchin", sono iniziati ieri a Pian Cansiglio i lavori di
bonifica dell'area militare che fino agli anni '70 ospitava 9 rampe di lancio e
un indefinito numero di missili terra - aria. «Riuscire a riaverla per usi
civili è stata un'impresa quasi impossibile», ha detto il presidente della
Provincia, Gianpaolo Bottacin.
Ieri nella sede di Veneto Agricoltura, che ha affidato l'appalto per la bonifica
alla ditta E.Ma.Pri.Ce per conto della Regione Veneto (660 mila euro
finanziati), si sono riuniti gli attori di una vicenda durata quasi trent'anni.
Tanti ce ne sono voluti perchè il demanio militare si decidesse a cedere a
quello civile ciò che ormai era diventato un rudere e soprattutto «una ferita
aperta in un'oasi produttiva e naturalistica protetta anche a livello europeo»,
ha sostenuto l'amministratore di Veneto Agricoltura, Paolo Pizzolato.
Ma l'odissea, ripercorsa anche dall'allora amministratore di Veneto Agricoltura,
Corrado Callegari e dal consigliere regionale Giovanni Furlanetto, è continuata
tra ripetuti rimpalli tra il demanio militare e quello civile, fino a giungere,
nel 2008 dopo due anni di battaglie, a soluzione, con la cessione del bene alla
Regione in base al primo decreto Calderoli. «Il demanio voleva addirittura che
lo pagassimo», ricorda Bottacin all'epoca consigliere regionale, «alla fine dopo
altre vicissitudini, puntando sulla questione dell'amianto da bonificare ce l'
hanno ceduto».
Effettuata la bonifica, la riqualificazione turistica dell'area passerà, oltre
che per Veneto Agricoltura, anche per i Comuni dell'Alpago attraverso il Pati
che si avvia all'ultima fase di approvazione e che conterrà anche il piano
interventi. Il consigliere regionale Dario Bond ha rammentato il complesso iter
tecnico-urbanistico percorso dalla seconda commissione in Regione: «Abbiamo
modificato sia il Piano territoriale regionale che quello provinciale partendo
dalle esigenze dei Comuni limitrofi all'area, riuscendo a sbloccare il Pati. Ora
questo, il primo del Veneto, è diventato un piano urbanistico modificato dal
basso che servirà da modello anche per gli altri». Ora, secondo Bond «va sciolto
l'altro nodo, l'Albergo San Marco».
Alla "picconata" iniziale erano presenti Floriano De Pra, sindaco di Farra d'Alpago
(il Comune dove si trova l'area smilitarizzata) e il sindaco di Tambre, Oscar
Facchin, il Comune dirimpettaio dell'ex-caserma. «Grande sinergia tra gli enti e
nessuna speculazione per un'operazione a tutela dell'ambiente e dei cittadini»,
ha affermato De Pra ricordando che il Cansiglio è un'importante zona che fa
parte di un territorio ricco di risorse.
Apprezzamenti ribaditi anche da Facchin, che ha precisato che al momento oggi è
in gioco solo la bonifica dell'area, «mentre per la sua rivalorizzazione si
dovrà procedere assieme a tutti i soggetti della Piana affinchè ci sia una
ricaduta positiva per tutto il territorio». Infine un'esortazione affinchè
Veneto Agricoltura coinvolga in maniera sempre maggiore sul "che fare" in
Cansiglio tali soggetti e i Comuni alpagoti. si distinte. In primo luogo sarà necessario
realizzare un’analisi della situazione attuale. La fase successiva sarà, invece,
dedicata alla stesura di uno studio sulla tutela dell’ambiente, alla pulizia
delle aree circostanti e alla messa in sicurezza delle strutture per evitare e
impedire l’ulteriore devastazione delle fortificazioni. Infine sarà necessario
avviare una campagna d’informazione. A tale scopo è prevista la posa di diversi
pannelli informativi, la creazione di un apposito sito internet e la
distribuzione di brochure e cataloghi.
Intervenuto al termine dell’esposizione, Oriano Otočan, ha fornito ai
responsabili del progetto alcuni interessanti suggerimenti in merito ai
programmi e ai fondi strutturali dell’Unione Europa. L’assessore ha inoltre
fornito il pieno appoggio della Regione Istriana, che sino a ora ha ottenuto
dalla Commissione europea i fondi per la realizzazione di ben 140 progetti. Uno
di questi simile a quello presentato ieri dalla Città di Pola. Si tratta del
progetto di recupero e rivitalizzazione dell’entroterra istriano “Revitas”,
grazie al quale è stato possibile restaurare il Castello Morosini-Grimani di
Sanvincenti. L’intero paese di Piemonte d’Istria è stato invece recuperato
attraverso il progetto “Redhill”.
Marko Mrđenović
Demolita l'ex base Nato
in Cansiglio: sarà un museo
Da Il
Corriere delle Alpi - 7 giugno 2011
CANSIGLIO.
Giù la garitta. Con un colpo di benna che ha abbattuto il posto di
sentinella all'ingresso dell'ex-caserma Nato "Bianchin", sono iniziati ieri a
Pian Cansiglio i lavori di bonifica dell'area militare che fino agli anni '70
ospitava 9 rampe di lancio e un indefinito numero di missili terra - aria.
«Riuscire a riaverla per usi civili è stata un'impresa quasi impossibile», ha
detto il presidente della Provincia, Gianpaolo Bottacin.
Ieri nella sede di Veneto Agricoltura, che ha affidato l'appalto per la bonifica
alla ditta E.Ma.Pri.Ce per conto della Regione Veneto (660 mila euro
finanziati), si sono riuniti gli attori di una vicenda durata quasi trent'anni.
Tanti ce ne sono voluti perchè il demanio militare si decidesse a cedere a
quello civile ciò che ormai era diventato un rudere e soprattutto «una ferita
aperta in un'oasi produttiva e naturalistica protetta anche a livello europeo»,
ha sostenuto l'amministratore di Veneto Agricoltura, Paolo Pizzolato.
Ma l'odissea, ripercorsa anche dall'allora amministratore di Veneto Agricoltura,
Corrado Callegari e dal consigliere regionale Giovanni Furlanetto, è continuata
tra ripetuti rimpalli tra il demanio militare e quello civile, fino a giungere,
nel 2008 dopo due anni di battaglie, a soluzione, con la cessione del bene alla
Regione in base al primo decreto Calderoli. «Il demanio voleva addirittura che
lo pagassimo», ricorda Bottacin all'epoca consigliere regionale, «alla fine dopo
altre vicissitudini, puntando sulla questione dell'amianto da bonificare ce l'
hanno ceduto».
Effettuata la bonifica, la riqualificazione turistica dell'area passerà, oltre
che per Veneto Agricoltura, anche per i Comuni dell'Alpago attraverso il Pati
che si avvia all'ultima fase di approvazione e che conterrà anche il piano
interventi. Il consigliere regionale Dario Bond ha rammentato il complesso iter
tecnico-urbanistico percorso dalla seconda commissione in Regione: «Abbiamo
modificato sia il Piano territoriale regionale che quello provinciale partendo
dalle esigenze dei Comuni limitrofi all'area, riuscendo a sbloccare il Pati. Ora
questo, il primo del Veneto, è diventato un piano urbanistico modificato dal
basso che servirà da modello anche per gli altri». Ora, secondo Bond «va sciolto
l'altro nodo, l'Albergo San Marco».
Alla "picconata" iniziale erano presenti Floriano De Pra, sindaco di Farra d'Alpago
(il Comune dove si trova l'area smilitarizzata) e il sindaco di Tambre, Oscar
Facchin, il Comune dirimpettaio dell'ex-caserma. «Grande sinergia tra gli enti e
nessuna speculazione per un'operazione a tutela dell'ambiente e dei cittadini»,
ha affermato De Pra ricordando che il Cansiglio è un'importante zona che fa
parte di un territorio ricco di risorse.
Apprezzamenti ribaditi anche da Facchin, che ha precisato che al momento oggi è
in gioco solo la bonifica dell'area, «mentre per la sua rivalorizzazione si
dovrà procedere assieme a tutti i soggetti della Piana affinchè ci sia una
ricaduta positiva per tutto il territorio». Infine un'esortazione affinchè
Veneto Agricoltura coinvolga in maniera sempre maggiore sul "che fare" in
Cansiglio tali soggetti e i Comuni alpagoti. di Ezio Franceschini
Pola,
fortificazioni austroungariche da restaurare
Il piccolo di Trieste - 6
giugno 2011
POLA L'amministrazione municipale ha
presentato il progetto di recupero e rilancio del sistema di
fortificazioni austroungariche nell'Istria Meridionale che in passato
rappresentava la linea di...
L'amministrazione
municipale ha presentato il progetto di recupero e rilancio del sistema
di fortificazioni austroungariche nell'Istria Meridionale che in passato
rappresentava la linea di difesa del porto imperiale. Tra Pola e le
località limitrofe ci sono oltre 50 fortificazioni e batterie di
artiglieria che si vorrebbe includere in un'offerta turistica del tutto
nuova, incluse piste ciclabili che colleghino le varie strutture.
Il progetto è stato illustrato dal vice sindaco italiano Fabrizio Radin,
da Barbara Raunic dell'Assessorato alla pianificazione del territorio e
da Klara Udovicic, consulente per i rapporti internazionali e i progetti
cittadini. «Nell'ambizioso progetto - spiega Radin - sono coinvolti il
Museo archeologico dell'Istria, il Centro di ricerche storiche di
Rovigno, la Sovrintendenza ai beni culturali, il Comitato di quartiere,
l'Ente per il turismo e altre associazioni». Oltre al restauro degli
edifici, il progetto prevede il recupero della aree circostanti. Dunque
un progetto molto ambizioso e costoso. Tenuto conto che le casse
municipali non dispongono delle necessarie risorse, si tenterà di
attingere dai programmi di finanziamento messi a disposizione
dall'Unione europea. Klara Udovicic ha parlato del programma
Ipa-Adriatico. Ha aggiunto che il progetto sarà realizzato in tre fasi.
La prima contempla l'analisi della situazione attuale, la seconda
riguarderà la stesura di uno studio sull'impatto ambientale e l'avvio di
una campagna d'informazione e infine i lavori veri e propri. Per il
momento non si è parlato di termini anche perché il percorso burocratico
si presenta alquanto tortuoso. Tra i vari ostacoli, i nodi legati alla
proprietà delle fortificazioni. Alcune appartengono alla Città di Pola,
altre al Ministero della difesa, su alcuni lotti sono intavolati anche
cittadini privati difficilmente rintracciabili. Alcune di queste
strutture sono entrate a pieno titolo nella storia e nella cultura della
città e soprattutto nella memoria collettiva dei polesani: Zonchi, Punta
Cristo, Monte Turtian, Fort Bourguignon, Munida, Monvidal, Valmaggiore,
Bradamante e così avanti. (p.r.)
Festa in castello dal 3 al 5 giugno
-
In programma mostre,
poesie, escursioni e musica
Messaggero veneto
RAGOGNA Torna a Ragogna la
manifestazione Castello in fiore. Dal 3 al 5 giugno la splendida rocca
medievale ospiterà la tre giorni organizzata dal Comune di
Ragogna-assessorato a cultura e turismo, con il sostegno e il patrocinio
della Provincia, della città di San Daniele e del Comune di Forgaria.
La
manifestazione proporrà cultura, spettacoli, gastronomia, musica ed
itinerari tematici alla scoperta del territorio. L’inaugurazione avrà luogo
venerdì 3, alle 18,30, con la vernice della mostra di pittura e fotografia
“Ispirazione natura” dell’artista tedesco Leo Hawranek, curata da Alessandra
Minin e Daniela Zanella. Alle 21 si terrà “Dagli occhi al cuore”, serata con
protagoniste immagini e poesie a cura di Bruno Zuliani, Luigina Lorenzini e
Fernando Gerometta.
Sabato 4 alle 9,30 ci sarà un’escursione storica al
campo trincerato imperiale sulle rive del Tagliamento lungo il nuovo
sentiero tematico, alla riscoperta delle fortificazioni del 1918 (ritrovo in
Località Tabine, tempo di percorrenza due ore e mezza, iscrizioni alla
partenza, 15 euro comprensivi di pranzo a fine gita nella Trattoria Al vecjo
traghet); alle 18 avrà luogo la presentazione del libro “Ragogna, un’oasi da
scoprire nel cuore del Friuli” con proiezioni di fotografie del territorio e
dibattito; alle 21 è in programma il concerto all’aperto “Ottoni inCanto”
del gruppo Ottoni della Bassa Friulana. Domenica 5 altra escursione.
Quindici caserme al Comune Operazione
da 2,5 miliardi di euro
La Repubblica - 4
giugno 2011
Firmato
il protocollo tra Campidoglio e Difesa, che per ora continua ad avere a
disposizione una decina di edifici. La superficie complessiva è di 82
ettari, la volumetria di un milione e mezzo di metri cubi. "Non si farà solo
cassa ma anche interventi per le case"
Il Comune di Roma entra in
possesso del più grande e importante "campo trincerato" d'Europa. Con il
protocollo firmato oggi in Campidoglio tra Comune e ministero della Difesa,
in totale sono 15 (anche se una decina per ora resteranno a disposizione
della Difesa) per una superficie complessiva di 82 ettari e una volumetria
complessiva di 1.500.000 metri cubi, gli immobili militari che passeranno al
Comune e che, da quest'ultimo, verranno valorizzati e riutilizzati anche per
aspetti sociali. La stima economica, a seguito della valorizzazione, è pari
a circa 2,5 miliardi di euro.
In sostanza il ministero della Difesa promuove la costituzione di "fondi
immobiliari di investimento" per valorizzare e vendere alcuni immobili
militari attraverso accordi di programma con gli enti locali. In questo caso
si tratta del Comune di Roma, al quale viene attribuito un importo di 600
milioni di euro, di cui 500 al commissario straordinario, attraverso
l'operazione di valorizzazione di alcune strutture. La firma per protocollo
di intesa è resa possibile in virtù della legge finanziaria 2009 che dava il
via libera alla valorizzazione degli immobili militari.
Le strutture inserite nel programma sono: lo Stabilimento Militare materiali
elettrici e di Precisione di via Guido Reni, la Direzione Magazzini del
commissariato di via del Porto Fluviale, i Magazzini A.M. di via Papareschi,
il Forte Boccea, la Caserma Donato di via del Trullo, i Magazzini del Genio,
le Caserme Gandin (di via di Pietralata), Medici (di via Sforza), Piccinini
(di via Casilina), Ruffo (di via Tiburtina), Nazario Sauro (di via Lepanto),
Ulivelli (di via Trionfale), lo stabilimento Trasmissioni di viale Angelico,
l'ex caserma Reali equipaggi in via Sant'Andrea delle Fratte e l'ex convento
di Santa Teresa in via San Francesco di Sales.
Di
queste quindici strutture le prime quattro sono disponibili da subito,
mentre le altre lo saranno "gradualmente - ha detto il ministro della Difesa
Ignazio La Russa - con un costo di poco inferiore ai 200 milioni di euro,
necessario per riallocare le attività che ci sono in questi undici che sono
parzialmente occupati". Con questa operazione il Comune di Roma è venuto in
possesso anche di Forte Boccea, Forte Trionfale, Forte Tiburtino e Forte
Pietralata, stimati in tutto 770.000.000 euro.
Il programma operativo, che dovrà essere completato entro un anno, prevede
diversi step: l'individuazione da parte del ministero degli immobili oggetto
della valorizzazione; il Comune e la Difesa accerteranno in via preliminare
per ciascun immobile, con la soprintendenza per i beni architettonici e del
paesaggio di Roma, le condizioni per l'espressione di un parere favorevole
sul progetto urbanistico; il Comune, in coerenza con le previsioni del Piano
regolatore generale 2008, definirà l'edificabilità complessiva, le
destinazioni d'uso e i vincoli per ciascun immobile; il ministero
verificherà la coerenza di queste decisioni con gli obiettivi di
valorizzazione degli immobili stilando un elenco finale che costituisce "il
piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari"; il Comune, con
deliberazione del Consiglio comunale, approverà il protocollo d'intesa e
l'accordo di programma del "piano", adottando le varianti allo strumento
urbanistico generale; pubblicazioni, osservazioni e controdeduzioni;
progettazione definitiva; conferenze di servizi indette dl ministero;
sottoscrizioni degli accordi di programma, uno per ciascun immobile;
trasferimento dei beni dal ministero al fondo immobiliare.
L'iter del Campidoglio per la valorizzazione e la vendita di questi immobili
inizierà con l'adozione di una variante al prg, rimuovendo la destinazione a
"servizio pubblico" e attribuendo una nuova destinazione urbanistica,
coerente con gli indirizzi del prg. Con l'adozione della nuova destinazione
urbanistica da parte del consiglio comunale si sviluppa, parallelamente al
processo di approvazione della variante, la definizione finale delle
destinazioni d'uso. Durante la progettazione urbanistica attuativa
troveranno spazio anche le istanze di cittadini, comitati e associazioni.
Inoltre verrà verificato con la direzione regionale ai beni culturali e le
soprintendenze competenti che gli scenari di trasformazione e valorizzazione
siano coerenti con la salvaguardia dei beni tutelati. Infine la
progettazione attuativa si concluderà in coincidenza con l'approvazione
definitiva della variante in modo da potere essere approvata nella
conferenza dei servizi in conformità al prg.
"Questo percorso è iniziato nemmeno un anno fa - ha commentato La Russa - e
si avvia a una conclusione rapida se è vero, come è vero, che il Comune ci
garantisce che in pochi mesi si possa completare tutto l'iter. E' una
vittoria dell'interesse generale, di Roma capitale sui piccoli egoismi, una
vittoria che conforta la tesi di una necessaria e realizzata sinergia tra
gli Enti locali e lo Stato". Il ministro non ha nascosto la ricaduta
positiva dell'operazione anche per la difesa, in particolare per i militari:
"Gli introiti che deriveranno da questa operazione ammoderneranno le
infrastrutture esistenti su Roma e consentiranno un allargamento di quelle
abitative che sono sempre più necessarie quando si fa riferimento a militari
professionisti e volontari, che operano lontano dalle loro famiglie e hanno
bisogno di alloggi, perché sono soggetti a continui trasferimenti". Un
aspetto approfondito dall'assessore capitolino al Patrimonio e alla Casa,
Alfredo Antoniozzi: "La valorizzazione di questi immobili consentirà non
solo di fare cassa ma anche interventi per le case, di housing sociale in
particolare per quanto riguarda il mondo militare e delle forze di polizia".
Per il sindaco Alemanno si tratta "di un avvenimento storico per la nostra
città. Dopo un'attesa trentennale finalmente si sblocca la vicenda delle
caserme dismesse e del patrimonio della Difesa a Roma e si sblocca con un
vantaggio per la città, tra l'altro anche i 600 milioni di questa
finanziaria arrivano attraverso questo fondo immobiliare. Attraverso questo
atto fondamentale potremmo partire con la variante al prg in modo che le
aree dismesse divengano un grande volano per la trasformazione di Roma,
pensiamo ai forti che sono il punto di congiunzione tra aree dismesse e
periferie e possono essere dei grandi volani per la riqualificazione delle
periferie".
Forte di Montericco: lavori nel 2012 -
«Il bando del secondo
stralcio indetto presto. Interventi in primavera»
Corriere delle Alpi - 3 giugno 2011
PIEVE DI CADORE. Il sindaco di Pieve Maria Antonia Ciotti, è stato il
cicerone ideale, sabato, nella prima visita settimanale al Forte di
Montericco. I forti sul Colle di Montericco sono due: batteria Castello,
dove si trova il laboratorio d'arte del pittore scultore Romano Tabacchi ed
il Forte vero e proprio, che com'è noto, è stato oggetto di un'opera di
restauro e di recupero architettonico molto importante ed ancora non
conclusa, perché sinora è stato portato a compimento solo il primo stralcio.
Le persone che si sono presentate al luogo di raccolta per questa prima
uscita, sono state 30, tra queste anche alcune provenienti da Cortina. Fatto
questo che ha rallegrato il primo cittadino di Pieve. Molte più del previsto
e per questo sono stati necessari tre viaggi della navetta messa a
disposizione dal Circolo Auser su richiesta dell'amministrazione comunale.
La strada che collega Piazza Tiziano con la struttura recuperata, passa per
la Borgata Arsenale ed è ancora per grande parte quella storica, realizzata
ancora prima dell'800, quando fu necessario allargarla per costruire, sui
ruderi dell'antico castello di Pieve i nuovi forti.
Lungo questo viale, una
volta calpestato dagli zoccoli dei cavalLi, ci sono dei faggi secolari,
anch'essi, come i due forti sottoposti ai vincoli della Soprintendenza ai
beni ambientali e architettonici. La strada attualmente è a traffico
limitato, proprio per salvaguardare sia il bosco che le fortificazioni.
«Dobbiamo averne tutta la cura possibile», spiega il sindaco salendo verso i
forti «Già con il transito dei camion per il trasporto del materiale dei
restauri, la strada ha subito dei danni piuttosto pesanti. Noi vogliamo che
il forte del Montericco divenga un punto di riferimento ambientale e
culturale per tutto il Centro Cadore. Insieme alla Regione ed alla Magnifica
Comunità stiamo lavorando in questo senso». La visita ha riguardato la parte
ristrutturata, meno la scala in vetro, che porta al piano inferiore perché
non è ancora illuminata. La comitiva ha visitato anche la "Caponiera" dove
si trova la stanza più bassa del forte, che dà sul fossato. I visitatori,
ringraziando il sindaco per l'opportunità loro offerta, al termine della
visita erano piuttosto soddisfatti e si sono ripromessi di ritornare quando
la struttura sarà a regime. Intanto, per tutto il mese di giugno, tempo
permettendo la visita sarà ripetuta con le stesse modalità. L'occasione è
servita al sindaco per annunciare che tra poche settimane inizierà il
secondo stralcio, del quale è già stata avviata la fase preparatoria. «Il
bando di gara per l'appalto dei lavori, dal costo previsto in circa 500.000
euro», ha annunciato il sindaco Ciotti, «sarà indetto al più presto, per poi
iniziare i lavori in primavera». Il secondo stralcio dovrebbe essere pronto
entro il 2012. (v.d.)
Lo Stato pronto a regalare
l'«argenteria»
Da Brescia oggi del 1 giugno
2011
FEDERALISMO DEMANIALE. Il
decreto con l'elenco dei beni è stato trasmesso alle rappresentanze
degli enti locali per il parere prima del passaggio alla fase
operativa Pochi i pezzi pregiati, ma qualche Comune ha già un'idea
di come potrebbe reimpiegare alcuni edifici
L'ex deposito militare carburanti di via Serbatoio a
Montichiari - C'è di tutto in
provincia nel «gran minestrone» dei beni patrimoniali di
proprietà dello Stato che presto verranno messi a a disposizione
degli enti locali intenzionati a rilevarli. Il provvedimento,
meglio noto come federalismo demaniale, è stato definito
all'inizio di maggio dal ministero dell'Economia e delle
finanze; l'elenco dei beni, pubblicato sotto, è allegato ad un
decreto del presidente del Consiglio che dovrà essere sottoposto
all'esame della Conferenza unificata Stato-Regioni-Province e
Comuni. Esame, a dire il vero, già iniziato, ma le prime
valutazioni degli enti locali raccontano di non poche
perplessità, collegate anche alle tipologie dei beni
disponibili.
L'incognita di fondo riguarda non solo quali beni verranni
ceduti, ma l'effettivo interesse e di conseguenza il possibile
reutilizzo degli immobili. Si tratta infatti di un pot-pourri di
edifici, appartamenti, piccoli appezzamenti di terreni, ex
poligoni di tiro, tratti di argine, pascoli, capannoni, rifugi
anti-aereo della seconda guerra mondiali, resti di
fortificazioni militari e anche un ex deposito carburanti
militare a Montichiari. E anche di qualche pasticcio come, ad
esempio, per un immobile di Leno del valore di quasi 800mila
euro inserito erroneamente nell'elenco dei beni trasferibili
poichè da anni è stato riscattato dai proprietari.
SCORRENDO RAPIDAMENTE le proprietà, in alta Valcamonica sono
indicati tra i beni trasferibili il Forte di Corno d'Aola a
Ponte di Legno, la strada militare che dalla località Ponte di
Ferro a Temù conduce al rifugio Petit Pierre, sempre sul Corno
d'Aola e, a Edolo, l'ex caseificio turnario di via Sala. La
giunta edolese deciderà sul destino della struttura di via Sala
solo dopo il passaggio di proprietà mentre le amministrazioni di
Temù e Ponte di Legno non hanno ancora preso una decisione.
Per quanto attiene la ex mulattiera militare, va detto che gran
parte di essa è già impiegata per raggiungere Valbione e il
Corno, mentre del forte edificato all'inizio del secolo scorso
per difendere il passo del Tonale, rimangono solo i resti di
alcuni poderosi muraglioni.
In Valle Sabbia, a Roè Volciano ci sono due rifugi antiaereo
della seconda guerra mondiale, ai Tormini e in Via delle casette
e alcuni edifici lungo la ex ferrovia Brescia-Salò. Spiega il
sindaco Emanuele Ronchi: «Per quanto riguarda i rifugi antiaereo
sono una testimonianza importante del nostro passato, però il
riutilizzo appare problematico. Ci interessano invece gli
edifici lungo l'esx linea ferroviaria che sono poi quelli dello
scalo merci. Durante la seconda guerra mondiale - ricorda il
primo cittadino - arrivavano i convogli carichi di munizioni che
venivano poi scaricate e trasportare in una polverirera vicina».
IL COMUNE è interessato a rilevare gli edifici e qualche idea
l'ha già, anche se l'esiguità delle risorse comunali non
autorizza a coltivare grandi sogni. «Uno degli edifici - ricorda
il primo cittadino - è stato danneggiato dal terremoto del 2004
e non è stato fatto alcun intervento per sistermarlo; un altro
invece è destinato dal nostro Pgt ad accogliere il servizio del
118 che ora si trova nel centro storico e crea qualche
problema».
Per il resto, si ipotizzano interventi per la viabilità e
impieghi anche in chiave sovracomunale. «Ma prima aspettiamo di
avere a disposizione gli edifici» chiude con tono prudente il
sindaco Ronchi.
Risalgono alla seconda guerra mondiale anche i ricoveri
antiaereo di Gargnano, uno a Villa e l'altro nel capoluogo,
sempre lungo la Gardesana.
Nel dibattito in paese, qualcuno aveva suggerito la loro
trasformazione in un museo di storia locale, una testimonianza
del passato arricchita magari con l'esposizione di reperti. Ma
nulla di più, toccherà all'amministrazione valutare se e cosa
farne quando lo Stato confermerà l'intenzione di sbarazzarsene.
Sul piano normativo, la cessione dei beni statali sarà a titolo
gratuito. Le Regioni e tutti gli altri enti locali che intendono
acquisirli avranno 60 giorni di tempo dalla pubblicazione in
Gazzetta ufficiale degli elenchi per presentare la domanda.
I beni non richiesti sono destinati a confluire in un patrimonio
vincolato affidato all'Agenzia del demanio o all'amministrazione
che ne cura la gestione, che provvede alla valorizzazione e
alienazione degli stessi beni, d'intesa con le Regioni e gli
enti interessati, sulla base di appositi accordi di programma o
protocolli di intesa.
Cerese e il Forte sempre più vicini -
A marzo pronta la pista ciclabile
tra la Romana e strada del Corriere
29 maggio 2011 Gazzetta di Mantova
Progetto. In futuro il Comune interverrà anche in strada Streggia
VIRGILIO. Le abitazioni sono
state terminate, ora l'azienda, per rispettare l'accordo preso con il Comune,
deve costruire la ciclabile che colleghi la zona di strada del Corriere con il
centro di Cerese. Entro marzo. L'opera, il cui valore si aggira attorno ai
250mila euro, non costerà nulla all'amministrazione comunale, in virtù del patto
con l'azienda vincitrice dell'appalto per la lottizzazione C11 (nuove
costruzioni di fronte al Toscano), che prevedeva appunto l'obbligo di creare una
nuova ciclabile una volta terminati i lavori. «Quest'opera - spiega il sindaco
di Virgilio Alessandro Beduschi - ci permette di collegare il centro del paese
con la zona di strada del Corriere, che fino ad oggi risultava isolata rispetto
al resto del centro urbano». Ma non solo. Perché la nuova ciclopedonale aumenta
il chilometraggio totale di piste per le due ruote del territorio comunale: in
sostanza Cerese avrà, finalmente, una strada che porti all'inizio della tragitto
che porta al Forte di Pietole. «E' un passo importante - continua Beduschi -
perché la ciclabile potrà essere uno strumento per introdurre a Virgilio quel
turismo su due ruote che è tanto in voga negli ultimi anni, anche in molte zone
limitrofe alla nostra». Come a dire che l'obiettivo è portare al Forte
napoleonico i tedeschi che trascorrono le vacanze sul Garda. «Sì - ammette
Beduschi - il sistema turistico mantovano è legato indissolubilmente al Garda e
abbiamo avviato dei contatti per promuovere anche il nostro territorio».
Progetti condivisi per far in modo che i visitatori di Verona, ad esempio, oltre
all'ormai tradizionale mezza giornata per visitare i monumenti di Mantovano,
passino anche dalla terra che ha dato i natali a Virgilio. La nuova ciclabile,
che è lunga poco meno di due chilometri, sarà pronta per marzo. Prima di quella
data, però, l'amministrazione continuerà a lavorare intensamente per dare un
nuovo aspetto sulla zona del Forte. Nelle scorse settimane decine di volontari
hanno ripulito la zona della struttura, che diventerà un vero e proprio museo di
storia. La Regione, poi, ha già stanziato i fondi per il Giardino letterario di
Virgilio. Un obiettivo è vicino: a ottobre - non va dimenticato - dovrebbe
arrivare il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. di Vincenzo Corrado
Ex Base
USAF di Monte Nardello: 30 anni dopo il ricordo di un sottufficiale
americano |
Da
newx.it del
28 maggio 2011 |
Ex-Base
USAF di Monte Nardello: un pezzo
d’America nel cuore dell’Aspromonte.
Dove italiani e americani vissero e
lavorarono insieme per molti anni. La
base serviva da ponte radio per le Forze
Armate Americane, garantendo i
collegamenti telefonici tra varie basi
americani. Quindi niente radar o
missili; come talvolta si è detto e
scritto. Di quel periodo ci parla Jim
Hoose (jhoose1@att.net) un exmilitare
dell’USAF che adesso vive in Florida.
A Nardello, Jim era Sergente Maggiore.
Ha vissuto in Italia per 5 anni: a Monte
Paganella (TN) dal 1973 al 1976 e a
Monte Cimone (MO) nel 1978/79. Ma anche
in Corea del Sud, Olanda, Gran Bretagna,
e Germania. Si è pensionato da
Maresciallo nel 1990, dopo venti anni
nell’Aviazione USA. Ora lavora come
tecnico di rete cellulare per la Verizon
Wireless, una compagnia telefonica.
Questa intervista è stata possibile
grazie al caro amico Roberto Praticò che
mi ha aiutato nella traduzione.
In che periodo sei stato a Nardello?
Dal novembre 1976 al dicembre 1977.
Da quale comando in Italia dipendeva la
base?
Comando
Comunicazioni dell’Aviazione Militare
USA, base di Aviano, 2176° Gruppo
Comunicazioni. Per l’aspetto logistico,
si andava in auto a Brindisi o alla base
di Sigonella. Settimanalmente, un C130
arrivava all’aeroporto di Reggio da
Aviano per rifornirci di materiale vario
e pezzi di ricambio.
Quanti erano gli addetti? E che grado
aveva il comandante?
25 aviatori; il Comandante era un
Capitano (Ingegnere Elettronico).
Com’era la vita quotidiana?
Avevamo turni di 12 ore: dalle 7 alle 19
e dalle 19 alle 7. Eravamo tecnici radio
e di generatori elettrici. C’erano un
infermiere e due o tre persone in
amministrazione. Per divertirci, avevamo
video con film e show televisivi
americani, il biliardo, tavolo da ping
pong e un piccolo bar. Dischi per la
musica e una biblioteca. Ciascuno di noi
aveva grossi impianti hi-fi nelle nostre
stanze. C’era una Sala delle Cene per
tutti (purtroppo il cibo era americano
preparato da cuochi italiani). Nessuna
moglie era autorizzata a trasferirsi con
noi.
Eravate collegati ad altre basi in
Italia o all’estero?
C’era
una connessione radio “tropo” (da punto
a punto) da Nardello a Wheelus, in
Libia, sino al 1970. Connetteva Wheelus
al Sistema Europeo di Telefonia mobile.
Il nostro collegamento partiva da
Coltano, vicino Pisa, per Sigonella.
Sei in contatto con altri militari
conosciuti in quell’anno?
No, ed è una vergogna: avevo grandi
amici laggiù.
Quali erano i rapporti con gli abitanti
di Gambarie e Santo Stefano?
Buoni. Parlavo un po’ d’italiano, anche
se il dialetto era diverso da quello
trentino. Siccome stavamo sempre alla
base, era difficile fare amicizia. Poche
militari portavano le mogli con sé a
fare spese. In genere vivevano a Santo
Stefano o a Gambarie. Gambarie era
carina e accogliente. Ci fermavamo per
il bar o la trattoria.
Quanti italiani lavoravano?
C’erano 15 italiani. Si occupavano del
garage (avevamo 4 o 5 veicoli più lo
spazzaneve). Lavoravano anche nella
centrale di energia (producevamo la
nostra energia con generatori) e nella
sala cucine. Eravamo sempre assieme e
abbiamo passato un buon periodo con
loro. Tonino Nocera
|
A piedi dal Tirreno all'Adriatico il
viaggio è sulla Linea Gotica
Repubblica - 27 maggio 2011
Una guida storica per accompagnare
gli appassionati di trekking lungo i 350 chilometri dello sbarramento difensivo
che i tedeschi innalzarono contro le armate alleate
di LUCA SANCINI
Un vero e proprio viaggio nella Storia, quella più vicina a noi, da fare a piedi
dal Tirreno all’Adriatico inseguendo storia e memoria. Incamminandosi sulle
tracce delle trincee più famose della seconda guerra mondiale in Italia: la
Linea Gotica.
Duecentosettanta immagini, 24 mappe a corredo e 150 pagine per
accompagnare chi lo vorrà, lungo i 350 chilometri dello sbarramento difensivo
che Hitler e i suoi generali avevano inventato come estremo baluardo a sud
contro l’arrivo delle armate alleate.
Gli autori di “Sulle tracce della Linea Gotica” (Fusta Editore) sono Vito
Paticchia, storico e responsabile del “Progetto Linea Gotica” da tempo portato
avanti dall’Istituto Beni Culturali e dalla Regione, e Marco Boglione, studioso
di fortificazioni e architettura militare.
Un connubio che ha permesso di unire,
con contaminazione felice, il gusto e la professionalità per la ricerca storica
di Paticchia, alla meticolosità di Boglione nel ricostruire trincee,
camminamenti e bunker, i luoghi della guerra.
E’ dunque un libro che accompagnerà il lettore lungo crinali e argini, che
ancora oggi sono memoria viva dei combattimenti, dei lutti, delle vicende umane
e militari che lì si svolsero. Il percorso si snoda in diciotto tappe per un
tracciato continuo da Cinquale sul Tirreno a Sant’Alberto di Ravenna
sull’Adriatico, che però, come suggeriscono gli autori, può essere iniziato
anche dai suoi punti-tappa.
E per ogni tappa i lettori troveranno una miriade di
informazioni tratte da fonti d’archivio, a cui si aggiungono testimonianze anche
inedite dei protagonisti di allora, ma soprattutto tempi di percorrenza e
altitudine, suggerimenti per alloggi e ristorazione. La presentazione della
guida è per domani (sabato) alle ore 11 all’Archiginnasio con Ivano Marescotti e
gli autori.
Trincee e fortezze ripulite e
visitabili con 6.5 milioni -
Grazie a fondi statali ricostruiti
80 chilometri di percorsi e realizzati centri d'informazione. "Ora le sfide del
mantenimento e promozione turistica"
Il Giornale di Vicenza - 26 maggio 2011
In sei anni sono stati spesi 6.5 milioni di euro,
messi a disposizione dallo Stato, per ripristinare 80 chilometri di fronte tra
trincee e fortezze della prima guerra mondiale e per creare dei centri
visitatori, dei mini-musei, dove i turisti potranno far tappa prima di procedere
alla scoperta della storia sugli Altopiani Vicentini tra dirupi e salite. Ieri a
Palazzo Nievo si è tracciato il bilancio del progetto, ormai concluso, e per
gettare le basi per il successivo con tre nodi da risolvere: mantenere e gestire
il patrimonio e richiamare i turisti.
Bilancio. All'incontro voluto dal vice
presidente della Provincia, Dino Secco, hanno partecipato, tra gli altri, i
referenti della Comunità Montana, della Sopritendenza, l'onorevole Flavio
Rodeghiero tra i fautori del progetto, i servizi forestali e le associazioni
soprattutto di alpini che, a titolo gratuito, hanno prestato la loro manodopera.
L'obiettivo è quello di permettere, soprattutto ai giovani, di ripercorrere quei
percorsi dove si è scritta.
Tappe. Entro agosto saranno consegnati gli
ultimi tratti di percorsi e inaugurati (è stato invitato il ministro per i Beni
e le attività culturali, Giancarlo Galan) i centri visitatori, uno per ogni
comunità montana. Ma per arrivare ai risultati importanti che sono stati
sintetizzati ieri nella sala del consiglio di Palazzo Nievo, si è partiti da
lontano. Sintetizza Dino Secco;" La legge del 2001 metteva a disposizione dei
fondi, così le Comunità montane beriche (spettabile Reggenza dei Sette Comuni,
Leogra - Timonchio, Alto Astico - Posina e Agno - Chiampo) e la provincia con la
preziosa collaborazione Soprintendenza di Verona, hanno avviato l'elaborazione
del "Progetto per la tutela e valorizzazione del patrimonio storico della prima
guerra mondiale sugli altopiani vicentini". Nell'ottobre 2002 è stato approvato
in sede di Conferenza di Servizi e quindi finanziato per 6.5 milioni di euro. I
lavori sono iniziati nel 2005".
Risultati. Lavori che sono in gran parte
terminati ed eseguiti "con la perizia di un archeologo persino dagli operai del
servizio forestale", hanno sottolineato. "Operai che per eseguire gli interventi
sul Pasubio hanno alloggiato per giorni al rifugio. Il materiale è stato portato
tramite elicottero". Ma queste sono solo alcune delle difficoltà superate per
riportare alla luce quei percorsi di storia da un gruppo numeroso di enti e
associazioni che hanno dimostrato di saper lavorare in squadra. Mauro Passarin,
conservatore Museo del Risorgimento e della Resistenza sintetizza:" Due gli
interventi da segnalare. Primo. Sul Pasubio perchè frutto di un accordo con la
provincia di Trento che ha co-finanziato il nostro progetto con 100 mila euro.
Secondo. Il delicato lavoro per il recupero delle fortezze". E adesso? Il
rischio che l'incuria e il tempo possano rimangiarsi tutto è dietro l'angolo.
Sottolinea Secco:" Di qui la necessità di presentare a fine estate un nuovo
accordo di programma per ottenere altri fondi che consentano di mantenere e
gestire il patrimonio, magari affidando lo stesso alle associazioni". E gli
alpini si sono detti disponibili a fronte di un minimo riconoscimento per le
spese vive, come quelle per gli spostamenti.
Forte Cosenz, la novità dei centri estivi -
Dal 20 giugno al 2 settembre,
settanta euro a settimana: domani le iscrizioni
La Nuova Venezia - 24 maggio 2011
FAVARO. Centri estivi a
Forte Cosenz. Il gioiellino militare si candida a diventare centro
catalizzatore di iniziative di diverso tenore, dalle feste organizzate nelle
varie ricorrenze alle attività sociali. L'Ocrad, il Dopolavoro della
Regione, non ha mai fatto mistero delle sue intenzioni di coinvolgere più
persone possibile e di essere disposta a collaborare con la municipalità.
Quest'anno per la prima volta il Dopolavoro ha deciso di lanciare, proprio
all'interno della struttura del campo trincerato di Mestre- per la quale non
è ancora predisposto il passaggio al Comune dal Demanio militare - i centri
estivi. Saranno gestiti e organizzati da animatori della cooperativa sociale
La Traccia di San Donà, che ha già presentato un progetto con il filo
conduttore«Il Castello volante di Arcy» e che accompagnerà i piccoli
dall'inizio alla fine. I centri sono rivolti ai bambini dai 6 ai 13 anni,
dunque che frequentano le elementari e le medie: copriranno l'arco di tempo
che coincide con la chiusura delle scuole, vale a dire dal 20 giugno al 2
settembre, per facilitare i genitori che lavorano e che non hanno parenti ai
quali affidare i figli.
Al forte i ragazzi verranno ospitati dalle 8 alle 18
e avranno a disposizione un grande spazio verde dove giocare, un campo da
calcio, strutture per attività e, di fronte, un enorme bosco: tutto ciò fa
di forte Cosenz un luogo a dir poco speciale dove organizzare centri estivi
e dove passare il pomeriggio, specialmente per chi abita in città e non ha
la possibilità di giocare in giardino. Il costo a settimana per la frequenza
(compreso di pasti, merende e assicurazione) è di 70 euro ed è possibile
iscriversi di settimana in settimana a seconda del bisogno. Per il pagamento
anticipato di almeno 3 settimane è prevista una riduzione del 10% mentre per
i fratelli o le sorelle si paga il 30 per cento in meno. Il forte è aperto
per le iscrizioni domani dalle 16 alle 18 (per informazioni chiamare la
cooperativa La Traccia allo 0421-482027). Tra le diverse iniziative messe in
campo dall'Ocrad, c'è anche un incontro in programma venerdì alle 18: il
primario cardiologo dell'ospedale di Venezia terrà la presentazione di un
corso che si svolgerà nei giorni successivi. Il titolo è «Un airbag per il
cuore» e servirà alle persone per imparare a comportarsi nel caso un amico o
famigliare fosse colpito da arresto cardiaco, quale massaggio praticare
nell'attesa del 118. Dopo il corso sarà rilasciato un attestato a quanti
hanno partecipato. di Marta Artico
Recupero castelli, stanziati 2
milioni
Il Secolo XIX - 23 maggio 2011
La Spezia - Dai
castelli di Sarzana, Riomaggiore e Bonassola, alle
fortificazioni della Lunigiana, passando dalla batteria “Chiodo”
fino agli spazi museali di Lerici e ai siti archelogici di
Maissana. Sono solo alcuni dei beni della nostra provincia,
individuati dalla Giunta regionale, nell’ambito del programma
‘Liguria Heritage’ che saranno oggetto di una imponente opera di
valorizzazione e promozione, grazie allo stanziamento
complessivo di 2 milioni di euro su proposta dell’assessore
regionale allo sviluppo economico, Renzo Guccinelli. In tutto 99
beni culturali delle quattro province liguri, di cui 21 nello
Spezzino, già oggetto di restauro e conservazione per un
ammontare complessivo di 61 milioni di euro, che usufruiranno
delle risorse provenienti dai fondi comunitari del Por Fesr 2007
– 2013 e appositamente stanziate dalla Giunta regionale. «Mi
pare – ha spiegato l’assessore allo sviluppo economico, Renzo
Guccinelli –che Liguria Heritage sia un progetto molto
innovativo sotto svariati aspetti. Innanzitutto programma la
valorizzazione di siti storici non dopo ma contemporaneamente
all’ azione di recupero, cosa che prima non si è mai fatta, con
l’obiettivo di essere già attiva una volta finiti i restauri.
L’iniziativa - continua l’assessore – rivolta ai turisti, ma
anche ai cittadini liguri punta molto sulle tecnologie avanzate,
soprattutto per mettere al centro il piacere della visita.
Pensiamo a Liguria Heritage come ad un progetto di marketing
culturale che mette al centro il “prodotto bene culturale” come
oggetto di una fruizione divertente e interessante, che
comincerà da casa, visitando il portale, e porterà sul posto, a
vedere di persona».
Ex fortificazioni da restaurare
La Nuova Venezia - 22 maggio 2011
CAVALLINO. «Le ex fortificazioni militari di Cavallino-Treporti dovranno
essere restaurate in tempo per rientrare di diritto nel circuito storico
museale che comprenderà l'altipiano di Asiago e il Monte Grappa dove si
terranno le celebrazioni in occasione del centenario della Grande Guerra».
Sbalordito l'assessore regionale al turismo Marino Finozzi nella sua ultima
visita a Cavallino-Treporti per la concentrazione e la varietà di fortezze
militari dismesse nel territorio del litorale che potrebbero godere dei
fondi europei per 70 milioni da erogare alla Regione in occasione del
centenario della Grande Guerra tra il 2015 e il 2018.
Il 14 giugno si
festeggerà nell'ambito del Palio Remiero il centenario della caserma di Ca'
Pasquali realizzata nel 1911 e ancora mai ristrutturata. «Il sistema
difensivo di Cavallino-Treporti - ha spiegato lo storico Furio Lazzarini che
ha fatto da guida assieme al presidente di Assocamping Armando Ballarin -
giunse a comprendere alcune centinaia di edifici, tra cui batterie costiere,
polveriere, torri telemetriche, caserme, depositi, bunker e manufatti per
gran parte ancora esistenti.
Risalgono a diverse epoche storiche, partendo
dal risorgimentale Forte Treporti della metà dell'Ottocento, alle batterie
costiere edificate ai primordi del Novecento come la San Marco, la Vettor
Pisani e la Radaelli, a quelle riconducibili alla Prima e Seconda guerra
mondiale, come la Amalfi, la Batteria Nuova, che rendono davvero unico
questo patrimonio immobiliare». La Regione avrà quindi l'occasione per
trasformare le batterie militari e le torri telemetriche in risorse per
attrarre il turismo storico-culturale, ritenuto strategico nel futuro. di
Francesco Macaluso
«Forte Marghera, gestione a costo zero» -
Area ai privati o autogestione
pubblica? Orsoni: «Decideremo entro quest'estate
La Nuova Venezia -
22 maggio 2011
Come volevasi dimostrare:
un gioiello naturalistico, architettonico e storico nel cuore di Mestre si
può tenere aperto alla città sei giorni su sette, domenica compresa, e
gestire attività ricreative e culturali a costo zero. Proprio così, se
l'anno scorso sono stati spesi 100 mila euro per la manutenzione e LA
guardiania dell'area circondata dalle mura del forte trincerato, quest'anno,
a tutt'oggi, la spesa è zero. Merito della«autogestione consapevole» di
pulizie, manutenzioni e sorveglianza che i volontari delle varie
associazioni attive dentro il forte garantiscono senza chiedere nulla in
cambio, se non di poter continuare a utilizzare gli spazi per iniziative
creative, sociali, sportive, culturali e persino legate all'università. «Una
prova più che evidente - secondo Pierangelo Pettenò, presidente di Marco
Polo System, la società pubblica che gestisce Forte Marghera per conto del
Comune, - che non c'è bisogno del projcet financing e di grandi gruppi
privati come Impregilo per gestire questa meravigliosa struttura. Il
volontariato, le associazioni e gli enti pubblici stanno dimostrando di
poterla gestire in modo sostenibile, preservando nel tempo il suo vincolo
pubblico».
Il sindaco Orsoni- che da assessore al Patrimonio ne gestì
l'acquisto dal demanio militar - l'estate dell'anno scorso aveva promesso
che entro settembre 2010 sarebbe stata decisa dalla Giuna comunale la sorte
di Forte Marghera. Ma nulla è poi stato deciso. Due settimane fa Orsoni è
tornato a far visita al forte e a Pierangelo Pettenò ha rifatto la promessa:
«Prima della fine di quest'estate» si deciderà il futuro del forte più
grande e più bello di Mestre, costruito nell'Ottocento e restituito alla
città dal demanio militare appena quattro anni fa. Nelle mani del sindaco
c'è un dettagliato di Marco Polo System sul riutilizzo del forte «con
funzioni pubbliche e private e un forte ruolo di indirizzo del Comune». Per
Pettenò questa sorta di autogestione è «un percorso alternativo all'idea di
concedere il gioiellino come il forte a una società provata come Impregilo
che propone di realizzare una non meglio precisata cittadella del bambino su
15 degli oltre 40 ettari dell'area». L'idea di Pettenò è condivisa da decine
di associazioni e migliaia di cittadini che in primavera hanno firmato una
petizione per difendere un «bene pubblico» come Forte Marghera. Resta il
problema dei costosi interventi di recupero «fisico» dell'area verde e dei
vecchi edifici militari, nonché la bonifica dei terreni e il marginamento
dei 7 chilometri di sponde. «Ce la possiamo fare -dice Pettenò - puntando a
finanziamenti europei, alla Legge Speciale e, per il marginamento delle
sponde, al Magistrato alle Acque». di Gianni Favarato
I forti storici? Grande risorsa
La Nuova Venezia 11 maggio 2011 — pagina 35 sezione: Provincia
CAVALLINO. La Regione domani mattina sarà in visita a Cavallino-Treporti per
valutare le strategie di recupero con fondi europei dei forti militari della
prima e seconda Guerra Mondiale. Una delegazione regionale, guidata
dall’assessore al turismo Marino Finozzi e comprendente i funzionari Paolo Rosso
e Max Siron, sarà in visita al camping Union Lido. Dalle 11.30 si svolgerà poi
una visita guidata ad alcune ex-fortificazioni costiere del litorale, tra cui
batterie costiere, polveriere, torri telemetriche, caserme, depositi, bunker,
tutte costruzioni che - nel bene e nel male - hanno reso unico il paesaggio del
Litorale nord. Dal Forte Treporti della metà dell’Ottocento, alle batterie
costiere edificate ai primordi del Novecento come la San Marco, la Vettor
Pisani, Radaelli, a quelle riconducibili alla Prima e Seconda guerra mondiale,
Amalfi, Batteria Nuova. Nell’ottica del federalismo demaniale e per
l’incentivazione e la valorizzazione di aree fino ad ora trascurate, la Regione
ne andrà a valutare le potenzialità per poterle trasformare in importanti
risorse per attrarre il turismo storico-culturale. Il programma prevede la
visita guidata, curata dal ricercatore storico Furio Lazzarini e con
l’assistenza di Armando Ballarin presidente dell’Assocamping, la presenza del
sindaco Claudio Orazio e l’assessore al turismo Elisa Scarpa. Dalle 15 la
delegazione incontrerà il presidente del Parco Turistico di Cavallino-Treporti,
Paolo Bertolini. - Francesco Macaluso
Forte tirato a lucido Cittadini e boy
scout volontari a Pietole
Gazzetta di Mantova - 05 maggio 2011
VIRGILIO. Una
commissione formata da consiglieri e associazioni. Centinaia di cittadini
pronti a tirare a lucido il forte di Pietole in vista dell'arrivo di
Napolitano. Il Comune di Virgilio ha iniziato una corsa contro il tempo:
entro ottobre, quando potrebbe arrivare il presidente della Repubblica,
tutto dovrà essere pronto.
Via erbacce e rifiuti. Struttura messa in
sicurezza. E un comitato d'accoglienza di giovani pronti ad illustrare le
bellezze comunali. «L'idea - spiega il sindaco Alessandro Beduschi - è
quella di coinvolgere la cittadinanza in un progetto di ampio respiro. Il
nostro obiettivo è preparare il forte napoleonico entro pochi mesi. Non sarà
un'impresa facile, ma c'è l'entusiasmo giusto e molti cittadini hanno già
dato la loro disponibilitá a collaborare». Per fortuna, viene da dire, visto
che i fondi comunali per i lavori di riqualificazione scarseggiano. Come a
dire che in tempo di tagli agli enti locali, l'unica soluzione è supplire
alla scarsità di risorse con il volontariato. Cittadinanza attiva.
Già nei
giorni scorsi è stato portato a termine il primo intervento. Decine di boy
scout hanno ripulito la zona limitrofa del forte. «Diamo una mano volentieri
- spiega Francesco Rondelli, 27 anni, uno dei capi scout di "Virgilio 4" -.
Insieme all'amministrazione, oltre agli interventi di manutenzione
dell'area, stiamo studiando un piano per metterla in sicurezza». «Stiamo
perfezionando l'acquisizione del Forte dal Demanio - spiega Beduschi - e per
motivare questa scelta dobbiamo cominciare a valorizzarlo. Se tutto andrà
bene, Virgilio potrà rientrare nell'iter che i turisti seguono quando
vengono a visitare Mantova». A breve verrà formata una commissione ad hoc:
un consigliere comunale di maggioranza e uno di minoranza.
E poi un gruppo
di cittadini che da tempo si interessano del destino della struttura
napoleonica. Lo studente che ha scritto una tesi di laurea sui territori virgiliani, l'anziano che fará da memoria storica, i giovani che vogliono
darsi da fare per valorizzare il proprio territorio. Una squadra numerosa e
un countdown: tra sei mesi bisogna fare bella figura con il presidente della
Repubblica.
Quattordici nuovi
radar in Italia per le guerre N.A.T.O.
Da dioni.altervista.org di maggio 2011
Nuovi
impianti radar per potenziare la rete operativa dell’Aeronautica militare
italiana ed integrarla ancora di più nella catena di comando, controllo,
comunicazione ed intelligence dell’Alleanza atlantica. Dodici sistemi Fixed
Air Defence Radar (FADR) RAT31-DL sono stati commissionati alla Selex
Sistemi Integrati, società del gruppo Finmeccanica, e sono in via
d’installazione in altrettanti siti dell’AMI sparsi in tutta Italia. Ad essi
si aggiungeranno anche due sistemi configurati nella versione mobile DADR (Deployable
Air Defence Radar) che saranno consegnati entro il 2013.
“Si tratta di un progetto
dall’alta valenza tecnica, importante per la sicurezza aerea nazionale e
necessario per migliorare la nostra efficienza militare”, ha spiegato il
generale Mario Renzo Ottone, comandante del COA, il Comando Operazioni Aeree
nazionali e del Combined Air Operations Center della NATO, di stanza a
Poggio Renatico (Ferrara). “Il FADR costituisce la struttura portante del
programma con cui l’Aeronautica militare ha avviato la sostituzione dei
propri sistemi di sorveglianza aerea per rendere disponibili le frequenze
necessarie all’introduzione della nuova tecnologia Wi-MAX (Worldwide
Interoperability for Microwave Access) di accesso internet ad alta velocità
in modalità wireless”. Molto più espliciti sulle finalità belliche del nuovo
sistema radar i manager della società produttrice. “Il RAT31-DL è stato
sviluppato per rispondere ai futuri bisogni della difesa, dove la
superiorità delle informazioni e dei comandi giocherà un ruolo sempre
maggiore”, recita la brochure di Selex Sistemi Integrati. “Il sistema ha
eccellenti capacità di scoprire e tracciare i segnali radio a bassa
frequenza di aerei e missili, può supportare diverse funzioni come la difesa
da missili anti-radiazione e da contromisure elettroniche. In Italia, il
FADR consentirà di controllare anche la presenza dei missili balistici,
comunicherà con gli altri punti di controllo nazionali e della NATO e
apporterà grandi elementi di innovazione, tra cui un migliorato
telecontrollo e telediagnosi, riducendo quindi la necessità di personale,
con un occhio anche alla riduzione dei costi di gestione”.
Il primo impianto entrato in
funzione è quello installato presso la 112^ Squadriglia RadarRemota di
Mortara (Pavia). Si tratta di una stazione dell’Aeronautica che nel
periodo di massima espansione – anni 50-60 - era arrivata a contare fino a
700 avieri (300 militari di leva e 400 in servizio permanente), ma che dopo
il 1998 è stata drasticamente ridimensionata sino a ospitare oggi solo una
trentina di militari. Gli altri undici radar RAT-31DL stanno per essere
installati presso il centro meteorologico dell’Aeronautica di Borgo Sabotino
(Latina), a Capo Mele - Savona (115^ Squadriglia Radar Remota), Crotone
(132^ Squadriglia), Jacotenente - Foggia (131^ Squadriglia), Lame di
Concordia - Venezia (13° Gruppo Radar GRAM), Lampedusa (134^ Squadriglia),
Marsala (35° GRAM), Mezzogregorio – Siracusa (34° GRAM), Otranto (32° GRAM),
Poggio Renatico (Comando Operazioni Aeree) e Potenza Picena – Massa Carrara
(14° GRAM). Come per Mortara, alcune di queste stazioni radar erano state
ridimensionate negli ultimi quindici anni.
Dal punto di vista prettamente
tecnico, il Fixed Air Defence Radar (FADR) appartiene all’ultima generazione
dei sistemi 3D a lungo raggio: ha una portata sino a 500 km di distanza e 30
km in altezza, una potenza media irradiante di 2,5 kW e una potenza
dell’impulso irradiato di 84 kW. L’antenna opera in una frequenza compresa
tra 1,2 e 1,4 GHz (L-band), all’interno dello spettro delle cosiddette
“microonde”, le onde molto corte estremamente pericolose per l’uomo, la
fauna e la flora. Il radar può essere controllato anche da centri posti
a notevole distanza e la configurazione meccanica con cui è stato disegnato
consente facilità di assemblaggio e smontaggio nei campi di battaglia. La
progettazione e la costruzione delle torri radar e degli impianti ausiliari
e l’installazione dei nuovi sistemi nelle dodici basi dell’Aeronautica è
stata affidata alla Vitrociset S.p.A. di Roma, una delle maggiori aziende
private operanti nel campo della sicurezza, pure vincitrice della gara per
il sistema multiradar ARTAS di Eurocontrol, l’agenzia europea per il
controllo aereo. Il nome di Vitrociset è stato per anni legato al nome del
suo fondatore, Camillo Crociani, uno dei protagonisti dello scandalo delle
tangenti per l’acquisto negli anni ‘70 dei velivoli C130 prodotti dalla
statunitense Lockheed. Il pacchetto azionario della società è ancora oggi
interamente controllato dalla vedova Edoarda Vessel Crociani con una
presenza più che simbolica della holding Finmeccanica (1,4%). Presidente del
consiglio di amministrazione è invece il generale Mario Arpino, capo di
Stato Maggiore della difesa fino al 2001, direttore generale l’ammiraglio
Lorenzo D’Onghia, amministratore delegato Antonio Bontempi, ex ad di Alenia
Marconi Systems poi Selex Sistemi Integrati. Il radar RAT31-DL sta
progressivamente conquistando sempre maggiore spazio nel mercato
internazionale. Il sistema è stato sinora acquistato da nove paesi, sette
dei quali membri della NATO, per un totale di 34 esemplari. Tra essi
spiccano Germania, Grecia, Polonia, Repubblica Ceca, Turchia e Ungheria.
Altri esemplari starebbero per essere ordinati dalle aeronautiche militari
di Austria, Danimarca e Malesia. Una conferma che il business di guerra non
consoce crisi. Fonte:
http://straker-61.blogspot.com/2011/05/quattordici-nuovi-radar-in-italia-per.html
Mira, domani apre Casa futura Uno spazio
tutto eco-sostenibile
La Nuova Venezia - 30 aprile 2011
MIRA. Questa mattina alle 11 al
Forte Poerio in via Risorgimento sarà inaugurata «Casa Futura» il più avanzato
esempio di edilizia biosostenibile e connessa alle energie rinnovabili nella
provincia di Venezia. Il progetto, promosso dall'associazione Artigiani della
Riviera e dal comune di Mira, ha visto la realizzazione di una costruzione di
110 metri quadri, disposta su due piani, che risponde ai parametri di classe «A»
e che rappresenta l'avanguardia in termini di innovazione nel campo delle
energie rinnovabili, del risparmio energetico e delle tecnologie di costruzione
degli edifici. Il progetto è l'unico della Provincia e rappresenta un'esperienza
originale nel mondo artigiano. Forte Poerio diventerà quindi, grazie al Casa
Futura, un punto di riferimento per i cittadini sul versante delle fonti
rinnovabili e della bioedilizia. (g.pir.)
Lido, ruspe su forte Quattro Fontane per il
palaCinema
La
Nuova Venezia - 29 aprile 2011
La foto dei comitati: le ruspe
distruggono uno storico forte della Serenissima -
La ruspa su forte Quattro Fontane
VENEZIA. Dopo l'allarme dei
comitati lidensi e la diffida inviata dall'avvocato Mario D'Elia alla
Soprintendenza archeologica, i residenti sono finalmente riusciti a
"immortalare" la distruzione di ciò che resta del forte Quattro Fontane
all'interno dello scavo per l'edificazione del nuovo palazzo del cinema.
Ecco quindi alcune ruspe, posate sopra i resti del forte della Serenissima, il
più grande e imponente di cui era dotata Venezia per le sue difese, nella fase
dei lavori.
Ad accompagnare le immagini, lo scoramento dei residenti per la
perdita di questi elementi storici della loro isola.
Ruspe sui resti del Forte al Lido Diffida
alla Soprintendenza
La Nuova Venezia - 28 aprile 2011
«Le ruspe stanno facendo a pezzi i resti del
forte austriaco ottocentesco».
Nuovo allarme dei comitati sui lavori in corso al
Lido. E ieri l'avvocato Mario d'Elia ha inviato una diffida alla Soprintendenza
archeologica.
«Vorrei sapere», scrive il legale, «se sono state rispettate le
procedure di legge, cioè se il bene sia stato valutato e fotografato e definito
di nessun interesse archeologico. In caso contrario chiedo siano presi dei
provvedimenti».
Per realizzare le fondamenta del nuovo palazzo in cemento
armato, le ruspe dell'impresa Sacaim, autorizzate dal commissario Spaziante,
stanno scavando a grandi profondità.
Dopo le tante fermate dovute al
ritrovamento di amianto adesso i lavori sono ripresi. Ma le polemiche vanno
avanti. Il nuovo palaCinema doveva essere pronto per il 150esimo dell'Unità
d'Italia, festeggiato nel marzo scorso. (a.v.)
PalaCinema, amianto nel cratere
ma anche i resti dei forti austriaci
La Nuova Venezia - 22 aprile 2011
LIDO.
Resti del forte ottocentesco delle Quattro Fontane e del
sistema difensivo austriaco.
E ben visibili gli archi alla
base dell'antica Blockhaus, su cui venne edificato negli
anni Trenta il palazzo del Cinema. Reperti archeologici di
un certo interesse emergono dai grandi scavi per il nuovo
palazzo del Cinema al Lido. Scavi di nuovo interrotti
perché nel grande cratere della Sacaim sarebbero state
trovate in profondità nuove tracce di amianto.
Nuovi ritardi
che rendono sempre più problematica la realizzazione del
contestato palaCinema che doveva essere pronto per il
150esimo dell'Unità d'Italia. «Chiediamo che si rinunci a
questo progetto, che non serve a nessuno», insistono gli
esponenti dei comitati, «la Biennale ha già impegnato
milioni di euro per restaurare il vecchio palazzo del
Cinema. Quello per loro è sufficiente». Ma il progetto va
avanti. E nonostante il 150esimo sia ormai passato, il
commissario Vincenzo Spaziante ha mantenuto i poteri
straordinari della Protezione civile. E i progetti del Lido
vengono approvati con le procedure speciali.
Intanto
emergono dal sottosuolo preziose testimonianze di due secoli
fa. «Reperti di un certo valore», dice la storica Daniela Milani Vianello, «facciamo appello a tutti perché
l'attenzione su queste cose rimanga alta». La situazione di
oggi, ricorda la Vianello, è molto simile a quella degli
anni Trenta. Procedure speciali e iter affidati a un
commissario straordinario, il Comune che non ha soldi e si
affida ai privati. E i nuovi edifici che oggi come allora
vengono costruiti sopra i reperti antichi. Il comitato
annuncia nuove mobilitazioni, in vista della presentazione
dei progetti «collaterali» al Palacinema. L'Ospedale al mare
trasformato in centro benessere, albergo e centro
commerciale, il Forte di Malamocco che diventerà sede di 32
villette moderne e un nuovo albergo.
La nuova darsena a San
Nicolò da 1500 posti che sta creando adesso dopo l'allarme
paesaggistico anche quello ambientale, per la vicinanza alle
spiagge di 1500 motori, nuove strade e parcheggi. Progetti
che la cordata vincitrice della gara - la Finanziaria Est
Capital che raccoglie investitori come Mantovani, e
Condotte, le imprese del Mose - dovrà presentare entro il 31
maggio. Intanto per il nuovo palaCinema si scava. Tra
reperti e amianto. di Alberto Vitucci
Castel del Monte, primo radar
della storia
Corriere della Sera - 21 aprile 2011
Un
sistema di fortificazioni e una rete di vedette Fra mare e terra al
centro c'è il maniero di Federico II
Limpiar
las islas, «ripulire» le isole allontanando chiunque la
cui presenza non fosse legittimata e «costruire su tutti
i punti della costa, dietro indicazione dei regi
ingegneri, torri in vista una dell’altra in modo da
costituire nell’insieme una continua ininterrotta
fortificazione (...) affinché vedendo fuste - cioè
natanti sospetti - facesi foco di continuo e che tutte
dette torri dovessero corrispondere l’una con l’altra
nel tirare mascoli et nel far foco». I rapporti degli
ambasciatori del re Filippo II a Madrid e i decreti
vicereali di difesa del Regno di Napoli emanati prima
nel 1563 da don Pedro de Toledo e poi da don Parafan de
Ribera, duca di Alcalà, non lasciano dubbi sulla ferrea
volontà di quel governo di costruire nel Mezzogiorno
d’Italia un sistema di avvistamento e, dunque, di difesa
del territorio da ogni forma di approdo più o meno
clandestino, piratesco o corsaro che fosse; si trattasse
cioè di mercenari del mare che agivano per il proprio
tornaconto, nel primo caso, ovvero per un governo che
rilasciava lettere di corsa, vere e proprie
autorizzazioni ai saccheggi, opera di disturbo a coste e
navi nemiche compresa.
Ed è lo
storico Vittorio Faglia a spiegare come «molti e di
diversa bandiera erano i corsari ma tutti in quei secoli
furono pirati: Papi, Imperatori, Sultani e condottieri».
Un ruolo, quello delle torri, che però non evitò, per
esempio, la presa di Vieste il 15 luglio del 1554 da
parte del corsaro turco Draguth approdato con le sue
settanta galee; intanto, la logica difensiva già avviata
nel 1290 dagli angioini consegnava al Rinascimento
meridionale e pugliese le tipiche architetture la cui
sequenza ordinata segna ancora oggi il territorio.
Spesso innalzate su preesistenti torri romane, a base
troncoconica e con uno sviluppo cilindrico, quelle della
prima metà del Cinquecento, quadrangolari, invece, a
partire dal 1567, sempre collegate visivamente l’una con
l’altra: «La preferenza delle torri quadre rispetto alle
tonde permetteva un uso più razionale dell’artiglieria
perché la piazza d’arme (ultimo livello di copertura
delle torri) poteva ospitare più pezzi senza che si
intralciassero nelle manovre durante l’uso» (da L’isola
delle sirene Li Galli di Romolo Ercolino). Una sorta di
tam tam, telegrafo senza fili, radar dell’antichità
affidato alla solerzia di quei guardiani capitani
torrieri (nel Settecento anche ecclesiastici, donne e
monache) che con segnali di fuoco di notte, di fumo di
giorno o al suono di campane facevano rimbalzare dal
mare sino all’interno, dalle periferie estreme sino ai
grandi centri urbani, torre dopo torre, notizie di
pericoli.
«A quel
sistema torriero partecipavano anche i cavallari -
spiega la storica dell’arte Michela Tocci, direttrice di
Castel del Monte -. Gli era vietato possedere barche e
pescare perché non si distraessero, preposti com’erano a
presidiare a cavallo spiagge e foci dei fiumi dove gli
incursori più spesso approdavano per approvvigionarsi di
acqua dolce. C’erano anche le guardie con le feluche con
lo stesso compito via mare. Nel 1748 si contavano ben
397 torri costiere nel Regno di Napoli, 121 in Puglia:
25 in Capitanata, 16 in Terra di Bari e 80 in Terra
d’Otranto. Ma già Federico II di Svevia - precisa la
Tocci - agli albori del 1200, aveva ben compreso come il
controllo del potere dovesse passare attraverso una
politica di fortificazione di tutta la costa del regno
meridionale e della Puglia in particolare, prima testa
di ponte dall’Africa e dall’Oriente per l’Europa, e
terra fertile le cui prospettive certe di lucro erano
note sin dalla notte dei tempi in tutta l’area
mediterranea».
Fra le
36 città demaniali del regno svevo ben 17 erano centri
urbani pugliesi, 12 dei quali costieri. «L’imperatore
-racconta la Tocci - ne ordinò la fortificazione con
strutture castellari, ciascuna dotata di un sistema di
torri-satellite a distanza regolare l’una dall’altra.
Sino a Castel del Monte, l’edificio ottagonale dai
canoni di raffinata architettura e decorazione scultorea
che peraltro faceva da riferimento visivo persino tra la
costa adriatica, la zona di Canosa e l’entroterra
dell’attuale Basilicata intercettando i segnali di tutte
le "vedette", punto più alto sul livello del mare.
Citato persino nel Compasso de navegare, il portolano
duecentesco per l’orientamento in mare, come una
montagna longa enfra terra et alta, e la dicta montagna
se clama lo Monte de Sancta Maria, et à en quello monte
uno castello». Maria Paola Porcelli
Al casel di Costa, filò dedicato alla
Grande Guerra
Corriere delle Alpi - 16 aprile 2011
LAMON. Proseguono gli appuntamenti della rassegna culturale "Filò nte i Casiéi".
Questa sera alle 20.30 il Casel di Costa ospiterà l'incontro "1885-1915
Trent'anni di fortificazioni: dal Covolo di Sant'Antonio a Forte Cima di Lan",
promosso dall'amministrazione comunale. Protagonista della serata sarà Luca
Girotto, dirigente medico all'ospedale San Lorenzo di Borgo Valsugana (Trento)
con una passione, nata in famiglia, per lo studio degli avvenimenti bellici
della prima guerra mondiale sul fronte del Trentino orientale, nonché della
guerra russa combattuta in Galizia, la regione più settentrionale dell'Impero
austro-ungarico. Girotto vanta pubblicazioni nel settore, collabora con
l'associazione storico-culturale della Valsugana e del Tesino ed è tra i
fondatori dell'"Esposizione permanente sulla Grande guerra in Valsugana e nel
Lagorai", finora una delle raccolte più complete sugli aspetti locali del
conflitto 1914-1918. Da dieci anni collabora con il gruppo alpini di Caoria (Tn)
e con il loro museo che raccoglie testimonianze della grande guerra sulla catena
del Lagorai. Sicuramente un esperto della materia. (a.m.)
Una galleria di contromina nei
sotterranei del Priamàr
Il Secolo XIX - 14 aprile 2011
Savona
- Un nuovo frammento di storia salta fuori dai
sotterranei del Priamàr: sotto i giardini
pubblici di viale Alighieri è stata scoperta una
galleria lunga oltre 300 metri, costruita oltre
tre secoli fa. Il percorso è tutto percorribile,
dalla statua di Garibaldi fino al posteggio
presso l’incrocio con corso Mazzini.
Si tratta
di una galleria di contromina, costruita nel
1683 (nell’ambito del potenziamento seicentesco
della fortezza) con lo scopo di monitorare e
contrastare lo scavo di gallerie da parte di
minatori nemici in caso di assedio.
L’eccezionale scoperta è stata fatta in
occasione dei lavori condotti dal Consorzio del
depuratore nel viale Alighieri.
Mentre gli
operai erano impegnati a sostituire i tubi,
hanno portato alla luce un breve tratto
dell’antica galleria della fortezza, alta 2,20
metri e posta tre metri sotto a viale Alighieri.
La trincea di scavo del depuratore ha tranciato
un tratto di tre metri della volta della
galleria, ma il pavimento e le pareti laterali
sono ancora conservati per un metro d’altezza,
come appurato dai rilievi effettuati dalla
Soprintendenza per i Beni Archeologici della
Liguria, sotto la direzione di Francesca Bulgarelli.
STEFANIA
MORDEGLIA
Forte Lugagnano al Comune e in arrivo altri beni da salvare
L'Arena - 12 aprile 2011
Forte Lugagnano è in territorio comunale ma a poca distanza dal paese frazione di Sona - Stretta finale per far passare dallo Stato ai Comuni forti e bastioni e le mura magistrali. Quindi per applicare il federalismo demaniale, la grande manovra che porterà a trasferire gratis agli enti locali una buona fetta di patrimonio pubblico, quasi sempre non più utilizzato, per sistemarlo e valorizzarlo, assegnandolo a gruppi e associazioni che promuovono attività sportive, ricreative e culturali. Intanto il Comune ha preso in consegna il forte Lugagnano (costruito fra 1860 e '61 in territorio comunale, poco distante dall'omonima frazione di Sona) che si aggiunge ad altri ex complessi militari asburgici già gestiti dal Comune, che ne è già proprietario.
COMUNE e Demanio si sono infatti appena incontrati e lo faranno ancora a breve a Venezia, per la terza volta, per sottoscrivere l'accordo per trasferire gli immobili con vincolo culturale, già prediposto. Stipulato l'accordo, in maniera definitiva il Comune diventerà proprietario della cinta di mura magistrali e dei forti austriaci Lugagnano, come detto, e poi Santa Caterina (al Pestrino), Sofia (fra Borgo Trento e le Torricelle), John (sulla dorsale collinare sopra Montorio) e poi delle quattro Torri Massimiliane (sempre asburgiche, sulle Torricelle) fino a Castelvecchio, tutt'ora di proprietà statale, anche se gestito dal Comune, museo compreso.
Il Comune otterrà anche la vasca esterna all'ex Arsenale. L'intero compendio dell'ex Arsenale austriaco è invece già diventato di proprietà comunale due anni fa, su impulso dell'attuale Amministrazione che ora, però, dovrà trovare i soldi (decine di milioni) per ristrutturarlo.
È IL TAVOLO TECNICO fra Comune e Demanio, guidato dal direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici Ugo Soragni, quello incaricato di definire nel dettaglio i punti dell'accordo. «Siamo ormai al termine di un percorso comnciato dal nostro Comune anche grazie all'intervento del deputato Aldo Brancher, che ha partecipato sin dall'inizio ai lavori del decreto del federalismo demaniale, e alla collaborazione del deputato Alessandro Montagnoli. Si è deciso così di procedere al trasferimento dei beni con specifici accordi di valorizzazione», commenta l'assessore comunale al patrimonio, Daniele Polato, che ha seguito l'iter.
«La sfida che lanciamo per Verona è quella di trasformare la nostra città nel più bel complesso monumentale militare fruibile al mondo, agevolando i cittadini veronesi e i turisti affinché possa sempre di più apprezzare il patrimonio di bellezze storico-artistiche della nostra città», prosegue l'assessore, «che negli ultimi decenni erano stati abbandonati a un progressivo degrado».
Proprio per contrastare questo degrado, intanto, il Comune ha nel frattempo ripulito varie zone forti e spazi non di sua competenza, provvedendo alla manutenzione ordinaria e straordinaria delle zone. A cominciare proprio dalle mura magistrali, già ripulite in diverse occasioni e tutt'ora conservate. Lo stesso avverrà con il forte Santa Caterina, che sarà affidato in gestione alla circoscrizioni Quinta (Borgo Roma, Cadidavid) e Settima (San Michele, Porto San Pancrazio) e appunto con l'ultimo arrivato, il forte Lugagnano. Enrico Giardini
Gestire Forte Gisella? C'è già chi si fa avanti
L'Arena - 5 aprile 2011
I volontari dell'associazione impegnati nel trasloco - Verona. C'è già chi si fa avanti per gestire Forte Gisella dopo che l'associazione Santa Lucia ha deciso di chiudere l'attività dal 15 aprile, per mancanza di fondi. L'Amministrazione comunale ha già ricevuto proposte come quella del Centro turistico giovanile, della locale parrocchia e di un'associazione che organizza spettacoli, e le valuterà.
«Il Forte Gisella continuerà a vivere grazie al lavoro di organizzazioni che presenteranno un progetto, come aveva fatto cinque anni fa l'associazione Santa Lucia, che però ci ha comunicato il 7 febbraio scorso di non essere più in grado di gestirla. E non ha risposto al nostro invito a farsi da capofila ad altri gruppi per continuare l'attività, come accade in altri forti come il San Mattia e quello del Chievo», dice l'assessore al patrimonio Daniele Polato.
L'esponente della Giunta replica così agli appunti rivolti al Comune ieri, sul nostro giornale, in particolare dal dirigente degli istituti comprensivi di Santa Lucia e Golosine, Raffaele Piccinato, e da Alessandro Nobis, dell'associazione Musica acustica, già organizzatori di manifestazioni all'interno del forte. Piccinato si rammarica della sospensione dell'attività e teme che assegnare a vari gruppi il forte possa portare, un domani, a non renderlo più fruibile dalla collettività. E contesta che su cultura e scuola il Comune non investa, ma tagli. Nobis, invece, teme che ora il forte possa morire di degrado, come Forte Lugagnano. Polato ricorda che l'associazione Santa Lucia, presieduta da Igino Mengalli, era stata l'unica a presentare una proposta di gestione di Forte Gisella al bando di gara indetto il 27 settembre 2006 e poi assegnato il 28 febbraio 2007 dall'Amministrazione Zanotto. E mostra il progetto presentato a suo tempo dall'associazione che si impegnava a svolgere, nell'arco di 11 trienni (cioè 33 anni, ma con convenzione da rinnovare ogni tre) lavori per circa cinque milioni.
«Il Comune non dà e non darà mai un euro ad associazioni che gestiscono i forti ed edifici comunali», dice, «ma dà loro solo spazi in uso, che i gruppi debbono provvedere a gestire con risorse proprie», precisa Polato, «e se chi ha vinto il bando non ci riesce più, non è colpa nostra. Comunque, il Forte Gisella continuerà a vivere e non cadrà certo nel degrado, che peraltro non appartiene ad altri forti come Chievo, dove a giugno ci sarà una festa di tutti i gruppi, e il San Mattia, ripulito dopo decenni da questa amministrazione, ben gestiti da numerose associazioni guidate da una capofila».
Il Forte Lugagnano avvolto da sporcizia e degrado? «Quel forte, come altri, è dello Stato e quando ci verrà assegnato con il federalismo demaniale», conclude Polato, «sarà messo a posto come gli altri e come il bastione di via Torbido, da noi ripulito». Enrico Giardini
Il prefetto Ennio Mario Sodano visita l'ex base di Bagnoli
Da Il Mattino di Padova - 5 aprile 2011
Il prefetto Ennio Mario Sodano in sopralluogo all'ex caserma di Bagnoli di Sopra, insieme all'attuale comandante dell'aeronautica di Padova. Una visita segreta e per questo fissata di domenica, al riparo da sguardi indiscreti. La notizia però si è sparsa rapidamente nell'ambiente delle forze dell'ordine e anche se non è ancora stato reso noto il sito individuato dal ministero dell'Interno per accogliere gli immigrati, le "quotazioni" della base di Bagnoli sembrano in leggero rialzo rispetto a quelle della Romagnoli. Il prefetto non conferma e non smentisce: «Mi dispiace ma su questo argomento non voglio parlare», ha ripetuto anche ieri Ennio Mario Sodano. Da due anni e mezzo l'ex caserma immersa nella campagna di San Siro di Bagnoli è chiusa. Quella che per mezzo secolo è stata la base dell'8 Gruppo Intercettori Teleguidati dell'Aeronautica Militare, con tanto di radar e postazioni di lancio dei missili, oggi è una vasta area in disuso. Nei quasi 80 mila metri quadrati dell'area logistica, dove vivevano oltre duecento militari, ci sono edifici sigillati, usati per alcuni mesi dopo la chiusura nel 2008, come magazzino e in seguito svuotati. Un paio di chilometri più a sud la zona lancio di 163 mila metri quadrati: qui cerano gli hangar, i radar e i missili, ora non c'è più nulla. Già in passato il sito era venuto alla ribalta quando si stava cercando il luogo per il Cie, il centro di identificazione ed espulsione nel Veneto, poi individuato in una ex caserma del veronese. di Enrico Ferro
«Un gioiello da non perdere» Ultima difesa a Forte Gisella
L'Arena - 4 aprile 2011
Scolaresche a Forte Gisella per un corso su flora e fauna - Verona. Continua a far discutere il «caso Forte Gisella». In particolare dal mondo della scuola, ma non solo, si registrano reazioni in merito alla vicenda. Come è noto, dal prossimo 15 aprile l'associazione Santa Lucia per mancanza di fondi è costretta a chiudere l'attività al Forte, monumento nazionale, di proprietà del Comune dal 1972. Ciò ha destato stupore, tristezza e preoccupazione.
Raffaele Piccinato, dirigente scolastico degli Istituti comprensivi 5 e 12 (Santa Lucia e Golosine) giudica triste la notizia perché il complesso fortificato era diventato «una risorsa» per il territorio. «Da tre anni», afferma Piccinato, «organizziamo al Forte, in novembre, la corsa campestre dove partecipano i ragazzi delle scuole medie di Santa Lucia, Golosine e, quest'anno, anche di Borgo Roma. Forte Gisella è stato per noi un punto di riferimento. Classi della zona hanno usufruito delle passeggiate di carattere scientifico con esperti che hanno illustrato flora e fauna». Non basta. «In altre parti della città, forti analoghi sono diventati sede di tanti associazioni ma quando si ragiona in termini di condominio, ognuno pensa al suo appartamento e non all'insieme della struttura e alle aree comuni. Il problema è che il forte un domani si trasformi in qualcosa di non più fruibile dall'intera collettività, e questo sarebbe un po' tornare indietro rispetto alla filosofia che ha caratterizzato in questi anni questo tipo di struttura, gestita finora in modo ottimale con una grande capacità organizzativa».
Per Piccinato esiste un problema di finanziamento pubblico al settore della cultura: «Tutto ciò che è cultura e scuola in questi anni non è stato un campo di investimenti ma di risparmi».
«Sono molto triste perché un posto così bello le città limitrofe ce lo invidierebbero», sostiene Alessandro Nobis, dell'associazione Musica Acustica ed insegnante di matematica e scienze alla scuola media di Lugagnano. Nobis ha curato, nelle scorse edizioni, i Concerti Scaligeri al Forte dove ha anche portato le sue classi per alcune visite guidate: «Capisco la situazione di bilancio dell'amministrazione, però lasciar morire un posto così mi sembra veramente una cosa assurda. Per i concerti c'è un'acustica eccezionale e tutti coloro che vi hanno suonato sono rimasti sorpresi molto favorevolmente dalla bellezza del luogo. Se viene abbandonato, fra sei mesi ritorna com'era anni fa: una discarica». Il docente aggiunge: «Gli altri forti sono messi molto male: Forte Lugagnano dentro è una foresta, quindi inagibile. Forte Gisella non merita questa fine».
«Avevamo previsto di realizzare un evento poco dopo Pasquetta, organizzato dai giocatori veronesi ma abbiamo dovuto sospenderlo», ci comunica invece da Bollate (Milano) Alessandro Verga, presidente di Bollaverde Live, una delle maggiori associazioni di giochi di ruolo dal vivo che, a Forte Gisella, ha ambientato negli ultimi anni varie saghe fantasy così come hanno fatto anche altre realtà del genere come Grv Italia, Memento Mori, La Fenice e La Faraonica Progetti. «Il luogo è molto bello e adatto ad eventi di questo tipo», dichiara Verga che sostiene: «L'associazione Santa Lucia ha fatto rinascere il Forte attribuendogli anche un ruolo importante dal punto di vista culturale; noi pensiamo che un'amministrazione con una cultura del territorio dovrebbe salvaguardare le gemme che nasconde lo stesso territorio, che non sono solo l'Arena e il centro storico, ma bisogna fare attenzione anche a ciò che circonda Verona e appoggiare, nei limiti del possibile, le associazioni».
Infine, mercoledì 13 aprile il Corpo forestale dello stato farà conoscere flora e fauna del Forte a 184 studenti accompagnati da 15 insegnanti. M.S.
I Forti
austriaci
alla
Pescheria
Nuova
Da Rovigo 24ore -
1 aprile 2011
La ricerca è stata fatta dai ragazzi del
“Bernini” e ha prodotto una mostra
Un
ritorno al dominio austriaco con la mostra
sui Forti, promossa dal Comune, con
l’Archivio di Stato e l’istituto per
geometri “Bernini” di Rovigo. Fino al 9
aprile, la Pescheria Nuova ospiterà questo
allestimento che vuole ricordare uno degli
elementi principali di quel periodo, i Forti
appunto.
L’idea, come
ha spiegato l’assessore alla Toponomastica
Luigi Osti, è nata all’interno della
Commissione che si occupa di individuare le
intitolazioni alle nuove strade. Su
suggerimento del direttore dell’Archivio di
Stato Luigi Contegiacomo, alcune vie sono
state dedicate ai 4 Forti del periodo
austriaco (si trovavano zona Spianata, zona
Buso-Sarzano, località Roverdicré e area di
Urban-Labor), ma poi grazie alla preziosa
collaborazione con l’istituto per Geometri,
il progetto è proseguito fino alla
realizzazione della mostra.
“Si tratta di
un lavoro molto bello che testimonia ancora
una volta – ha detto Osti -, l’importanza
della collaborazione tra Comune e istituto
per Geometri, uno degli elementi importanti
che lega questa amministrazione alla nostra
comunità. Ringrazio la dirigente scolastica,
gli insegnanti, gli studenti e tutti i
collaboratori, per questo prezioso
risultato, con l’auspico che la nostra città
partecipi”. Curiosità e interesse sono nati
in seguito alle richieste di uno studioso
svizzero che nel ’93 contattò Contegiacomo
per avere informazioni sui Forti di Rovigo.
“Mi sembrò un
argomento da sviluppare – ha detto
Contegiacomo -, perché si era persa la
memoria di questa parte di storia e il
recupero è fondamentale”. Il lavoro degli
studenti, come ha sottolineato la dirigente
scolastica Marilena Moscardini, rientra
nella proposta formativa della scuola che
punta anche ad avere più collaborazioni con
enti e istituzioni del territorio. “E’
importante che gli studenti escano
dall’aula, avendo occasioni professionali
diverse”. Le classi coinvolte sono due, ma
all’iniziativa sono state invitate tutte le
scuole della Provincia.
I dettagli
del lavoro sono stati illustrati dalla
docente Silvia Zennaro che ha seguito il
progetto. La ricerca è partita dai documenti
recuperati, tra questi un libro dell’allora
sovrintendente dei Forti a Rovigo Daniel
Salis Soglio, sono stati coinvolti anche gli
archivi di Vienna, e riguarda il periodo che
va dalla progettazione dei Forti fino alla
loro esplosione ad opera degli austriaci,
nel 1866. La ricerca si chiude con un
approfondimento sul modo di comunicare tra
loro, ossia con telegrafo ottico. I forti
erano 4 e avevano un diametro tra i 60, il
più grande, e i 50 metri.
L’inaugurazione della mostra è prevista
mercoledì 30 marzo alle ore 9 in Pescheria
nuova. I ragazzi partiranno da scuola alle
8.30, accompagnati da 4 figuranti in abiti
austriaci e da 3 militari, al suono di un
tamburo. La mostra resterà aperta fino al 9
aprile con i seguenti orari:
9-12.30/17-19.30.
«La Rocca? E' un gioiello
intoccabile»
L'Arena - 01 aprile 2011
Il complesso della Caserma La Rocca, di cui il Comune
intende mantenere la proprietà per destinarla a servizi e
come attrattore turistico
Peschiera. C'è un utilizzo di tipo
turistico, recettivo misto a servizi, nel futuro del compendio
della caserma La Rocca di Peschiera del Garda: uno dei gioielli
dell'importante patrimonio architettonico lasciato in eredità
dalla storia alla cittadina arilicense che ha riscosso grande
successo nelle «Giornate di primavera» organizzate lo scorso
fine settimana dal Fondo per l'ambiente italiano (Fai). La
conferma dell'interesse dell'amministrazione comunale e del
lavoro intrapreso da questa con il Demanio per la conservazione
del bene a favore della comunità arriva dal sindaco Umberto
Chincarini che illustra anche le possibili diverse destinazioni
degli edifici del complesso.
«Tra le ipotesi c'è quella di prevedere nell'ala a destra del
cancello di ingresso degli alloggi a favore di un turismo di
tipo giovanile e universitario con una gestione che potrebbe
essere mista insieme al privato», spiega Chincarini. «L'ala a
sinistra potrebbe invece essere destinata a sede delle
associazioni e delle realtà ospitate ad esempio ancora adesso
nel Padiglione Grandi ufficiali: il circolo pensionati, il Museo
della pesca. Infine resterebbe al Comune la Rocchetta, ovvero
l'area più antica su cui sorgeva il castello scaligero inglobato
dal "Cavaliere" la successiva costruzione militare veneziana con
i resti della torre marmorea la cui costruzione risale al 1190:
certamente il luogo più suggestivo di Peschiera, che conserva le
tracce dei diversi passaggi della storia e che ci piacerebbe
veder restaurato e recuperato come monumento che, abbiamo visto
anche con le giornate del Fai, non potrebbe che incrementare
l'interesse turistico».
Il possibile progetto include anche il cortile interno della
Rocca per cui «la Soprintendenza ha escluso qualsiasi
possibilità di copertura, inclusi gazebo o ombrelloni. Una volta
abbattuto il cancello che separa la piazza Ferdinando di Savoia,
o piazza d'Armi, dalla Rocca il cortile potrebbe essere
sistemato e utilizzato in estate, vista l'acustica ottimale, per
ospitare concerti. E poiché gli eventuali affidamenti in
concessione riguarderebbero comunque gli interni mentre
l'esterno resterebbe a noi, si potrebbero realizzare dei
percorsi sui bastioni che inglobano la struttura e renderli
fruibili anche ai portatori d'handicap. E la gestione di queste
cose potremmo affidarla ad associazioni locali come "La
compagnia del morbo", pensando ai suoi fondatori, o a "Il
Pentagono" che da anni si interessano alla valorizzazione del
territorio».
Chincarini si sofferma anche sul futuro della caserma XXX
Maggio, l'ex carcere militare, e del Padiglione Grandi
ufficiali: anche questi edifici che fanno parte dell'ex fortezza
austriaca e ora del centro storico oggetto, come la caserma La
Rocca, del protocollo d'intesa sottoscritto dal Comune con
l'Agenzia del Demanio e il ministero dell'Economia e delle
finanze. Per questi lo stesso Demanio ha suggerito una
destinazione turistico-recettiva o per servizi per la XXX Maggio
e residenziale-commerciale per il Padiglione.
«Al di là delle destinazioni, cui credo acconsentiremo se la
Soprintendenza è d'accordo», sottolinea il sindaco, «il dato
certo è che noi lavoriamo per tenere La Rocca ma non questi
altri immobili: e questo perché non è possibile, viste le
risorse a disposizione e la situazione economica attuale. Chi
dice il contrario, cioè che il Comune dovrebbe tenere tutti
questi immobili, mente sapendo di mentire. Un ente locale non
può permettersi mantenimento e gestione di un simile patrimonio:
non si possono fare assunzioni di società esterne per cui o ci
sono molti volontari che aiutano o bisogna ricorrere ai privati
con patti chiari. Anche il progetto di utilizzare queste
strutture per una cittadella universitaria è praticamente
impossibile: io stesso ho avuto un colloquio con tecnici
dell'ateneo scaligero e mi è parso chiaro che non ci sia la
minima intenzione di aprire sedi fuori Verona». Giuditta
Bolognesi
Federalismo demaniale Pieve potrà
richiedere due dei suoi siti simbolo
Corriere delle Alpi - 1 aprile 2011
PIEVE DI CADORE. Sono due i siti che, grazie al decreto sul federalismo
demaniale, potranno essere richiesti dal Comune di Pieve: il deposito di
munizioni di monte Zucco e il deposito carburanti de La "Madoneta". Lo stesso
decreto stabilisce anche che la caserma "Pietro Fortunato Calvi", il deposito
materiali di via Manzago di Tai e il deposito-officina de "La Madoneta" (di
fianco al deposito carburanti), non potranno essere richiesti in quanto
considerati «strutture militari non cedibili» perché «strategiche».
Suscita
perplessità il mancato inserimento tra i beni richiedibili del deposito
materiali che si trova all'inizio della strada che porta all'ex deposito
munizioni ed al forte di Col Vaccher. Lo stesso dicasi per la mancata
concessione dei grandi capannoni che si trovano nella zona del bivio di Nebbiù
in quanto, pur essendo ancora custoditi da un ex sottufficiale, sono da anni
vuoti ed inutilizzati. Importante, invece, la possibilità di ottenere
gratuitamente dal ministero il deposito carburanti. «Ci aspettavamo anche i
capannoni e l'officina», ha commentato il sindaco Ciotti,«ma siamo ugualmente
contenti perché potremo finalmente dare il via ad alcuni progetti importanti,
tipo la casa di riposo, e realizzare il progetto per avere nel nostro comune un
distaccamento Gdf.
Gli immobili ci sono e sono in buone condizioni. Pertanto
auspichiamo che in tempi brevi si possa avere un centro operativo delle Fiamme
Gialle, forse anche attrezzato con cani antidroga. Per i capannoni, considerato
che appartengono al IV Corpo d'Armata di Bolzano, cercheremo di prenderli in
affitto per utilizzarli come officina comunale. Spero proprio di poterli
ottenere, anche considerando il fatto che stanno degradando; il Comune,
utilizzandoli, fermerebbe il degrado». (v.d.)
«Idee chiare per
il Forte di Cadine»
Nardelli (Pd) interroga sulla
destinazione (dubbia) della struttura
Trentino — 1 aprile 2011
TRENTO. Dopo la pubblicazione sul Trentino della notizia relativa
all'«abbandono» del Forte di Cadine - fortezza di origine austrungarica, da
molti anni in fase di ristrutturazione da parte della Provincia e per la quale
l'assessorato alla cultura ha deciso un futuro meno «nobile» di quello
inizialmente previsto - il consigliere del Pd Michele Nardelli ha deciso di
presentare una interrogazione al presidente della giunta per chiedere
spiegazioni sul futuro del Forte. Dopo aver ricostruito nel dettaglio la storia
del Forte di Cadine, Nardelli ha ricordato che ad un certo punto la necessità di
costruire un articolato sistema di fortificazioni si. «Dal 1860, proprio a
partire da Cadine, attorno a Trento fu costruita una possente serie di
fortificazioni che nel 1914 arrivò a contare 25 fra forti e blokhaus. Nel 2003
all'interno del Progetto Grande Guerra, coordinato dal Servizio Beni Culturali
della Provincia autonoma di Trento assieme al Museo Storico Italiano della
Guerra di Rovereto, si individuò nel Forte di Cadine la struttura dove collocare
il Centro d'Informazione delle fortificazioni trentine e se ne iniziò il
conseguente restauro. Recenti prese di posizione dell'Assessore Panizza hanno
però fatto capire in modo esplicito che il Forte di Cadine non svolgerà più
l'originaria funzione assegnatagli, ma che in tale struttura potrebbero trovare
forme alternative di utilizzo, solo parzialmente e approssimativamente
individuate. Considerando che il tema della guerra - in tutta la sua tragica
attualità - richiede occasioni di narrazione ed elaborazione che potrebbero
trovare in queste fortificazioni i luoghi simbolici per una diffusa pedagogia
della pace, chiedo alla Giunta provinciale quali siano, allo stato attuale, le
idee per un utilizzo efficace e creativo del Forte».
QUELLA
PORTAEREI, DI NOME SICILIA
Da peacelink.it del 31 marzo 2011
I
marines di Sigonella, l’aviazione italiana di Trapani, i depositi di munizioni
di Augusta, gli hangar di Pantelleria e i centri radar e logistici sparsi per
l’isola. Ecco le infrastrutture e le armi usate nelle operazioni militari in
Libia.
Tre scali aerei, i porti, numerose
postazioni radar, depositi di munizioni e carburante. Il conflitto scatenato
contro la Libia ha trasformato la Sicilia in un’immensa portaerei da dove
decollano 24 ore al giorno i caccia e gli aerei-spia della variegata coalizione
multinazionale anti- heddafi. Il cuore di buona parte dei raid pulsa tra le
decine di comandi ospitati a Sigonella, alle porte di Catania, la principale
stazione aeronavale delle forze armate statunitensi nel Mediterraneo. A
Sigonella vivono quasi 5.000 marines che hanno combattuto negli scacchieri di
guerra mediorientali e africani, nei Balcani e in Caucaso. Dal 2004 ospita il
Combined Task Force 67, il comando che sovrintende alle operazioni delle forze
aeree della Marina USA, come i cacciaintercettori F-15, i pattugliatori
marittimi P3-C “Orion”, i velivoli di sorveglianza elettronica EP-3E e per il
rilevamento dei segnali radar EA-18G “Growlers”, questi ultimi determinanti per
annientare le postazioni della contraerea libica. Lo scalo offre il supporto
tecnico-logistico e il rifornimento munizioni e carburante agli aerei a decollo
verticale V-22 “Ospreys” e agli elicotteri d’assalto CH-46 “Sea Knight” e CH-53E
“Super Stallion” del Corpo dei marines, imbarcati sulle unità che assediano la
costa nordafricana, e ai 15 cacciabombardieri F-15, F-16 e B-2 (gli “aerei
invisibili”) che l’US Air Force ha trasferito nel Canale di Sicilia. Da
Sigonella partono anche gli aerei cisterna KC-130 e KC-135 utilizzati per il
rifornimento in volo dei velivoli impegnati nei raid. Oltre ai mezzi
statunitensi, dalla base sono operativi sei caccia F-16 dell’aeronautica danesi,
a cui potrebbero aggiungersi gli intercettori di Canada, Norvegia e Spagna.
Coinvolti nella missione in Libia sono infine i reparti USA schierati
stabilmente a Sigonella, come l’Helicopter Combat Support Squadron HC-4, il
Fleet Logistic Support Squadron VR-24 e il 25° Squadrone Antisommergibile della
US Navy. Un cocktail di strumenti di morte a cui l’aeronautica militare italiana
non fa mancare il suo contributo: a nove pattugliatori “Atlantic” del 41° Storno
antisommergibile è stato affidato infatti il controllo dello spazio aereo e
marittimo prospiciente del Mediterraneo centrale. La cosiddetta operazione
Odissey Dawn ha però il pregio di offrire una concreta opportunità per
sperimentare sul campo i nuovi aerei senza pilota UAV “Global Hawk” che l’US Air
Force ha iniziato a dislocare a Sigonella nell’ottobre 2010 in vista della sua
trasformazione in “capitale internazionale” dei giganteschi aerei utilizzati per
lo spionaggio e la direzione degli attacchi, convenzionali e nucleari, contro
ogni possibile obiettivo nemico in Europa, Asia ed Africa. Stando ai piani del
Pentagono, nella base siciliana dovrebbe operare entro il 2012 un plotone di 4-5
“Global Hawk”, mentre altri 5 velivoli UAV potrebbero essere assegnati entro
anche ai reparti della Marina USA presenti in Sicilia. A questo fine si sta
realizzando un enorme complesso per la manutenzione dei “Global Hawk”, un
programma considerato “strategico” dal Dipartimento della difesa, e i cui lavori
multimilionari sono stati appaltati alla CMC di Ravenna (Legacoop). La NATO, da
parte sua, nel febbraio 2009, ha scelto la stazione aeronavale quale “principale
base operativa” dell’Alliance Ground Surveillance – AGS, il nuovo sistema di
sorveglianza terrestre dell’Alleanza Atlantica. Entro il 2014, giungeranno a
Sigonella 800 militari, sei velivoli “Global Hawk” di ultima generazione e le
stazioni fisse e trasportabili progettate per supportare il dispiegamento in
tempi rapidissimi e in qualsiasi scacchiere internazionale delle unità
terrestri, aeree e navali della Forza di Risposta (NRF) della NATO. Scalo di
dimensioni più ridotte ma di uguale importanza strategica per la guerra alla
Libia è quello di Trapani-Birgi. Sede dal 1984 ospita della NATO Airborne Early
Warning and Control Force dotata dei velivoli radar Awacs, Trapani-Birgi ospita
i cacciabombardieri F-16 del 37° Stormo dell’Aeronautica militare italiana,
disponibili per le intercettazioni aeree e il bombardamento di obiettivi
terrestri. È in questo scalo che il ministro della difesa La Russa ha fatto
confluire i “gioielli” di morte destinati al fronte libico: quattro caccia
“Tornado” del 50° Stormo di Piacenza nella versione Ecr (specializzati nella
guerra elettronica e nella distruzione delle difese aeree), e due “Tornado” Ids
del 6° Stormo di Ghedi per il rifornimento in volo e/o l’attacco contro target
terrestri. A secondo della missione, i “Tornado” possono essere armati con i
missili “anti-radar” Agm-88 Harm, con gli aria-aria Aim-9 e con gli aria-suolo “Storm
Shadow”, questi ultimi con caratteristiche Stealth, una testata esplosiva
perforante in grado di distruggere bunker protetti ed una gittata di circa 500
km. A Trapani sono pure atterrati i caccia supersonici Eurofighter 2000
“Typhoon” del 4° Stormo di Grosseto, velivoli con una bassa superficie
riflettente al radar e forniti di missili aria-aria a guida infrarossa
“DiehIris” per l’attacco ravvicinato ed Aim 120 per bersagli a 40 km di
distanza. Completano lo schieramento quattro cacciabombardieri F-18
dell’aeronautica militare canadese, tra i più impegnati nei bombardamenti. Tutti
i velivoli della coalizione possono utilizzare in qualsiasi momento le due piste
di volo e il mega-hangar “Pier Luigi Nervi” ricavato all’interno di una collina
dell’isola di Pantelleria - la postazione più avanzata di Odissey Dawn - capace
di ospitare sino ad una cinquantina di aerei da guerra. Nello scalo sono stati
completati di recente i lavori di ampliamento delle piste e di ristrutturazione
dell’aerostazione che ha assunto un ruolo chiave nelle attività anti-migranti.
D’importanza strategica pure alcuni impianti radar disseminati in Sicilia, a
partire dal centro di Mezzogregorio (Siracusa), a cui è assegnato il compito di
elaborare le informazioni raccolte da aerei, unità navali e dalle squadriglie
radar dell’Ami presenti nell’isola di Lampedusa e a Marsala. I dati vengono poi
trasferiti al Comando operativo delle forze aeree (COFA) di Poggio Renatico
(Ferrara), il più grande centro di intelligence delle forze armate in Italia. Il
Dipartimento della difesa USA può contare invece sui sofisticati sistemi di
telecomunicazione di Sigonella e sulla stazione di Niscemi (Caltanissetta), dove
sorgono una quarantina di antenne a bassissima frequenza per la trasmissione
degli ordini di attacco ai sottomarini a propulsione nucleare. Tre di questi, in
immersione nel Mediterraneo, hanno già lanciato contro la Libia decine di
missili da crociera “Tomahawk” contenenti al proprio interno uranio impoverito.
La centralità di Niscemi nell’assetto delle comunicazioni belliche è destinato a
crescere: la base è stata prescelta per ospitare una delle quattro stazioni
mondiali del nuovo sistema di telecomunicazione satellitare USA, il cosiddetto “MUOS”,
la cui emissione di microonde comporterà insostenibili rischi per la salute e la
sicurezza della popolazione locale. Ad assicurare le operazioni di rifornimento
delle navi da guerra e dei sottomarini statunitensi, italiani e dei paesi
partner è la base navale di Augusta (Siracusa), in una delle aree a più alto
rischio ambientale d’Italia per la presenza di raffinerie, industrie chimiche,
depositi di armi, ecc.. Augusta è classificata in ambito militare quale NATO
facility ed è utilizzata dall’Alleanza atlantica e dalla VI Flotta USA per lo
stoccaggio delle munizioni e deposito POL (petrolio, nafta e lubrificanti).
Decine di elicotteri da trasporto fanno da ponte con la vicina base Sigonella,
sorvolando popolati centri urbani. I morti di questa guerra sono invisibili. Gli
angeli sterminatori, no. Tre scali aerei, i porti, numerose postazioni radar,
depositi di munizioni e carburante. Il conflitto scatenato contro la Libia ha
trasformato la Sicilia in un’immensa portaerei da dove decollano 24 ore al
giorno i caccia e gli aerei-spia della variegata coalizione multinazionale
anti-Gheddafi. Il cuore di buona parte dei raid pulsa tra le decine di comandi
ospitati a Sigonella, alle porte di Catania, la principale stazione aeronavale
delle forze armate statunitensi nel Mediterraneo. A Sigonella vivono quasi 5.000
marines che hanno combattuto negli scacchieri di guerra mediorientali e
africani, nei Balcani e in Caucaso. Dal 2004 ospita il Combined Task Force 67,
il comando che sovrintende alle operazioni delle forze aeree della Marina USA,
come i cacciaintercettori F-15, i pattugliatori marittimi P3-C “Orion”, i
velivoli di sorveglianza elettronica EP-3E e per il rilevamento dei segnali
radar EA-18G “Growlers”, questi ultimi determinanti per annientare le postazioni
della contraerea libica. Lo scalo offre il supporto tecnico-logistico e il
rifornimento munizioni e carburante agli aerei a decollo verticale V-22
“Ospreys” e agli elicotteri d’assalto CH-46 “Sea Knight” e CH-53E “Super
Stallion” del Corpo dei marines, imbarcati sulle unità che assediano la costa
nordafricana, e ai 15 cacciabombardieri F-15, F-16 e B-2 (gli “aerei
invisibili”) che l’US Air Force ha trasferito nel Canale di Sicilia. Da
Sigonella partono anche gli aerei cisterna KC-130 e KC-135 utilizzati per il
rifornimento in volo dei velivoli impegnati nei raid. Oltre ai mezzi
statunitensi, dalla base sono operativi sei caccia F-16 dell’aeronautica danesi,
a cui potrebbero aggiungersi gli intercettori di Canada, Norvegia e Spagna.
Coinvolti nella missione in Libia sono infine i reparti USA schierati
stabilmente a Sigonella, come l’Helicopter Combat Support Squadron HC-4, il
Fleet Logistic Support Squadron VR-24 e il 25° Squadrone Antisommergibile della
US Navy. Un cocktail di strumenti di morte a cui l’aeronautica militare italiana
non fa mancare il suo contributo: a nove pattugliatori “Atlantic” del 41° Storno
antisommergibile è stato affidato infatti il controllo dello spazio aereo e
marittimo prospiciente del Mediterraneo centrale. La cosiddetta operazione
Odissey Dawn ha però il pregio di offrire una concreta opportunità per
sperimentare sul campo i nuovi aerei senza pilota UAV “Global Hawk” che l’US Air
Force ha iniziato a dislocare a Sigonella nell’ottobre 2010 in vista della sua
trasformazione in “capitale internazionale” dei giganteschi aerei utilizzati per
lo spionaggio e la direzione degli attacchi, convenzionali e nucleari, contro
ogni possibile obiettivo nemico in Europa, Asia ed Africa. Stando ai piani del
Pentagono, nella base siciliana dovrebbe operare entro il 2012 un plotone di 4-5
“Global Hawk”, mentre altri 5 velivoli UAV potrebbero essere assegnati entro
anche ai reparti della Marina USA presenti in Sicilia. A questo fine si sta
realizzando un enorme complesso per la manutenzione dei “Global Hawk”, un
programma considerato “strategico” dal Dipartimento della difesa, e i cui lavori
multimilionari sono stati appaltati alla CMC di Ravenna (Legacoop). La NATO, da
parte sua, nel febbraio 2009, ha scelto la stazione aeronavale quale “principale
base operativa” dell’Alliance Ground Surveillance – AGS, il nuovo sistema di
sorveglianza terrestre dell’Alleanza Atlantica. Entro il 2014, giungeranno a
Sigonella 800 militari, sei velivoli “Global Hawk” di ultima generazione e le
stazioni fisse e trasportabili progettate per supportare il dispiegamento in
tempi rapidissimi e in qualsiasi scacchiere internazionale delle unità
terrestri, aeree e navali della Forza di Risposta (NRF) della NATO. Scalo di
dimensioni più ridotte ma di uguale importanza strategica per la guerra alla
Libia è quello di Trapani-Birgi. Sede dal 1984 ospita della NATO Airborne Early
Warning and Control Force dotata dei velivoli radar Awacs, Trapani-Birgi ospita
i cacciabombardieri F-16 del 37° Stormo dell’Aeronautica militare italiana,
disponibili per le intercettazioni aeree e il bombardamento di obiettivi
terrestri. È in questo scalo che il ministro della difesa La Russa ha fatto
confluire i “gioielli” di morte destinati al fronte libico: quattro caccia
“Tornado” del 50° Stormo di Piacenza nella versione Ecr (specializzati nella
guerra elettronica e nella distruzione delle difese aeree), e due “Tornado” Ids
del 6° Stormo di Ghedi per il rifornimento in volo e/o l’attacco contro target
terrestri. A secondo della missione, i “Tornado” possono essere armati con i
missili “anti-radar” Agm-88 Harm, con gli aria-aria Aim-9 e con gli aria-suolo
“Storm Shadow”, questi ultimi con caratteristiche Stealth, una testata esplosiva
perforante in grado di distruggere bunker protetti ed una gittata di circa 500
km. A Trapani sono pure atterrati i caccia supersonici Eurofighter 2000
“Typhoon” del 4° Stormo di Grosseto, velivoli con una bassa superficie
riflettente al radar e forniti di missili aria- ria a guida infrarossa
“DiehIris” per l’attacco ravvicinato ed Aim 120 per bersagli a 40 km di
distanza. Completano lo schieramento quattro cacciabombardieri F-18
dell’aeronautica militare canadese, tra i più impegnati nei bombardamenti. Tutti
i velivoli della coalizione possono utilizzare in qualsiasi momento le due piste
di volo e il mega-hangar “Pier Luigi Nervi” ricavato all’interno di una collina
dell’isola di Pantelleria - la postazione più avanzata di Odissey Dawn - capace
di ospitare sino ad una cinquantina di aerei da guerra. Nello scalo sono stati
completati di recente i lavori di ampliamento delle piste e di ristrutturazione
dell’aerostazione che ha assunto un ruolo chiave nelle attività anti-migranti.
D’importanza strategica pure alcuni impianti radar disseminati in Sicilia, a
partire dal centro di Mezzogregorio (Siracusa), a cui è assegnato il compito di
elaborare le informazioni raccolte da aerei, unità navali e dalle squadriglie
radar dell’Ami presenti nell’isola di Lampedusa e a Marsala. I dati vengono poi
trasferiti al Comando operativo delle forze aeree (COFA) di Poggio Renatico
(Ferrara), il più grande centro di intelligence delle forze armate in Italia. Il
Dipartimento della difesa USA può contare invece sui sofisticati sistemi di
telecomunicazione di Sigonella e sulla stazione di Niscemi (Caltanissetta), dove
sorgono una quarantina di antenne a bassissima frequenza per la trasmissione
degli ordini di attacco ai sottomarini a propulsione nucleare. Tre di questi, in
immersione nel Mediterraneo, hanno già lanciato contro la Libia decine di
missili da crociera “Tomahawk” contenenti al proprio interno uranio impoverito.
La centralità di Niscemi nell’assetto delle comunicazioni belliche è destinato a
crescere: la base è stata prescelta per ospitare una delle quattro stazioni
mondiali del nuovo sistema di telecomunicazione satellitare USA, il cosiddetto “MUOS”,
la cui emissione di microonde comporterà insostenibili rischi per la salute e la
sicurezza della popolazione locale. Ad assicurare le operazioni di rifornimento
delle navi da guerra e dei sottomarini statunitensi, italiani e dei paesi
partner è la base navale di Augusta (Siracusa), in una delle aree a più alto
rischio ambientale d’Italia per la presenza di raffinerie, industrie chimiche,
depositi di armi, ecc.. Augusta è classificata in ambito militare quale NATO
facility ed è utilizzata dall’Alleanza atlantica e dalla VI Flotta USA per lo
stoccaggio delle munizioni e deposito POL (petrolio, nafta e lubrificanti).
Decine di elicotteri da trasporto fanno da ponte con la vicina base Sigonella,
sorvolando popolati centri urbani. I morti di questa guerra sono invisibili. Gli
angeli sterminatori, no.
«A Forte
Tron le visite guidate»
La Nuova Venezia - 31 marzo 2011
MARGHERA. Anche quest'anno
Forte Tron a Ca' Sabbioni rischia di restare chiuso per la maggior parte del
tempo, anche se il delegato all'Urbanistica della Municipalità, Donatella
Marello, annuncia il ritorno delle aperture mirate con le visite guidate. «Non
ne possiamo più - sbotta Nilo Dal Molin ex consigliere di Municipalità - Forte
Tron è tornato nell'incuria più totale. Gli incivili, vedendo che non viene
utilizzato, hanno continuato a scaricare immondizia ai lati dei fossati.
Chiediamo al Comune e alla Municipalità di sapere quando questa struttura aprirà
al pubblico in modo che non diventi per Ca' Sabbioni, il luogo del degrado». La
storia di Forte Tron è emblematica. Postazione difensiva nata a ridosso degli
anni '80 del 1800, gemello dei Gazzera e Carpenedo, si estende su un'area di 12
ettari. Come tutto il campo trincerato di Mestre, si dimostrò di fatto obsoleto
già nel 1915. La storia più recente vede il forte, ancora proprietà del demanio
militare, punto di riferimento per un progetto paesaggistico della Provincia,
con l'area gestita dalla cooperativa Limosa. Un'idea che funzionava, tanto che
il forte era diventato per un decennio meta fissa per le visite di scuole di
tutta la provincia. Ma con la bonifica dei reperti bellici cominciata 4 anni fa
il processo si è interrotto. E sono tornate le immondizie. Dal delegato
all'urbanistica Marello arriva una buona notizia «Certo - dice - il forte non
potrà restare aperto in continuazione, ma grazie a un accordo fatto con la
cooperativa Limosa a breve saranno possibili di nuovo visite guidate». (a.ab.)
Nei cunicoli
del Forte di Pietole con gli speleologi
31 marzo 2011 — pagina 43 sezione: Cultura e Spettacoli Gazzetta di Mantova
Il
forte di Pietole, il più grande d’Europa, napoleonico, poi austriaco, bellissimo
e intricato, riapre sabato e domenica grazie a Camper solidale ed Exploring
Academy. Sabato mattina visita di due ore, domenica invece giornata intera con
esplorazione delle aree esterne e dei mille cunicoli guidata dagli speleologi
che hanno ripulito e riaperto antichi percorsi militari. Pranzo al sacco a cura
dei partecipanti. Per la visita al Forte è raccomandato un abbigliamento
sportivo, scarponcini con suola antiscivolo e torcia elettrica. Bisogna
prenotare perché nel Forte non si può entrare in troppi: 333 2954698. Il ritrovo
è in via Argine Mincio alle 9.30 per l’escursione breve (costo per i non soci 5
euro) e alle 8.30 per quella di domenica (10 euro). Entro oggi bisogna poi
prenotare per partecipare al ciclo tour di domenica ‘Sulle colline del
Risorgimento’, tra Volta Mantova e Cavriana con visite guidate a Palazzo Gonzaga
e Villa Mirra, dimore che ospirarono i quartier generali degli eserciti.
Organizzano le Guide Virginio e ci sarà uno storico locale. Alla fine
degustazione di prodotti tipici. Prenotazioni: 349 6614919.
di Donatella
Sini
Torre al
buio per una notte intera
- «Earth
Hour» a Castelsardo: le luci si spengono per
salvare l'ambiente
La Nuova Sardegna - 26 marzo 2011
CASTELSARDO. Oggi il comune di Castelsardo aderisce a «Earth
Hour 2011», campagna organizzata dal Wwf per la lotta ai
cambiamenti climatici e per la salvaguardia del Pianeta. La
campagna è partita nel 2007 da Sidney che si spense per
un'ora. Il gesto fece il giro del mondo, dando vita ad un
vero e proprio "movimento".
«Earth Hour»
è diventano in poco tempo un impegno globale tanto che nel
2008 riesce a coinvolgere 370 città con 50 milioni di click
dell' interruttore di spegnimento. Nel 2009 milioni di
persone fanno di Earth Hour un fenomeno planetario,
aderiscono 3929 città di 88 paesi che documentano l'evento
con video e foto da tutto il mondo. In Italia quell'anno si
spegne la Fontana di Trevi, la Torre di Pisa, la Mole
Antonelliana e la Valle dei Templi di Agrigento mentre
partecipano all Ora della Terra oltre 140 comuni. Duecento
sono a tutt'oggi le imprese italiane impegnate nell'evento,
decine le organizzazioni che, con speciali iniziative,
rigorosamente al buio, danno il loro contributo per la
salvaguardia del nostro pianeta. L'ultima edizione dell'Ora
della Terra ha visto milioni di persone in oltre 4.000 città
di 128 paesi aderire all'iniziativa spegnendo le luci per
un'ora intera. A Castelsardo, simbolicamente si spegnerà,
per tutta la notte di sabato e non solo per un'ora, la Torre
di Frigiano, uno dei nostri monumenti simbolo. Costruita
nella seconda metà delXVI secolo dagli Spagnoli, la torre
aveva funzioni di guardia delle calette sottostanti alla
piazzaforte, a protezione dalle incursioni dei Saraceni e
dei Barbareschi che avevano devastato il territorio per
tutta la prima metà del'500. Fu successivamente dismessa dai
piemontesi perché considerata di poco valore difensivo per
la città. «Dispiace constatare che, a tutt'oggi, solo
Castelsardo e Sassari hanno aderito in Sardegna, come si può
verificare dal sito ufficiale della manifestazione
www.wwf.it/oradellaterra - afferma l'assessore all'Ambiente
Roberto Fiori - perchè Earth Hour è un impegno che non si
limita al solo spegnimento della luce, ma alla scelta di uno
stile di vita quotidiano all'insegna del risparmio
energetico nel pieno rispetto del nostro pianeta».
Palizzata davanti al Forte Mezzacapo
Stop al parcheggio selvaggio e alle
gare di auto
La Nuova Venezia - 23 marzo 2011
ZELARINO. Stop al parcheggio selvaggio o alle gare notturne di jeep. Da ieri
l'area antistante al Forte Mezzacapo (nella foto) è recintata con una
staccionata di legno riciclato.
I volontari dell'associazione «Dalla Guerra alla
Pace», che gestiscono l'ex struttura militare, si sono rimboccati le maniche e
hanno portato a termine un lavoro pensato per salvaguardare l'ingresso del forte
e per mantenere intatto uno spazio che verrà utilizzato come parcheggio dagli
ospiti di Mezzacapo per un programma «primavera-estate» che si annuncia
scoppiettante. Questo, infatti, è l'anno della definitiva consacrazione di una
struttura che si propone come punto di incontro non solo per i residenti della
zona di Zelarino, ma per tutti i cittadini della terraferma veneziana.
«Abbiamo
posizionato una palizzata lunga venti metri con materiale di recupero per
impedire la sosta selvaggia e la gare di auto - spiega Vittorino Darisi
rappresentante dell'associazione - Di notte non sono mancate le scorribande con
jeep enormi e questo ha messo a rischio l'area davanti all'entrata del forte. Il
consorzio di bonifica Dese-Sile aveva messo una sbarra di sei metri che però non
impediva l'ingresso delle auto». Dunque l'ex struttura militare - dopo essere
rimasta chiusa a lungo sia per il passaggio dall'Esercito al Comune sia per la
presenza di amianto - si appresta a una primavera e a una estate di eventi,
mostre e manifestazioni.
Durante l'inverno sono stati sistemati i capannoni e le
stanze interne, oltre ai bagni. Ora insomma è tutto pronto per consegnare
definitivamente questo importante spazio alla cittadinanza.
Unità d'Italia, solo i politici hanno
snobbato le piazze
Nonostante pioggia
e cielo coperto molti sardi nelle piazze
per celebrare l’unità d’Italia. L'unico
rappresentante della Regione, Sergio
Milia, ieri era a Sassari
La Nuova Sardegna - 18 marzo 2011
SASSARI. La pioggia o il cielo
coperto non hanno fatto desistere i cittadini che sono stati
presenti all'appuntamento per i 150 anni dell'Italia unita.
Da Cagliari a Sassari, la Sardegna è stata attraversata da
un sentimento comune. A dissociarsi sono stati pochi:
Sardigna Natzione a Cagliari e gli autori di un manifesto
che contesta i festeggiamenti a Ximaxis. Per il resto solo
commemorazioni, concerti, spettacoli. E spesso i
protagonisti principali sono stati gli studenti, i giovani,
dalle elementari al liceo. Nè sono mancati i momenti
folkloristici.
Ma è certo che i rappresentanti politici del governo, della
Provincia e della Regione in massima parte si sono tenuti
lontani dalle piazze. Persino da Caprera. Solo a Sassari un
esponente della Regione, l'assessore Sergio Milia, ha
presenziato ufficialmente al convegno sui 150 anni
dell'unità.
I sassaresi ieri hanno reso omaggio a Efisio Tola, uno dei
martiri del pensiero mazziniano, fucilato nel 1833, a
trent'anni, reo di aver letto e divulgato i contenuti de «La
giovine Italia». Il sindaco Gianfranco Ganau nel pomeriggio
ha deposto una corona di alloro sotto la lapide di Efisio
Tola, meno conosciuto del fratello Pasquale, il cui
monumento si trova al centro della piazza dedicata ai
fratelli Tola.
A La Maddalena,
a sottolineare l'assenza di
rappresentanti del governo o della Regione o della Provincia
è stato il sindaco Angelo Comiti, prima della chiusura della
manifestazione, strappando un lungo applauso. Il primo
appuntameto è stato l'alza bandiera di fronte al palazzo di
Marisardegna alla presenza di un picchetto d'onore, poi al
porto, davanti alla colonna Garibaldi dove il sindaco e il
comandante del presidio della Marina, Franco Felicioni,
hanno deposto due corone.
«Aver conservato gelosamente il sacrario dell'Eroe e
l'essere stata ad un tempo al centro del passaggio di mano
simbolico, da questi al Regio Esercito e quindi alla Regia
Marina e al sistema di fortificazioni, con l'arsenale
militare sorto per le manutenzioni delle importanti opere -
ha aggiunto in sindaco - prima ancora che del naviglio, ha
fatto sì che nei maddalenini si rafforzato nel tempo il
sentimento di Patria». Le manifestazioni proseguono oggi con
il convegno "150 anni dall'unità d'Italia", e nei prossimi
giorni.
A Cagliari sono stati gli studenti e i
giovani ad animare la passeggiata coperta del Bastione di
San Remy. Le gallerie sono state occupate dagli atelier
degli studenti delle superiori di Cagliari e Quartu. Ogni
istituto ha dato il proprio contributo con una
documentazione precisa sugli eventi della fine '800 o la
didattica scolastica del '900. Lo zenit della giornata è
stata l'esibizione musicale del coro e degli strumentisti
del Conservatorio.
Un'ora di performance che ha affascinato il numeroso
pubblico, politici, militari e 650 studenti. Durante la
mattinata, all'interno della Passeggiata coperta, gli alunni
dell'istituto Michelangelo hanno proposto una band di 7
giovani jazzisti, e l'Itas Deledda ha presentato la
Spigolatrice di Sapri.
Una nota dolce è stata offerta dal Caffè Tramer in
piazza Martiri, dove si potevano gustare le meringhe
tricolore preparate per la speciale occasione della festa
dell'Unità. Il Caffè Tramer è noto perchè era meta di
Antonio Gramsci, durante i tre anni trascorsi al liceo
Dettori in Marina.
A Oristano pioggia e vento hanno
accompagnato la cerimonia ufficiale nel pomeriggio con
l'alza bandiera in piazza Eleonora. La giornata oristanese
dell'Unità d'Italia si è conclusa in cattedrale con la santa
messa celebrata dall'arcivescovo monsignor Ignazio Sanna.
Le condizioni meteo sono state più clementi a Nuoro dove
alle 9 in punto, proprio quando il tricolore è stato issato
sul pennone per la cerimonia dell'alzabandiera, ha fatto
capolino il sole. Il Comune ha ricordato Giuseppe Corbu
Guiso, garibaldino nuorese, sulla cui tomba è stato deposto
un cuscino di fiori. La sua figura, cui verrà intitolata una
via cittadina, è stata ricordata già durante il consiglio
comunale straordinario di avanti ieri. L'Eroe dei due mondi
ha unito anche lambrettisti e vespisti, da sempre
protagonisti di un'agonistica e amichevole competizione.
Ieri, i soci del Lambretta club Sardegna e del Vespa club
Nuoro hanno organizzato un raid di Garibaldini su moto
d'epoca.
A Olbia,
una delle 150 città scelte
dalle Ferrovie dello Stato per l'omaggio al tricolore, a
mezzogiorno in punto la banda «Felicino Mibelli» ha suonato
«Fratelli d'Italia». Attorno ai musicisti decine di
cittadini. Uomini e donne. Giovani e meno giovani. Alcuni
avevano in mano il tricolore, altri si sono vestiti di
bianco, rosso e verde. Ma nessun rappresentante del Comune e
della Provincia era presente. Da via Nanni, però, il
presidente della Provincia Fedele Sanciu ha fatto sapere che
era tutto programmato.
Del resto Olbia-Tempio celebrerà i 150 anni per tutto il
2011. Eccezion fatta, evidentemente, per la giornata
istituzionale di ieri. Il silenzio delle istituzioni non ha
impedito che altri si facessero promotori di diverse
iniziative. La più curiosa quella messa in atto dalla
neonata associazione «Giovani Olbia». Il team di under 33
guidato da Gabriele Dettori aveva annunciato che ieri
mattina Olbia avrebbe avuto un piacevole risveglio. Promessa
mantenuta. Nella notte i ragazzi hanno riempito la città di
palloncini tricolori.
In serata, l'associazione ha organizzato una manifestazione
al Jamin-A Cafè Officina degli intenti, in cui sono stati
ripercorsi i momenti più importanti della storia italiana,
dal Risorgimento fino alla nascita della Repubblica.
ha collaborato Andrea Nieddu
Cadine, storia del Forte dimenticato
Restauro non ultimato, 2 milioni spesi e un
centro informativo mai nato
TRENTO. All'inizio il progetto era ambizioso: trasformare quell'affascinante
esempio di architettura militare dell'impero austroungarico nel centro
informativo sulla grande guerra. Era il 2003 e la Provincia mise sul piatto 1,5
milioni. Otto anni dopo (oggi) il progetto è abortito. Non solo restauro e
allestimenti non sono ancora ultimati, ma il forte non sarà nemmeno quel «cuore»
informativo sul primo conflitto a cui era stato pomposamente destinato. 15
ottobre 2003. E' la data in cui il Servizio beni culturali della Provincia diede
il via libera al progetto relativo al restauro per il recupero e la
valorizzazione del Forte «Strassensperre» di Cadine. Il Forte del «Bus de Vala»,
come lo conosciamo tutto. Un tempo era impossibile non notare quella struttura
militare dalle minuscole finestre ricavate dentro un muro grigio e
impenetrabile. Era impossibile perché la statale della Gardesana ci passava in
mezzo. Oggi lo Strassensperre è come se non esistesse più, relegato in un
angolino quasi invisibile dalle gallerie di Cadine. Fu per ridare «dignità» a
questo manufatto decaduto che la Provincia decise di investire un milione e
mezzo di euro e di ristrutturarlo. Non solo. Il Forte di Cadine doveva diventare
qualcosa di più, un riferimento informativo a livello provinciale delle opere
legate alla grande guerra, con percorsi interni studiati nei dettagli per
accogliere migliaia di visitatori. Il progetto, però, partì già con il piede
sbagliato. Subito vennero adottate un paio di varianti (per la verità di tipo
normativo) a cui si accompagnarono alcuni adeguamenti di compensi dovuti a
ingegneri e architetti a causa del lievitare delle spese. Nel 2005 la
Soprintendenza per i beni architettonici decise di affidare al signor Sergio
Camin l'incarico di ideazione e redazione del progetto per l'allestimento del
«Centro informazione delle fortificazioni trentine» con sede proprio al Forte di
Cadine. Camin presentò un progetto dettagliato dal costo complessivo di 43.680
euro approvato con una determinazione del dirigente Sandro Flaim. I lavori di
ristrutturazione, intanto, proseguivano fra mille difficoltà tanto che in pochi
anni si arrivò alla quinta variante in corso d'opera. A rendere difficoltosi i
lavori vennero rilevate alcune infiltrazioni dal terreno che obbligarono
l'azienda appaltatrice ad un surplus di lavoro che - inevitabilmente - si è
ripercosso sui costi dell'opera che nel luglio del 2009 sono stati valutati in
1,8 milioni di euro. Il 13 giugno 2007 come data di consegna dei lavori (come è
evidente) non è stata rispettata e tra varianti e proroghe dei termini di
consegna siamo arrivati al 2011 senza che il forte sia operativo. Di recente
(novembre 2010) il Servizio prevenzione rischi ha approvato un progetto relativo
ai lavori per la difesa da crolli rocciosi della parete sovrastante il forte
austroungarico. Impegno di spesa 28 mila e 600 euro. Ma la vera beffa per il
Forte dimenticato è arrivata il 31 gennaio scorso quando a Rovereto - in
occasione del bilancio di un anno e mezzo della rete «Trentino Grande Guerra» -
l'assessore alla cultura Franco Panizza ha annunciato: «Il Forte di Cadine non
sarà più il centro informativo provinciale sul primo conflitto mondiale».
«Resterà un punto informativo - spiega oggi Panizza - ma più ridimensionato. Vi
faremo spettacoli teatrali, mostre o visite per le scuole. Del resto l'accesso
alla struttura è difficoltoso e - diciamocelo - la posizione non è delle più
felici».
Un
deserto chiamato Comiso |
Da
agoravox.it del 10 marzo 2011 |
Doveva
essere l’aeroporto civile del sud est della Sicilia,
invece è abbandonata da un decennio. Storia e
destino dell’ex base Nato di Comiso. Un impianto
costato miliardi delle vecchie lire di cui le
istituzioni si sono ricordate solo quando si è
trattato di affrontare emergenze "umanitarie".
Il cancello
davanti a cui si fermavano le colorate manifestazioni
del movimento pacifista, fino ai primi anni '90, è ormai
sempre aperto. Non ci sono più gli avieri italiani a
sorvegliare l'ex base Nato di Comiso e
neanche i militari dell'US Air Force. Entrare e uscire
da lì, perciò, è facilissimo per chiunque.
Il destino
dell'ex aeroporto militare “Magliocco”
all'inizio del 2011, sembra dunque essere quello
dell'abbandono definitivo.
La struttura
che negli ultimi anni della guerra fredda ha ospitato
gli “Euromissili” Cruise ha una storia lunga e
tormentata. Nacque nel ventennio fascista, fra
il 1937 e il 1939, e fu intitolato ad un generale della
Regia Aeronautica, quel Vincenzo Magliocco che
si “distinse” nella guerra d'Etiopia per essere stato
uno dei primi ad utilizzare il gas contro i civili.
Durante la
seconda guerra mondiale fu bombardato dagli alleati e
totalmente distrutto in occasione dello sbarco in
Sicilia. Ricostruito nel dopoguerra ospitò , fino al
'73, il quarantunesimo stormo dell'Aeronautica Militare
italiana e fu anche aperto al traffico civile. A Comiso,
infatti, nel periodo fra il 1965 e il 1972, operò la
compagnia LAI ( linee aeree italiane) con pochi voli di
linea a corto raggio. Nel 1981, infine, il governo
Spadolini trasformò l'aeroporto in base della NATO e lo
destinò ad ospitare una batteria di 112 missili Cruise a
testata nucleare.
I lavori di
adattamento alla nuova funzione durarono circa cinque
anni e richiesero notevoli investimenti. Non ci
sono però dati precisi sulla loro quantità perché furono
cofinanziati dal Ministero della Difesa italiano, della
NATO e dal Dipartimento della Difesa del governo degli
Stati Uniti. Si calcola comunque che solo nei
primi 3-4 anni siano stati spesi ben 250 miliardi delle
vecchie lire.
Il trattato
sulle Forze Nucleari a medio raggio( INF) - firmato a
Washington dai presidenti Reagan e Gorbacev l'8 dicembre
del 1987 - e la successiva caduta del muro di Berlino
resero obsoleta l'istallazione che fu dismessa nel corso
degli anni 90 del secolo scorso, fino alla chiusura
definitiva e all'assegnazione delle strutture al comune
di Comiso, nel 1999.
Cominciò così la “terza vita” dell'ex aeroporto militare.
Dapprima utilizzato dalla Protezione Civile, nell'ambito
dell'operazione Arcobaleno, per ospitare circa
cinquemila profughi kosovari, nel decennio che si è
appena concluso è stato fatto oggetto dei più disparati
progetti di riconversione ad usi civili ma ,nello stesso
tempo, abbandonato a se stesso.
Oggi i suoi
impianti sono terra di nessuno. Dà quest'impressione
soprattutto la parte occupata a suo tempo dai militari
italiani.
Le villette
che li ospitavano con le loro famiglie sono quasi tutte
in pessimo stato. All'interno di alcune ci sono ancora
pezzi dei mobili in dotazione, ma gli impianti
idraulici, gli infissi, i sanitari sono quasi sempre
distrutti o smontati e portati via. Manca anche la luce
generalmente, anche se in diversi appartamenti
l'impianto elettrico è perfettamente funzionante.
Ogni “blocco”
abitativo comprende una decina di alloggi più gli
edifici, generalmente fatiscenti anche quelli, per i
servizi collettivi (mense, punti di ritrovo etc).
All'interno di essi si può girare liberamente e
si rinviene di tutto. In un cortile persino un
grosso generatore elettrico militare, con dentro ancora
le batterie piene d'acido. Una bomba ecologica vera e
propria. Ogni cosa lascia immaginare una situazione per
cui è normalissimo entrare, uscire, saccheggiare tutto
ciò che è riutilizzabile. I giardini tuttavia sembrano
in buone condizioni, nonostante si vedano i giochi per
bambini abbandonati a marcire, sarà forse perché
qualcuna delle case è inopinatamente occupata.
In
mezzo al deserto, infatti, spunta qua e la qualche
automobile parcheggiata, qualche antenna tv, qualche
citofono funzionante. Segni di vita che
all'ufficio informazioni dell'ex base spiegano come
“l'abitazione del custode” o come frutto delle
concessioni effettuate dal comune comisano per gli usi
più disparati, in attesa sempre che si realizzi il
grande sogno dell'Aeroporto civile del sud est della
Sicilia.
In effetti
girando per i viali si vede di tutto: corsi
professionali per parrucchiere ed estetista, massaggio
ayurveda e trucco, organizzati dall'EFAL (ente di
formazione della provincia di Ragusa); c'è anche
l'autodifesa personale, la sede del “Fondo siciliano per
la natura” e persino un' agenzia di casting
cinematografico: la “Sicily production film srl” ,
intestata con tanto di lucida targa in ottone a tal
Francesco Sacco.
Ma
attività connesse all'originaria
funzione aeroportuale del complesso?
Ci sono anche quelle. Dai corsi per
steward ed hostess alla sede dell'Aeroclub
locale intitolata all'aviatore catanese
Angelo D'Arrigo. Voci, confermate da
un'interrogazione dei consiglieri
comunali del PD di Comiso, parlano
addirittura della realizzazione di un
hangar adibito alle attività di volo da
diporto.
Intanto il progetto
dell'aeroporto civile che avrebbe dovuto
essere intitolato a Pio La Torre langue.
Si tratta di
un'opera ambiziosa, frutto - dicono i documenti
dell'ente di gestione - “della collaborazione
istituzionale fra l’Enac, la Regione siciliana e il
Comune di Comiso". Il finanziamento dei cantieri, per un
importo complessivo pari a 47milioni e 407.976,73 di
euro, venne approvato con delibera del CIPE n.36 del 3
maggio 2002 dal Governo Berlusconi e successivamente con
decreto n.368/Serv.2 del 28 maggio 2004 del Dipartimento
Trasporti della Regione Siciliana. I lavori iniziarono
il 23 ottobre 2004 ed andarono speditamente fino al
completamento della parte air-side nell'aprile del 2007.
“Il progetto
dell'aeroporto” - si legge ancora nella brochure
istituzionale- “prevedeva la realizzazione di una pista
di 2.460 metri dotata di sistema di atterraggio
strumentale ILS. La sua funzione, a regime, sarà di
complementarietà rispetto all'Aeroporto di Catania e
servirà da base, oltre che per servizi di linea,
per charter, compagnie low cost e cargo".
Peccato che di tutto ciò, nel mese di febbraio del 2011,
non si veda neanche l'ombra. Anzi il poco
personale presente sul posto conferma il continuo rinvio
dell'inaugurazione e della messa in esercizio della
grande opera.
In realtà il
mito dell'Aeroporto di Comiso è sempre stato un alibi
per cancellare ogni altra proposta di riuso civile
dell'ex base Nato.
“Poteva nascere un campus universitario modernissimo”
– ricorda il giornalista Antonio Mazzeo, che conosce
Comiso fin dai giorni della lotta contro i Cruise -
“L'Università di Catania aveva in animo di realizzare
qui, al Magliocco, un polo attrezzato per ospitarvi una
facoltà di lingue, dipartimenti di ricerca scientifica
legati al modello di sviluppo locale, con particolare
riguardo al tema della sostenibilità ambientale del
medesimo; alloggi e servizi per studenti e docenti”. Non
se ne fece nulla, preferendo, alla fine degli anni 90,
spostare tutto su Modica e Ragusa Ibla.
“L'europarlamentare pacifista Alex Langer - prosegue
Mazzeo - aveva anche proposto di realizzare un'università
della difesa popolare non violenta, ovvero una
scuola di diplomazia dal basso rivolta ai paesi
dell'area mediterranea. In quell'occasione -subito dopo
lo smantella mento degli euromissili- l'Italia perse
l'occasione di utilizzare i fondi convert utilizzati
da tutti i paesi dell'UE per la riconversione delle
strutture militari".
“Si è
sacrificata” - conclude Mazzeo - “ogni opportunità al
sogno dell'aeroporto civile. Un'infrastruttura dai costi
enormi, sproporzionati rispetto al reale movimento di
passeggeri e merci”.
Sarà
per questo che le popolazioni locali hanno sempre
vissuto il destino del loro aeroporto con distacco, come
se fosse un corpo estraneo. E come tale
continuano ad utilizzarlo le autorità. Dieci anni dopo
l'emergenza Kosovo si è ipotizzato un nuovo uso
“umanitario” dell'ex base Nato, stavolta destinandola ad
accogliere i rifugiati provenienti dalla Tunisia e dalla
Libia. Per fortuna all'ultimo non se ne è fatto nulla,
anche perché- a detta dell'unico custode che è stato in
grado di fornire qualche informazione in merito- sarebbe
stata utilizzata allo scopo la parte ex americana del
complesso.
Quella
situata oltre la nuova pista e non raggiungibile perché
ancora perimetrata col filo spinato e torrette di
guardia, quindi, all'apparenza, ancora militarizzata. Si
tratta di una serie di blocchi abitativi buoni ad
ospitare non più di 150/200 persone. Erano stati pensati
come caserma per i soldati singles e, infatti, ancora
oggi,nonostante il miglior stato di conservazione, fanno
pensare ad un carcere o a un CIE.
Fra l'altro
questi edifici sono vicinissimi ai bunker, ancora
chiaramente visibili, che custodivano le testate
atomiche e nulla garantisce che negli anni siano mai
stati bonificati, dal momento che la zona è sempre stata
sotto esclusivo controllo statunitense.
Evidentemente
la logica che ha ispirato la scelta di quest'ala della
base è ancora una volta rigidamente securitaria ed
escludente.
Intanto i
rifugiati e i richiedenti asilo non avranno certo
miglior accoglienza nell'altro ex residence Nato che si
sta predisponendo per loro nei pressi di Mineo.
E l'Aeroporto civile? “parte l'estate prossima”
assicurano negli uffici del Magliocco. Anzi, no “nel
2012...” di Tonino Cafeo
|
Il Codice Enipontano al Museo civico Il
pezzo più prezioso (è del 1615) della mostra «Il lago di carta»
RIVA.
Proveniente dal «Tiroler Landesarchiv» di Innsbruck, è arrivato lunedì al Museo
di Riva il celebre Codice Enipontano III, voluto dall'arciduca Massimiliano
d'Austria per verificare la consistenza delle fortificazioni meridionali del
territorio tirolese, minacciato in quel tempo dalle mire espansionistiche di
Venezia. Risalente al 1615, il pezzo - noto al pubblico locale nelle sue tante
riproduzioni - sarà una delle attrazioni della mostra «Il lago di carta» che dal
27 marzo alla Rocca raccoglierà carte, mappe e disegni del lago di Garda dal
Trecento fino agli albori del secolo scorso (l'inaugurazione è sabato 26 marzo
alle 18). Attesi per i prossimi giorni altri pezzi di grande interesse,
provenienti da diversi istituti di conservazione del Nord Italia.
Il codice, in
cui sono rappresentate non solo le fortificazioni ma anche il territorio del Tirolo meridionale, costituisce un documento di eccezionale importanza per la
conoscenza di luoghi ed edifici in seguito distrutti. Come ad esempio Castel
Penede a Nago, rappresentato nell'unica immagine conosciuta prima dei
bombardamenti che quasi lo annientarono. Interessante poi per il Basso Sarca la
rappresentazione della piana, con le foci del Sarca e i suoi centri abitati
raccolti nelle cinte medievali. Il volume, 40 centimetri per 30, è composto di
56 fogli e 34 disegni a matita colorati a tempera, con minuziose didascalie
incorniciate in delicati disegni. L'origine del manoscritto è in una campagna
d'ispezione militare lungo i confini con Venezia, alla quale prese parte
Bartolomeo Lucchese, ingegnere che eseguì il rilievo sul campo e propose le
migliorie da apportare al sistema difensivo tirolese. La mostra «Il lago di
Carta» è realizzata dal MAG - Museo Alto Garda con l'assessorato alla cultura
della Provincia autonoma di Trento e il Dipartimento di Filosofia, Storia e Beni
culturali dell'Università degli Studi di Trento, e con il contributo finanziario
della Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto.
Il Forte di Pietole passerà al Comune
La Gazzetta di Mantova - 24 febbraio 2011
VIRGILIO. Il Forte di Pietole diventerà presto proprietà comunale. La giunta
Beduschi ha già avviato l’iter burocratico previsto dal primo decreto attuativo
del federalismo demaniale: la Sovrintendenza deciderà a breve se il bene potrà
passare ufficialmente al Comune di Virgilio. Una formalità o quasi, in realtà,
considerando che in questo periodo lo Stato è alla ricerca di enti locali che si
accollino pezzi di storia che da anni vengono sostanzialmente lasciati
all’incuria del tempo. Il decreto prevede il passaggio di proprietà a costo
zero.
Niente canone d’affitto dunque che, azzardando un ipotesi, si sarebbe aggirato
sicuramente non sotto i 50mila euro. Il Comune, acquisendo la struttura, in
futuro potrà in futuro farne un museo permanente. L’intento del sindaco
Alessandro Beduschi è chiara: creare un polo di attrattiva per un Comune -
Virgilio - che al momento ha introiti pari allo zero in quel settore.
Progettato e costruito in parte dai francesi agli inizi del 1800, il Forte è
stato completato e potenziato dagli ingegneri austriaci negli anni dopo il 1834.
Era poi arrivato nel 1917 al Regio Esercito Italiano, sempre come deposito di
esplosivi. Una polveriera, insomma, che in quell’anno, in piena prima guerra
mondiale, fu assediata per quattro giorni.
Il Forte in quell’occasione non crollò, ma sprofondò e subì gravi lesioni
strutturali, tutt’ora visibili. Negli ultimi decenni più volte si era parlato di
una nuova gestione della struttura. Nel 2007, ad esempio, il Comune di Virgilio
prese in gestione il Forte, su proposta dell’Agenzia del Demanio. In sostanza
l’edificio diventò meta di visite guidate e poco altro.
L’unico traguardo importante raggiunto fu, dunque, la salvezza di un esempio
d’architettura militare, carico di storia. Nell’ultimo periodo, però,
l’acquisizione del Forte è diventato uno dei chiodi fissi del sindaco di
Virgilio Alessandro Beduschi, convinto sostenitore della necessità di
riqualificare l’area storica di Pietole. Il Forte diventerà un museo
multimediale: l’obiettivo è attirare migliaia di visitatori.
«Ad oggi - spiega Beduschi - il Comune ha il diritto di custodia e sorveglianza.
Ora, sfruttando un decreto del maggio dell’anno scorso, cerchiamo di riprenderci
il Forte». In sostanza il federalismo fiscale prevede che gli enti locali, senza
sborsare un euro, possano valorizzare un bene pubblico che si sta deteriorando.
Il progetto comunale prevede, oltre alla riqualificazione dell’area, una serie
di interventi collaterali: ciclabili, parcheggi e tutto ciò che serve per
rendere fruibile l’area del Forte.
Svelato il forte di Pietole, le foto
23 febbraio 2011 Gazzetta di Mantova
La polveriera è
da tempo abbandonata ma ora sta per passare di proprietà, dal Demanio al Comune
di Virgilio. Progettata dai francesi ad inizio 1800, è passata agli austriaci e
poi agli italiani
PIETOLE. Ecco le immagini
esclusive del Forte di Pietole.
Progettato e costruito in parte dai francesi
agli inizi del 1800, la struttura è stata completato e potenziata dagli
ingegneri austriaci negli anni dopo il 1834.
Era poi arrivato nel 1917 al Regio
Esercito Italiano, sempre come deposito di esplosivi. Una polveriera, insomma,
che in quell'anno, in piena prima guerra mondiale, fu teatro di una violenta
esplosione.
Ora, dopo decenni di incuria sotto il Demanio, la proprietà Forte
sta per passare al Comune di Virgilio.
"Caserme, no alla colata di cemento" Da
Prati a Ostiense rivolta nei quartieri
Il Roma - 13 febbraio 2011
Dopo la cessione delle caserme della Difesa. I residenti:
"Nelle 15 strutture spazi di cultura, basta centri commerciali"
"No
a speculazioni. Le caserme sono un bene pubblico: stop ai palazzinari". È
rivolta per la vendita dei forti militari. Una mobilitazione che sta
coinvolgendo tutte le zone della città dove si trovano le 15 caserme che dal
ministero della Difesa sono passate nelle mani del Campidoglio, che dovrà ora
metterle in vendita. Volantinaggi, raccolta firme per la delibera di iniziativa
popolare, striscioni e un manifesto che sarà presentato nella assemblea del 18
febbraio che coinvolgerà tutti i comitati di Roma per stilare un unico documento
da consegnare al sindaco, Gianni Alemanno, entro il 22 febbraio, giorno in cui
scade il termine per la presentazione delle osservazioni al "Piano di
alienazione e valorizzazione degli immobili militari".
La protesta, che ha portato alla creazione del "Comitato per l'uso pubblico
delle caserme", si svolge su diversi fronti. Se da una parte i cittadini dicono
no alla colata di cemento, poiché da 834mila metri cubi esistenti si potrebbe
arrivare a oltre un milione e mezzo con l'aumento del 30% della superficie utile
lorda; dall'altra i comitati rivendicano una partecipazione decisiva sulla
riqualificazione dei forti. Gli edifici sono infatti disseminati in quartieri
centrali o strategici: dal deposito materiali elettrici all'inizio di via
Flaminia allo Stabilimento trasmissioni in viale Angelico, dalla Direzione
Magazzini Commissariato in via del Porto Fluviale (Ostiense) alla Caserma Medici
in via Sforza, fino alla Nazario Sauro di via Lepanto, alla Reale Equipaggi di
via Sant'Andrea delle Fratte, alla Caserma Ruffo sulla via Tiburtina e alla
Donati del Trullo."In questa operazione non c'è interesse pubblico, l'unico
obiettivo è fare cassa per il demanio - spiega Luigi Tamborrino di Campo
Trincerato - Il Piano regolatore viene sbrindellato. Si cambiano destinazioni
d'uso, alterando così gli standard del territorio. Il dato sconvolgente è che si
possono spostare le cubature da una zona all'altra. Cosi può accadere che in
un'area centrale le cubature previste, ma non attuabili, vengano dislocate in
altri ambiti più periferici e con maggiore terreno "compensando" le cubature e
aumentandole per il valore immobiliare differente". Insomma, si rischia di
sconvolgere il territorio. "Il problema - incalza Tamborrino - è che si parte da
quanta cassa bisogna fare per arrivare a decidere cosa fare. Si può comunque
fare cassa, senza però arrivare ad una tale speculazione. Bisogna essere miopi
per non vedere la forza che hanno queste caserme. Facciamo 10 Guggenheim, ma non
10 palazzine".
Il timore è che le cubature arrivino in quartieri come Boccea o Tiburtino, già
al collasso per l'alta densità abitativa e per l'emergenza traffico. "Stavolta
non ci fermeremo davanti ai palazzinari - dice Elio Romano, del Comitato
Tiburtino per l'uso pubblico delle caserme - Nel V municipio abbiamo la Ruffo e
la Gandin che sono due spine tra i vari quartieri. Il peso urbanistico è già
eccessivo: no a case o centri commerciali, sì a teatri, luoghi d'incontro,
residenze temporanee per studenti. Siamo pronti ad avviare un concorso di idee".
I 15 edifici militari, che confluiranno in un fondo immobiliare della Difesa,
coprono una superficie totale di 82 ettari: di questi almeno il 30% dovrebbe
andare in residenziale, un altro 30 ad esercizi commerciali e l'ultima parte è
invece la cosiddetta "variabile", il 20% della quale destinata a servizi
comunali oltre che all'edilizia sociale.
"Uno scempio. La parte pubblica deve salire almeno al 50%", continua Tamborrino.
E fa eco Renato Rizzo del comitato Forte Trionfale - Boccea: "Questi beni non
devono andare nelle mani dei privati. Per la caserma Ulivelli del Trionfale
chiediamo che le palazzine per l'esercito diventino tra dieci anni patrimonio
del Comune, che l'hangar sia uno spazio culturale per concerti e manifestazioni
e il parco sia lasciato tale e diventi il collegamento con l'Insugherata e le
altre aree verdi".di LAURA SERLONI
La Nuova Venezia - 4 febbraio 2011
ZELARINO Mostra Si chiude domani a Forte Mezzacapo (orario 15-18), in via
Scaramuzza, la mostra «1938-1945. La persecuzione degli ebrei in Italia».
CHIRIGNAGO Orario dell'Urp La Municipalità ricorda che l'Urp (Ufficio di
relazioni con il pubblico) di via Miranese 454 sarà aperto anche di pomeriggio,
martedì e giovedì, dalle 15 alle 17. GIOVEDI' PROSSIMO Sciopero Actv La
segreteria regionale Usb Lavoro Privato ha aderito allo sciopero del personale
Actv promosso da Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Cisal per il 10 febbraio. Lo sciopero
verrà attuato così: dalle 9.30 alle 12.30 personale del movimento, personale
turnista negli impianti fissi; dalle 9 alle 13 impiegati, ausiliari negli
uffici, personale officine (non turnista) e distaccato presso Vela spa.
CONFERENZA La Corte Suprema Usa Oggi alle 18 nella sede dell'Unione ufficiali in
congedo (Unuci) in via Mestrina 36, conferenza di Enrico Grassi su «La Corte
Suprema degli Stati Uniti, dalla Dichiarazione d'Indipendenza».
Un nuovo bosco al Büs dal gat
Alto Adige - 31 gennaio 2011
Area verde da 20mila metri e
duemila piante.
E'
in arrivo un nuovo polmone verde alle porte della città, nella prima
periferia nord. Sono partiti i lavori per il bosco di Fossamana,
nella zona del Büs dal Gat. La Provincia mantiene così fede
all'impegno preso tre anni fa quando, su proposta del Parco del
Mincio (ente concessionario dell'area interessata dal progetto), si
decise la compensazione entro il 2011 per il taglio di una
superficie verde di oltre 23mila metri quadrati nell'area del porto
di Valdaro, per la realizzazione della darsena dello scalo. La
piantumazione appena avviata porterà alla nascita di un bosco di
19.600 metri quadrati, con 2.332 alberi (1.300 piante per ettaro) e
due radure. I lavori sono stati affidati alla cooperativa Consorzio
forestale padano, un'azienda di Casalmaggiore: per la Provincia si
tratta di un investimento da poco più di 57mila euro. Il progetto ha
coinvolto anche il Demanio (proprietario dell'area), il Comune e la
Sovrintendenza ai beni paesaggistici di Brescia.
Palazzo di Bagno
parla di almeno quattro obiettivi per l'operazione: miglioramento
ambientale ed ecologico di un'area degradata, protezione del suolo
dall'erosione grazie alle piante, aumento della qualità visiva del
territorio, promozione turistica e ricreativa. La decisione di
realizzare il bosco risale dunque a tre anni fa, quando venne
tagliato quello che sorgeva sulla scarpata provvisoria venutasi a
creare dopo i lavori per i primi lotti della darsena del porto, tra
lo specchio acqueo e l'area destinata ad accogliere il terzo lotto
funzionale dello scalo di Valdaro. Ma l'area era vincolata sotto il
profilo ambientale perché compresa nel Parco del Mincio. Da qui
l'impegno preso dalla Provincia a compensare con un nuovo polmone
verde. A quel punto si trattò di decidere in quale punto farlo
crescere. La scelta della zona del forte Fossamana, nota come Büs
dal gat), è stata indicata proprio dal Parco del Mincio con
l'obiettivo di valorizzare sia il verde che il vecchio monumento.
«L'idea - dice il vicepresidente e assessore ai lavori pubblici
della Provincia, Claudio Camocardi - è stata quella di creare una
sorta di quinta scenica, che mirasse alla valorizzazione non solo
del Forte stesso, ma di tutta l'area circostante. Ciò è stato
possibile grazie alla stretta collaborazione tra gli enti coinvolti
e alla grande professionalità dei funzionari».
«Centenario, aiuti ai piccoli musei»
Bilancio dopo più di un anno di attività. Ferrandi: «No a grandi eventi»
Trentino - 31 gennaio 2011 di Donato Riccadonna
ROVERETO.
C'erano tutti l'altro pomeriggio al castello di Rovereto per il bilancio di
un anno e mezzo della rete "Trentino Grande guerra". Tutti quelli (e sono
veramente tanti) che, a vario titolo, soprattutto volontario, si occupano, a
livello storiografico e di ricerca, di quella tragedia che è stata la Prima
Guerra Mondiale. E' stato tracciato il bilancio di un anno e mezzo di
iniziative e si sono poste le basi per le celebrazioni del centenario
dell'inizio della guerra, il 2014: il tutto con il coordinamento del Museo
storico italiano della guerra di Rovereto. In questo anno e mezzo la rete di
soggetti che si occupa di Prima Guerra Mondiale, composta di persone e
istituzioni private e pubbliche, ha lavorato intensamente. Il direttore del
Museo storico del Trentino Giuseppe Ferrandi ha detto che «la rete non è una
nuova istituzione o una nuova associazione culturale, bensì un punto di
partenza con un potenziale incredibile di sviluppo territoriale e che non
richiede grandi eventi, ma aiuti concreti ai piccoli musei periferici che
non riescono a garantire aperture continuative e certe, e che hanno
difficoltà a pubblicizzare quello che fanno». Le preoccupazioni, emerse
soprattutto dai rappresentanti istituzionali, sono che, tra poco, bisognerà
confrontarsi con gli ambiziosi progetti per il 2014 del Veneto, del Friuli e
della Lombardia, che prevedono investimenti per milioni di euro.
«Ma forse,
in questo caso - è stato ricordato - l'interlocutore non sarà certo la rete
bensì l'ente capofila, che finora è stato il Museo della guerra di
Rovereto». Insomma sono due esigenze diverse e con tempi diversi.
Sicuramente il centro promotore, come ha esortato lo storico Fabrizio Rasera,
deve anche guardare a progetti con un respiro più ampio e che collochi il
Trentino con un po' di originalità, come avere finalmente un momento alto di
confronto su cosa vuol dire mettere mano alle fortificazioni e alle trincee
dopo le ultime violente polemiche sugli interventi sullo Zugna (nella foto);
oppure sulla unicità delle vastissime scritture popolari e sull'opportunità
che il Mart approfondisca il tema guerra-arte. L'assessore provinciale
Panizza ha preso nota ed ha aggiunto che qualche soldino per il centenario
ci sono: soprattutto ha detto ai Comuni che se hanno progetti di recupero di
farli arrivare entro aprile e che il forte di Cadine (altra novità) non sarà
più il centro informativo di tutta la provincia, vista la sua difficoltà di
accesso. La rete "Trentino grande guerra" è partita il 5 giugno 2009: ha
realizzato 12 mostre di "Paesaggi di guerra", 27 allestimenti con 50 mila
visitatori. È stata organizzata la rete tra i 19 musei che si occupano di
questo argomento, con un depliant in due lingue, 20 puntate andate in onda
su Rttr "Dalla guerra alla pace" e viste da 350 mila persone. Per il 2011 si
stanno producendo 19 brevissimi filmati per il web, una guida che inquadra i
musei e il loro territorio suddiviso in ambiti, un coordinamento tra le
escursioni e le serate storiche, un potenziamento del sito Internet, un
ciclo di video interviste ai recuperanti e la formazione per gli addetti al
turismo
«Giornata della memoria» a forte
Gazzera
La Nuova Venezia - 23 gennaio 2011
GAZZERA. Iniziano
all'interno di forte Gazzera le manifestazioni di Chirignago-Zelarino legate
alla «Giornata della memoria» del 27 gennaio. Domani alle 10 nella ex
postazione di artiglieria di via Brendole verrà infatti inaugurata la mostra
«1938-1945. Una comunità tra persecuzione e rinascita», esposizione a cura
di Renata Segre Berengo. L'iniziativa è promossa dalla Municipalità e dalla
comunità ebraica di Venezia, in collaborazione con l'associazione «I Figli
della Shoah» e durerà fino al 29 gennaio. Il 27 la tradizionale fiaccolata
si terrà quest'anno alla Cipressina.
«Bastava poco per evitarne il degrado»
Corriere delle Alpi - 11 gennaio 2011
PIEVE DI CADORE. «Emerge subito»,
sottolineano da NuovoCadore.it, facendo un po' la sintesi dei messaggi
lasciati sul forum, «il confronto con il monte Ricco, altra
fortificazione cadorina per il quale il Comune di Pieve sta investendo
cifre importanti, per rimborsare le quali sarà necessario impegnare il
bilancio comunale per molto tempo».
E gli utenti si chiedono anche
un'altra cosa: «Il Comune non poteva preservare i locali di Col Vaccher
perfettamente agibili e in buono stato e destinarli ad un uso pubblico?
Sarebbe bastato un piccolo investimento per mettere a norma gli impianti
e darlo in autogestione a qualche gruppo o associazione, con il
risultato di poter offrire spazi per i giovani che tanto ne denunciano
la mancanza». (a.s.)
Col Vaccher, il web in soccorso -
Un forum su
NuovoCadore.it ne sollecita un immediato recupero
Corriere delle Alpi - 11 gennaio 2011
PIEVE DI CADORE. Il degrado del forte di
Col Vaccher corre sul web. NuovoCadore.it, il portale del Cadore, ha una
sezione dedicata a un forum, una bacheca on-line aperta a tutti, al
quale sono già iscritti 330 utenti e in cui sono stati inseriti più di
2.000 messaggi.
Il feedback positivo che si trae da questo strumento è
ricollegabile al fatto che gli utenti iscritti, confrontandosi sulle
pagine del sito, arrivano a promuovere delle iniziative spontanee
riguardanti temi sentiti nel territorio di residenza. Dagli utenti è
emersa la necessità di documentare quanto prima con reportage
fotografici situazioni di particolare degrado relative al territorio di
appartenenza.
In particolare, in questi giorni è emersa la questione
relativa al forte di Col Vaccher, situato nel Comune di Pieve di Cadore,
definito da Cesare Vecellio«opera fortificata, realizzata alla fine
dell'800, tra le più importanti presenti in Cadore, in quanto aveva
funzione di controllo della Val Boite e della carrozzabile». Circa 20
anni fa, il Comune di Pieve ha affittato i locali del Forte a Olivo De
Polo che, con enormi sforzi e migliaia di giornate di lavoro, era
riuscito a ristrutturarlo, trasformandolo in abitazione, locale pubblico
e laboratorio per la lavorazione delle ceramiche (vasi, piatti e molto
altro).
«Molti erano gli artisti che frequentavano il suo locale»,
sottolineano i tecnici di NuovoCadore.it, «e, nonostante il suo
comportamento a volte scontroso e imprevedibile,
Olivo era riuscito a
diventare un "personaggio". In seguito alla sua morte la sua compagna,
Franca, ci abitò ancora per qualche tempo e poi il forte venne
restituito al legittimo proprietario: il Comune di Pieve di Cadore».
Il
reportage fotografico pubblicato all'interno del forum documenta lo
stato di degrado ormai decennale del forte, dovuto sia all'abbandono e
sia agli atti di vandalismo subiti e che più volte sono finiti agli
onori della cronaca.
di Alessandra Segafreddo
Forte Marghera è una Stella d'acqua
Negli occhi e nelle opere di un docente
sudafricano
La Nuova Venezia - 8 gennaio 2011 di Gianluca Codognato
Un tempo avevano lo scopo
di difendere il territorio dai nemici. Ora rappresentano un pezzo di storia
alla ricerca di una propria identità. La costellazione di fortificazioni
dislocate a Venezia e in particolare attorno a Forte Marghera sono da sempre
luoghi in attesa di un nuovo riconoscimento da parte della città. Ernst
Struwig - architetto di Città del Capo, docente dello Iuav dal 1999 dove
svolge attività didattica nell'ambito della progettazione architettonica -
ha voluto celebrare tramite l'arte proprio le fortificazioni che
imprigionano il bordo della laguna con 12 opere (quadri e bassorilievi)
esposte nello spazio eventi Ca' Zen, in viale Garibaldi 2. Curata
dall'architetto Magda Minguzzi, la mostra, intitolata «Stella d'acqua»,
presenta le ultime opere di Struwig, lavori che prendono ispirazione
soprattutto dal campo trincerato di Forte Marghera. Il tema affrontato dal
docente sudafricano, «è particolarmente importante - come spiega la stessa
curatrice dell'esposizione - perché rappresenta luoghi da sempre in attesa:
un tempo, in attesa di difendere il territorio, oggi di trovare una nuova
identità. La domanda che Struwig pone attraverso le sue opere è: possiamo
sottrarre un luogo al suo destino?». Il significato di «Stella d'acqua»
trova sostegno nella presentazione della mostra, tramite le parole
dell'artista. «Conoscere un luogo enigmatico che sta fra cielo, acqua e
terra come l'universo della laguna di Venezia è uno straordinario artifact a
scala geografica. All'interno di questo teatro lagunare caratterizzato dalla
singolare qualità della luce prodotta dell'interscambio fra acqua e cielo,
da un orizzonte infinito, dal «galleggiante» centro storico di Venezia, c'è
Forte Marghera. Elemento fondante dell'identità urbana, antologia
dell'architettura difensiva veneziana che diventa prima strumento di
lettura, e poi si trasforma, attraverso l'opera, in una scrittura del luogo.
Come Venezia e le sue isole la cui origine si fonda sull'acqua, anche questa
Stella d'acqua non è solitaria ma accompagnata da diverse costellazioni di
fortificazioni disperse in fragili suoli lungo la vastità del territorio
veneziano». La mostra si visita fino a venerdì 21 gennaio, dalle 10 alle
12.30 e dalle 16.30 alle 19.30, da martedì a sabato.
Le fortezze della Lombardia
Il Sole 24ore - 7 gennaio 2011
Stemmi nobiliari, ripetuti per
ribadire il potere della casata.
Grandi affreschi, realizzati da
maestri come il Mantegna. Sulle
tracce del biscione dei
Visconti, che nel Trecento
spiccava un po' dappertutto, è
possibile ripercorrere vicende e
intrighi familiari dei nobili
milanesi, visitando gli oltre 50
castelli disseminati in
territorio lombardo. Tra
prosperità e ingegno militare,
la rete di fortificazioni
raggiunse il suo splendore
all'alba del Rinascimento:
visitabili per lo più su
prenotazione, a volte
riconvertiti in moderni uffici o
ristoranti, le roccaforti –
prima dei Visconti, poi degli
Sforza – schiudono verità e
testimonianze di un'epoca, in
bilico tra crisi e rinascita.
Nel 1360 tutti i Comuni del Pavese furono costretti ad accollarsi le paghe degli operai per costruire il castello cittadino. I Visconti perpetrarono ruberie di calce, sassi e travi in vari luoghi e imposero tasse al clero di Novara per sopperire ai costi, che raggiunsero i 4mila scudi. Avevano propensione per l'edilizia in genere, e queste dimore fortificate divennero presto i loro palazzi, luoghi di vita, dei piaceri della tavola, dell'alcova alla caccia e dell'ospitalità. Si affermò così il modello di castello visconteo, a Pavia come a Mantova, a protezione dei valichi montani, agli incroci di antiche strade, alla confluenza di corsi d'acqua.
Galeazzo II, sempre insoddisfatto delle sue costruzioni e condizionato da profonda diffidenza e spirito di sfida verso il fratello Bernabò Visconti, reagì edificando decine di baluardi difensivi, finché scelse la zona di porta Vercellina per erigere quello che poi sarebbe diventato il Castello Sforzesco di Milano, dove visse il nipote Filippo Maria, l'ultimo dei Visconti. Appassionato di tarocchi, miniature tardogotiche e cultore di giochi educativi, Filippo Maria commissionò alcuni dei mazzi preziosi a noi pervenuti, oggi conservati all'Accademia Carrara di Bergamo o nella Pinacoteca di Brera. Il gioco era un gradito intrattenimento per i duchi: carte, dadi, scacchi e giochi di palla venivano praticati in tutte le loro residenze.
Gian Galeazzo Visconti, figlio di Galeazzo II e padre di Filippo Maria, nel 1381 donò alla madre Bianca di Savoia il borgo di Vigevano, compreso il castello edificato con le ingenti spese della comunità, che fu ripagata con l'esenzione dalle tasse e il diritto ai dazi nei decenni successivi. Alle signore della casata furono affidate numerose fortezze, e loro si rivelarono ottime amministratrici, nel Trecento, quando le fortune dei Visconti andavano consolidandosi. Era fitto il corteggio di dame di compagnia e nobildonne, spesso accompagnate dai loro figlioletti: alcune lettere di Agnese del Maino, amante di Filippo Maria Visconti, raccontano delicati aneddoti circa la frequentazione dei piccoli duchi con altri bambini, con cui dividevano giochi e merende. Al duca Filippo Maria si deve la complessa politica di canalizzazione del Milanese: una rete di vie d'acqua che allora serviva per collegare Milano a Pavia, passando per i castelli di Abbiategrasso, Vermezzo e Bereguardo, toccando quello di Binasco. Il duca portò a termine anche l'escavazione di un canale derivato dal Naviglio Grande fino al castello di Cusago: oggi si stenta a credere che questa roggia fu un naviglio ducale.
È attraverso il romanzo ottocentesco Marco Visconti di Tomasso Grossi che si entra nel vicino castello di Rosate, dove prende forma il topos della dama segregata nel castello dal signore tiranno, un leitmotiv della storia medievale che troverà nel Manzoni un'interpretazione mediata, considerato il ceto sociale di Lucia e l'ambientazione più moderna. In età viscontea la tragedia di Bice del Balzo narrata da Grossi richiama le storie di tanti don Rodrigo affacciati alla finestra del loro castello, ispirate alle vite di personalità come Agnese del Maino e Bona di Savoia (compagna di Ludovico il Moro), e soprattutto di Beatrice di Tenda, consorte di Filippo Maria la cui morte fu musicata da Vincenzo Bellini nel dramma di Felice Romani.
L'Associazione Castelli e Ville aperti in Lombardia, nata nel 1997 per presentare un nuovo e omogeneo circuito turistico e culturale, oggi conta 40 dimore e circa 1 milione di visitatori annuali Michela
Finizio
In visita ai lavori che
renderanno agibile il caposaldo
austriaco in vista del
centenario della Grande Guerra
Forte Pozzacchio, uno
straordinario cantiere
Voce Comune | Notiziario di Trambileno
A vederlo già ora, con soli i cunicoli
ripuliti dal materiale e dai detriti accumulati in quasi un secolo di
abbandono, si fatica a riconoscerlo. E pensare a come sarà tra poco più di
un anno, quando sarà completamente illuminato, gli interni saranno
completati e la sommità resa accessibile, rende Forte Pozzacchio/Valmorbia
Werk davvero un luogo unico e straordinario. Suggestivo, a modo suo, è già
il cantiere di questo imponente restauro al quale il comune di Trambileno
con la soprintendenza ai beni architettonici della Provincia sta lavorando
da diversi anni e che finalmente prende forma. È proprio in questi mesi, in
cui il Forte – che non essendo in origine mai giunto a conclusione – è
tornato ad essere un cantiere, che questa macchina da guerra incompiuta si
legge al meglio nelle sue caratteristiche peculiarità. Per questo è stato
davvero significativo che il consueto appuntamento con la festa di metà
luglio non sia saltato ma si sia trasformato in una visita al cantiere di
un’opera che ha valenza sovracomunale e delle grandi potenzialità in vista
del centenario della Grande Guerra. Il Progetto Chi si aspetta un restauro
di Forte Pozzacchio/Valmorbia Werk che lo riporti alla situazione prima
dell’inizio della guerra, o peggio, crede che siano poste in opera e
ricostruite le cupole mai realizzate sulla sommità, si deve ricredere.
Quello che si sta realizzando nella roccia tra Trambileno e Vallarsa è un
restauro dei migliori dal punto di vista architettonico, a firma di
Francesco Collotti e Giacomo Pirazzoli. Non una ricostruzione di una
situazione antecedente – che oltre a falsare l’ambiente costruito
cancellerebbe gli effetti della guerra e dell’abbandono di un secolo – ma un
sottile lavoro di conservazione e valorizzazione dell’esistente, rendendolo
accessibile in sicurezza e ricreando quelle che erano le sensazioni che si
dovevano avere all’epoca, ridando significato alle varie zone del forte
austroungarico ora poco riconoscibili. Per questo tutte le opere di nuovo
inserimento saranno in acciaio Cor-ten e dipinte di arancione. Un
arancione che sta ad indicare tutte quelle opere che nel restauro sono
costruite ex novo e non sono quindi parte originale del manufatto. Dal punto
di vista pratico, saranno realizzati i collegamenti per permettere la
fruibilità del forte in assoluta sicurezza. Una grande scala permetterà di
salire alla sommità senza rischi. Un camminamento in alto avrà le dimensioni
di quelle che dovevano essere le calotte girevoli con cui sarebbe stato
armato il caposaldo, proprio per rendere dal punto di vista spaziale l’idea
del forte come avrebbe dovuto essere. Nelle grotte all’interno, tutti i
cunicoli saranno illuminati in modo da renderli percorribili con facilità.
Nei grandi stanzoni dove trovavano posto le baracche per rendere un po’ più
confortevole la vita dei soldati, saranno riprodotte queste “case nella
grotta” con materiali contemporanei, per far capire la loro funzione e la
loro spazialità senza ingannare il visitatore con un restauro in stile.
Infine ogni postazione, ogni feritoia, sarà riqualificata e valorizzata per
quella che era la sua funzione originaria. Dei punti di vista permetteranno
di traguardare gli obiettivi che queste postazioni sorvegliavano,
valorizzando quindi ogni luogo ricostruendone l’originale funzione.
Ciò
verrà completato poi, con le opere di completamento che riguarderanno tutta
l’area attorno al Forte, dalla strada di accesso alle caserme nei dintorni e
al bosco che sarà museo a cielo aperto; questo intervento, già
progettato a livello preliminare, farà parte del secondo lotto funzionale
che sarà oggetto di richiesta di finanziamento provinciale da parte del
Comune entro ottobre di quest’anno. Il cantiere Il fatto che Forte
Pozzacchio sia l’unico forte scavato interamente nella roccia, rende del
tutto particolari le tecniche da adottare per questo cantiere. Della
particolarità e difficoltà dell’intervento in atto se ne sono resi conto
anche gli assessori provinciali Franco Panizza e Tiziano Mellarini, che
assieme ai tecnici e alla giunta comunale hanno visitato i lavori nei mesi
scorsi. Trattandosi infatti di grandi spazi ipogei, è necessaria oltre ad
una buona illuminazione del cantiere, anche una versatilità dei mezzi da
adottare a riguardo oltre ad una straordinaria maestria negli operai che vi
lavorano. Per liberare il materiale accumulato nei cunicoli, in parte
proveniente da crolli, in parte da riempimenti svolti in passato per
occultare e rendere più sicure le zone di trincee e pozzi, la ditta che
lavora al restauro utilizza mezzi piccoli. Minipale e miniescavatori
negli spazi che lo permettono, carriole cingolate per attraversare i
cunicoli più angusti, attrezzi a mano per i luoghi meno agevoli. Un cantiere
che viene costantemente controllato dal punto di vista della sicurezza e
della operatività, che per le sue straordinarie caratteristiche è oggetto di
un video in fase di realizzazione da Luciano Stoffella (alla festa del Forte
si poteva vedere un’anteprima della quale riportiamo alcuni fotogrammi in
queste pagine) che testimonia le grandi abilità delle maestranze e i
problemi insiti in questo cantiere. Nel liberare il fossato in alto dai
detriti, si è scoperto che la quota ipotizzata non era quella reale. In
realtà questo cunicolo si abbassava di tre metri e questo ha comportato la
modifica della struttura che dovrà reggere il camminamento in alto. Per
quanto riguarda lo sgombro delle gallerie, spettacolari sono le scene che
mostrano gli operai che portano fuori il materiale su mezzi cingolati, a
volte gettandoli “a sbalzo” sulla benna della gru attraverso i finestroni
che guardano verso valle. Il tutto senza poter rinunciare alla sicurezza.
Dal “pozzo” centrale – dove in origine stava il montacarichi – è stato
estratto materiale che raggiungeva oltre due metri di altezza. Lì tra
qualche settimana sarà montata la grande scala che sarà divisa in tre pezzi
per poterla calare dall’alto e montare all’interno del cunicolo. Il
cuore del forte di un tempo diventa il cuore del progetto e anche del
cantiere, racchiudendo nella straordinarietà di uno spazio sospeso tra il
buio del sottosuolo e la splendida vista sulla valle, i problemi e le
potenzialità di un progetto che sarà sicuramente di grande importanza per la
realtà di Trambileno e non solo. Massimo Plazzer
La Base West Star
Da Folgore di gennaio 2011
Affi,
uscita sull’autostrada del Brennero solitamente intasata nel periodo estivo
soprattutto da chi si reca in vacanza al Lago di Garda, S.Zeno di Montagna,
Caprino Veronese, o in qualsiasi altro luogo di questa meravigliosa porzione
di territorio Veronese. Anch’io tante volte da bambino, con la mia famiglia,
passavo da questi luoghi ed ero affascinato da quello strano Monte che
attirava lo sguardo e quasi intimoriva merito di tutte quelle leggende
metropolitane costruite su di esso. Tutte le volte, con la coda dell’occhio
indifferentemente, quasi fosse un furto, si cercava di carpire qualche
movimento che era sicuramente strano e segreto anche perché alimentato e
ingigantito dalla nostra galoppante fantasia infantile. Oggi so che quello
«strano» Monte si chiama Moscal, ma da bambino per me e sicuramente per
molti miei coetanei, era la Base Militare Americana Super Segreta. Chissà
cosa conteneva quella montagna, chi ipotizzava fosse un deposito di armi
speciali e segrete, chi sede di esperimenti militari, chi addirittura diceva
che contenesse testate nucleari e all’improvviso poteva spalancarsi e far
partire i potenti missili, una voce diceva addirittura che la montagna era
stata costruita in un secondo tempo, sopra alla base per mimetizzarla e
renderla invisibile ai rilevamenti aerei.
Gli abitanti
della zona comunque, qualsiasi cosa contenesse, si sentivano i meno sicuri
di tutto l’occidente, perché in caso di attacco atomico, quel Monte era
certamente uno dei primi bersagli nel mirino dell’armata rossa, eravamo nel
periodo di guerra fredda, e molto vicini ad uno scontro tra titani. Dopo che
nel 1962 con la crisi Cubana le cose andarono via via peggiorando tra le due
superpotenze con Kennedy da una parte e Krusciov dall’altra si sfiorò un
conflitto atomico. Tutto ciò che per anni era riuscito a rimanere
underground, nascosto, segreto, improvvisamente esce allo scoperto, nel più
semplice dei modi, con una visita all’interno della base, per questa volta
riservata a poche decine di persone tra le quali il Ministro della difesa
On. Ignazio La Russa, il Sottosegretario all’Economia On. Alberto Giorgetti,
e l’Assessore Regionale (paracadutista) Massimo Giorgetti, che accompagnati
nella visita dal Generale Novelli del COMFOTER,hanno potuto sfatare tutti i
miti e le leggende che si erano col tempo costruite su di essa. Gli uomini
degli eserciti della metà «buona» del mondo, hanno lavorato per ben 13 anni,
fino al 1963 per far diventare questa «città sotterranea» operativa a tutti
gli effetti. Oggi lo scenario politico mondiale è cambiato, non è più
critico come quegli anni dopo la caduta del muro di Berlino e lo sfascio
della politica rossa e mantenere attiva una base come questa, anche se
tecnologicamente ancora all’avanguardia, (ne esiste una simile solamente in
Belgio) comporta una spesa oggi inutile e non più sostenibile per le nostre
forze armate, ecco che allora grazie all’interessamento dell’Assessore
Regionale Massimo Giorgetti, la Regione Veneto ha pensato di convertire il
sito ed il 4 febbraio 2010 con un emendamento del consiglio veneto ha
stanziato centomila euro per i prossimi tre anni, per far sopravvivere «West
Star», durante i quali si troverà il modo di farla diventare museo a tutti
gli effetti. «Vorrei – ha detto Massimo Giorgetti – che qui si potesse
realizzare un museo militare. L’emendamento di 300mila euro copre le spese
di tre anni per la base inattiva. Stiamo cercando un accordo perchè non
venga dismessa». La «stella dell’Ovest» è tenuta in vita dal tenente
colonnello Giovanni Basile. È lui che si occupa delle aree dell’esercito nel
Veronese. Lui che ha guidato tutti in quella «città sotterranea» di cui
conosce ogni angolo. Questi cunicoli vengono alimentati da un’aria
riciclata, indispensabile perchè quei muri non vengano sopraffatti dalle
muffe e dai muschi della montagna. Un tunnel lungo 1.300 metri circa perfora
il monte da un lato all’altro, quasi a metà vi sono tre entrate protette da
porte che garantiscono la pressurizzazione, porte spesse almeno una ventina
di centimetri che separano in maniera definitiva e assolutamente fisica da
qualsiasi elemento esterno, sia esso acqua, aria o contaminazione. Per poter
entrare, dopo queste enormi porte, bisogna oltrepassarne altre ancora seppur
di spessore inferiore, ma sempre a chiusura ermetica.
Ecco che
arriviamo ad un insieme di corridoi e stanze, una vera città sotterranea,
con tutti i servizi, c’è il cinema, la mensa, l’infermeria, il bar, il
barbiere, i lavandini dei bagni sono addirittura di marmo, e l’unica cosa
che manca sono proprio le armi, che addirittura non ci sono mai state in
questi tredicimila metri quadrati incavati nella roccia, dove si entrava
solamente per lavorare. Sembra comunque di essere su di una nave, non in
un’enorme caverna artificiale. Tre vasche gigantesche contenevano l’acqua
per la sopravvivenza delle 500 persone che vi avrebbero dovuto lavorare con
il sostentamento, garantendo così per 6 mesi l’operatività del Comando delle
Forze Alleate Sud Europa anche in caso di guerra nucleare. Nel nostro giro
nei meandri della base, arriviamo finalmente nella vera sala comando, la
«sala Tempest», ecco che allora la sensazione di essere su di una nave
scompare. Vi è un grande specchio, dietro al quale stavano gli interpreti
che traducevano per i vari ufficiali, è qui che ci si rende conto, in questa
sala insonorizzata guardando una «mappa» disegnata con dei pennarelli che
vanno dal blu all’azzurro, e con una linea netta che divide i paesi Nato da
quelli dell’URSS. Tutte le enormi cartine dell’Italia che ci sono intorno,
non danno il senso di quell’unica cartina dell’Europa disegnata a mano. Il
ministro della Difesa La Russa in questa sala, si è espresso elogiando
l’iniziativa: «La Regione Veneto ha fatto bene a stanziare i 300mila euro.
Per noi questa sede non ha alcuna valenza strategica e da tempo stiamo
razionalizzando le spese. Se arriverà un progetto per un museo cercheremo di
agevolare l’operazione, soprattutto adesso che si pensa di creare una realtà
come “difesa spa”. Il museo non dovrebbe essere quello della “guerra
fredda”, ma quello della “guerra mancata”. Per noi non ha senso avere dei
siti solo per tenerli e questa iniziativa di Giorgetti mi sembra
fondamentale, per una realtà come quella di questa base». La «città
sotterranea», venne utilizzata l’ultima volta sei anni fa, per
un’esercitazione virtuale tra i vari comandi europei. Dario Evangelisti