BORMIO: PER IL 90° DELLA GRANDE GUERRA
UN AMBITO RICONOSCIMENTO.
Lunedì 3 Novembre
2008
E' stata celebrata a Bormio la cerimonia di commemorazione del
90° anniversario della fine della 1° Guerra Mondiale.
Compatti hanno partecipato gli Alpini della locale Sezione dell'A.N.A.,
alla presenza del primo cittadino di Bormio Prof.ssa Elisabetta
Ferro Tradati e di numerosa popolazione locale.
Dal punto di riunione, stabilito in piazza del Kuerc', un lungo
corteo di fiaccole - capeggiato dalle classi quinte della scuola
elementare di Bormio - è sfilato lungo la via principale del paese,
la Via Roma, ed ha raggiunto sotto una debole pioggia il monumento
ai Caduti in Piazza V Alpini.
Dopo la benedizione
dell'Arciprete di Bormio, Don Giuseppe Negri, è stata data lettura
della lettera di saluti e di augurio del Generale Perona, Presidente
dell'Associazione Nazionale Alpini.
E' seguito un discorso del Sindaco di Bormio, rivolto soprattutto ai
bambini delle Scuole Elementari, che si sono cimentati per
l'occasione cantando l'inno d'Italia.
La serata si è
conclusa con la consegna di un importante riconoscimento da parte
del Sindaco Elisabetta Ferro Tradati ad un cittadino di Bormio che
si è messo in evidenza a livello nazionale nello studio e
nella divulgazione degli eventi legati alla Grande Guerra nel
territorio dell'Alta Valtellina, portando indirettamente lustro ed
immagine al Bormiese.
Il Dott. Giovanni
Peretti, geologo ma da sempre appassionato dei tematismi legati al
proprio territorio e della Grande Guerra in particolare, da anni
porta avanti con passione e scientificità numerose ricerche sia sul
terreno che a livello di archivi privati e pubblici.
Ne sono scaturiti
importanti volumi, magnificamente illustrati, tra i quali spiccano
"Il Capitano sepolto nei Ghiacci" (per il quale ha curato in
particolare l'apparato iconografico ed il restauro delle oltre
duecento fotografie d'epoca), "Il Sentiero della Pace in Lombardia"
ed i più recenti "Battaglie per la Trafojer" e "Battaglie per il San
Matteo", libri di grande formato molto importanti nella storiografia
legata alla Prima Guerra Mondiale nell'Ortles Cevedale, sia dal
punto di vista documentale che iconografico, riportanti imponenti
archivi fotografici inediti.
Per questi ultimi,
Giovanni Peretti è stato insignito di due importanti riconoscimenti
a livello nazionale, il prestigioso Premio AMEDEO DE CIA 2007,
rivolto a coloro che, con le loro azioni ed opere, hanno saputo
tenere alto i valori dell'alpinità soprattutto nei confronti delle
nuove generazioni, ed il noto Premio Giornalistico Nazionale VAL DI
SOLE 2008, nella Sezione Speciale dedicata al 90° Anniversario della
Grande Guerra.
Altre significative
gratificazioni sono giunte da Milano, da Bergamo, da Sondrio, da
Firenze e con una non celata soddisfazione Giovanni Peretti, nel
ringraziare per l'ambito riconoscimento il Sindaco del suo Comune,
ha sottolineato il particolare piacere di ricevere proprio dalla sua
terra un'attestazione di stima per le disinteressate ricerche che
svolge da anni.
In questo caso, il
motto "nemo profeta in patria" è stato sfatato.
Nei cunicoli del forte con il Parco del Mincio
La
Gazzetta di Mantova - 31 ottobre 2008
Visita al Forte di Pietole, domenica, con il
Parco del Mincio. L’iniziativa si svolge nell’ambito del programma
di ‘Escursioni d’Autunno’ promosso dal Parco del Mincio con alcune
associazioni del territorio. Exploring Academy è l’associazione di
speleologi che negli ultimi anni ha studiato ed esplorato palmo a
palmo la struttura facendola riemergere dall’oblio. Sono proprio gli
esperti speleologi di Exploring Academy che domenica, consegnando
torce e caschi ai partecipanti, guideranno il gruppo di visita
attraverso cunicoli e stanze segrete raccontando anche i passaggi
della complessa storia del forte. Impegnativa la durata
dell’escursione completa: 7 ore di cammino cui si somma il tempo per
consumare il pranzo al sacco. Il percorso non presenta particolari
difficoltà ed è adatto anche ai bambini non troppo piccoli ma
prevede il passaggio in un lungo cunicolo nel quale è necessario
stare ricurvi. Previsto anche un percorso di due ore. L’escursione
si svolgerà a partire dalle 9.30 del mattino anche in caso di
maltempo (gran parte del percorso è al coperto) al costo di 10 euro
(le metà per l’itinerario più breve) prenotandosi al numero
333/9378780. Con un minimo di sei partecipanti, anche ogni prima
domenica dei mesi di dicembre, gennaio e febbraio.
Il calendario di ‘Escursioni d’Autunno’ prosegue domenica prossima
alle Bertone dove si festeggerà il termine della stagione di
apertura al pubblico del bosco giardino prima della pausa di risposo
invernale: caldarroste per tutti e visita guidata nel bosco giardino
dei mille alberi e delle cicogne per scoprire i colori dell’autunno.
Ultima tappa il 16 novembre con un appuntamento dedicato all’acqua e
alle arti preziose.
Rinasce
il forte della Grande guerra sul Col Badin
Messaggero
Veneto — 27 ottobre 2008 pagina 13 sezione: NAZIONALE
CHIUSAFORTE. Bastano
pochi minuti per raggiungere il forte corazzato sul colle Badin
dalla statale 13. Una struttura imponente, che fu costruita
dall’Esercito Italiano tra il 1904 e il 1907, dalla quale si può
avere una visuale mozzafiato della valle del Fella. Da qui, ieri, ha
preso il via il recupero della memoria storica di Chiusaforte, con
la posa della prima pietra del nuovo forte Col Badin. Una giornata
molto attesa dall’amministrazione comunale e dal sindaco Luigi
Marcon che, con il recupero del forte, contano di dare nuova linfa
al comparto economico-turistico della valle. Per questo hanno
investito molto in questo progetto, organizzando una cerimonia in
prossimità del 90º anniversario della fine della Grande Guerra. E
così, ieri a Chiusaforte, sono arrivati l’assessore regionale
Roberto Molinaro, il Soprintendente per i Beni architettonici del
Friuli Venezia Giulia Guglielmo Monti, alcuni storici, gli
amministratori della valle e moltissima gente comune. Tutti per
testimoniare la rinascita del forte corazzato, che sarà fatto
tornare a nuova vita grazie a due finanziamenti regionali che,
complessivamente, superano i 2 milioni di euro. Non si tratterà,
però, di una semplice ristrutturazione, in quanto molte parti del
forte resteranno segnate dal degrado, a testimonianza del
trascorrere del tempo. L’intenzione dell’amministrazione comunale,
in accordo con la “C&C architettura ingegneria srl” rappresentata
dall’architetto Fulvio Caputo, è quella di dar vita a un luogo della
memoria aperto al futuro, dove convivranno tra loro spazi museali e
ricettivi, sale espositive e zone di accoglienza per i visitatori. I
lavori di sistemazione, affidati all’Agriforest, termineranno alla
fine del 2009. «Il “gigante” di Chiusaforte si sta risvegliando – ha
commentato il sindaco Marcon – e, tra breve, sarà trasformato in un
luogo di esperienza condivisa, riservato ai turisti, agli
appassionati di storia e alle scuole. Sul Col Badin si potrà entrare
in contatto con una realtà museale basata su conoscenze emozionali e
sensoriali». Una visione condivisa anche dall’assessore regionale
Roberto Molinaro, che ha evidenziato l’interesse della Regione per
gli interventi di recupero del patrimonio storico del Friuli Venezia
Giulia: «Si tratta di manufatti risalenti ad un periodo storico di
cui le comunità dovrebbero riappropriarsi, che potranno essere
sfruttare come risorsa e motivo di attrazione. Per questo – ha
aggiunto – la Regione ha intenzione di creare una rete tra le varie
forticazioni, dal Carso al Friuli, per valorizzarle in maniera
complessiva. Il Comune di Chiusaforte – ha concluso Molinaro – si
trova ad affrontare una duplice sfida: restituire in termini di
fruibilità una testimonianza storica della Grande Guerra e
trasformarla in un luogo a vantaggio della comunità locale». A
posare la prima pietra del nuovo forte, sono stati proprio Marcon e
Molinaro, dopo aver firmato la pergamena che è stata sotterrata a
ricordo della cerimonia di ieri. Alessandro Cesare
Recupero del forte
sul colle Badin: stamane la posa della prima pietra
Messaggero Veneto
— 26 ottobre 2008 pagina 15 sezione: UDINE
CHIUSAFORTE. Comincerà
oggi, con la posa della prima pietra, il recupero architettonico del
Forte corazzato sul colle Badin, a Chiusaforte. Un avvenimento che
l’amministrazione comunale ha voluto celebrare con una giornata di
approfondimento storico dal titolo “Il futuro della memoria.
1904/2008”, a pochi giorni dal novantesimo anniversario della fine
della Grande Guerra. Il programma della giornata prevede, dalle 10
alle 12, nella sala convegni del Centro scolastico, la presentazione
del progetto di recupero del forte sul colle Badin. Dopo il saluto
del sindaco Luigi Marcon, interverranno l’assessore regionale
Roberto Molinaro e il Soprintendente per i Beni architettonici,
archeologici, artistici e storici del Friuli Venezia Giulia
Guglielmo Monti. Spazio poi all’approfondimento storico con le
relazioni di Roberta Cuttini (“Architetture della Grande Guerra: i
Forti del Tagliamento”) e Davide Tonazzi (“Forti e territorio:
Chiusaforte”), prima della presentazione del recupero da parte di
Fulvio Caputo (“La nuova vita di un vecchio Forte”). Dalle 14 alle
17 sarà possibile partecipare alle visite guidate al Forte Col Badin,
non prima però della cerimonia di posa della prima pietra. (a.c.)
Si è spento
l’ultimo Cavaliere di Vittorio Veneto
26 Ottobre 2008
il
Bersagliere Delfino Borroni
E'
morto ieri sera, a 110 anni compiuti da poco, Delfino Borroni, l'ultimo
cavaliere di Vittorio Veneto. Borroni, nato il 23 agosto 1898 a Turago
Bordone, piccolo paese nelle vicinanze della Certosa di Pavia, era
ospite di una casa di riposo per anziani in Lombardia. Arruolato nel
corpo dei bersaglieri come soldato semplice, venne mandato al fronte
sull'Altipiano di Asiago e visse le tragiche giornate di Caporetto.
Tornò a casa nel Natale del 1918. Tre anni
dopo fu assunto dall'azienda tranviaria e impiegato come macchinista sul
tram chiamato 'Gamba de Legn' che percorreva la linea
Milano-Magenta-Castano Primo, il paese dove ha abitato per moltissimi
anni, continuando a fare anche dopo la pensione il meccanico di
biciclette, la sua grande passione.
Altre informazioni in rete anche a questo
link
http://www.corriere.it/cronache/08_ottobre_26/borroni_morto_1dc9ba5e-a3a0-11dd-8d2c-00144f02aabc.shtml
Ci associamo ai numerosi
messaggi di cordoglio alla famiglia in riverente rispetto per questo
ultimo protagonista di quei tragici eventi.
Col Badin, memoria e futuro nella Fortezza
Messaggero Veneto — 24 ottobre 2008 pagina 19
sezione: CULTURA - SPETTACOLO
CHIUSAFORTE. A pochi giorni dal novantesimo anniversario della
fine della Grande Guerra, sta per essere ufficializzato il recupero
architettonico del Forte corazzato sul colle Badin. Domenica l’incontro
intitolato Il futuro della memoria. 1904/2008 richiamerà l’attenzione
sul Canal del Ferro con l’intervento di storici e politici e con la posa
della prima pietra della nuova struttura. Collocato su uno sperone
roccioso alle pendici del colle Badin, il Forte corazzato (in origine
“Fortezza Alto Tagliamento-Fella”, poi “Fortezza di Chiusaforte”) fu
realizzato dall’Esercito italiano tra il 1904 e il 1907. Disposto su
quattro livelli, comprendeva alloggi per la truppa e gli ufficiali,
quattro cupole corazzate per i cannoni, opere difensive (come gallerie
per fucilieri e cofani laterali per mitragliatrici), nonché edifici di
supporto e servizio (depositi per le munizioni, officine, e magazzini).
Il 24 ottobre 1917, durante la dodicesima battaglia dell’Isonzo,
l’esercito austro-tedesco ruppe il fronte italiano davanti a Plezzo e
Tolmino, e dopo cinque giorni i nostri contingenti si ritirarono
attraverso la valle del Fella. Il Forte ebbe il compito di opporre una
resistenza tenace. Dopo un violento fuoco di sbarramento e l’esplosione
finale con cui si fecero saltare i cannoni e le cupole, la guarnigione
si arrese alle truppe del 30° battaglione di Feldjager della 59° Brigata
alpina. Cominciò così il lento degrado del Forte, terminato nel 2001 con
il suo trasferimento come proprietà dal Ministero della Difesa al Comune
di Chiusaforte. Nel 2005 fu sottoposto a vincolo di tutela da parte del
Ministero dei beni culturali per le sue caratteristiche e per la
presenza di sistemi di difesa ravvicinati, innovativi per l’epoca in cui
fu realizzato. Grazie a un contributo regionale di 1,6 milioni di euro,
ora potrà essere risistemato. Ma non si tratterà di una semplice
ricostruzione di un manufatto utilizzato durante la Grande Guerra, bensì
di un luogo della memoria aperto al futuro, dove convivranno spazi
museali e ricettivi, sale espositive e zone di accoglienza per i
visitatori. Per questo i vari edifici subiranno un processo di restauro
differente: quelli destinati a ospitare a lungo le persone saranno
restaurati in maniera completa, mentre negli altri si fermerà, con
tecniche particolari, il processo di degrado e rimarrà leggibile
l’immagine di rovina e del trascorrere del tempo. L’obiettivo di questa
“strategia formale” è di mostrare la storia attraverso l’architettura:
dal periodo della guerra e dell’abbandono al momento della salvaguardia
e della valorizzazione. La ristrutturazione si concretizzerà in tre
fasi: il restauro architettonico degli edifici, l’allestimento di un
museo della memoria, la sistemazione degli spazi esterni e degli accessi
a valle. La struttura accoglierà comitive studentesche, studiosi o
turisti che, visitando il percorso, potranno conoscere le vicende
belliche che si sono svolte nei territori circostanti e informarsi sulla
vita e sulle abitudini della comunità durante quel periodo. Agli ospiti
sarà dato non solo “ristoro” culturale, ma anche la possibilità di
soggiornare e di pernottare. Alle esposizioni permanenti si
affiancheranno mostre temporanee e i locali interni potranno accogliere
riunioni, piccoli convegni o incontri conviviali. Domenica il programma
prevede, dalle 10 alle 12, nella sala convegni del Comune di Chiusaforte,
la presentazione del progetto di recupero del Forte. Spazio poi
all’approfondimento storico mentre nel pomeriggio, dalle 14 alle 17,
sarà possibile partecipare alle visite guidate al Forte Col Badin, al
termine della cerimonia di posa della prima pietra. Una giornata
organizzata dal Comune con la collaborazione e il sostegno della
Regione, della Soprintendenza del Friuli Venezia Giulia, della Comunità
Montana e della Fondazione Crup. Alessandro Cesare
Quella spia del dopo Caporetto
il Corriere delle Alpi — 23 ottobre 2008 pagina
37 sezione: SPETTACOLO
«Missionari» venivano chiamati, con enfasi patriottica e riconoscenza
quasi religiosa, quegli agenti segreti che durante la Grande Guerra,
dopo Caporetto, volontariamente si offrivano di farsi trasportare oltre
le linee nemiche per raccogliere notizie sui movimenti e sullo spirito
delle truppe occupanti. Scendevano in territorio invaso in punti già ben
studiati in precedenza, vestiti da soldati, per evitare l’immediata
fucilazione in caso di cattura. Erano però provvisti anche di abiti
civili, carte d’identità, lasciapassare austriaci falsi, gabbiette di
piccioni viaggiatori e materiale vario. Dopo aver raccolto il maggior
numero di notizie possibile ed averlo trasmesso con segni convenzionali
ai nostri ricognitori o più spesso tramite piccioni, essi dovevano venir
recuperati da nostri aerei o, nella peggiore delle ipotesi, cercare di
raggiungere le nostre linee sul Piave a piedi o via mare. Quello che
però è rimasto defilato alla storia ufficiale e sconosciuto agli stessi
cadorini è che il creatore ed organizzatore di tutte le attività
dell’Ufficio Informazioni della III Armata, dai primi combattimenti sul
Carso fino alla rivincita sul Piave, fu un grande amico del Cadore.
Intendiamo parlare di Ercole Smaniotto, nato a Livorno nel 1875,
Sottotenente nel 1896, Aiut. Magg. in seconda al 7º Alpini, da sempre
legato alle montagne del Veneto e del Trentino. Fu proprio grazie ai
suoi rilevamenti orografici e ai suoi studi di fortificazione, che egli
nel 1911 venne promosso Capitano per meriti eccezionali, con l’incarico
di costituire presso la Div. Mil. di Verona l’Ufficio “Monografie del
Terreno”. Trasferito a Milano alle dirette dipendenze del Sotto Capo di
Stato Maggiore Gen. Porro, divenne responsabile della segreteria di
quella sezione del Servizio Segreto Militare Italiano, che raggiunse il
suo culmine operativo nel 1913 e che rivaleggiò col servizio segreto
dell’esercito austriaco. Fu grazie ad un paziente lavoro di ricognizione
sul terreno e di successive rielaborazioni che fu pubblicata nel 1912 la
serie di Guide Militari che visualizzavano in chiari itinerari strade e
sentieri di montagna di Veneto e Trentino. Così ricordava il Col.
Smaniotto un suo amico, il Magg. Trener: “Figura alta, viso pallido,
occhi penetranti, intelligenti e buoni, passo svelto, più da uomo molto
occupato che marziale. Parla poco quando non occorre, ma è d’indole
comunicativa, non però con tutti”. Egli si segnalava per la sua capacità
di trattare con gli ufficiali richiamati e coi volontari irredenti,
scegliendo gli “agenti” giusti e distinguendosi nell’ammodernamento del
servizio: per esempio introdusse il metodo di analisi stereoscopica
delle fotografie ed adottò in larga scala il sistema della fotografia
aerea dei territori, il lancio dei piccioni, le missioni speciali...
Morì il 20 ottobre 1918 per “spagnola”, attorniato dai suoi amici
(Gigante, Simoni, Fabbroni, Kobelinsky, don Costantini), e fu sepolto a
Mogliano Veneto, alla presenza del Duca d’Aosta. Il servizio svolto
dallo Smaniotto contemplava anche gli interrogatori dei prigionieri, le
intercettazioni telefoniche (il 14 giugno 1918 la stazione di
intercettazione di M. Spinoncia captò il giorno e l’ora dell’offensiva
austriaca prevista per quello stesso mese), l’uso di palloni frenati, il
servizio propaganda dopo Caporetto, la costituzione della legione boema
per dar voce alle parole dei czechi disertori... Ma è proprio dopo
Caporetto che lo Smaniotto scelse di battere la via delle missioni
speciali e pensò anzitutto all’uomo giusto, a Camillo De Carlo, da lui
già notato al Comando Aeronautico della III Armata, ma che ricordava
ancora giovanetto quando lo aveva conosciuto in una villeggiatura a
Pieve di Cadore. Fu a Villa Favier, il 15 gennaio 1918, che il Col.
Smaniotto offrì al De Carlo l’affascinante dilemma “forca o gloria?”, da
cui sarebbero nate tutte le sue imprese. Ma esiste un secondo aggancio
col Cadore, che risale anzi ad alcuni anni prima, e precisamente al
1907, quando lo Smaniotto, allora Tenente, sfruttava le sue conoscenze
“affettive” della nostra regione per redigere importanti studi di
fortificazione, che poi furono sfruttati, e almeno parzialmente
realizzati, dal Mag. Ferdinando Pecco, il “padre” della Fortezza
Cadore-Maè. Egli cercò di rispondere al quesito, in quegli anni invero
assillante, della posizione migliore per un nuovo forte corazzato in
grado di dar protezione all’opera bassa (ed obsoleta) di Col Piccolo.
Come sappiamo, prevalse in seguito l’idea di fortificare Tudaio e Col
Vidal, ma lo Smaniotto patrocinò allora la regione “Pragrande”, a quota
1700, sulle pendici di Monte Col, a sud-est di S.Stefano. Come si può
evincere dalle sommarie notizie, lo Smaniotto fu senz’altro uomo
poliedrico ed attivo, legato sempre al nostro Cadore da vincoli di
affetto e di lavoro, in un nesso unico di profonda conoscenza del
territorio e soprattutto di indubbia fede nella forza e virtù dei suoi
abitanti. Walter Musizza Giovanni De Donà
Grande Guerra e i forti sul
Tagliamento
Messaggero Veneto
del 18/10/08
RIVE D’ARCANO. Si terrà oggi,
alle 10, nel Forte Col Roncone di Rive d’Arcano (sulla strada panoramica
Fagagna-San Daniele) il convegno storico che avrà come tema “I forti del
Tagliamento nella Grande Guerra in Friuli”, organizzato
dall’Associazione Military Historical Center di Udine. Interverranno il
professor Gianluca Volpi, il dottor Marco Pascoli e l’architetto Roberta
Cuttini. I forti del Tagliamento rappresentano un patrimonio culturale
di indiscussa rilevanza per la funzione che in quel periodo storico, e
nel nostro territorio di confine, hanno rivestito. Il convegno rientra
in un percorso storico-culturale che l’Associazione sta portando avanti
da diversi anni con lo scopo di recuperare e mostrare al pubblico
preziose testimonianze della prima guerra mondiale, in cui il Friuli
Venezia Giulia ha avuto un ruolo importante.
Forte Mezzacapo, operazione
pulizia
la Nuova di Venezia — 17
ottobre 2008 pagina 24 sezione: CRONACA
ZELARINO. Vogliono che Forte
Mezzacapo resti un patrimonio per la collettività, in particolare per la
comunità di Santa Lucia Tarù. Per questo motivo ieri un gruppo di
rappresentanti di associazioni ha deciso di cominciare a pulire
perlomeno l’area esterna della struttura militare, in fase di passaggio
al Comune. Atto di forza che ha un preciso valore simbolico: chi vive da
queste parti rivendica questo spazio, contrario a soluzioni come quella
della «farm», prospettata dalla presidente di Chirignago-Zelarino, Maria
Teresa Dini. Due le associazioni maggiormente impegnate nel blitz. Sono
«Dalla guerra alla pace» e il comitato civico di Santa Lucia Tarù. Hanno
superato la sbarra che dà su via Scaramuzza e hanno cominciato a
ripulire dalle sterpaglie l’area attorno al vecchio alloggio del
maresciallo comandante. L’irruzione è soprattutto formale e simbolica,
visto che penetrare nel Forte è un gioco da ragazzi. In questo periodo,
poi, ci sono anche i cacciatori che ci bazzicano, con tanto di fucile a
tracolla e cani da riporto. Per ora i cittadini si limiteranno a pulire
l’area esterna. «Questo deve essere uno spazio per la collettività -
spiega Vittorio Darisi, presidente dell’associazione “Dalla guerra alla
pace” - Qualcuno dovrebbe ricordarsi che al momento la realtà di Santa
Lucia Tarù non ha nessun luogo di socializzazione». A ribadire il
concetto è anche Albino Ghedin, vicepresidente del comitato di Santa
Lucia Tarù. «Con il nostro ingresso al forte, con i lavori che stiamo
facendo - afferma - vogliamo rivendicare il fatto che sentiamo nostra
questa struttura». La situazione generale al Mezzacapo è difficile. Il
complesso, enorme, presenta più criticità, a cominciare dal deposito
nell’area esterna crollato in parte per l’incuria. Dentro è ancora
peggio. Su quattro baracche in legno, con componenti in amianto, tre
sono crollate al suolo anche per effetto di un temporale particolarmente
violento di questa estate. Ci sono anche zone apparentemente a posto,
come il blocco a un solo piano che una volta ospitava le camerate: parte
del tetto, però, è stata danneggiata tre anni fa da alcuni ordigni fatti
esplodere dagli artificieri dell’esercito. Le potenzialità del
complesso, però, sono grandi, considerando anche che Forte Mezzacapo si
estende su un’area davvero grande. E l’associazione «Dalla guerra alla
pace» rilancia una proposta: ripristinare il vecchio fossato, una misura
che garantirebbe un migliore equilibrio idraulico a tutta questa zona.
Fine settimana con il
Marciât da Vile
Messaggero Veneto — 17
ottobre 2008 pagina 19 sezione: UDINE
VILLA SANTINA. Ritorna il Marciât da Vile, la più antica fiera della
Carnia, che con le sue centinaia di bancarelle e giostre, l’area
agroalimentare, la mostra dell’artigianato e il mercatino delle pulci
“Il Baule della Nonna” richiama per ogni edizione migliaia di
visitatori. Il mercato, organizzato dal comune in collaborazione con la
Pro Loco, le associazioni locali ed il Parco intercomunale delle colline
carniche, un tempo punto di ritrovo degli abitanti delle Valli Degano e
del Tagliamento, attira anche ai giorni nostri gente anche dalle altre
vallate della montagna e dalla pianura friulana. Un mercato che dura tre
giorni, da sabato sino a lunedì 20 ottobre compresi, con musica e balli,
giochi ed animazione per i più piccoli. Il programma: prevede con inizio
alle 9 nel piazzale della stazione la riscoperta dei sapori tradizionali
di un tempo e dei prodotti dell’artigianato con attività dimostrative e
con lavorazioni dal vivo a cura degli Amici dell’A.R.T.E. per i più
piccini nel parco sarà a disposizione il castello di Fantasilandia con
spettacoli e sorprese. Il centro sociale propone sculture di acqua: le
grotte della Carnia a cura del Museo geologico della Carnia di Ampezzo.
Ogni pomeriggio durante le tre giornate, sarà inoltre possibile prender
parte a delle gite guidate alle fortificazioni del vallo littorio in
località Plera con l’associazione Xma Regio Italica. Domenica
pomeriggio, alle 14, nel parco si esibirà la scuola di ballo Happy Dance
Studio mentre lunedì 20 ottobre alle 9 sarà proposto un laboratorio
didattico per i bambini dai 6 ai 10 anni. Per tutta la durata della
fiera nelle sale del municipio funzionerà una ricca pesca di
beneficenza. (g.g.)
La caduta dei fortini
il Corriere delle Alpi — 17
ottobre 2008 pagina 41 sezione: SPETTACOLO
Le truppe occupanti del Feldmaresciallo Boroevic, dopo aver vagliato
nella primavera 1918 la possibilità di prelevare le cupole corazzate dei
nostri forti (mod. Armstrong, spessore mm 140, in acciaio al nichelio
superiore al 3%, a M. Tudaio, Col Piccolo, Col Vidal, Pian dell’Antro,
M. Rite) e di portarle presso i loro stabilimenti Skoda, Poldihutte,
Resicza ecc., al fine di riciclarle in funzione del disperato bisogno di
acciaio palesato dall’impero austro ungarico, decisero ai primi segnali
di cedimento del fronte sul Piave, di distruggerle sul posto per non
lasciarle al nemico, come fatto invece da di Robilant e Piacentini al
momento della ritirata di Caporetto nel novembre 1917. Apposite squadre
di artificieri arrivarono in Cadore per la bisogna e il 12 ottobre si
sistemò all’Albergo “Lozzo” un gruppo di 84 uomini incaricati del
sabotaggio ed evidentemente tanto esperti di fuoco da provocare la sera
stessa del loro arrivo, verso le 21.30, un incendio che rovinò parecchie
camere. La prima vittima fu Batteria Castello, presso Pieve di Cadore,
distrutta alle ore 17 del giorno 16 ottobre, mentre Forte Monte Ricco,
poco discosto dal primo, subì tre esplosioni, rispettivamente alle 17.30
dello stesso giorno, alle 16 del 17 e alle 10.30 del giorno 28, con una
esiziale pioggia di detriti sull’abitato di Sottocastello. Col Vaccher
saltò invece alle 10.45 del giorno 18 dopo ché gli austriaci avevano
fatto evacuare la popolazione di Tai e Valle. Al momento dello scoppio,
ricordavano alcuni testimoni, si vide la parte superiore del forte
aprirsi a mò di garofano seguita, qualche secondo dopo, da un rumore
sordo. Col Piccolo, presso Vigo, fu distrutto alle 11 del 19 con spicchi
delle corazze finiti a 500 metri di distanza e notevoli danni alle case.
Non servì infatti far notare al nemico che si trattava di opere di
difesa ormai inutili, la cui distruzione non rivestiva più alcun senso
tattico, e nulla potè nemmeno la presenza nelle case vicine di molti
civili ammalati di spagnola ed impossibilitati ad abbandonare i loro
letti. Il sindaco di Vigo, nella “Relazione sulle violazioni ai diritti
delle genti”, datata 27 dicembre 1918 avanzò l’ipotesi che le esplosioni
fossero state volute dagli austriaci per distruggere il maggior numero
possibile di edifici civili e poter così espletare con agio l’ultima
spoliazione, quella della “staffa”. Analoga sorte, sempre nel periodo
compreso tra il 16 e il 26 ottobre 1918, toccò ai forti di Pian
dell’Antro e di M. Tudaio, dove le operazioni conobbero qualche intoppo,
costringendo gli artificieri austriaci a salire più volte sulla cima e
perfino a litigare tra loro per le difficoltà incontrate nell’indovinare
il “botto” vincente. Come si può desumere anche da queste notizie, il
nemico “programmò” davvero la sua ritirata, facendo con calma e con
largo anticipo sui tempi dell’Addio al Cadore ciò che noi, nel bailamme
del dopo Caporetto, non fummo in grado di fare, per ragioni di ordine
materiale e psicologico. Quando, tra le 14 e le 14.30 del 4 novembre
1918, arrivarono a Pieve le nostre autoblindomitragliatrici Lancia (15^
squadriglia della 5^ Sezione della I Divisione) trovarono tutti i nostri
forti distrutti, ed anzi già divenuti meta di “escursioni” da parte dei
locali, alla ricerca di qualche cosa utile in mezzo alle macerie. Non
sappiamo se nel fumo delle esplosioni tutti i cadorini abbiano
riconosciuto, come voluto da un cronista dell’epoca, la figura di Cecco
Beppe balzante dagli abissi, ma certo possiamo constatare comunque che
quella fine ingloriosa poneva davvero fine al capitolo della Fortezza
Cadore-Maè, alla cui ombra e sotto la cui egida il Cadore tutto conobbe,
dal 1882 in poi, solo amarezze e delusioni. Walter Musizza Giovanni De
Donà
l Comune sta diventando più Forte
la Nuova di Venezia — 10
ottobre 2008 pagina 24 sezione: CRONACA
ZELARINO. Il Comune ora non può tirarsi indietro sulla partita dei forti
Mezzacapo, Gazzera e Pepe. Nei giorgi scorsi è stato siglato il rogito
che segna il passaggio all’amministrazione comunale del lotto
comprendente le tre basi, finora sotto il controllo del Demanio
militare. L’ultimo passaggio perché la vicenda si possa definire
conclusa spetta alla Corte dei Conti, che dovrà solo registrare
l’avvenuto accordo tra le parti derivante dal rogito. Una formalità,
insomma, visto che ora l’attenzione si sposta tutta sull’utilizzo dei
forti, in particolare Mezzacapo e Gazzera. Quelli all’interno del
territorio di Chirignago-Zelarino. Situazione attuale. Tralasciando
forte Pepe, tra le altre due ex basi dell’esercito quella in condizioni
migliori è senza dubbio forte Gazzera. Da anni è diventato un punto di
aggregazione e promozione culturale, tanto che domenica scorsa ha
ospitato le iniziative cittadine legate alla giornata mondiale
dell’alimentazione. Diversa la situazione del Mezzacapo, situato in via
Scaramuzza a Zelarino. La struttura è in stato di abbandono da anni e in
occasione di un’ondata di maltempo che ha colpito la città un paio di
mesi fa è crollata una delle baracche, aumentando il rischio di
inquinamento da amianto. Azione urgente. Questo ultimo fatto è a
conoscenza di Municipalità e Comune, con quest’ultimo che già sta
predisponendo un piano di azione. L’assessore al Patrimonio Mara Rumiz,
infatti, ha spiegato che si sta già pensando di inserire nel bilancio
2009 le adeguate risorse economiche per effettuare la bonifica al
Mezzacapo. Sui costi relativi all’operazione non ci sono ancora stime,
in passato però era stato ipotizzato un esborso di 20.000 euro. Somma
che rischia di non poter bastare, visto che le condizioni della parte
interna con il passare del tempo si sono fatte sempre più precarie.
Futuro prossimo. Il passaggio effettivo dei forti porterà a un aumento
delle attività svolte al loro interno. E per il Mezzacapo
Chirignago-Zelarino ha già qualche idea. Una potrebbe essere la
riconversione della vecchia base dell’esercito in un polo per
l’agricoltura locale. «Il principio è quello della farm - spiega Maria
Teresa Dini, presidente della Municipalità - ovvero un punto dove le
esperienze degli agricoltori possono essere messe in rete e dove può
anche essere prevista la possibilità della vendita diretta dei
prodotti». In ogni caso, tutti i progetti potranno essere valutati ed
eventualmente applicati solo dopo la bonifica in profondità dell’intera
area di forte Mezzacapo. (Maurizio Toso)
«Lido ciclabile, ecco tre
percorsi da attuare»
la Nuova di Venezia — 13
settembre 2008 pagina 19 sezione: NAZIONALE
LIDO. Una serie di piste ciclabili e
percorsi di durata e lunghezza variabile per permettere a chi - turista
o abitante - vuole trascorrere una giornata in bicicletta nelle isole
del Lido e, in seguito, anche al Pellestrina, di farlo in tutta
tranquillità. Questa è la proposta che, in seguito anche agli ultimi
gravi incidenti avvenuti nelle isole, lanciano gli addetti ai lavori dei
noleggi biciclette dell’isola. «L’idea è nata dalle continue lamentele
dei clienti, specialmente stranieri - spiega la signora Patrizia di «lidoonbike»,
ideatrice dell’iniziativa - che si rammaricano del fatto di arrivare in
un’isola adatta alle piccole scampagnate su due ruote e trovare solo
piccoli tratti adibiti alle biciclette. In più, troppo spesso, quando
riportano i mezzi che noleggiamo, tornano da noi con escoriazioni dovute
a cadute per evitare scontri con le automobili o per lo stato a tratti
pessimo del manto stradale». Da queste considerazioni è nata l’idea -
per ora semplice proposta «su carta» ma con la possibilità concreta di
una futura attuazione - di individuare dei percorsi alternativi alle
zone di maggiore traffico di vetture, ma che tocchino l’intera isola
mostrando ai turisti le bellezze del Lido. «Abbiamo disegnato tre
percorsi - dice ancora Patrizia - con itinerari da una, due e tre ore,
che vanno in pratica a coprire l’intero arco del Lido, dall’aeroporto
alle fortificazioni degli Alberoni. Per ora le distribuiamo ai nostri
clienti come possibili «idee», specificando che non si tratta ancora di
percorsi specifici per le biciclette, ma ci piacerebbe che l’idea avesse
un seguito, e che almeno alcune delle idee da noi proposte diventassero
realtà, a partire magari dalla futura riorganizzazione della porta
acquea del Piazzale». «Le piste ciclabili attrezzate intorno a Venezia
si fermano per adesso a Punta Sabbioni - spiega Claudio, trentenne
cicloamatore udinese che ha già girato in bicicletta mezza Europa - e
sarebbe decisamente bello avere la possibilità, una volta lì, di
imbarcare il proprio mezzo sulla motonave e proseguire il viaggio con
Lido e Pellestrina per giungere a ricongiungersi, passata Chioggia, alle
zone del Padovano». (Massimo Tonizzo)
la Nuova di Venezia — 11 settembre 2008 pagina
14 sezione: ALTRE
Stupendi i forti ma perché tutto quel degrado? Da sei estati trascorro
le mie vacanze al campeggio Stella Maris, assieme ad un gruppo di
connazionali e, sempre più, abbiamo imparato a frequentare e conoscere
il territorio di Cavallino-Treporti iniziando a conoscerne le
caratteristiche e la storia. Dall’ufficio informazioni del campeggio
avevamo saputo delle molte fortificazioni ex-militari qui esistenti, con
un maestoso forte costruito durante la reggenza asburgica del
Lombardo-Veneto da parte dell’Austria, nostro Paese d’origine. Ho poi
acquistato alcune copie del buon libricino-guida, fortunatamente per i
miei amici scritto anche in tedesco e intitolato «La batteria Amalfi
nella Grande guerra» di Furio Lazzarini e pubblicato dalla locale
associazione «Forti e musei della costa». Assieme ad una decina di altre
persone interessate, ho quindi organizzato una gita sui forti, seguendo
la mappa e le puntuali indicazioni e avvertenze contenute nel libro.
Tutti i partecipanti hanno espresso sorpresa e meraviglia per
l’importanza di queste opere militari, a molti di noi del tutto
sconosciute, alcune di imponenti dimensioni e dalle architetture più
disparate, ma nel frattempo abbiamo anche verificato le pessime
condizioni in cui giacciono questi edifici storici, tra incuria,
vandalismi e vegetazione che li stanno distruggendo. Come per noi,
pensiamo risulterebbero molto interessanti per le migliaia e migliaia di
turisti che scelgono Cavallino per le vacanze, e abbiamo chiesto
spiegazioni rivolgendoci a vari interlocutori. Le risposte sono state le
stesse dell’anno scorso o del precedente ancora dove, sostanzialmente,
la questione del recupero e fruizione pare dipendere dalla burocrazia,
dalla mancanza di fondi o piuttosto dalla volontà politica, ma ci
rassicurano che, prima o poi, partiranno dei progetti e cominceranno dei
lavori. A noi resta invece la sensazione che si farà poco, oppure
proprio niente, e ci chiediamo quindi se possiamo in qualche modo
renderci utili. Torneremo ad ogni modo qui in vacanza, anche nella
prossima estate, ma stavolta sperando cambi davvero qualcosa! Gottfried
Niedrist Austria Kriminalpol Innsbruck Il maestro unico: mille
insegnanti in meno A pochi giorni dall’apertura dell’anno scolastico,
quasi a tradimento, è comparso sulla Gazzetta Ufficiale il decreto legge
che contiene un articolo che reintroduce la figura dell’insegnante unico
nella scuola elementare riportando indietro il mondo della scuola d’un
sol colpo, senza alcuna discussione nel Paese e in Parlamento. Il Dl
137/08 cancella i moduli e il tempo pieno nella scuola elementare. Hanno
fatto una «riforma» di «nascosto», con un decreto legge, cosa senza
precedenti, un disastro fatto solo per fare cassa a spese delle
opportunità e delle speranze dei bambini. Nell’anno scolastico
2009/2010, nel solo Veneto, verranno lasciati a casa 320 insegnanti in
relazione alla prima classe delle primarie e se il provvedimento dovesse
rimanere in essere, si prevede, a regime, la riduzione di altri 1000
insegnanti nel quinquennio, mentre l’attuale complessità culturale
richiederebbe, in modo più pressante che mai, la disponibilità di
persone che collaborino ad una formazione integrale e integrata, fatto
completamente ignorato da questo governo. Ci chiediamo cosa intenda fare
la giunta del Veneto qualora il Dl venisse malauguratamente convertito
in legge e come intende evitare il declino della scuola veneta
valorizzando la tanto auspicata e sbandierata voglia di autonomia
nell’organizzazione scolastica regionale. Claudio Rizzato Andrea Causin
consiglieri regionali Pd L’ora di religione confronto interculturale La
proposta dell’assessore all’Istruzione della Regione, rendere l’ora di
religione (tutte) obbligatoria, inserita nell’educazione civica, è
sicuramente valida a patto che venga insegnata da docenti laici. Quanti
di noi conoscono bene la religione cattolica, e quanti conoscono le
differenze dalle altri religioni se non a grandi linee? In primo luogo
penso, indipendentemente dalla propria fede, sia giusto e doveroso anche
per i non credenti conoscere le varie religioni, anche in prospettiva
che l’Italia diventerà sempre di più una società multiculturale e
multietnica. Al mondo esistono religioni monoteiste e non (dal greco
unico, un solo Dio): ebraismo, cristianesimo e islamismo. Il
cristianesimo, nato nel 200 d.C., nel tempo ha subìto delle scissioni ed
è nata l’ortodossia, diffusa in Grecia e in Russia. L’ora di religione,
più che insegnare quanto precedentemente detto, si dovrebbe focalizzare
soprattutto nella storia di Gesù come uomo e non come Profeta. Chi era
Gesù? Dove è nato? Qual è il suo vero nome? Esistono studi da parte di
biblici di fama mondiale, che attraverso reperti e documenti storici
sono riusciti a dare delle risposte. Le varie religioni, poiché sono di
parte, ci raccontano ciò che loro hanno selezionato e non tutto: per
esempio la Chiesa cattolica ci parla dei Vangeli canonici ma non ci dice
quanti sono (attualmente sono almeno dieci), l’ultimo è stato ritrovato
negli anni ’50 del secolo scorso. Ai contrari e agli scettici, a tale
proposta dico: l’ora di religione inserita nell’educazione civica è
quantomeno un arricchimento del proprio bagaglio culturale. Pertanto
auspico che la proposta diventi legge regionale. Gennaro D’Ambrosi
Venezia
Pasubio 2008 Gara Unuci tra militari in congedo
da Il Giornale di
Vicenza del 10 settembre 2008
In occasione della
ricorrenza del 90° dalla fine della Grande Guerra la sezione Unuci di
Schio organizza una gara di orientamento denominata "Pasubio 2008", il
12 e 13 settembre. La gara riservata a pattuglie militari in servizio e
in congedo ha visto l'adesione di squadre straniere, di molte Sezioni
Unuci d'Italia e delle Associazioni Combattentistiche e d'Arma.
L'impegno delle Squadre
sarà con una marcia notturna e con la ricerca di vari punti dal Passo di
Pian delle Fugazze al rifugio Papa dove sarà allestito il pernottamento
per i partecipanti alla suggestiva gara. Il giorno dopo le pattuglie si
cimenteranno con cartina topografica, bussola e goniometro nel
ritrovamento e descrizione di vari obiettivi di cui alcuni Sacri alla
Patria sul Pasubio ed infine con la discesa attraverso le 52 gallerie
dove anche qui avranno diversi obiettivi da ricercare e illustrare nella
scheda di gara.
Giudici della gara
saranno Gianfranco Ciancio, i Cap. Fabrizio Frassoni, Cap. Antonio
Garello e il Ten. Carlo Bettanin unitamente al Cap./le Marco Tirapelle.
L'organizzazione sanitaria sarà assicurata dal S.Ten.di Vasc. Salvatore
Bartolomeo e dalla Croce Rossa Italiana di Schio.
A
villa Dolfin onore al Grappa e alla sua Armata
da Il Giornale di
Vicenza del 10 settembre 2008
Il parco antistante la
settecentesca villa Dolfin di Rosàha fatto da cornice, nella serata di
venerdi scorso, ad una riuscita commemorazione dei 90 anni della canzone
del Grappa. L'inno, divenuto un simbolo nazionale, è stato eseguito per
la prima volta il 24 agosto del 1918, nel parco di villa Dolfin, in
occasione di una parata militare svoltasi in onore degli eroi della IV
Armata del Grappa, alla presenza del re Vittorio Emanuele III, del
Generale Diaz e del vescovo di Vicenza, mons. Rodolfi.
L'iniziativa, che ha
registrato un pubblico numeroso, è stata portata avanti dalla banda
locale e dal Teatro Montegrappa, con il contributo dell'Amministrazione
comunale che ha stanziato la somma di mille euro per le spese
organizzative. Si è trattato di una rievocazione storica, poetica e
musicale del celebre evento, con un omaggio particolare ai Caduti
rosatesi della Grande Guerra, fra cui Nicodemo Bertorelle e Antonio
Alessio, a cui sono state dedicate due importanti strade di Rosà.
Gli artisti del "Teatro
Montegrappa" hanno interpretato in modo magistrale alcune pagine di
storia tratte dal libro "Diario di guerra di un parroco di campagna",
edito nel 1978. Si tratta di una testimonianza viva, quotidiana, legata
sia ad episodi di Caporetto, che alla controffensiva che ha registrato
l'eroismo dei nostri arditi sul Grappa e sull'Altopiano. Negli
intervalli, poesie legate alla Grande Guerra. A rendere più suggestiva
la serata, la riproduzione dell'ospedale militare, allestito dai
figuranti del quadro militare della Ballata del Millennio
dell'Associazione Pro Bassano, con la rievocazione della visita della
regina Elena. Una voce di gioia e di speranza per un futuro migliore è
giunta dal coro "Voices of Joy" di Cusinati, diretto da Marianna
Bordignon, che ha incantato il pubblico con la presentazione di brani
tratti dal repertorio di Bepi De Marzi e dei Beatles.
Non poteva mancare il
concerto della banda Montegrappa, diretta da Mario Bonzagni, che ha
concluso il repertorio con l'inno nazionale. Il gruppo musicale ha avuto
in consegna dai Dolfin, gli strumenti usati per la prima esecuzione
della canzone del Grappa. Poi, questi, passarono alla banda parrocchiale
che giustamente ha preso il nome di Montegrappa, da quel celebre evento
del 1918. La serata si è conclusa con una fiaccolata che ha accompagnato
la banda fino al centro di Rosà. I festeggiamenti sono proseguiti
domenica con il ritrovo nel parcheggio della palestra Balbi e la sfilata
e l'omaggio al monumento dedicato al cap. Meneghetti, autore della
canzone del Grappa, su testo del gen. Emilio De Bono. E' seguita la
sfilata e la commemorazione ufficiale in piazza Card. Baggio. Messa
solenne in duomo e poi rinfresco nella sede degli alpini di via
Schallstadt.
I forti entrano nella guida del Touring
la Nuova di Venezia — 03 settembre 2008 pagina
18 sezione: CRONACA
Al via l’operazione di promozione del campo trincerato di Mestre.
L’operazione, costata 20 mila euro, è stata presentata ieri mattina a
Forte Marghera dall’assessore comunale alle Politiche ambientali
Pierantonio Belcaro e dal presidente di Marco Polo System Pietrangelo
Pettenò. Il campo trincerato, 10 forti presenti nel territorio comunale
e due nell’hinterland (Mira e Spinea), sarà pubblicizzato a livello
nazionale entrando a far parte delle nuove edizioni del manuale del
Touring Club Italiano e della guida Mondadori Musei d’Italia. Entrambe
le pubblicazioni saranno pronte entro ottobre. Per la promozione a casa
nostra è stato predisposto un dépliant informativo che sarà distribuito
in 5.000 copie. Con la stessa tiratura è stata avviata la pubblicazione
di una newsletter, che darà spazio a tutte le iniziative culturali e
ricreative che saranno promosse nei vari forti. Entro fine settembre
sarà aggiornato il sito www.campotrincerato.it. A Forte Carpenedo e a
Forte Marghera saranno inoltre messe a disposizione dei visitatori delle
guide audiovisive in Mp3 in italiano, inglese e tedesco. Finita la fase
sperimentale l’idea è estendere l’iniziativa a tutti gli altri forti.
Sono state inoltre formate tre guide con corsi di 40 ore, che renderanno
più interessanti le visite guidate alle storiche fortificazioni. «Il 19
settembre - hanno spiegato Belcaro e Pettenò - scadrà il pre-bando per
la gestione di Forte Marghera». Ma alcune ali della fortificazione
napoleonica sono fortemente danneggiate, ci sono dei fondi per i
restauri? «Il bando - precisa l’assessore - prevede che chi gestirà il
forte lo debba anche restaurare, con lavori da 60 milioni di euro». Una
cifra notevole, ci sarà qualche soggetto con tale disponibilità e
l’interesse ad investire? «Noi abbiamo lanciato il bando, poi valuteremo
le proposte». Per Pettenò «sono 20 mila all’anno i visitatori richiamati
complessivamente dal campo trincerato». Una cifra a cui secondo
l’assessore vanno aggiunte le 15/20 mila presenze paganti richiamate ad
aprile dalla fiera «Nature». (Michele Bugliari)
Tondo: il forte del Monte Festa è un sito di valore
mondiale
Messaggero Veneto — 03 settembre 2008 pagina 10
sezione: UDINE
CAVAZZO CARNICO Il 26 ottobre 1917, mentre le truppe italiane si
ritiravano da Caporetto, il capitano di complemento Riccardo Noel
Winderling eseguì un ordine del Comando d'Artiglieria del XII Corpo
d'Armata, lasciando la guida di un gruppo di artiglieri sul Pal Piccolo
per assumere quella del Forte di Monte Festa (a quota 1050 metri), tra
il lago di Cavazzo e la conca di Carnia, con l'incarico di renderlo
immediatamente operativo per opporre la massima resistenza all'avanzata
austriaca. Quei duecento uomini che presero possesso della
fortificazione sul Monte Festa, fatta costruire nel 1910 proprio allo
scopo di assicurare la difesa dei confini orientali da un'eventuale
invasione nemica e dotata di otto cannoni a lunga gittatae di altri
armamenti secondari, riuscirono a proteggere adeguatamente, dal 30
ottobre al 7 novembre, la ritirata delle divisioni italiane verso
Vittorio Veneto.Oggi, a distanza di oltre novant'anni da quella storica
impresa, il presidente del Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo,
accompagnato dal consigliere regionale Luigi Cacitti, dal sindaco di
Cavazzo Carnico, Dario Iuri, e dalla Guardia Forestale, ha visitato il
Forte di Monte Festa che si vuole recuperare quale sito storico
mondiale, rendendolo ufficialmente accessibile alle visite anche grazie
alla riapertura, qualche mese fa, della strada di accesso da Interneppo.
«Non esistono altre testimonianze così rilevanti della I Guerra Mondiale
come quelle che si trovano sul nostro territorio - ha affermato Tondo
durante il sopralluogo - e proprio per questo abbiamo il dovere e
l'interesse di valorizzarle al massimo, recuperando e mettendo a
disposizione di tutti i visitatori siti ad alto impatto storico come
quello del Monte Festa che, tra l'altro, fa parte dell'affascinante
compendio del lago di Cavazzo Carnico».
Il Vallo Alpino attira visitatori
il Corriere delle Alpi — 02 settembre 2008
pagina 26 sezione: PROVINCIA
VIGO. Sono state diverse centinaia le persone che tra luglio ed agosto
hanno visitato gli impianti militari del Vallo Alpino del Littorio a
“Rin de Soandre”, sotto il Tudaio. Lo testimoniano le firme ed i
complimenti riportati quotidianamente sul piccolo registro che i
volontari di Vigo hanno collocato presso uno degli ingressi. Tra i
visitatori anche un ottantenne che aveva prestato servizio in queste
opere come “Guardia alla Frontiera” durante il secondo conflitto
mondiale. Grazie al paziente lavoro di tanti volontari, durato diversi
mesi, le postazioni blindate e gli osservatori possono essere visitati
in sicurezza grazie ad un impianto di illuminazione che si attiva
automaticamente dalle 10 del mattino alle 18 pomeridiane, mentre tutti i
punti più pericolosi, come i pozzetti per la raccolta delle acque, sono
stati sigillati con della rete metallica. Le opere militari si trovano
nel Comune di Vigo e si possono raggiungere sia da Laggio che da Piniè
lungo la strada che porta al “Pino Solitario” e quindi alla base del
monte Tudaio. Attraversato il Rio Soandre, invece di proseguire sulla
strada militare del forte Tudaio si piega a sinistra e dopo 200 metri si
giunge all’ingresso della postazione alta. Un corridoio scavato nella
roccia porta direttamente ad un osservatorio e a due cannoniere e
proprio in una di queste è stata collocata la copia di un cannone
puntato su Cima Gogna. Ritornati all’esterno si scende poi per una
scalinata detta dei “400 scalini” che conduce all’opera principale dove
si possono vedere il ricovero del presidio (40 uomini circa), l’alloggio
per l’ufficiale comandante, la sala radio, i depositi viveri, le cucine,
i servizi igienici, l’infermeria, le cisterne per l’acqua, i depositi
munizioni, la sala per il gruppo elettrogeno per l’illuminazione e il
funzionamento del sistema di ventilazione e filtraggio dell’aria. Il
tutto compartimentato da porte stagne, che garantivano ai locali
l’isolamento da ogni tipo di esalazione prodotta all’interno o da
eventuali gas immessi dal nemico. Una serie impressionante di corridoi
conduce poi alle cannoniere e alle postazioni blindate per
mitragliatrici il tutto sotteso al controllo della vecchia strada del
Comelico. Queste moderne fortificazioni sono nate sulle rovine della
così detta Fortezza Cadore Maè, crollata inopinatamente nel 1917, nei
tristi frangenti di Caporetto. Realizzate alla vigilia del secondo
conflitto mondiale, in gran parte blindate e in caverna, rientravano in
un ampio sistema definito Vallo Alpino del Littorio, ma più comunemente
noto come Linea non mi fido, voluta da Mussolini fin dal 1931 ed estesa
lungo tutta la frontiera italiana da Nizza a Trieste. L’armamento era
previsto in cannoni di medio calibro (57/43, 75/27 o 47/32) in casamatta
protetta, mitragliatrici (Fiat 14/35), mortai da 81 mod. 35 e anche
lanciafiamme. L’osservazione e la direzione del tiro erano garantite da
torrette metalliche, da impianti fotofonici, stazioni radio e
collegamenti telefonici in cavo protetto. Come già avvenuto nella prima
guerra mondiale, le fortificazioni vennero però via via sguarnite di
cannoni, mitragliatrici, materiali e truppe e nel 1942 tutti i lavori
furono sospesi. Oggi la maggior parte delle opere realizzate nell’alto
Bellunese appaiono in gran parte abbandonate, in parte smantellate dai
recuperanti o danneggiate da qualche vandalo, ma ancora in buono stato.
Queste in territorio di Vigo sono state le prime ad essere recuperate e
valorizzate in chiave turistica e in questa estate hanno certamente
costituito un’attrattiva ulteriore per gli ospiti del Cadore. Walter
Musizza Giovanni De Donà
Fagagna: degrado nel
forte attesi fondi per il restauro
dal Messaggero di Udine
del 27.08.2008
FAGAGNA. La situazione di abbandono in cui versa il forte di
Fagagna, situato vicino alla Baita degli alpini, desta preoccupazione
tra i cittadini: all'interno della struttura, la cui costruzione risale
ai primi anni del 1900, ci sono vari pozzetti scoperti che conducono
alle sottostanti vasche dove confluisce l'acqua piovana. Vasche simili
si trovano pure sul terrapieno del forte, nascoste dalla vegetazione
che, negli anni, ha occupato l'area. Anche il fossato che circonda la
struttura rappresenta un pericolo; non c'è nessuna protezione a tutela
di chi voglia avvicinarsi. Sono in molti a spingersi fin nei pressi
dell'imponente manufatto, durante le loro passeggiate, e le
preoccupazioni maggiori giungono dai genitori che temono che i loro
figli, impegnati magari in quelle "escursioni sul territorio" che hanno
riguardato un po' tutti da bambini, finiscano per introdur-si nel forte
e farsi male. Se qualcuno cadesse in uno dei pozzetti rischierebbe
l'annegamento o-male minore- qualche frattura.
Se il forte di Fagagna è caratterizzato dal degrado, però, altre simili
strutture nei comuni limitrofi sono, invece, state recuperate com'è
accaduto al Forte Col Roncone di Rive D'Arcano, uno splendido esempio di
recupero possibile grazie alla legge regionale 2/2002: la gente perciò
si chiede come mai a Fagagna non si sia realizzato un intervento simile.
«E' bene far sapere ai cittadini che come Comune abbiamo inoltrato due
domande di contributo, una alla Regione e l'altra al Ministero dei Beni
culturali, all'inizio di quest'anno- annuncia il sindaco Gianluigi D'Orlandi-
e attendiamo che ci vengano concessi questi contributi. Ci
permetterebbero di pensare al progetto di ristrutturazione del forte,
per il quale abbiamo già coinvolto l'architetto Cuttini, autore del
progetto di ristrutturazione del Forte di Rive D'Arcano. Abbiamo
realizzato un ponte d'ingresso, ma abbiamo anche transennato l'area.
L'accesso al forte è quindi vietato», (r.s.)
MANIFESTO
IN DIFESA DI FORTE MARGHERA e per la sua riprogettazione
in forma partecipata
13-08-2008
dal blog su Internet del WWF di
Venezia
PREMESSO
a)
che Forte Marghera, così come l’intero Campo Trincerato di Mestre,
costituisce un bene pubblico di indiscutibile valore storico,
paesaggistico e ambientale per il territorio, non solo comunale, di cui
per troppo tempo la popolazione non ha potuto fruire, e dunque una
opportunità unica ed eccezionale per migliorare la qualità della vita di
un vasto pubblico di cittadini;
b)
che tale riconoscimento è sancito da tutti gli strumenti urbanistici
vigenti, dal PALAV (Piano di Area della Laguna e dell’Area Veneziana)
alla Variante al PRG (Piano Regolatore Generale) per la Terraferma, dal
PTCP (Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale) al Piano Guida
per il Parco di San Giuliano (approvato all’unanimità
dall’Amministrazione Comunale il 19 gennaio 1996), nonché da una serie
di vincoli di tutela ex D.Lgs. 42/2004, parte II, quali il D.M.
07.03.1980 e la declaratoria del 10.11.2002;
c)
che l’area di Forte Marghera, parte integrante del Parco di San
Giuliano, è posta sul bordo lagunare costituendo elemento strategico di
connessione tra Venezia e la Terraferma, nonché elemento centrale sia
del Campo Trincerato di Mestre che del sistema di aree verdi che secondo
il PRG dovrebbe attorniare i centri di Mestre e Marghera (cosiddetto
“Progetto Ambientale”);
d)
che Forte Marghera è posto all’interno della conterminazione lagunare,
fa parte dell’ecosistema lagunare tutelato con specifico decreto ai
sensi del D.Lgs. 42/2004 parte III, è adiacente al Sito di Interesse
Comunitario denominato “Laguna superiore di Venezia” costituisce il nodo
centrale del “corridoio verde” previsto dal PTCP;
e)
che su tale area in passato sono stati sviluppati numerosi studi e
svolte attività di grande interesse, tra i quali si ricordano in
particolare quelli di Marco Polo System GEIE, del 2007, che hanno dato
luogo alla definizione di Linee guida, sia al Piano per il riuso e la
valorizzazione del Campo Trincerato di Mestre, sia per una Progettazione
sostenibile dell’area di Forte Marghera, rispetto al quale la
Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Venezia e
Laguna ha recentemente (06.06.2008) espresso “un sostanziale assenso e
apprezzamento”;
f)
che è disponibile un importante contributi di studi, proposte e linee
guida, prodotti dalle tante associazioni di volontariato che si sono
occupate di Forte Marghera, compreso quello redatto da un raggruppamento
di 14 associazioni del territorio (culturali,
ambientaliste, pacifiste e di volontariato),
e denominato Laboratorio
di Progettazione Collettiva F.A.S.E. 1,
che ha elaborato in un anno di lavoro (aprile 2007 – marzo 2008) con
modalità partecipative il documento “Linee guida per Forte Marghera e
per la sua progettazione partecipata”, proponendo di adottare tale
modalità partecipativa nella definizione del futuro di Forte Marghera,
già a partire dalla stesura del Bando per l’assegnazione in concessione
d’uso pluriennale dell’area;
g)
che il Comune di Venezia è in procinto di perfezionare l’acquisito la
proprietà di Forte Marghera, come di altri forti facenti parte del Campo
Trincerato di Mestre, con un importante impegno per la collettività (9,5
milioni di Euro);
h)
che lo stesso Comune di Venezia ha emesso alla fine del mese di giugno
2008 un “Avviso pubblico per la ricerca di soggetti interessati a
concessioni d’uso a fronte dell’assunzione degli oneri di valorizzazione
urbano – architettonica relativamente al compendio Ex Forte Marghera”,
ipotizzando la possibilità di insediare “attività a valenza economica”
tra le quali quelle fieristiche, di pubblico esercizio e ricettive,
nonché la costituzione di un “gruppo di studio” presso la Direzione
Interdipartimentale Patrimonio, al fine di “predisporre un bando di gara
finalizzato all’individuazione di uno o più soggetti a cui concedere un
uso la totalità o parte del compendio dell’Ex Forte Marghera a fronte
del suo integrale recupero urbano – architettonico”.
tutto ciò premesso le sottoscritte associazioni, attive in ambito
locale, e i sottoscritti cittadini, fruitori attuali e potenziali
dell’area pubblica di Forte Marghera
CHIEDONO
1)
che vengano rispettate le disposizioni presenti negli strumenti
urbanistici e di tutela vigenti, senza eccezioni o varianti “in corso
d’opera”, ed in particolare venga mantenuta la destinazione pubblica e
garantita la fruibilità dell’intero bene costituito da Forte Marghera,
evitando di promuovere una gestione del bene dove possano prevalere
logiche di privatizzazione e quindi di alienazione collettiva del forte;
2) che vengano pienamente riconosciuti e tutelati i valori
storici, paesaggistici, ambientali e sociali insiti
in Forte Marghera, con tutte le sue enormi potenzialità, in termini di
pubblica utilità, derivanti dalla posizione strategica, dalla vastità ed
eterogeneità degli spazi e degli edifici presenti, dal suo grande pregio
naturalistico-ambientale e storico-culturale;
3) che per giungere alla definizione delle scelte sull’utilizzo e
sul futuro dell’area vengano adottate modalità riconducibili alla
progettazione partecipata, non solo per la selezione e successiva
definizione “di dettaglio” del progetto, ma già a partire dalla
definizione stessa del bando di gara, coinvolgendo con gli strumenti
adeguati la cittadinanza stessa ed i portatori di interessi – sociali,
culturali, di categoria ed economici – che vi volessero partecipare,
secondo un processo di progettazione aperto, già ampiamente sperimentato
in altri analoghi contesti, non solo nazionali;
4) che vengano valutate opportunità alternative a quella,
prevista dall’avviso pubblico, della concessione quarantennale di Forte
Marghera a privati investitori;
5) che venga garantita la sostenibilità
ambientale degli
interventi previsti, relativamente ad accessibilità, restauro
conservativo, valorizzazione, infrastrutturazione, destinazioni d’uso
dell’edificato;
6) che sia attentamente valutato il rischio dell’inquinamento dei
terreni e dei canali (rischio concreto, per la specificità dell’utilizzo
dell’area nel recente passato e, più in generale per la contiguità con
aree industriali e di colmata), e che i conseguenti e probabili costi di
bonifica possano giustificarsi ed essere posti a carico della
collettività locale solo nell’ottica di un utilizzo pubblico;
E CHE
QUINDI
venga
rispettato il Piano Guida del Parco di San Giuliano (approvato
all’unanimità dal Consiglio Comunale il 19 gennaio 1996), ed in
particolare il punto in cui si dice che “poiché la sua attuazione
richiederà tempi lunghi, duranti i quali potrebbero succedersi diverse
amministrazioni cittadine, una chiara visione del suo futuro dovrà
essere condivisa da tutti i membri della comunità: per essere usufruito
ed avere successo, il parco necessiterà, infatti, di riflettere appieno
le aspirazioni dei suoi utenti. In altri termini, esso sarà espressione
di una progettazione dal basso, partecipata e condivisa dal pubblico,
non il frutto della convinzione di pochi individui”, e che perciò si
avvii fin da subito, avvalendosi anche della collaborazione degli
istituti universitari e di ricerca presenti e operanti nell’ambito
cittadino, un processo di progettazione partecipata in grado di
coinvolgere la più ampia fascia possibile della popolazione interessata
al futuro del Forte.
hai tempo fino al 15 settembre per firmare e far firmare il
manifesto on line
al seguente indirizzo: http://www.petitiononline.com/progpart/petition.html
La Grande Guerra ora
è online
Alto Adige — 24
agosto 2008 pagina 49 sezione: SPETTACOLO CULTURA E SPETTACOLI
La Grande guerra ora s’impara online In un sito le notizie sui
forti, le trincee, i reperti e le schede personali dei trentini
caduti A novant’anni dalla fine del conflitto il progetto curato dal
Museo delle Guerra che aggiorna in tempo reale il patrimonio Il
forte di Cadine al Bus de Vela, a pochi chilometri da Trento verso
la valle dei Laghi, sarà pronto il prossimo anno. In ritardo
rispetto ai tempi previsti che, nero su bianco nella pubblicazione
«Beni culturali 2003», segnalava il 2005. Diventerà il «baluardo», è
proprio il caso di dirlo, informativo, sulle fortificazioni trentine
realizzate a partire dalla metà dell’Ottocento fino allo scoppio
dell Prima guerra mondiale. Qui si potrà consultare la mappa
completa di un sistema che comprende 114 forti alcuni dei quali
restaurati e visitabili, altri in sistemazione e parecchi ormai
irrimediabilmente compromessi dai bombardamenti e dall’opera dei
recuperanti nel primo dopoguerra. Ma pure dei camminamenti, delle
trincee, delle postazioni e batterie che fecero del Trentino il
sanguinoso fronte meridionale del conflitto. «Tra un mese e mezzo
circa - riferisce Sergio Flaim, soprintendente ai beni
architettonici della Provincia - termineranno i lavori di restauro
del forte di Cadine. Poi si dovrà passare all’allestimento».
Intanto, a 90 anni dalla conclusione delle ostilità, il patrimonio
trentino sulla Grande guerra finisce in internet. E’ infatti pronto
e visitabile on-line il sito www.trentinograndeguerra.it curato dal
Museo della guerra di Rovereto e che fa parte del più ampio
progetto”Grande guerra” promosso dalla Provincia che intende
valorizzare forti, camminamenti, trincee, reperti sull’onda della
memoria. Ieri la presentazione in piazza Dante presenti l’assessore
provinciale alla cultura Margherita Cogo, il presidente e il
direttore del museo della guerra Alberto Miorandi e Camillo Zadra,
il soprintendente Flaim ma anche i rappresentanti di molte
associazioni interessate all’iniziativa e che, in diversi casi,
hanno portato il loro contributo. «Il sito - ha detto il direttore
Zadra - ha l’obiettivo di documentare, informando in maniera
sintetica, su tutto ciò che in Trentino si sta facendo, e c’è, sulla
Grande guerra». Da settembre saranno consultabili nel sito - come
anticipato dal Trentino nei mesi scorsi - anche le schede, una sorta
di”memoriale”, dei trentini caduti (più di 10 mila) con la divisa
austro-ungarica, ma anche con quella italiana, durante la Grande
guerra. Un lavoro in progress, continuamente aggiornabile, è stato
sottolineato a più voci alla presentazione. All’home page del sito
si aprono alcune grandi finestre sulle fortificazioni, le visite e
le escursioni, gli eventi, le mostre, i musei. Cliccando si apre un
mondo di informazioni, appuntamenti, schede tecniche sul sistema
delle fortificazioni e sui restauri dei forti (complete le news,
peccato che non ci sia alcun riferimento temporale sull’inizio e la
fine dei lavori previsti). «Non si tratta di un sito turistico», ha
precisato il presidente del museo Miorelli. «Quello sulle orme della
grande guerra - ha aggiunto Flaim - è un turismo di nicchia ma in
crescita». Zadra ha delineato il panorama trentino della Prima
guerra mondiale, ciò che resta sul terreno. «In cinquant’anni, a
partire dalla meta dell’Ottocento - ha affermato - si è preparato il
territorio alla guerra. Dal 1860 in poi si sono costruiti forti e
fortificazioni per poi smantellarle e riedificarle secondo le più
aggiornate tecniche di costruzione bellica. Adesso si sta
ricostruendo un paesaggio storico unico in Europa e, anche
attraverso l’attivazione di questo sito, si realizza un progetto di
sistema unico in Italia». «Internet è una soluzione ideale - ha
aggiunto l’assessore Cogo - per una comunicazione completa
dell’operazione». - Paolo Piffer
Due musei, sentieri
opere militari e il lago di Raibl
Messaggero Veneto — 22
agosto 2008 pagina 13 sezione: CULTURA - SPETTACOLO
La storia di Cave spiegata in due musei, ma anche in una serie di
opere militari disseminate sul territorio e raggiungibili grazie a
una miriade di sentieri. Non solo. Il paese è un esempio mirabile di
archeologia industriale, un vero e proprio museo a cielo aperto.
Cave è dunque una meta obbligata per i turisti, che l'anno scorso
sono giunti in questo paese del Tarvisiano ben in 7 mila. Tappa
numero uno, la visita alla Mostra Museo della tradizione mineraria.
Realizzata grazie al grande lavoro dei volontari della cooperativa
Nuova Raibl, è divisa in due parti: in un edificio esterno si
racconta la storia del paese attraverso l'ausilio di pannelli
illustrativi e di decine e decine di cimeli. Dentro la miniera,
invece, un percorso illuminato permette al turista di avventurarsi
lungo 500 metri di gallerie. Solo la mancanza di una serie di
autorizzazioni impedisce ai volontari di inaugurare un vero e
proprio parco geominerario, con centinaia di metri di cunicoli
visitabili all’interno della montagna. «Manca una firma o poco più»,
spiega con rammarico Valerio Rossi, ex presidente della cooperativa.
Il museo è aperto ogni giorno dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 14.30
alle 18 (fino alla fine del mese anche di lunedì). Nell’ex scuola
elementare invece è ospitato il Museo storico militare delle Alpi
Giulie gestito dall’associazione Gruppo storico tarvisiano: in
cinque sale si snoda un excursus dalle guerre austro-napoleoniche,
fino alla prima e alla seconda guerra mondiale, con un sacco di
reperti e pannelli illustrativi. Il museo è visitabile fino a metà
settembre da martedì a sabato con orario 10-12, 15-18 e la domenica
dalle 10 alle 12. A integrazione poi è possibile, e consigliabile,
la visita alle diverse opere militari presenti in zona come la
Batteria di Sella Predil, il forte del lago e il Vallo Littorio.
Sosta d’obbligo al lago di Raibl, angolo incantevole delle Alpi
Giulie dove negli ultimi anni d’estate è sempre più diffusa la
pratica del windsurf. (a.s.)
Crollate le baracche al forte
la Nuova di Venezia — 21 agosto 2008 pagina 21 sezione: CRONACA
ZELARINO. Diventa ancora più difficile la situazione di Forte
Mezzacapo, la struttura militare in procinto di passare al Comune
situata in via Scaramuzza a Zelarino. L’ondata di maltempo che si è
registrata la scorsa settimana, infatti, ha causato una serie di
danni all’interno del complesso, con il crollo di due delle tre
strutture in legno e la caduta di grossi rami che sono andati a
rovinare su altri edifici. A creare la maggiore preoccupazione è il
fatto che le «baracche» crollate facevano già parte dei siti da
bonificare dall’amianto, sostanza nociva presente in forti quantità
in molte vecchie basi militari. In sostanza, l’intervento ora si fa
ancora più urgente, visto che il rischio che polveri vengano
rilasciate nell’aria è maggiore. «Questa non è una buona notizia»,
commenta l’assessore ai Lavori pubblici, Laura Fincato, «in ogni
caso la bonifica al Mezzacapo era già prevista, come era già noto
che anche il terreno avrebbe avuto bisogno di una pulizia speciale.
Il crollo delle due baracche non è da sottovalutare, dalla prossima
settimana metterò in moto gli uffici del mio assessorato per partire
con la bonifica». Il problema di qualunque intervento a Forte
Mezzacapo, però, è legato all’effettiva proprietà dell’area: sulla
carta, infatti, l’intero complesso è ancora nelle mani delle forze
armate, come recitano i cartelli appesi lungo la recinzione esterna.
Il passaggio del forte, che fa parte di un lotto che comprende anche
il Gazzera e il Pepe, dovrebbe essere formalizzato entro la fine del
mese, in ogni caso non è da escludere che il Comune parta con le
operazioni di rimozione dell’amianto anche prima di essere entrato
effettivamente in possesso della struttura. Poco tempo fa, tra
l’altro, all’interno della struttura era stato effettuato un
sopralluogo presenti gli assessori Fincato, Rumiz (Patrimonio), la
presidente municipale Maria Teresa Dini e i rappresentanti
dell’associazione «Dalla guerra alla pace». (Maurizio Toso)
Tudaio, una risorsa abbandonata
Il Corriere delle Alpi — 20
agosto 2008 pagina 26 sezione: PROVINCIA
VIGO. Il Tudaio è divenuto oggi meta turistica ambita, sia per
l’indubbia attrattiva costituita dai ruderi, almeno in parte
visitabili, sia per il vasto panorama offerto. Dal 2001, in seguito
a stanziamenti europei e all’entusiasta opera di volontari, il monte
costituisce l’attrattiva principale di un percorso culturale
opportunamente documentato da guide e pannelli esplicativi. Peccato
però che sia bastato un lustro per portare alla fatiscenza e al
completo degrado tutto l’apparato allestito, finito preda sì di
condizioni climatiche sfavorevoli, ma pure di un triste vandalismo
tipico della nostra epoca. Fatto certo non incoraggiante, ma che non
esime dalla responsabilità di ripristinare convenientemente in nome
dei diritti sacrosanti della cultura e del turismo. Nel 1998, al
Comune di Vigo veniva concesso un finanziamento dalla Regione Veneto
per la realizzazione e lo sviluppo di un itinerario turistico sul
Tudaio (spesa totale 73 milioni di vecchie lire, di cui 51 di
contributo e 22 a carico del Comune, che li ha poi ottenuti dal BIM).
Il percorso da valorizzare rientra nella cosiddetta “Via dei forti
del Cadore” e si proponeva di stimolare non solo il turista ma anche
la popolazione locale alla conoscenza del territorio, dell’ambiente
naturale e della sua storia, con la collocazione di una serie di
pannelli riportanti i toponimi originali, talvolta vecchi di secoli,
in quei luoghi che fino a qualche decennio fa erano interessati
dalle attività silvo-pastorali. Un’altra serie di pannelli aveva
invece riguardato i vari manufatti di uso militare sulla vetta del
monte, corredata da disegni e fotografie d’epoca con sulla vetta un
punto di inquadramento storico geografico: una rosa dei venti
indicante gli obbiettivi militari del forte, le cime principali e
l’ubicazione degli altri impianti fortificatori cadorini. Sulla cima
il vento e il sole hanno rovinato completamente i pannelli grandi e
tre pannelli piccoli; lungo la strada sono stati asportati da
vandali diversi pannelli; a Laggio, infine, sul piazzale-posteggio
presso l’arena, ormai da 5 anni manca l’intero grande pannello
esplicativo. Il monte Tudaio rappresenta oggi una meta turistica
davvero interessante: durante la sua risalita ci sono punti nei
quali davvero non si sa se dedicare tutta la propria ammirazione al
panorama o piuttosto alle testimonianze dell’opera umana, spesso
mirabili proprio sotto i piedi. Muri di scarpa e controscarpa, scavi
nella roccia, riservette, postazioni e gallerie stanno ancora là, a
ricordare il patrimonio di tecnica e volontà speso da soldati e
civili per permettere all’arte della guerra di arrampicarsi fino
alla cima, di piazzare le sue potenti batterie a 2114 metri di
quota. Sulle immense pareti di roccia occhieggiano ancora i grossi
anelli che permettevano lo scorrere delle funi necessarie per il
traino dei cannoni. Quassù, sotto la svettante Cima Bragagnina,
sembra che la storia si sia fermata: le lastre di cemento,
affastellate una sull’altra, sembrano immortalate per sempre
nell’istantanea dell’esplosione, voluta dal nemico invasore
nell’ottobre 1918 per non lasciare il forte intatto come l’aveva
ereditato dopo Caporetto. In tante pietre ad arte connesse, in tanto
cemento, puoi cogliere la preparazione doviziosa ed ambiziosa alla
Grande Guerra, all’inanità dello sforzo, al fallimento strategico e
tattico di tali apparati nel momento del bisogno. E forse quassù la
potenza della natura e la caducità dei disegni umani acquistano un
sapore nuovo, quello di una comprensione intuitiva ed immediata, al
di là di ogni contingenza causale o temporale. (w.m./g.d.d.)
DIFESA MISSILISTICA: WASHINGTON E LA POLONIA PORTANO IL MONDO VERSO
LA GUERRA
Da comedonchisciotte.org del 18
agosto 2008
La
firma il 14 agosto di un accordo tra i governi degli Stati Uniti e
della Polonia per lo spiegamento sul suolo polacco di ‘missili
intercettori’ Usa è la più pericolosa mossa verso una guerra
nucleare che il mondo abbia visto dalla crisi cubana dei missili del
1962. Lungi dall’essere una mossa difensiva per proteggere gli Stati
europei della Nato da un attacco nucleare russo, come hanno fatto
notare gli strateghi militari i missili Usa in Polonia pongono una
minaccia esistenziale totale alla futura esistenza della nazione
russa. Il governo russo ha rilasciato ripetuti avvertimenti su
questo fatto a partire dal momento in cui per la prima volta i piani
Usa vennero svelati all’inizio del 2007. Oggi, nonostante ripetuti
tentativi diplomatici da parte della Russia di raggiungere un
accordo con Washington, l’amministrazione Bush, in seguito
all’umiliante sconfitta Usa in Georgia, ha esercitato pressioni sul
governo polacco perché infine firmasse l’accordo. Le conseguenze
potrebbero essere impensabili per l’Europa e per il pianeta.
L’accordo preliminare per posizionare gli elementi dello scudo di
difesa missilistica globale Usa è stato firmato dal viceministro
degli esteri polacco Andrzej Kremer e dal capo dei negoziatori Usa
John Rood il 14 agosto. In base ai suoi termini Washington prevede
di posizionare 10 missili intercettori in Polonia accoppiati con il
sistema radar della Repubblica ceca che afferma risibilmente essere
volto a contrastare attacchi da quelli che definisce “Stati
canaglia”, compreso l’Iran. Per raggiungere l’accordo Washington ha
acconsentito a rinforzare le difese aeree polacche. L’accordo deve
essere ancora approvato dai governi dei due paesi e dal Parlamento
polacco. Il primo ministro polacco Donald Tusk, durante un commento
televisivo, ha affermato che “gli eventi nel Caucaso mostrano
chiaramente che tali garanzie di sicurezza sono indispensabili”. Le
discussioni tra Polonia e Stati Uniti riguardanti i missili si sono
trascinate per mesi prima delle recenti ostilità in Georgia. Il
portavoce stampa della Casa Bianca di Bush, Dona Perino, ha
affermato ufficialmente: “crediamo che la difesa missilistica sia un
contributo sostanziale alla sicurezza collettiva della Nato”.
Funzionari affermano che la base di intercettori in Polonia verrà
aperta nel 2012. L ’otto luglio la Repubblica ceca aveva firmato un
accordo per ospitare un radar Usa. La firma assicura ora
un’escalation di tensioni tra la Russia e la Nato e una nuova corsa
agli armamenti da guerra fredda in piena potenza. È importante che i
lettori comprendano, come descrivo in modo estremamente dettagliato
nel mio libro che uscirà in autunno Full Spectrum Dominance: The
National Security State and the Spread of Democracy [“Dominio ad
ampio spettro: lo stato di sicurezza nazionale e la diffusione della
democrazia”], che la capacità da parte di una delle due fazioni
opposte di mettere dei missili antimissile entro 90 miglia dal
territorio dell’altra, anche solo con una batteria di missili
antimissile primitiva di prima generazione, fornisce a tale fazione
una virtuale vittoria in un equilibrio nucleare e costringe l’altra
parte a prendere in considerazione una resa incondizionata o a
reagire preventivamente lanciando un suo attacco nucleare prima del
2012. Anziani legislatori russi hanno affermato venerdì che
l’accordo danneggerebbe la sicurezza in Europa, e hanno ripetuto che
la Russia dovrà intraprendere passi per assicurare la sua sicurezza.
Andrei Klimov, vice presidente del comitato affari internazionali
della Duma russa, ha affermato che l’accordo è pensato per
dimostrare “la lealtà di Varsavia agli Usa e ricevere benefici
materiali. Per gli americani è un’opportunità per espandere la loro
presenza militare nel mondo, anche in vicinanza della Russia. Per la
Nato si tratta di un rischio aggiuntivo… Molti paesi Nato non ne
sono contenti, tra cui Germania e Francia”. Klimov ha definito
l’accordo un “passo indietro” verso la guerra fredda.
La risposta russa
I piani USA di
costruire un radar nella Repubblica ceca e posizionare i 10 missili
intercettori nella Polonia settentrionale come parte di uno scudo
missilistico a controllo Usa per l’Europa e il Nordamerica sono
stati ufficialmente venduti sotto la risibile spiegazione che
fossero volti contro possibili attacchi da “Stati canaglia” tra cui
l’Iran. La scorsa primavera, l’allora presidente russo Vladimir
Putin, mostrò la superficialità della propaganda Usa offrendo ad uno
sconcertato presidente Bush l’uso da parte della Russia di
stabilimenti radar russi in Azerbaijan sul confine iraniano per
meglio monitorare possibili lanci di missili da parte dell’Iran.
L’amministrazione Bush ha semplicemente ignorato l’offerta,
mostrando che il vero obiettivo è la Russia e non “stati canaglia
come l’Iran”. La Russia vede giustamente lo schieramento dello scudo
missilistico Usa come una minaccia alla sua sicurezza nazionale.
Quest’ultimo accordo con la Polonia anticipa una risposta russa.
Funzionari russi hanno precedentemente detto che Mosca avrebbe
schierato i suoi missili tattici Iskander e i bombardieri strategici
in bielorussia e nella più occidentale provincia russa di
Kaliningrad se Washington avesse portato a compimento i suoi piani
sullo scudo missilistico in Europa. Mosca ha anche avvertito che
potrebbe prendere come obiettivo i missili sul suolo polacco.
Secondo un esperto militare russo, la Russia sta anche discutendo la
messa in orbita di un sistema di missili balistici di risposta ai
piani di difesa missilistica Usa per l’Europa centrale. Il
colonnello generale Viktor Yesin, ex capo di stato maggiore delle
Forze Missilistiche Strategiche Russe, attualmente vice presidente
dell’Accademia per gli Studi sulla Sicurezza, la Difesa e la
Giustizia, ha affermato: “potrebbe essere implementato un programma
per creare missili balistici in orbita capaci di raggiungere il
territorio Usa tramite il polo sud schivando le basi Usa di difesa
aerea”. L’unione sovietica aveva abbandonato tali missili seguendo
quanto stabilito dal trattato START I, parte di accordi post guerra
fredda con gli Usa, accordi che sono stati “significativamente
ignorati da Washington, dal momento che ha spinto i confini della
Nato sempre più vicino alle porte di Mosca”.
Anche Obama appoggia la difesa missilistica
L’accordo
dividerebbe ulteriormente i paesi europei tra quegli Stati che il
consigliere per la politica estera di Barack Obama, Zbigniew
Brzezinski, definisce apertamente “vassalli” Usa e stati che cercano
politiche più indipendenti. [Barack Obama e il suo consigliere per
la politica estera, il falco Zbigniew Brzezinski.] Qualunque
illusione che una presidenza democratica di Obama significherebbe un
passo indietro su tali provocatorie mosse militari di questi ultimi
anni da parte degli Usa e della Nato dovrebbe essere abbandonata dal
momento che la squadra di politica estera di Obama comprende altri
pericolosi pensatori in aggiunta a Zbigniew Brzezinski, quali il
figlio dello stesso Brzezinski, Ian Brzezinski, attuale Vice
Assistente Segretario alla Difesa per gli Affari Europei e la Nato.
Ian Brzezinski è un devoto sostenitore della politica di difesa
missilistica Usa così come dell’indipendenza del Kosovo e
dell’espansione della Nato in Ucraina e Georgia. Titolo originale: ”
Missile Defense: Washington and Poland just moved the World closer
to War” Fonte: http://www.globalresearch.ca
Germania. Ostalgia. Folla in visita al bunker di Monecker
Da americaoggi.info del 3
agosto 2008
BERLINO. Nome in codice: ‘Bunker 17/5001'. Destinazione d'uso:
quartier generale per operazioni belliche in caso di guerra. Il
super-bunker atomico voluto dall'ex dittatore della Germania
comunista, Eric Honecker, è aperto al pubblico, ma questa storica
occasione di visitare una delle più controverse reliquie della
Guerra Fredda durerà poco: presto scomparirà per sempre sotto una
colata di cemento. Da venerdì, folle di turisti, curiosi e storici
hanno l'opportunità di entrare - per la prima volta - nel bunker che
secondo Honecker avrebbe dovuto mettere al riparo l'elite dell'ex
Rdt da un eventuale attacco nucleare. La maxi-struttura, situata a
una profondità di 24 metri e pensata per resistere anche
all'esplosione di una bomba atomica più potente di quella sganciata
a Hiroshima dagli americani, si trova a Prenden, una località a
circa 40 km a Nord di Berlino. Costruita all'apice della Guerra
Fredda, tra il 1978 e il 1983, con l'aiuto di ben 85.000 tonnellate
di cemento armato, rimarrà aperta al pubblico solo per tre mesi,
fino al 31 ottobre, quando sarà sigillata per sempre. I tour vanno a
ruba, riportava ieri la stampa tedesca. Segno che rimane alta nel
Paese la cosiddetta ‘Ostalgia', un gioco di parole tra Ost - cioé
Est in tedesco - e nostalgia. Dopotutto, secondo un sondaggio
pubblicato lo scorso settembre dal settimanale Super Illu, quasi due
tedeschi dell'ex Germania dell'Est su tre hanno buoni ricordi della
vecchia Rdt socialista, anche se pochi vorrebbero rivivere quel
periodo. E la ‘Ostalgia', lo scorso maggio, ha dato agli
appassionati di questo genere un hotel stile comunista nella
capitale - un cosiddetto ‘Ostel' - con tanto di fotografie di
Honecker appese alle pareti. L'ex dittatore, da parte sua, non
avrebbe apprezzato molto il super-bunker. "Alcuni testimoni ci hanno
raccontato che Honecker rimase spaventato o scioccato" quando lo
visitò, ha detto Sebastian Tenschert, il fondatore della Berlin
bunker network, l'associazione che ha contribuito ai lavori di
restauro della struttura in vista dell'apertura. Non a caso, sembra
che lo visitò solo una volta e solo per un quarto d'ora. Non è così,
invece, per i visitatori di questi giorni. Si può scegliere infatti
tra due tipi di tour: uno da due ore al prezzo di 20 euro e un altro
più impegnativo da quattro ore, per 100 euro. Il primo offre un
‘assaggio' del super-bunker a tre piani e accompagna i visitatori
attraverso circa 300 stanze e centinaia di pesanti porte d'acciaio;
il secondo prevede anche passaggi più difficili attraverso le
condotte per l'aerazione e i locali delle macchine. Tra i primi a
visitare la struttura, venerdì, c'era Falko Schewe, un tecnico che
dal 1987 al 1991 ha lavorato in gran segreto alla manutenzione del
bunker, tanto che solo i famigliari più stretti sapevano come si
guadagnasse da vivere. Nella Germania occidentale non si sapeva
dell'esistenza del bunker atomico di Prenden, ha raccontato alla
stampa internazionale un membro dell'ex governo della Rdt, così come
il pubblico è venuto a conoscenza dell'esistenza di un bunker
sotterraneo a prova di bomba atomica nella Germania Ovest solo dopo
la fine della Guerra Fredda.
Berlino, l' ultima visita al bunker di Honecker il rosso
Da il Corriere della Sera del 3
agosto 2008
Costato 230 milioni di marchi, sarà coperto di cemento. In caso di
attacco nucleare, 14 giorni di sopravvivenza. Un «telefono verde»
per parlare con il Cremlino
DAL NOSTRO INVIATO BERLINO - Adesso dicono che al compagno
presidente Honecker non piacesse: «Era un po' spaventato e scioccato
quando è venuto a vederlo». Una sola volta, all' inaugurazione, nel
1983, quindici minuti per risalire subito a prendere aria. Ma il
bunker anti-atomico, che doveva salvare il leader Erich Honecker e
gli alti gradi comunisti della Germania Est nel caso di un attacco
nucleare o d' una improvvisa guerra con l' Occidente, è la prima
«sala di comando» del blocco sovietico ad essere aperta - e per soli
tre mesi - al pubblico. Logico che nel week-end i tour siano andati
esauriti (www.bunker5001. com). Prenden, quaranta chilometri da
Berlino: qui la piatta campagna del Brandeburgo coperta dai pini
nascondeva uno degli obiettivi più sensibili della guerra fredda.
Nome in codice: 17-5001, una città sotterranea grande meno di un
campo di calcio (49x60m), che poteva accogliere 400 persone. Venti
metri sotto terra, un soffitto spesso 4,6 metri in grado di reggere
le onde d' urto d' una bomba atomica di 100 chili - s' è calcolato -
che cade a 500 metri di distanza. Erano gli anni della paranoia e
della tensione: per costruirla hanno speso 230 milioni di marchi,
più che per il palazzo presidenziale. Si accede da un precario
ingresso. Tutto è rimasto intatto, solo è sporco, umido e incrostato
di muffa. Fa freddo. Le docce per la decontaminazione all' ingresso.
Corridoi blindati da porte di ferro come sui sottomarini, 170
stanze. E una serie di giganteschi impianti: per l' aria
condizionata perché con i macchinari accesi il bunker diventava un
forno, per pressurizzare l' aria, per raccogliere l' acqua. La
cucina (mai usata), e la grande sala di comando, da dove dirigere
tutte le operazioni, salvo quelle guidate dai sovietici. La stanza
di Honecker è piccola e spoglia, tappezzeria rossastra, ma gli
arredi se li sono portati via i ladri che conoscono il bunker da
anni. Letto singolo: non c' è spazio nel Consiglio di guerra e,
nell' ora dell' apocalisse, per la moglie Margot. Un telefono verde,
non rosso, per chiamare il Cremlino. Potevano resistere sottoterra
per 14 giorni, poi - prevedeva il piano - dovevano raggiungere Mosca
in auto (chiaramente, speciali). Tra i primi visitatori, operai ed
ex militari che il bunker l' hanno costruito. Come Falko Schwehe,
militare della Stasi, addetto ai telefoni che ci ha lavorato fino al
' 91. Sua moglie sapeva dell' impiego, sua madre anche. «Ma nessun
altro». Dal ' 78 all' 83, i muratori venivano portati lì coi bus
alla mattina e riportati a casa la sera. Consigliato non fare
amicizie. Eppure, era davvero così segreto l' ultimo rifugio dei
capi della Ddr? Un bunker che si trova a pochi chilometri da
Wandlitz, la celebre colonia delle alte gerarchie comuniste? Per
giunta protetto da un villaggio abitato dalle spie della Stasi?
Alcuni ricercatori sono sicuri che la rete satellitare Nato avesse
individuato il sito, ma l' avesse ritenuto una base missilistica. O
forse gli Usa sapevano di più. Da anni, da quando nel ' 93 era stata
rilevata la sua esistenza, il bunker era diventato un luogo
underground di culto. Attirava appassionati, avventurieri, ladri.
Non i turisti «ostalgici» che ci fanno ritorno in questi giorni.
«Negli ultimi 6 mesi abbiamo avuto 50 incursioni - dice Sebastian
Teschert del Berlin Bunker Network -. Per questo l' abbiamo aperto
al pubblico». Ma la manutenzione è difficile, impossibile tenere in
vita questo relitto della Ddr con il costo dei biglietti (20 euro al
tour). Resterà aperto fino a ottobre, poi ci getteranno sopra una
spessa colata di cemento. * * * La storia Due Germanie Nel secondo
dopoguerra la Germania fu divisa in due: a Ovest, la zona occupata
dagli alleati occidentali, venne restituita alla sovranità di un
governo tedesco con sede a Bonn mentre a Est, nella zona di
occupazione sovietica, il 7 ottobre 1949 venne proclamata la
Repubblica Democratica tedesca a regime comunista. Nel 1990, un anno
dopo la caduta del Muro di Berlino, le due Germanie si riunificarono
Bunker Il super bunker atomico voluto da Honecker si trova a Prenden,
40 km a nord di Berlino. Da ieri è aperto al pubblico che lo potrà
visitare fino a quando, tra tre mesi, scomparirà per sempre sotto
una colata di cemento di Gergolet Mara
Due incendi a Forte Tron e in
rudere abbandonato
la Nuova di Venezia —
02 agosto 2008 pagina 20 sezione: CRONACA
CA’ SABBIONI. Incendi in
case coloniche abbandonate a Ca’ Sabbioni e a ridosso di Forte Tron.
I residenti chiedono più controlli contro il degrado. A Forte Tron e
nel rudere di una casa colonica si sono sviluppati ieri dei piccoli
incendi. Per uno di questi, in via Colombara ieri alle 15, sono
stati fatti intervenire i pompieri. Si è visto un gran fumo levarsi
dall’edificio abbandonato a pochi passi da via Padana e i residenti
hanno chiesto soccorso viste le fiamme. Il fuoco di sterpaglie e
materiale abbandonato è stato spento con il contributo dei
residenti. Un incendio alle prime ore dell’alba si era sviluppato
anche nell’area di Forte Tron dove sono depositati rifiuti alla
rinfusa che spesso vengono incendiati da balordi che dormono nel
forte di notte. «La situazione da qualche tempo - spiega il
consigliere della Municipalità di Marghera Nilo Dal Molin - è
pesante. In diversi ruderi abbandonati nell’area di via Colombara e
nella zona di Forte Tron - dice Dal Molin - dormono di notte ma
sostano anche di giorno nomadi e sbandati, spesso immigrati
clandestini o barboni. Gli incendi si sviluppano perché questi
lasciano a terra su giacigli improvvisati mozziconi di sigarette o
accendini. Queste aree vanno controllate più assiduamente dai vigili
urbani che devono sloggiare questi abusivi. Spesso sono addirittura
i residenti che spengono le fiamme con secchi l’acqua ed estintori
per evitare che le fiamme intacchino gli edifici vicini. (Alessandro
Abbadir)
Le fortificazioni belliche passato e futuro,
guerra e pace
il Corriere delle Alpi
— 30 luglio 2008 pagina 21 sezione: PROVINCIA
LIVINALLONGO. Una giornata tra la memoria delle follie passate e la
speranza per il futuro, rappresentata dalle fortificazioni belliche
che sono state ripristinate in chiave turistica: questa la chiave di
lettura del Convegno “Guerra e Pace”, che il Circolo Cultura e
Stampa Bellunese ha in programma il 18 agosto, per celebrare i
novant’anni dalla fine del primo conflitto mondiale. L’appuntamento
è per le 10 nella “Sala Bersaglio”, alle pendici del Col di Lana, ed
avrà una scaletta di ospiti accreditati, che cominceranno con i
contributi sulla guerra, per sfociare nella pace. Per capire meglio
l’ottica del Convegno, vediamo una sintesi del programma. L’apertura
sarà affidata a Edoardo Pittalis, che narrerà le parti più toccanti
del libro “Lettere di Guerra di un Ufficiale del Genio”, di Caetani.
Libro che è stato il motivo ispiratore dell’intero evento, e che ne
ha anche scandito la data del 18: l’ultima lettera del Caetani
trascritta, è infatti del 17 agosto 1945. Dopo Pittalis, un
confronto tra due storici sulla guerra per mine: da un lato quella
sul Col di Lana, narrata dal Tenente Colonnello Giuseppe Magrin,
dall’altro, quella sul versante austriaco, riportata invece da
Robert Striffler. E poi, la Pace: Floriano Pra, come presidente di
Dolomiticert ed ex assessore regionale per il turismo, proporrà una
carrellata degli interventi che hanno rivalutato le opere di guerra
in attrazioni turistiche di pace. Quindi il finale, che vedrà la
scrittrice ed alpinista Antonella Fornari con l’intervento, ispirato
ad uno dei suoi volumi, “La voce del silenzio - Appunti di storia di
montagna sui sentieri di Guerra”. L’appuntamento è realizzato con il
contributo di Dolomiticert, del Centro Studi Transfrontaliero del
Comelico e Sappada e della Cm Agordina, con il patrocinio del Comune
di Livinallongo del Col di Lana e delle Cm e con la collaborazione
del Comando regionale per il Veneto del Corpo forestale dello Stato
e l’unità periferica del Servizio forestale regionale di Belluno.
Info Circolo Cultura e Stampa Bellunese: tel. e fax 0437/948911,
info@ccsb.it.
La basi
Usa in Italia |
Da limesonline.it del
28 luglio 2008 |
Le basi
americane in Italia
Sono rimaste sei le principali basi militari americane in Italia, dopo
la recente chiusura della base nell’arcipelago della Maddalena in
Sardegna, e formano due assi operativi. Il primo è quello settentrionale
e collega la base dell’aeronautica di Aviano con quelle dell’esercito di
Camp Ederle a Vicenza e di Camp Darby tra Livorno e Pisa. L’altro asse
invece è delle marina Usa che può contare sulla base di Napoli (dove c’è
anche il quartier generale della Nato), sulla base aeronavale di
Sigonella in Sicilia e a Gaeta sulla nave comando della VI flotta. Bombe
nucleari B61, eredità della guerra fredda, sarebbero poi conservate
dagli americani ad Aviano e a Ghedi, base dell’aeronautica italiana con
compiti Nato, ma su questo tema non ci sono conferme ufficiali, anche se
ci sono diversi studi che affermano la loro presenza. Una base
importante in stand by è poi quella di San Vito dei Normanni in Puglia.
Ogni base si compone di più installazioni distribuite sul territorio
attorno a quella principale. Per questa ragione nel rapporto del
Pentagono sulle basi americane nel mondo (Base Structure Report 2007),
si elencano 49 siti (+40 siti minori). Non è corretto però dedurre che
si tratta di 89 basi. Ad esempio la base di Vicenza conta ben 6
installazioni elencate nel documento americano, che comprendono anche il
villaggio delle famiglie e i depositi degli autoveicoli. La presenza
militare americana in Europa ha da sempre una doppia connotazione:
multilaterale, sulla base degli accordi Nato, e bilaterale con i singoli
paesi. A lungo è stata una distinzione poco più che formale, ma dopo la
guerra fredda ha assunto una valenza anche molto concreta. Ciò ha
ingenerato anche l’equivoco tra basi Nato e basi americane. In realtà
l’Alleanza atlantica non dispone di basi proprie. Ha solo i quartier
generali (in Italia è rimasto quello di Napoli), una serie di
installazioni come antenne e radar e alcune istituzioni particolari come
il Nato Defense College a Roma. Per le proprie attività utilizza le basi
e i mezzi messi a disposizione dei paesi membri. In teoria tutte le basi
militari italiane possone essere messe a disposizione dell’Alleanza e
quindi essere considerate basi Nato. Ad esempio durante la guerra del
Kosovo furono ben 12 le basi italiane messe a disposizione della forze
Nato per gli attacchi aerei contro la Jugoslavia. Per quanto riguarda le
basi cosiddette americane, si tratta sempre di basi italiane in cui sono
ospitati truppe e mezzi americani. C’è sempre un comandante italiano e
una forza di sicurezza italiana. In pratica però in molte di queste basi
la presenza americana è preponderante. Ad esempio nella base aerea di
Aviano non ci sono aerei italiani. Ciò non toglie però che l’Italia può
esercitare il controllo sulle attività degli alleati americani nella
base, come è precisato nel memorandum d’intesa del 1995 tra Italia e
Stati Uniti. di Alfonso Desiderio |
Forte Tron, bonifica
conclusa A fine estate sarà ceduto al Comune
la Nuova di Venezia —
25 luglio 2008 pagina 25 sezione: CRONACA
MARGHERA. «La fase della
bonifica di Forte Tron si è conclusa questa settimana. Entro
l’autunno il forte sarà ceduto al Comune e diventerà un punto di
aggregazione per tutta la città. Intanto in questi due mesi di
lavoro dei militari il forte è stato recuperato dal degrado e
dall’incuria in cui era piombato». Ad annunciare la fine dello
sminamento sono i delegati della Municipalità Valdino Marangon e
Andrea Badon. «In questi mesi di giugno e luglio - spiega Badon - il
Ministero della Difesa ha incaricato una ditta specializzata per
recuperare il materiale bellico. La presenza di militari è stata
elevata e ha evitato che sbandati e incivili aumentassero il
degrado. L’operazione è conclusa e la struttura, dopo l’iter di
assegnazione, potrà essere a disposizione del Comune e della
Municipalità di Marghera che hanno intenzione di farne un luogo di
aggregazione per il quartiere». «Il collegamento con il forte è
stato interrotto in questi mesi dai militari che hanno scavato un
fossato tutto intorno - dice Marangon - Avremmo piacere che questo
fossato restasse lì ed isolasse l’area almeno fino a quando a
settembre non sarà consegnata ufficialmente al Comune e alla
municipalità». (a.ab.)
I forti passano al Comune entro agosto
la Nuova di Venezia — 24 luglio 2008 pagina 30
sezione: CRONACA
ZELARINO. I più ottimisti sul futuro di forte Mezzacapo, l’ex base
dell’esercito di via Scaramuzza, per una volta sono i militari. Già,
perché il Comune ha ricevuto dal quinto Reparto infrastrutture, l’unità
delle forze armate di stanza a Padova che gestisce le risorse
immobiliari, la comunicazione che il passaggio effettivo di forti dal
Demanio Militare a Ca’ Farsetti sarà effettuato entro fine agosto. Il
lotto comprende i forti Mezzacapo, Gazzera e Pepe. Sulla vicenda Mara
Rumiz, assessore al Patrimonio, preferisce andarci cauta: conferma la
scadenza di fine agosto ma aggiunge anche che «prima di cantare vittoria
aspetto che il passaggio avvenga effettivamente». Scaramanzia? Viste
tutte le traversie che hanno accompagnato la partita forti, in
particolare per quanto riguarda il Mezzacapo, pare piuttosto giusta
prudenza. Nel caso, augurabile, che alla fine del prossimo mese i tre
forti divengano a tutti gli effetti proprietà del Comune, però, questo
sarà solo un primo risultato incassato. Ieri, infatti, è stato
effettuato un sopralluogo al Mezzacapo, presenti gli assessori Mara
Rumiz e Laura Fincato (Lavori pubblici), la presidentessa di
Chirignago-Zelarino, Maria Teresa Dini, i rappresentanti
dell’associazione «Dalla guerra alla pace» e tecnici dei due
assessorati. Guarda caso, le opinioni delle istituzioni presenti grosso
modo coincidono: l’area di Forte Mezzacapo ha grandi potenzialità, da
sfruttare nel migliore dei modi, ma l’intero complesso necessita, dopo
il passaggio di consegne tra forze armate e Comune, di una seria
operazione di bonifica. Il problema, infatti, è la presenza massiccia di
amianto, localizzato soprattutto nelle costruzioni più recenti del
forte. Il suo smaltimento sarà la mossa preliminare del recupero della
struttura, azione che si preannuncia non solo complessa, ma anche
onerosa per le casse comunali. Tanto per rendere l’idea, all’assessorato
ai Lavori pubblici era già stato approntato un piano per la bonifica di
uno dei magazzini, operazione per quale era stata prevista una spesa di
20.000 euro, cifra quest’ultima che ora viene considerata di molto
inferiore a quella che sarà necessario sborsare per ripulire il
complesso dall’amianto. Una volta bonificato il forte, poi, bisognerà
dare il via a una manutenzione generale, per poi decidere quale uso fare
del complesso. (Maurizio Toso)
Silvano Bottaro Mercoledì, 23 Luglio 2008
Dopo
dieci anni di carte bollate il Forte Marghera è proprietà comunale.
Finalmente la
plurisecolare costruzione appartenente al demanio militare passa di
fatto alla città, a confermarlo è l’assessore al patrimonio Mara Rumiz
che però avvisa: ci vogliono 60 milioni per sistemarlo e lancia un
appello a i privati per una “cordata”. L’idea è di appaltarlo agli
stessi per una quarantina d’anni, in modo che possano così iniziare una
serie di attività di natura economica per poter far fronte a tutte le
spese che la sistemazione del forte richiede. Nel frattempo il Forte
rimane aperto ogni giorno dalle 12 alle 24.
A
Malborghetto la storia è protagonista Conferenze, guide e libri
sull'Alto Friuli
Messaggero Veneto — 09 luglio 2008 pagina 11
sezione: GORIZIA
MALBORGHETTO. Storia protagonista nel palazzo Veneziano di Malborghetto.
Hanno preso il via, a cura della Comunità Montana di Gemona, Canal del
Ferro e Valcanale, le serate a tema dedicate ad alcuni avvenimenti che
nel corso del primo e del secondo conflitto mondiale (ma non solo) hanno
profondamente segnato l’Alto Friuli. Dopo il primo appuntamento con
Elvio Pederzoli e le descrizioni delle fortificazioni esistenti nel
territorio montano, domani, domani, toccherà allo storico Davide Tonazzi
raccontare l’esperienza di Julius Kugy come referente alpino della
Grande Guerra. Il 18 luglio alle 20.45 è poi in programma la
presentazione delle guide turistiche “Sulle orme di Napoleone”, a cura
di Paolo Foramitti e “Sulle tracce della Grande Guerra” di Davide
Tonazzi. Uno strumento, il primo, realizzato in occasione del 199esimo
anniversario delle battaglie napoleoniche in Valcanale e della presa del
forte di Malborghetto in particolare. La guida di Tonazzi si inserisce,
invece, nell’ambito delle celebrazioni per i 90 anni dalla fine della
Prima Guerra Mondiale. Due gli appuntamenti in calendario nel mese di
agosto: il 7 alle, 20.45, Marco Mantini interverrà sul tema dei “Siti
della Grande Guerra in Friuli Venezia Giulia”, mentre il 21, sempre alle
20.45, Claudio Zanier, dell’Associazione Tiliaventum, racconterà
l’invasione tedesca in Friuli. Chiuderà il ciclo di incontri, venerdì 5
settembre alle 20.30, la presentazione del libro di Michele D’Aronco,“Ali
sull’alto Friuli”, dedicato ai bombardamenti alleati durante la Seconda
Guerra Mondiale. Alessandro Cesare
Premio a chi ha recuperato le trincee
il Corriere delle Alpi — 07 luglio 2008 pagina
07 sezione: CRONACA
PASSO FALZAREGO. Con il naso all’insù, a cercare tra cengie e dirupi,
creste e ghiaioni i fumogeni rossi e verdi che indicano le linee dove si
combattè la guerra di trincea. Si è conclusa così, al passo Falzarego,
la settimana di celebrazioni, tagli di nastri, onori ai caduti e
picchetti militari chiamata «Dolomiti - dalla Grande guerra all’Europa
unita». C’erano migliaia di persone ieri mattina, per il momento più
importante: la consegna del premio Ana «Fedeltà alla montagna» e
l’inaugurazione del museo all’aperto del Sass de Stria, reticolo di
trincee e fortificazioni, ultimo tra quelli che sono stati recuperati
dalla Lombardia al Friuli. Un lungo, spettacolare e commovente museo che
celebra il coraggio, il sacrificio, la morte, la speranza. Alpini in
armi e alpini in congedo assieme, in tutti i momenti della mattinata:
dagli onori alle 12 bandiere di popoli che hanno partecipato alla prima
guerra mondiale, agli onori al labaro dell’Associazione nazionale degli
alpini (era presente il presidente Corrado Perona) e al comandante delle
Truppe alpine generale Petti che ha passato in rassegna una compagnia
del 7º; al racconto delle gesta di 90 anni fa, alla consegna del premio
Fedeltà alla montagna, all’accompagnamento musicale (fanfara della
Julia) e corale (Coro Cortina). La messa è stata celebrata in latino dal
vicario del vescovo, monsignor Del Favero, insieme a due cappellani
delle Truppe alpine. Ha aperto gli interventi il sindaco di Cortina,
Franceschi, che ha ricordato le sofferenze patite dalla popolazione
ampezzana, finita sul fronte di guerra. E dopo aver condannato chi non è
riuscito a trovare soluzioni diverse per il conflitto, Franceschi ha
esortato a guardare avanti in un clima di pace e serenità. Il presidente
nazionale dell’Ana Corrado Perona è stato sabato al sacrario militare di
Pocol: «E’ stato emozionante visitare quel piccolo cimitero austriaco» e
ha ricordato come gli avversari di ieri siano gli amici e i fratelli di
oggi. Perona ha dato appuntamento al 3 novembre a Trento dove tutti i
gruppi Ana dalla Sicilia al Brennero si ritroveranno per una fiaccolata
«che dia luce ad una patria che ne ha bisogno e che ci faccia ricordare
chi si è sacrificato 90 anni fa». Perona si è rivolto ai giovani
militari schierati sul piazzale del Falzarego: «Voi portate l’Italia in
terreni difficili, dove occorre essere militari ma anche uomini». E sul
futuro dell’Italia ha aggiunto: «Dobbiamo risorgere: per questo
guardiamo alla montagna, alla sua purezza e ai suoi valori». Sia Perona,
che il generale Petti hanno ricordato le migliaia di ore di lavoro di
alpini in congedo ma anche di militari, per recuperare chilometri e
chilometri di trincee e fortificazioni, su tutto l’arco alpino, per non
dimenticare il sacrificio di chi combattè per difendere i confini e «per
far valere l’onore dei propri stendardi» come ha detto il generale. Al
termine c’è stata la consegna del premio Fedeltà alla montagna,
istituito 28 anni fa dall’Ana e andato quest’anno alle sezioni Ana che
nel corso degli anni hanno lavorato per recuperare le trince. Attestato
consegnato anche allo stesso comandante delle truppe alpini per il
contributo dato all’opera di recupero. Premiata anche la Fondazione
Cengia Martini che ha curato la zona dolomitica.
I misteri irrisolti della «Linea Gialla»
il Corriere delle Alpi — 04
luglio 2008 pagina 41 sezione: SPETTACOLO
Ci sono ancora molti punti da chiarire sulla famosa «Linea Gialla», cioè
su quel poderoso sistema di fortificazioni della prima Guerra mondiale
nelle Dolomiti che avrebbe dovuto costituire la linea di massima
resistenza in caso di sfondamento nemico ma che, quando questo avvenne a
Caporetto, fu saltata a piè pari. Ad affrontare il problema è Roberto
Mezzacasa che, su «Le Dolomiti Bellunesi», rivista del Cai, anticipa
alcune questioni oggetto di uno studio di prossima pubblicazione che
sarà anche una guida della Linea Gialla. Mezzacasa, insieme con un
gruppo di amici ed esperti di questioni militari, ha «esplorato» i resti
della Linea Gialla nel corso di una serie di ricognizioni nel 2006 e
2007. Si tratta di resti, ma occorre intendersi sulla parola: in realtà
si tratta di una incredibile serie di forti (già ben studiati) del
sistema Cadore, di gallerie e camminamenti, di strade militari,
fortificazioni e trincee. Per capirne l’importanza e l’estensione,
basterà ricordare che le fortezze in caverna, gallerie e anfratti
scavati nella roccia sono circa un migliaio, lungo un’estensione che
andava dalla Carnia all’Altopiano di Asiago. Comprendeva numerosi forti,
progettati ben prima della guerra, la cui scarsa utilità fu tuttavia
subito chiara nei primi mesi di guerra anche perchè pensati per
armamenti ben diversi da quelli poi utilizzati, sicché si passò subito a
realizzare opere in roccia, con l’utilizzo di decine di migliaia di
operai, soprattutto donne locali. La Linea Gialla non era dunque un
semplice segno tracciato sulla carta, ma una vera e propria linea di
difesa che avrebbe dovuto arginare uno sfondamento della Linea Rossa,
quella del fronte dolomitico. Una ventina di chilometri separavano la
prima linea da questa linea più arretrata. Sono note al grande pubblico
soprattutto le opere militari che hanno per nomi famosi, come Cavallino,
Tofane, Marmolada, Col di Lana, Colbricon. Altrettanto note alcune
postazioni che facevano parte della Linea Gialla, come i forti del
Tudaio, del Rite, di Col Vacchèr, di Col Vidàl, cioè la Fortezza
Cadore-Maè, e in parte, come la Tagliata di San Martino, la Fortezza del
Cordevole. Quasi sconosciuti invece gli altri punti chiave della Linea
Gialla, come Forcella Piccola (Antelao), Bosconuovo (Vinigo), Forcella
Cibiana, Pradamio, Col del Salera, Spiz Zuel, Col Bajon, Crep de la
Casamatta ed altri. Quella linea non venne in realtà mai utilizzata. Nei
giorni di Caporetto, a causa anche delle incredibili incomprensioni tra
Cadorna e Di Robilant (il primo che insisteva nell’ordinare
l’arretramento del fronte dolomitico, il secondo che non ne capiva la
necessità e tergiversava), quando finalmente fu chiaro cosa stava
succedendo nella pianura friulana, la Linea Gialla venne saltata e la IV
Armata finì per arroccarsi sulla linea del Piave. I cannoni del monte
Rite non spararono mai contro il nemico, vennero usati solo sui paesi
della valle del Boite per ritardare l’avanzata austriaca. Poiché quella
linea non divenne mai teatro di combattimenti, le opere sono ancor oggi
ben conservate. Alcuni lavori di consolidamento furono effettuati dai
tedeschi nella seconda guerra mondiale, per attrezzare una linea di
resistenza a oltranza «alla rovescia», cioè diretta ad arginare la
prevedibile avanzata degli anglo-americani da sud. Ma anche in questo
caso le fortificazioni riattate dalla Todt non vennero mai utilizzate.
Si possono dunque oggi recuperare e visitare, con una certa cautela
perché in alcuni casi possono essere pericolanti. Però gallerie e
trincee ci sono ancora tutte, e sarebbe molto interessante realizzare un
progetto di recupero anche ai fini turistici. Tra le questioni
irrisolte, Roberto Mezzacasa annota la vera genesi dell’idea della Linea
Gialla (chi, quando, con quali criteri venne disegnata); l’esistenza o
meno dell’idea di una fortezza unica, ovvero se la Linea Gialla fosse
stata concepita come un insieme unitario dipendente da un comando unico;
se oltre alla semplice «linea» tracciata sulle carte, esista anche una
mappa vera e propria delle opere; quali furono i reparti militari che
parteciparono alla sua costruzione e quale il contributo della
popolazione civile; infine quale uso fu fatto dopo la Grande guerra. (ts)