ANNO
2009
Ordigni spariti sul Trimelone ma la «bonifica» è in ritardo
L'Arena - 27 dicembre 2009
L’isola del Trimelone, dove sono
stivati numerosi residuati bellici; altri giacciono sui
fondali circostanti
Riparato il buco a lato della porta della
casamatta sull'isola del Trimelone. A pochi giorni da quando al
consigliere con la delega alla bonifica del Trimelone, Ivano
Brighenti, era stata segnalata l'intrusione di sconosciuti
sull'isola, l'amministrazione comunale ha posto rimedio. Gli
operai del Comune hanno tappato, con una lastra in legno rigido
infissa nelle pareti in muratura con la resina, la larga fessura
tra muro e portone in ferro.
Nelle settimane precedenti ignoti pare avessero asportato del
materiale bellico inerte accatastato in una delle casematte. Di
qui l'allarme perchè «anche se il materiale bellico è inerte»,
aveva detto Brighenti, «può essere utilizzato per azioni
dimostrative o per minacciare qualcuno». Il «rattoppo» al muro
sarà fissato con malta e cemento. Sull'isola sono sbarcati anche
una quindicina di Carabinieri delle stazioni di Malcesine, con i
colleghi nautici delle motovedette di Torri, Bogliaco e
Desenzano. «I Carabinieri sono intervenuti con le motovedette»,
dice Brighenti, «e abbiamo fatto un sopralluogo per capire cosa
fosse successo».
L'impressione è che non si sappia esattamente quanto e quale
materiale bellico sia sparito e che comunque il sito, su cui è
ancora in vigore il divieto di sbarco, di attracco, di pesca, e
di avvicinamento, debba essere messo in sicurezza al più presto.
All'interno delle casematte sono infatti stoccati centinaia di
bossoli di ordigni e di spolette di ogni genere che, nelle
intenzioni dell'amministrazione comunale, dovrebbero essere
utilizzate per un eventuale «museo della guerra da allestire una
volta completata la bonifica».
Se però finora la superficie dell'isola è stata liberata dagli
ordigni, non altrettanto si può dire dei fondali intorno. Solo i
primi dieci metri di profondità sono stati bonificati nel 2008,
mentre restano da fare i lavori di sminamento fino a 30 metri.
Nel maggio scorso la Regione e il dipartimento della Protezione
civile nazionale avevano stanziato, metà per ciascuno, 600 mila
euro per questo scopo. Finora però, di quel denaro a Brenzone
non hanno visto neppure un euro.
«Nelle scorse settimane», ha illustrato il primo cittadino di
Brenzone, Rinaldo Sartori, «abbiamo avuto colloqui telefonici
con Francesco Bianchini, il funzionario della Regione che si
occupa della Protezione civile. Purtroppo ancora non è stato
possibile incontrarlo, e anche l'appuntamento fissato per il 16
dicembre è stato rinviato per un problema improvviso in
Regione». «A questo punto però», conclude il sindaco, «speriamo
di poterci incontrare subito dopo l'Epifania, come proposto da
Bianchini. Senza quei soldi noi siamo in estrema difficoltà e il
Trimelone non è in sicurezza». Gerardo Musuraca
Saccheggiatori sul Trimelone a caccia di bombe e residuati
L'Arena - 28 novembre 2009
Un momento dello sminamento dell’isola del Trimelone
Brenzone. Furto di cartucce e di involucri di
bomba sull'isola del Trimelone. A lanciare l'allarme e a
denunciarlo è il consigliere con delega alla bonifica
dell'isola, Ivano Brighenti. Il giovane esponente della
maggioranza del sindaco, Rinaldo Sartori, ha ricevuto in questi
giorni «varie segnalazioni», come lui stesso ha spiegato, «fatte
da alcune persone che si sono accorte, passando in barca»
accanto alla lingua di terra al largo di Assenza, "che una delle
porte delle "casematte" è stata forzata».
Anche guardando dalla barca infatti, oggi si vede un grosso buco
a lato di una di queste porte. «Non so come sia successo»,
continua il consigliere, «ma qualcuno deve essere salito
sull'isola e deve essersi accorto dell'ammanco, perchè la voce
circola insistentemente da giorni in paese». Probabilmente,
ignoti sono andati sull'isola, hanno scavato il muro a lato dei
cardini della porta, si sono introdotti in una delle tre
casette.
Sul Trimelone è tutt'ora in vigore il divieto di attracco, di
pesca, di immersione e di sbarco, dato che non è ancora stata
completata l'opera di bonifica dalle centinaia di migliaia di
ordigni che, fino a due anni fa, erano disseminati tanto sulla
superficie che nei fondali dell'isola. La precedente
amministrazione guidata dall'allora sindaco, Giacomo Simonelli
era riuscita, grazie all'oggi ex assessore Davide Benedetti, ad
assicurarsi fondi per oltre 1 milione e 200 mila euro
provenienti dalla Regione Veneto e dal Dipartimento nazionale
della Protezione civile. Nel 2007 Guido Bertolaso era sbarcato
sul Trimelone e si era complimentato per l'opera di bonifica
portata avanti sia dalla ditta Bo.Sca di Venezia che dalla
Marina Militare Italiana e dal Genio guastatori di Legnago. Il
tutto sotto il controllo del Carabinieri di Malcesine e della
motovedetta dei colleghi nautici di Torri.
Ma in pratica cosa è successo? «Da una delle case matte»,
assicura Brighenti, «sono sparite delle bombe scariche lì
accatastate dai Guastatori di Legnago. Non so dire quali e
quante perchè l'accesso all'isola è vietato ma l'amministrazione
comunale sporgerà denuncia ai Carabinieri. Faremo un sopralluogo
perchè la notizia è certa». Di più Brighenti non vuole
aggiungere su questo punto, se non che «è un atto gravissimo
perchè è tutto materiale bellico che, anche se non è in grado
più di detonare, può essere usato per minacciare qualcuno o per
scopi ignoti ma certamente pericolosi».
I pezzi lasciati dalla Marina Militare e chiusi sotto chiave
sull'isola dovrebbero invece servire per «allestire un museo
della guerra o per altri scopi culturali e turistici che avremmo
in mente di fare».
«Il tutto, però», conclude Brighenti, «è subordinato al fatto di
portare a termine la bonifica dei fondali oggi "liberati" dalle
bombe solo fino a una decina di metri, quando invece resta
ancora da fare il lavoro fino a 30 metri». «Da questo punto di
vista», ha aggiunto Brighenti, «da mesi stiamo aspettando che il
dirigente regionale Francesco Bianchini venga a Brenzone o ci
riceva a Venezia perchè non abbiamo ancora visto neanche un euro
dei 700 mila stanziati, metà ciascuno, da Regione Veneto e
Protezione Civile Nazionale». Gerardo Musuraca
Demanio concede ad Azienda Ospedaliera Verona
aree Forte Procolo e caserma Riva di Villasanta. Sindaco Tosi:
“1100 posti auto per ospedale Borgo Trento”
Dal sito del
comune di verona - 25 novembre 2009
La filiale Veneto dell’agenzia del
Demanio ha concesso gli spazi della caserma Riva di
Villasanta e di forte Procolo all’Azienda Ospedaliera di
Verona per la realizzazione di parcheggi. Lo ha reso
noto il Sindaco Flavio Tosi che oggi pomeriggio a
palazzo Barbieri, insieme agli assessori alla Mobilità
Enrico Corsi e all’Urbanistica Vito Giacino, ha
illustrato il progetto che riguarderà le due aree.
Presenti il comandante della Polizia municipale Luigi
Altamura e il direttore generale dell'Azienda
Ospedaliera di Verona Sandro Caffi.
“Attraverso l’intervento del Comune, grazie anche alla
mediazione dell’assessore al Patrimonio Daniele Polato -
ha spiegato Tosi – l’ospedale di borgo Trento potrà
godere fin da subito di oltre 1100 posti auto dei quali
600 nella caserma Riva di Villasanta, 115 nella zona
affacciata su via Torretta e altri circa 500 in quella
situata verso viale Cristoforo Colombo, e 500 a forte
Procolo; il numero sarà però destinato a crescere fino a
circa 3 mila posti quando sarà possibile occupare la
totalità della superficie a disposizione, al termine
della riqualificazione.”
“Un’operazione rilevante sia per l’ospedale di Borgo
Trento che per il quartiere – ha commentato Giacino- da
un lato infatti è finalizzata ad aumentare i servizi per
i pazienti e i loro familiari, oltre che per il
personale sanitario, dall’altro rappresenta la
possibilità di recuperare una parte importante del
patrimonio storico cittadino, sottraendola al degrado
per restituirla alla città”.
“Tutti i provvedimenti che adotterà la Giunta – ha
concluso Corsi – saranno volti a non creare disagi al
quartiere di Borgo Trento, sul quale da sempre ricadono
i problemi di sosta e di viabilità legati alla presenza
dell’ospedale Maggiore; per questo l’accesso all’area di
Forte Procolo si effettuerà da via Pancaldo evitando
l’ingresso delle auto nel quartiere .”
Ecco il
nuovo data center di The Pirate Bay, un ex bunker NATO
Da
hostingtalk.it del
8 ottobre 2009
Pochi
giorni fa abbiamo riferito dei problemi che hanno portato The Pirate Bay ad un
cambio repentino di data center, spostandosi dalla Svezia, dove tutti gli ISP
hanno, infine, abbandonato il noto sito, all'Ucraina, ma alla fine i creatori
hanno trovato ospitalita in Olanda presso un nuovo ISP.
Il nuovo data
center e quello di CyberBunker, un nome che identifica
un vero e proprio ex bunker della NATO in cui e stato
collocato il data center della compagnia, come e
possibile vedere dalla foto qui sotto. Pochi giorni fa
abbiamo riferito dei problemi che hanno portato The
Pirate Bay ad un cambio repentino di data center,
spostandosi dalla Svezia, dove tutti gli ISP hanno,
infine, abbandonato il noto sito, all’Ucraina, ma alla
fine i creatori hanno trovato ospitalità in Olanda
presso un nuovo ISP. Il nuovo data center è quello di
CyberBunker, un nome che identifica un vero e proprio ex
bunker della NATO in cui è stato collocato il data
center della compagnia, come è possibile vedere dalla
Torrentfreak ha tutti i dettagli sulla nuova colocation,
si tratta di un bunker realizzato negli anni ’50 (il
center esiste dal 1998, la NATO ha venduto la struttura
nel 1996), negli anni della Guerra Fredda, e non caso l’ISP
parla di muri che possono resistere ad attacchi nucleari
e da parte di agenti esterni.
Sembra anche
che la prima colocation dei server abbia avuto non pochi
problemi, diversi carriers si sono rifiutati far passare
sui propri network il traffico di The Pirate Bay,
costringendo così il provider a cercare altri carriers.
Sul sito della compagnia è disponibile una piantina
dell’edificio e il collegamento per ogni stanza ad una
webcam che mostra l’interno del data center. La
struttura non appare certo conforme alle serverfarm
quali siamo solitamente abituati. I prezzi della
compagnia sono tutt’altro che comuni, per 20 GB di
spazio in shared hosting il canone annuo richiesto è di
1500 Euro, con 200 Euro di costi di attivazione.
RIS
l'orecchio tecnologico dei servizi segreti italiani.
Ecco il grande fratello militare
Da grnet.it del 14
settembre 2009
Roma,
14 set – (di Gianni Lannes) «We are watching you»: “ti
stiamo osservando”. Dallo spazio, infatti, qualcuno ci
spia. Non si tratta di extraterrestri, ma di satelliti
controllati segretamente dai governi. A confronto le
intercettazioni telefoniche di spioni pubblici e privati
che hanno coinvolto la Telecom (Tavaroli e soci),
sembrano una bazzecola. L’aria e il cielo sono intrisi
di segnali elettronici. Intercettarli è facile come
raccogliere la pioggia con un secchio. Numerosi
cittadini con la fedina penale immacolata, ora sono
schedati elettronicamente, grazie ai prodigi di un
braccio supersegreto dell’ex Sismi, specializzato in
spionaggio d’ogni genere e guerra elettronica. E’ tutto
documentato nei fascicoli personali: dalle credenze
religiose a quelle politiche, fino alle attività
professionali e del tempo libero. Siamo controllati e
sorvegliati da tempo a nostra insaputa. Il presidente
del Consiglio Berlusconi, se non fosse troppo distratto
dalle donne – e ricattabile – dovrebbe informare subito
le Commissioni parlamentari competenti: Affari
costituzionali e Difesa. Signor ministro La Russa chi
gestisce questa struttura, quale tipo di informazione
utilizza e di quale mandato politico gode?
Esistono
fondati sospetti che tale sistema di spionaggio al di
fuori del controllo parlamentare, possa venire
utilizzato per fini difformi da quelli della sicurezza e
della pace? Ma di che si tratta? Proviamo a spiegarlo,
poiché il responsabile della Difesa tace
inspiegabilmente. Alla stregua di Francesco Rutelli,
presidente del Copasir. Nel Comitato parlamentare per la
difesa della Repubblica figura pure Fabrizio Cicchitto,
tessera P 2 numero 2232. Insomma una garanzia che spiega
il fango gettato addosso all’integerrimo Gioacchino
Genchi. E’ la struttura supersegreta e più potente mai
realizzata in Italia, nata anche per intercettare –
senza alcuna autorizzazione della magistratura e
all’insaputa di una fetta del Parlamento italiano –
particolari soggetti: magistrati, giornalisti,
industriali, politici scomodi (pochi in realtà),
ecologisti, ambasciatori; ma anche a chi si oppone alla
guerra o all’installazione di basi militari straniere
nel proprio Paese. E addirittura poliziotti, carabinieri
e finanzieri rispettosi dello Stato di diritto. Una rete
riservata che non fa capo ad apparati pubblici dello
Stato, ma al Reparto Informazioni e Sicurezza, il
servizio segreto che raggruppa i tre vecchi SIOS di
forza armata e che ha il compito di accedere, captare ed
elaborare qualsiasi forma elettronica di comunicazione
in transito nel Mediterraneo ed anche oltre. E’
un’attività così gelosamente custodita che il capo di
Stato Maggiore della Marina, Paolo La Rosa, interpellato
qualche tempo fa da due parlamentari della commissione
Difesa, nega addirittura l’esistenza, trincerandosi
dietro il segreto di Stato. Risponde infatti La Rosa, in
una lettera di cui siamo legalmente in possesso: «Con
riferimento alla richiesta di autorizzazione alla visita
avanzata dai parlamentari in oggetto, si comunica che
non risultano in Cerveteri e nel territorio nazionale
strutture denominate “Echelon Italia” – Conclude infine
l’ammiraglio di squadra – Si soggiunge che in linea
generale, quanto al regime delle autorizzazioni delle
visite dei Parlamentari ai siti protetti dal segreto di
cui all’art. 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801,
vige il disposto della legge 24 giugno 1988 n. 206 e
relativo regolamento d’attuazione». “Echelon” o
strutture simili in Italia non esistono? Il cuore
dell’Intelligence fantasma – collegato a varie stazioni
di ascolto distribuite capillarmente nella Penisola – è
mimetizzato all’interno di una caserma dell’esercito nel
territorio di Cerveteri in provincia di Roma. Un lungo
recinto e poi un muro protetto all’interno da un
terrapieno, filo spinato e telecamere difendono due
palazzine basse, una decina fra antenne paraboliche – in
collegamento col sistema satellitare Sicral – e alcune
casematte per la sorveglianza. «La base viene utilizzata
attualmente come orecchio elettronico per intercettare
comunicazioni radio militari e civili (Sigint), segnali
elettromagnetici militari (Elint), comunicazioni via
satellite (Comint), trasmissioni immagini (Imint),
telefonia di vario genere» attesta la documentazione
riservata dello Stato Maggiore Difesa. I messaggi
vengono trasferiti, trascritti e analizzati a Roma,
all’aeroporto militare di Ciampino e a Forte Braschi.
Ovviamente, tutto in nome della lotta al terrorismo
internazionale e della sicurezza generale. Ma al
servizio di chi? In Italia non si può intercettare
nessuno senza l’autorizzazione della magistratura. Nel
caso dei Servizi segreti occorre il nulla osta delle
Procure Generali della Repubblica presso le Corti
d’Appello. L’assoluta discrezionalità e l’assenza di
regole democratiche sembrano essere i tratti essenziali
del RIS, peraltro mai sottoposto finora ad un controllo
parlamentare. Sembra un scherzo: un organo dello Stato
non sottoposto a controlli, che occupa due interi
edifici a 37 km da Roma. Ma la faccenda diventa seria se
si pensa che il RIS è la mente operativa
dell’Intelligence italiana dove si concentra la massima
mole di notizie riservate esistente nel Paese:
informazioni particolari su aziende e privati cittadini.
Singolare coincidenza. «L’attuale normativa sulla
privacy riconosce ampie deroghe proprio ed
esclusivamente per i servizi di informazione e
sicurezza» dichiara Antonio Martino il 20 ottobre 2004,
allora in veste di ministro della Difesa, nel corso
dell’audizione presso la Commissione Affari
costituzionali. E aggiunge, a tale proposito: «In questo
ambito, ho indicato soluzioni strutturali per assicurare
un rapporto sempre più efficace tra il Sismi ed il
reparto informazioni e sicurezza dello stato maggiore
della Difesa (…) Gli ambiti di competenza del Ris sono
complementari a quelli del Sismi. Il Ris realizza un
sistema informativo organico ed integrato, a
disposizione del capo di Stato maggiore della Difesa (…)
In quanto servizio specialistico a supporto diretto
dello strumento militare in tutte le sue componenti,
quindi non destinatario di un controllo politico
diretto». Un altro riferimento ufficiale è racchiuso in
uno scarno paragrafo del Libro Bianco pubblicato dal
ministero della Difesa nel 2002. A pagina 41, a
proposito del “R.I.S.” si legge: «I SIOS (Servizi
Informazioni Operative e Situazione) di Forza Armata
sono stati sciolti e l’attività informativa è stata
portata a livello interforze presso lo Stato maggiore
della Difesa. Il trasferimento di competenza è stato
sancito dalla direttiva del Ministro della Difesa n.1/30863/14.8/97
in data 15 maggio 1997 e l’attività, dopo una fase
sperimentale, ha assunto una definitiva configurazione
in data 1° settembre 2000 con la costituzione del
Reparto Informazioni e Sicurezza ed i dipendenti Centro
Intelligence Interforze e Scuola Interforze
Intelligence/Guerra Elettronica». E ancora: «L’attività
di ricerca informativa e di sicurezza s’inquadra
naturalmente in quella del SISMI che, operando a più
ampio raggio, è in grado di fornire l’inquadramento
generale della situazione ed il sostegno di riferimento
con i servizi collegati. Non va peraltro trascurata la
funzione di sicurezza interna svolta a tutela delle
strutture ed infrastrutture militari in Patria, in
stretto collegamento, in questo caso, con l’Arma dei
Carabinieri e con gli organi specializzati del servizio
stesso a tutti i livelli ordinativi». Chi controlla i
controllori? «Il Centro Interforze di Formazione
Intelligence/GE è un istituto militare, dipendente dal
II Reparto Informazioni e Sicurezza (RIS) dello Stato
Maggiore della Difesa – spiega una nota ministeriale –
In particolare il centro provvede a qualificare ed
aggiornare il personale, appartenente alla Difesa, per
l’impiego nel settore dell’Intelligence. In tale ottica
i corsi afferiscono in maniera peculiare a tutte le
discipline dell’Intelligence (IMINT, SIGINT, HUMINT,
OSINT, ACINT, MSINT) e della guerra elettronica, in
funzione di quelle che sono le necessità addestrative
formulate dal RIS o dagli Stati maggiori di singola
Forza Armata». Computer di ultima generazione sono la
mente operativa. Software ultraveloci in grado di
entrare nelle nostre case, ascoltare e registrare le
telefonate, setacciare la posta elettronica e le altre
forme di comunicazione che viaggiano su Internet, aprire
e decifrare tutto quanto viene trasmesso dalle banche
dati. Penetrare nel mondo della finanza, svelare i
movimenti di denaro, individuare le scelte strategiche
dei gruppi industriali, rivelare notizie riservate sulle
indagini giudiziarie in corso, sui politici sotto
inchiesta, sui boss mafiosi sotto controllo, sui
giornalisti ficcanaso. Una concentrazione senza
precedenti di informazioni sensibili – inaccessibile ai
parlamentari della Repubblica – gestita da un ramo
speciale dei servizi segreti e conservate senza limiti
di tempo. Il sistema è attualmente in grado di captare e
analizzare miliardi di comunicazioni private al giorno
che passano attraverso il telefono, il fax, la rete
internet. Creato nel 1997 dall’ammiraglio Fulvio Martini
(direttore del Sismi dal 5 maggio 1984 al 26 febbraio
1991) il RIS ha avuto come primo responsabile
l’ammiraglio Sergio Biraghi. Il suo successore è stato
un altro ufficiale di marina, l’ammiraglio Sirio
Pianigiani. Le voci ben mimetizzate di spesa sui bilanci
dell’ultimo decennio del ministero della Difesa ne
documentano inequivocabilmente l’attività. Un esempio?
La «costruzione di un inceneritore per documenti
classificati a Udine», oppure la «realizzazione di
impianto palazzina Tlc a Jacotenente» in piena Foresta
Umbra, all’interno del Parco nazionale del Gargano.
Quali satelliti utilizzano i servizi segreti? Il SICRAL
(Sistema italiano per comunicazioni riservate ed
allarmi) – costato 500 milioni di euro – è il primo
satellite italiano per telecomunicazioni ideato
completamente dalla Difesa e sviluppato dal consorzio
Sitab (Alenia, Fiat Avio, Telespazio). Il 7 febbraio
2001 è stato posto in un’orbita geostazionaria. «Il
sistema militare di osservazione da satellite HELIOS ed
il sistema satellitare duale italiano COSMO Sky-Med,
sono utilizzati da parte italiana tramite strutture
risalenti alle responsabilità dello Stato Maggiore della
Difesa, in collegamento con il Sismi» decreta il 6 marzo
2006, il ministro Martino. Humint e Sigint corrono
insieme. Quando l’Intelligence si interessa a personaggi
su cui non avrebbe titolo per indagare, usa la tecnica
dei galleggianti: si apre cioè un fascicolo
genericamente intestato a un certo affare, o ad una
fonte, e poi si allegano ad esso i fascicoli
galleggianti sul personaggio che interessa. Un calcolo
preciso è impossibile farlo. E’ possibile ipotizzare che
circa 1 milione di persone siano stata schedata dai
nostri infaticabili 007 con la divisa. Molto in voga è
l’abitudine di archiviare fascicoli particolarmente
delicati non a Forte Braschi, ma in uffici di copertura
dislocati in tutto il territorio nazionale. Tali
operazioni non richiedono e nemmeno presumono che chi è
oggetto delle intercettazioni stia violando la legge.
Già nel ’95 venne alla luce un’attività informativa
prestata negli anni 1989-91 al capo del Sismi, Martini,
dal colonnello Demetrio Cogliandro: in sostanza,
un’illegittima raccolta di informazioni di natura
personale su uomini politici, ed esponenti del mondo
finanziario, sindacale ed industriale. Il Comitato
parlamentare che sovrintende all’attività dei servizi
aveva esaminato la documentazione concludendo il 5 marzo
1996: «Salvo qualche nota sporadica, il contenuto delle
carte è del tutto estraneo alle finalità istituzionali
del Servizio (…) Essi appaiono destinati ad offrire
strumenti di pressione e di ricatto (…) contro soggetti
politici ben individuati (…) Sono state raccolte
informazioni di ogni genere, notizie relative agli
intrighi che si sviluppavano nel sistema di governo».
Non è cambiato nulla. Attualmente, gli archivi dei
Servizi Segreti presentano un’estensione sempre più
smisurata. Nonostante il trascorrere dei decenni e
malgrado ripetuti segnali d’allarme che hanno rivelato
l’accumulo disinvolto di milioni di fascicoli e la loro
illegale e spregiudicata utilizzazione, il materiale
scottante ora viene depositato in banche dati
elettroniche. Il 17 novembre 1987, l’ex ministro della
Difesa, Attilio Ruffini, alla «Commissione Affari
Costituzionali della Camera rivelava: «Nessun governo è
in grado di controllare singolarmente i milioni di
fascicoli per verificare se rientrano meno nell’ambito
dei compiti istituzionali dei Servizi. Ci si deve
necessariamente fidare di quanto affermano i direttori
dei servizi o i loro subordinati». La situazione verrà
confermata dall’ammiraglio Martini alla stessa
Commissione, il primo dicembre ’87: «Quando il
Presidente del Consiglio mi chiese se potevo affermare
in Parlamento l’inesistenza negli archivi di qualcosa
che potesse prestarsi a un giudizio negativo, gli
risposi che potevo dargli questa assicurazione,
sottolineando come negli archivi di Forte Braschi
esistessero circa 18 milioni di pratiche». Lo “zio Sam”
con Echelon ha fatto scuola anche in Italia: la base di
ascolto di San Vito dei Normanni (attualmente dismessa e
recentemente incendiata), in provincia di Brindisi ha
registrato istante per istante la strage di Ustica (27
giugno 1980) e intercettato i sequestratori dell’Achille
Lauro nel 1985. Eppure, nessuno ha mai chiesto conto in
sede ufficiale alle autorità Usa il chiarimento dei
misteri d’Italia. Intercettare, catalogare ed archiviare
la vita di chiunque è una violazione dei diritti umani.
La democrazia è costruita su diritti che prevalgono su
qualsiasi interesse collettivo, individuale, economico
politico e di sicurezza. Il vero problema è capire se si
stia sistematicamente smantellando il concetto di
privacy individuale, uno dei diritti umani più basilari.
Echelon
Ideato nel
1947. E’ un sistema di sorveglianza mondiale realizzato
da alcuni Stati durante la Guerra fredda. Viene gestito
da Usa, Regno Unito, Australia, Canada e Nuova Zelanda
(accordo Ukusa). L’infrastruttura spaziale è stata
insediata nei primi anni ’60, lanciando in orbita un
gran numero di satelliti spia. Responsabile di questi
progetti è la National Security Agency (NSA), la più
grande agenzia di intelligence nordamericana, in
collaborazione con la Cia e la Nro. I centri
elaborazione dati terrestri sono ubicati a Menwith Hill
(Gran Bretagna) ed a Pine Gap (Australia). Anche
l’Italia ha ospitato una struttura di questa rete
spionistica – orecchio poi trasferita a Gioia del Colle
– nella base di San Vito dei Normanni, dal 1964 fino al
1994. Negli Usa è nata nel 2001, la “Total information
awareness”, una banca dati unica che ha lo scopo di
raccogliere informazioni sui cittadini di tutto il mondo
dal comportamento sospetto.
Enfopol
L’organizzazione, in collaborazione con l’Fbi americana,
è nata ufficialmente il 23 novembre 1995 grazie a un
accordo di cooperazione europeo per un sistema di
controllo totale di tutti i mezzi di comunicazione. Le
radici sono state sviluppate fin dal 1991 nell’ambito
della conferenza di Trevi, dai ministri dell’Ue e si
sono concretizzate nel 1993 a Madrid. Secondo
l’associazione inglese per i diritti civili Statewatch
esistono intese segrete sotto forma di “Memorandum of
Understanding Concerning the Lawful Interception of
Telecommunications” (Enfopol 112, 10037/95). L’Italia
svolge un ruolo di primo piano all’interno del
programma, perché ospita, in provincia de l’Aquila, la
base terrestre di Iridium, la rete di satelliti per le
comunicazioni cellulari. Enfopol coordina la
collaborazione europea dei ministeri degli interni e
della giustizia. E’ al di fuori dei controlli
parlamentari europei. (fonte:italiaterranostra.it
(http://www.italiaterranostra.it/?p=628))
Forte Roncogno verrà ristrutturato
L'Adige 10 settembre 2009
Costruita negli anni 1879 – 1881 e in seguito rimodernata nel
1904 la «batteria Roncogno» è situata alle pendici del Monte Celva nei pressi
del passo Cimirlo. Insieme al sottostante forte Cimirlo e ed alle opere di
Civezzano sul fronte opposto, rappresentava uno dei capisaldi del fronte est
della fortezza di Trento. Il forte Roncogno sbarrava infatti il passo del
Cimirlo e era dotato di quattro cannoni da nove centimetri e di una guarnigione,
che in caso di guerra, doveva essere formata da un ufficiale e cinquanta
soldati. Chiamato dagli austriaci «Batterie am Sattel von Roncogno», all’inizio
del conflitto fu considerato antiquato e di vecchia concezione e venne quindi
disarmato ed i pezzi spostati nelle altre fortificazioni. Radiato dal Demanio
militare, nel 1927 fu oggetto di un primo intervento conservativo. Affittato una
decina di anni fa all’associazione Marinai, il forte è ora tornato disponibile
ed un secondo progetto di restauro curato dall’Azienda forestale di Trento -
Sopramonte in collaborazione con la Sovrintendenza per i beni architettonici
della Provincia è stato presentato dai progettisti architetti Gorfer e Port alla
circoscrizione di Povo nell’ultima seduta per una prima valutazione. Il forte
verrà rimesso in sesto rispettandone rigidamente la tipologia costruttiva, con
il restauro del grande salone, la costruzione di una copertura in legno e
lamiera e dotato di luce ed acqua. All’interno oltre alla grande sala espositiva
di 170 metri, verrà ricavato un magazzino e troveranno posto i servizi igienici
salvaguardando nel dettaglio le originali destinazioni austroungariche. Il costo
dell’opera sarà intorno ai 300.000 euro, l’appalto dell’opera in ottobre e la
conclusione lavori, salvo imprevisti, sarà nell’autunno del prossimo anno. Si
tratta di un’interessante proposta di riqualificazione, fortissimamente voluta
dalla circoscrizione, inserita nell’ambito delle opere già effettuate sul monte
Celva per valorizzare dal punto di vista culturale questa vera e propria
«cittadella fortificata» a due passi dalla città.
Il monte Novegno tra storia e visite guidate
Il Giornale di Vicenza - 10
settembre 2009
ESCURSIONI.
Appuntamento per domenica. Libro sulla Grande Guerra e la riscoperta
di Forte Rivon Visite guidate lungo i percorsi della Grande
Guerra, la riscoperta del "nuovo" Forte Rivon, l'uscita del secondo
libro naturalistico dedicato al Novegno da Marco Adriani.
Sarà una giornata ricca di iniziative quella organizzata
dall'associazione ricercatori storici "4 novembre" sul monte Novegno
questa domenica. Su tutte spicca la presentazione dell'ultima
pubblicazione promossa dal sodalizio culturale scledense,
continuazione ideale del fortunato "Novegno. Immagini e emozioni",
ovvero "Guida al Novegno. 15 itinerari a tema".
Sono gli stessi
autore ed editore - Marco Adriani, appunto, e la Tipografia Menin -
ma diversa la funzione. Se il primo, infatti, è un volume
fotografico di pregio, da scaffale di libreria, il secondo diventa
più utile quando è infilato nello zaino.
Sono quindici gli itinerari a tema proposti nel libro attraverso
puntuali descrizioni e suggestive immagini, in un ideale cammino che
tocca alternativamente storia, memoria e natura: un percorso lungo
il quale le trincee della Grande Guerra sono protagoniste quanto i
silenzi del bosco, i rumori laboriosi delle malghe.
Il libro sarà proposto in anteprima ad escursionisti ed appassionati
della montagna, che potranno usufruire anche dei percorsi storici
preparati dall'associazione per l'occasione.
Punti informativi
saranno allestiti presso Busa Novegno, Bivio Vaccaresse e Forte
Rivon a partire dalle 9: la partenza è prevista alle 10 con
destinazioni le fortificazioni del monte Calliano e la polveriera
del forte, oramai prossimo al completamento dei lavori di
ristrutturazione. Saranno comunque visitabili gli annessi come la
sala di accoglienza e didattica che trova posto nell'ex bivacco,
dotata di impianto di proiezione in continuo di filmati d'epoca e
materiali informativi. L.V.
Dismessa
l’ex base nato di Montevergine |
Da
hot-news.it del
21 luglio 2009 |
Dopo svariati anni finalmente la
situazione dell'ex base nato di
Montevergine (Avellino) è stata dismessa,
ed quasi nella sua totalità restituita a
quella sacra montagna la quale nel suo
santuario un tempo ha ospitato anche la
sacra sindone: durante la seconda guerra
mondiale dal 1939 al 1946. Infatti sul
terreno circostante era possibile vedere
decine di barili in ferro arrugginiti e
vasche da bagno abbandonate e materiali
dismessi di ogni genere, anche
all'interno della base era possibile
notare batterie esauste e documenti di
varia natura riversati atterra,
evidenziarono il fatto anche delle
inchieste di striscia la notizia. Oggi
la situazione è cambiata, a distanza di
due anni dalla nostra ultima visita il
territorio circostante è stato quasi
tutto ripulito e la base destinata ad un
nuovo uso civile con sedi dell'Enel e di
varie tv nazionali, l'unico impianto che
rimane ancora da recuperare è il primo
che si può incontrare sulla destra
percorrendo quella strada, ovvero ancora
alcuni alloggi e mense dismesse.
Finalmente questo territorio tutelato da
vincolo ambientale è stato restituito
quasi del tutto al Parco naturale del
Partenio resta solo il rammarico di tale
mobilitazione avvenuta solo 22 anni dopo
l'effettiva dismissione. Scritto Da
Agostino Cotugno
|
La Rocca d'Anfo? Si può conoscere seduti in poltrona
Brescia Oggi - 13
luglio 2009
ARCHEOLOGIA
MILITARE. Una ricerca storica. Una vernice molto affollata per il
libro di un appassionato Da qualche ora c'è un altro tassello
inserito nel «mosaico» delle iniziative per la valorizzazione della
Rocca d'Anfo. Lo ha accolto un pubblico ampio ed entusiasta, che
sabato sera ha partecipato alla presentazione del volume di Giuseppe
Calabria «La Rocca d'Anfo»: un lavoro fortemente voluto dai
volontari del Gruppo sentieri attrezzati di Idro e dal presidente
dello sodalizio, Sergio Rizzardi.
«La Rocca era morta, e bisognava attendere l'arrivo di uomini di
buona volontà perchè potesse tornare a vivere», ha affermato
Gianluigi Bonardelli, il sindaco di Anfo, riferendosi al lavoro
fatto da Rizzardi e soci quando nella primavera del 2006 hanno
ripulito e ristrutturato una parte dell'antica fortezza rendendola
(dal maggio 2007) accessibile al pubblico. Ora ogni anno sono più di
9000 i visitatori condotti dai volontari nella fortezza.
E adesso c'è anche la pubblicazione di Calabria, un ragazzo di
Brescia entrato nel sodalizio locale per lavorare anch'egli al
recupero del monumento. Alla sua «vernice» ha assistito anche
Daniele Molgora, presidente della Provincia, che si è impegnato a
rivolgersi al ministero dei Beni culturali per finanziare i tanti
restauri ancora da effettuare.
Ma veniamo al lavoro (commentato in sala oltre che dall'autore da
una dissertazione storica del professor Giancarlo Marchesi), che
racconta in termini semplici e divulgativi («non sono nè uno storico
nè uno scrittore», ha confessato Calabria) la vicenda quasi
millenaria di questa fortificazione, per la quale è stata ipotizzata
addirittura una non dimostrata origine longobarda.
Da qui sono passati i Visconti, i Lodron del Trentino, i veneziani,
i francesi, gli austriaci e i russi; poi ancora i francesi e di
nuovo gli austriaci. Infine i garibaldini, le truppe italiane e i
tedeschi nella Seconda guerra mondiale. Ma più di tutti sono stati i
veneziani prima e i francesi di Napoleone poi a dare la loro
«impronta» alla fortificazione. Passaggi di eserciti raccontati da
Calabria con un corredo di foto a colori e d'epoca, riproduzioni di
stampe, planimetrie e riproduzioni dei progetti che non mancheranno
di scatenare la curiosità.
L'opera si può acquistare durante le visite del sito, ed è in
vendita nelle edicole e nelle librerie della Valsabbia a 10 euro.
Fausto Camerini
Ciotti a Bottacin: «La Fondazione al forte
di Monte Ricco a Pieve»
il Corriere delle Alpi — 08 luglio
2009 pagina 11 sezione: CRONACA
BELLUNO. Nel dibattito per l’assegnazione della sede della Fondazione
“Dolomiti Unesco”, per la quale il sindaco di Pieve di Cadore Maria Antonia
Ciotti ha messo a disposizione il Forte di Minte Ricco, c’è una novità che parte
dal centro cadorino ed è indirizzata al neo presidente della Provincia di
Belluno, Gianpaolo Bottacin e all’assessore al Turismo Matteo Toscani. Si tratta
di una lettera che il primo cittadino di Pieve ha indirizzato loro con la quale
puntualizza la sua posizione. «L’ambito riconoscimento alle Dolomiti, alla fine
è arrivato - scrive il sindaco Ciotti - La Provincia è stata capofila dell’iter
della candidatura, e ha dimostrato che possiamo essere protagonisti autonomi ed
attivi del nostro futuro. La terra bellunese - aggiunge - è finalmente al centro
dell’attenzione del mondo e si riprende quella posizione che gli spetta di
diritto. Proprio ricordando le vicende e la centralità storica che il Comune di
Pieve di Cadore ha sempre rivestito, sono a chiedervi a nome di tutta la nostra
comunità di sostenere e valutare la opportunità che la sede della Fondazione
trovi qui la sua più adeguata collocazione».
Inaugurato il parco a Forte Poerio
la Nuova di Venezia — 05 luglio 2009
pagina 31 sezione: PROVINCIA
MIRA. E’ stato inaugurato ieri mattina il Parco di Forte Poerio (nella foto) in
via Risorgimento che si trova fra Mira Porte e Oriago. Alla festa c’erano 300
persone, il sindaco Michele Carpinetti e quasi l’intera giunta. Nel parco di via
Risorgimento sono state collocate una quindicina di panchine in legno con tavoli
da pic nic, altalene, una teleferica per bimbi, scivoli, un castelletto in
legno. «Finalmente dopo diversi anni - ha spiegato l’assessore ai Parchi Silvia
Carlin - abbiamo aperto questa area verde che potrà essere usata da tutti in
tranquillità e che sarà sorvegliato da un sistema di telecamere». (a.ab.)
Ancora discariche davanti a Forte Tron
la Nuova di Venezia — 01 luglio 2009
pagina 19 sezione: CRONACA
CA’ SABBIONI. Ancora discariche a Forte Tron (nella foto) a Cà Sabbioni. A
denunciare lo stato di abbandono della struttura ormai ceduta dal Demanio
militare al comune di Venezia sono i consiglieri della Municipalità Nilo Dal
Molin e Mario Tolomio. «L’area a ridosso del Forte - ricorda Dal Molin - si è
praticamente riempita di nuovo di immondizia di vario tipo: pneumatici e rifiuti
solidi urbani insieme a materiali edili di risulta. Per questo ho fatto una
segnalazione alla Municipalità e alla polizia municipale affinché venga
realizzata una pulizia straordinaria prima dell’utilizzo della struttura».
Intanto il delegato ai Lavori pubblici, Valdino Marangon, spiega che la pulizia
definitiva dell’area per l’utilizzo della vecchie struttura militare di via
Colombara partirà in accordo con Veritas ed entro il 15 luglio. Anche i
cittadini e la delegazione di zona di Malcontenta hanno dato l’assenso
all’operazione di pulizia. «Si partirà - dice Marangon - con un riordino
complessivo che comprende asporto dei rifiuti, sistemazione dell’area verde e
dei fossati entro metà luglio, con l’ausilio di una decina di operatori di
Veritas. Ci saranno d’ora in poi controlli su chi sporca e scarica in modo
abusivo appioppando multe salate e installando telecamere». (a.ab.)
Forte Cosenz «sportivo», venerdì
l'inaugurazione
la Nuova di Venezia — 01 luglio 2009
pagina 22 sezione: CRONACA
DESE. Dopo anni di lavori, verrà inaugurata venerdì una parte del gioiellino
militare del Campo trincerato di Mestre, ristrutturata dall’Ocrad, vale a dire
dal Dopolavoro della Regione. Negli ultimi cinque anni la storia del forte
Cosenz è stata travagliata. Per molto tempo il bastione militare è stato
abbandonato a se stesso, tanto che era divenuto rifugio di malintenzionati. Ma
anche di semplici ragazzini che si ritrovavano per fumarsi le canne. Per non
parlare della spazzatura che veniva abbandonata dentro e fuori. Poi l’idea di
Nelvio Prizzon, esponente dell’Ocrad, di rimetterne in sesto le strutture
corollarie, un progetto per nulla facile. Intanto per i permessi, in secondo
luogo per il reperimento dei fondi necessari. Infine qualche anno fa, proprio
prima che partissero i lavori, un incendio si mangiò una parte di uno degli
stabili. L’Ocrad, tra i vari ostacoli, ha incontrato anche il dissenso di alcune
associazioni ambientaliste, le quali sostenevamo che i lavori rovinavano la
flora delle aree a prato. Così il cantiere è rimasto in stand-by per la
richiesta di Via (Valutazione di incidenza ambientale). Per il recupero e la
ristrutturazione di quello che viene definito «il fabbricato di truppa» e del
«ricovero mezzi» di Forte Cosenz, la Regione ha stanziato in un primo tempo 105
mila euro. Poi, specialmente dopo il rogo, ci sono voluti maggiori fondi. La
prima fase prevedeva il restauro dello stabile che si trova sulla destra appena
oltrepassato il cancello, pronto ad accogliere un salone ricreativo e degli
spogliatoi. «Venerdì - spiega Prizzon - inauguriamo la parte sportiva: il campo
da calcio, gli spogliatoi, il sistema di illuminazione e la messa in sicurezza,
tutto quello che riguarda le attività ricreative. Poi proseguiremo con la
seconda parte del progetto: la conclusione del restauro e la creazione di centri
estivi piuttosto che spazi per il ritrovo di gruppi socio-culturali». Alle 18 il
taglio del nastro: una festa per grandi e piccoli alla presenza delle autorità
regionali. In programma l’installazione di giochi gonfiabili per i bambini,
l’esibizione delle allieve dell’Asd Tessera Sport e una partita di calcio tra la
Polizia stradale e le rappresentative della Regione. Di seguito si terrà il
concerto della rock band Soldout. Forte Cosenz è conteso da più parti e non
appartiene al Patrimonio comunale. La Municipalità vorrebbe che il gioiellino
militare diventasse la Porta del Bosco Ottolenghi. Progetto cui tiene molto
l’amministrazione municipale, dal momento che il forte si trova in un sito
perfetto per collocazione: di fronte alle aree Querini, quelle aperte e quelle
ancora chiuse. Attualmente però l’Ocrad ha in gestione uno dei due stabili. «La
convenzione - spiega Prizzon - è valida per 16 anni rinnovabili. Anche se non
abbiamo in gestione tutti gli edifici presenti all’interno, il progetto li
vincola tutti in ogni caso». (Marta Artico)
Il
Gruppo di Tirano completa la pulizia del forte Sertoli a Canali
Dal sito altarezianews.it - 30 giugno 2009
TIRANO – Certo il valore della Protezione Civile che in provincia conta oltre un
migliaio di volontari, la si nota in modo eclatante in occasioni drammatiche
come il recente terremoto in Abruzzo, ma spesso questo “corpo” che, come nel
caso del gruppo di Tirano, si ispira e fonda le proprie radici nello spirito
degli Alpini, si distingue anche per altri lodevoli interventi.Ultimo in ordine
di tempo il completamento della bonifica del forte Sertoli in località Forte –
Canali sopra Tirano. Si tratta di un forte costruito nel 1910 e posto a difesa
di un eventuale attacco proveniente dalla Valposchiavo, non tanto per timore
della Svizzera, quanto di un possibile aggiramento degli Austro-ungarici che
dallo Stelvio avrebbero potuto sfondare le linee e passare dalla Val Viola e poi
dalla Valposchiavo per entrare in bassa Valtellina.Un forte “gemello” di quello
di Oga in Valdisotto, dotato di 4 postazioni per canoni con una gittata di circa
10 chilometri, a presidio di un area che andava da Teglio al Mortirolo.Il Forte
è stato attivo nel periodo della Prima Guerra Mondiale ed aveva una guarnigione
di circa 120 uomini, dismesso negli anni successivi è tornato attivo nel periodo
fascista e fino alla Seconda Guerra Mondiale. Con la fine del conflitto è stato
abbandonato e purtroppo saccheggiato di ogni bene, dagli arredi alle materie
prime (metalli, legno, cablaggi), per poi quasi perdersi inghiottito dalla
vegetazione del bosco.Il recupero dell’area è iniziato, sempre grazie ai
volontari della Protezione Civile lo scorso anno e il grosso della pulizia
esterna al complesso ed interna è stata completata lo scorso fine settimana dal
12 al 14 giugno 2009.Oltre 60 i volontari dei gruppi di Protezione Civile degli
Alpini da Tirano all’alta valle, coadiuvati da una ventina di volontari
provenienti da fuori provincia, dal varesotto e dalla brianza, che hanno voluto
sposare l’iniziativa.L’intervento si è presentato come una vera esercitazione di
Protezione Civile, è stato allestito un campo base con le tende per i volontari,
supporto medico, centro comunicazioni, il tutto per simulare anche nelle
dinamiche operative gli interventi che abbiamo visto anche recentemente in
televisione.Grazie al supporto della ditta Giacometti, specializzata nel taglio
boschi, è stato inoltre possibile asportare numerosi alberi di alto fusto, alla
fine delle tre giornate sono stati oltre 4000 i quintali di materiale, tra
vegetazione ed altri scarti, recuperati.Il Forte Sertoli ha così ripreso parte
della sua dignità ed anche se ha ancora l’aspetto un po’ triste della nave
incagliata e abbandonata, si tornano però ad ammirare le possenti mura, il vasto
fossato difensivo, le forme mimetiche della struttura, il tutto nella speranza
che si possa ulteriormente valorizzare, magari con progetti mirati per le
scuole.Una prima collaborazione c’è già stata, grazie al lavoro dei ragazzi
delle scuole professionali di Tirano è stato realizzato un cancello che ha lo
scopo di mettere in sicurezza il ponte levatoio. Non si nasconde l’ambizione di
poter accedere con un progetto ampio e ben definito a fondi pubblici grazie alla
nuova legge regionale che vuole valorizzare i beni culturali in Lombardia. Un
sentito ringraziamento va ai volontari che hanno impegnato energie e passione
nei tre giorni dell’esercitazione da parte del presidente del gruppo ANA di
Tirano Mario Rumo e dal responsabile del gruppo di Protezione Civile Eugenio
Battaglia.
Andrea Gusmeroli
A Ragogna, sui luoghi della guerra
Messaggero Veneto — 18 giugno 2009
pagina 12 sezione: PORDENONE
RAGOGNA. Nell’autunno di novantadue anni fa le fiamme della Grande guerra
incendiavano per la prima volta i paesi e le dolci alture del Friuli Collinare.
Sul Monte di Ragogna, dinanzi alla stretta di Pinzano e sul Ponte di Cornino, le
retroguardie italiane combatterono per diversi giorni al fine di contenere
l’attacco portato da quasi quattro divisioni austro-germaniche, risolute a
valicare il maggior fiume friulano e ad annientare il Regio Esercito che si
stava ritirando dopo la sconfitta di Caporetto. Quell’operazione difensiva,
passata alla storia come “Battaglia del Tagliamento”, consentì la
riorganizzazione delle truppe italiane sul fronte del Piave, rivelandosi
determinante per gli esiti stessi del conflitto. Le vestigia, i siti, la tragica
storia di quegli eventi sino a pochi anni fa dimenticati, sono stati oggi
valorizzati grazie al Progetto comunitario Interreg “I luoghi della Grande
guerra nel Friuli Collinare”, promosso dal Comune di Ragogna, finanziato
dall’Unione Europea e messo in opera dall’esperto storico Marco Pascoli. Il
cuore di questa realtà è il museo della Grande guerra di Ragogna, inaugurato nel
2007 nel Centro culturale del capoluogo (San Giacomo), che si propone come uno
dei maggiori punti di riferimento regionali per la ricerca sul primo conflitto
mondiale, attraendo ogni anno migliaia di visitatori e appassionati. Il Museo,
caratterizzato da un’impronta bilingue italiano-tedesco, si rivela strutturato
su due sezioni tematiche, un’ampia sala multimediale ed il vano deputato
all’esposizioni temporanee. La prima sala esprime un moderno percorso didattico
teso a comprensione delle vicende legate al Primo Conflitto Mondiale sul fronte
del Tagliamento. Il progetto fortificatorio dell’Anteguerra, i primi anni del
conflitto, le Battaglie della Ritirata di Caporetto, la Battaglia del
Tagliamento, la difesa del Monte di Ragogna e lo sfondamento di Cornino, l’anno
dell’occupazione, l’imperial-regio campo trincerato, la ricostruzione, il
recupero della memoria, sono solo alcune delle tematiche sviscerate nei numerosi
pannelli, peraltro completati con rare immagini storiche ed attuali. Vero “fiore
all’occhiello” si può definire il grande plastico in rilievo che ricalca la
morfologia del campo di battaglia. Sul plastico sono tracciate fedelmente le
posizioni fortificate, le linee trincerate, le vie d’approvvigionamento, i
rispettivi schieramenti al 31 ottobre 1917 e gli altri dettagli essenziali alla
comprensione dei fatti d’arme che investirono questi luoghi. Nel secondo vano
spiccano invece la ricostruzione cronologica dei combattimenti, l’esibizione di
carteggi originali attinenti alla battaglia, il compendio grafico delle
testimonianze più significative ancora osservabili sull’antico fronte tra il
Monte Peralba e il Mar Adriatico, una selezione fotografica di sconosciuti
“graffiti di guerra”, le note biografiche dei personaggi celebri che tra il 1915
ed il 1918 si trovarono quali combattenti nel settore del Medio Tagliamento, la
rilettura del teatro operativo ricavata a partire dallo studio dei resti ancora
presenti sul territorio. A corredo dei pannelli didattici, in entrambe le stanze
esiste una curata collezione d’oggettistica d’epoca, formata con reperti
perlopiù raccolti sugli ex campi di battaglia: essa offre la suggestione emanata
dal pezzo riportato alla luce a novant’anni dal suo utilizzo, oltre che un’idea
generale degli equipaggiamenti degli eserciti operanti sul fronte
italo-austriaco. Sempre all’interno del museo, sono richiedibili le guide
cartacee dedicate ai “Luoghi della Grande guerra” e le pubblicazioni storiche
prodotte nell’ambito del Progetto Interreg. L’adiacente sala multimediale vanta
una moderna attrezzatura informatica, una capienza superiore alle 100 persone e
un archivio specifico per testi e documentazioni d’epoca: la funzionalità della
struttura è stata spesso testata nei numerosi eventi a tema storico-militare
(convegni, mostre temporanee, incontri...) che il Gruppo storico Friuli
Collinare, associazione volontaria che gestisce il Museo, organizza con
frequente cadenza. All’esterno, l’intero territorio circostante si definisce a
guisa di “museo all’aperto” della Grande guerra. Nel raggio di pochi chilometri,
ben quattro percorsi tematici cingono il Monte di Ragogna, le Rive del
Tagliamento, la Stretta di Pinzano, le Vie dell’Invasione attorno al Ponte di
Cornino. Questi sentieri, facili e segnalati con numerosa cartellonistica
specifica, conducono l’escursionista attraverso le fortificazioni, le mulattiere
e le trincee dell’epoca, offrendogli non solo gradevoli itinerari immersi nella
splendida natura friulana, ma anche un momento importante per riscoprire in
prima persona la storia della propria terra. Orari di apertura: martedì, giovedì
e sabato dalle 15.30 alle 18. Sito Internet: www.grandeguerra-ragogna.it. Info e
visite guidate: marco_pascoli@alice.it - Gruppo storico Friuli Collinare,
telefono 0432 954078.
Forte Poerio apre alla comunità
la Nuova di Venezia — 16 giugno 2009
pagina 25 sezione: PROVINCIA
MIRA. Il Comune di Mira apre Forte Poerio alla cittadinanza, realizzando il più
grande parco pubblico comunale attrezzato per famiglie. Questa la notizia che
l’ente locale dà a quasi quattro anni dall’effettiva acquisizione della
struttura. La Lega Nord però con il capogruppo Cesare Renier rivendica: «Parte
di quella struttura sarebbe diventata un centro per immigrati se noi non ci
fossimo opposti a quella soluzione». Ma veniamo all’inaugurazione. Il comune ha
programmato l’apertura alla città dello spazio verde di pertinenza del Forte in
via Risorgimento sabato prossimo alle 10, dopo un intervento di pulizia e di
messa in sicurezza dell’area. Gli operai comunali e gli addetti delle imprese
che hanno in appalto la cura del verde cittadino hanno provveduto alla potatura
delle siepi e degli alberi, allo sfalcio dell’erba e alla messa in sicurezza
degli edifici, con la recinzione delle pertinenze delle due palazzine, della
torretta e degli ex garage, nonché alla chiusura, con rete elettrosaldata, delle
porte e finestre del forte, impedendone l’accesso agli estranei. Il Forte
realizzato nel 1908 a difesa degli attacchi austro-ungarici è formato da un
edificio centrale e da due pertinenze costruite vicino all’ingresso. Sorge su un
terreno di circa 73mila metri quadri. Soddisfatta l’assessore ai parchi Silvia
Carlin: «Obiettivo del comune - dice - è quello di riqualificare tutta l’area
con un progetto che prevede la valorizzazione degli edifici esistenti e la
realizzazione di un parco tecnologico che promuova, la produzione di energie
alternative, la sostenibilità ambientale, la didattica legata all’ecosistema del
territorio». l recupero della struttura fortificata, e del suo parco, risale al
2003, quando, deciso l’acquisto, il comune avvia l’intervento, con una spesa
complessiva di circa 150mila euro. Ottantamila ne vengono spesi per la
realizzazione del ponte in ferro «Bailey» e per la recinzione di tutta l’area di
proprietà, che oltre al forte e le palazzine conta su un parco di circa 73mila
metri quadrati. I rimanenti 70mila sono stati impegnati per i lavori eseguiti in
queste settimane. Anche nella grande area verde sono stati collocati giochi per
bambini (altalene, teleferiche, giochi a molla, un castelletto) e tavoli con
panche per consentire alle famiglie di programmare anche un pic-nic all’aperto,
senza spostarsi di molto da casa. (Alessandro Abbadir)
Tempi lunghi per il forte Mezzacapo
la Nuova di Venezia — 13 giugno 2009
pagina 26 sezione: CRONACA
ZELARINO. Per la consegna vera e propria bisognerà aspettare. Per il forte
Mezzacapo, però, il sopralluogo effettuato ieri mattina ha avuto un’importanza
capitale: valutare qual è la situazione dell’area, quali lavori sono già stati
fatti e quali sono necessari per fare sì che l’intero complesso, immerso nel
verde, possa realmente diventare una risorsa per tutta la città. Al giro di
ispezione hanno partecipato gli assessori all’Ambiente e ai Lavori Pubblici
Pierantonio Belcaro e Laura Fincato, la presidente di Chirignago-Zelarino Maria
Teresa Dini e i rappresentanti di alcune associazioni attive nella zona. Già
eseguita è la bonifica dell’amianto, ora riposto in speciali sacchi che si
trovano ancora nel perimetro del forte; Veritas ha potato parte degli alberi ma
prima di poter pensare a un possibile utilizzo dell’ex postazione da parte della
collettività sono necessari alcuni interventi. Ricordato che per il lotto di
forti all’interno del quale il Mezzacapo si trova sono previsti 180 mila euro
per le manutenzioni, è necessario prima di tutto abbattere le baracche in legno,
ormai cadenti e non più recuperabili. C’è poi da rifare la copertura di due
capannoni, operazione questa che dovrebbe venire a costare circa 25 mila euro.
Questo per quanto riguarda la parte interna del forte Mezzacapo, quella
recintata. Bisogna anche tenere conto della «casetta del maresciallo»,
l’alloggio che si trova all’esterno del complesso, edificio un tempo destinato
al sottufficiale responsabile della struttura. I volontari delle associazioni
nei mesi passati hanno ripulito la casetta, eliminando rovi ed erbacce che la
rendevano invisibile a quanti transitavano lungo via Scaramuzza, ma l’edificio
deve essere ora dotato di tutti gli allacciamenti, a cominciare dall’energia
elettrica. C’è poi un dettaglio che riguarda l’amianto: pare che lo stoccaggio
potrebbe avvenire in Austria. La consegna del forte alle associazioni della zona
è attesa da molto tempo, visto che l’intenzione è trasformare l’ex postazione
dell’esercito, che quattro anni fa ha usato l’area per fare brillare un ordigno
bellico inesploso, in un luogo di socializzazione per tutti, un po’ quello che
viene fatto da anni a forte Gazzera in via Brendole. Perché il passaggio dal
demanio militare al Comune diventi effettivo, manca ancora un solo passaggio
burocratico, intanto dopo il giro di ieri sarà valutato quale fetta dei 180 mila
euro può essere utilizzata per rimettere in sesto il Mezzacapo. (Maurizio Toso)
Forte Poerio, iniziati i lavori di pulizia
la Nuova di Venezia — 08 giugno 2009
pagina 18 sezione: PROVINCIA
MIRA. Forte Poerio verrà aperto alla cittadinanza entro la fine del mese, almeno
per quanto riguarda la sua vasta area verde. Ad annunciarlo è il comune di Mira.
«Forte Poerio è oggetto, in questi giorni - spiega il sindaco Michele Carpinetti
- di un intervento radicale di pulizia e di manutenzione del verde, finalizzato
all’imminente apertura della struttura alla città. Nelle aree che circondano il
grande compendio militare si stanno eseguendo alcuni che consistono
principalmente nel taglio dell’erba e messa in sicurezza delle alberature; messa
in sicurezza degli edifici; installazione di elementi d’arredo e ludici». Il
Forte è stato acquistato all’epoca della giunta del sindaco Marcato ma la sua
destinazione recentemente fu oggetto di polemiche perché il comune intendeva
destinarne una parte della superficie per alloggi per immigrati stranieri
regolari. Una proposta ritirata per la contrarietà della popolazione locale.
Intanto durante le prime operazioni di riordino l’impresa incaricata ha rilevato
uno stato di pericolosità per alcuni pioppi, vecchi e staticamente instabili, a
rischio di schianto. Gli alberi saranno abbattuti. (a.ab.)
Funziona il corso per accompagnatori
il Corriere delle Alpi — 27 maggio 2009 pagina 26 sezione: PROVINCIA
CALALZO. «Un successo superiore alle aspettative». Giovanni Giacomelli,
presidente del Consorzio Pro loco Centro Cadore, ha commentato così il corso
organizzato in collaborazione con l’Istituto Ladin de la Dolomites di Borca per
formare degli operatori ed accompagnatori turistici, corso partito il 14 maggio
a Calalzo, nei locali della biblioteca civica. Un successo tale da far
ipotizzare di metterne in cantiere un altro. «Ho seguito con molto interesse le
prime lezioni», racconta Irno Scarani, poeta e pittore di Pozzale. «Ho trovato
dei docenti molto preparati, che sono riusciti con parole semplici ad avvicinare
gli ascoltatori alla cultura ed all’ambiente dolomitico. E’ un tipo
d’insegnamento molto più efficace di quello scolastico, perché è basato
sull’esperienza personale, che è più facilmente traducibile in parole semplici».
Soddisfazione per il successo è stato espresso anche dallo stesso Istituto di
Borca, che afferma di «aver preso atto del riscontro ottenuto dal primo modulo
del corso di cultura locale indirizzato agli operatori del settore turistico del
territorio, ma aperto anche ad altri interessati». Il corso, suddiviso in
“Lettura in chiave turistica dei paesi ladini del Cadore” e “Lettura in chiave
turistica dei paesi ladini dell’Agordino”, è organizzato a Calalzo e ad Agordo,
in collaborazione con i locali Consorzi delle Pro Loco e con il sostegno
finanziario della legge sulla salvaguardia delle minoranze linguistiche. Le
lezioni sono suddivise in un periodo primaverile ed un altro autunnale. Le prime
lezioni sono state tenute da Cinzia Vecellio Mattia sulla lingua ladina come
valore aggiunto nel turismo; da Chiara Mazzier sull’accoglienza e lo sviluppo
turistico del territorio, da Giovanni De Donà sulle fortificazioni del Cadore
1866-1942, da Loris Serafini sull’arte sacra in Agordino come misterioso
incrocio di culture. Le lezioni proseguiranno fino al 5 giugno, con Raffaella De
Toni sull’architettura e il paesaggio agordini, Enzo Croatto sulla
valorizzazione del territorio attraverso lo studio della toponomastica e Luigi
Guglielmi sul senso dell’identità ladina tra le Dolomiti bellunesi. Nella
seconda parte del corso, prevista tra settembre e ottobre, le lezioni
toccheranno temi riguardanti l’ambiente, l’archeologia, l’architettura, l’arte,
la cucina, l’identità, le leggende, la mineralogia, la museologia, la storia e
le tradizioni. Vittore Doro
A Forte Hensel l'eco della battaglia
Messaggero Veneto — 18 maggio 2009
pagina 12 sezione: NAZIONALE
MALBORGHETTO. Duecento anni fa, il 15 maggio del 1809, le truppe napoleoniche
assaltavano il forte che a monte di Malborghetto fungeva da difesa del
territorio carinziano. Dopo strenua resistenza la guarnizione ausburgica cedette
con il sacrificio dei suoi uomini e del giovane ufficiale Friedrich Hensel dal
quale la fortificazione prese poi il nome. E venerdì, Malborghetto ha accolto le
autorità e i reparti militari che con appropriate cerimonie di deposizione
corone hanno sottolineato l’episodio. Significative le rimembranze al monumento
Rauch eretto nel 1909 in occasione del centenario della battaglia nel vallone
del rio Malborghetto e al monumento Hensel ai piedi dei ruderi del forte, dove
una corona è stata deposta anche da Anton Branimia Von Vuchetic, il discendente
del capitano Vuchetich, uno dei comandanti croati del forte perito assieme a
Hensel (dei 350 uomini della guarnigione 300 erano croati), quindi, la
rievocazione storica è culminata in piazza davanti al municipio. A prestare gli
onori militari i picchetti degli alpini della Brigata Julia, comandati dal capo
di stato maggiore Andrea Piovera e del battaglione dei Villacher Pioniere
comandati da Josef Lindner che ha tenuto il discorso celebrativo, nonché le
associazioni d’Arma e combattentistiche. A tutti ha rivolto il benvenuto il
sindaco di Malborghetto Alessandro Oman. Il governo del Land della Carinzia è
stato rappresentato dal consigliere dott. Gallo, mentre, l’assessore regionale
alla cultura e lingue minoritarie Roberto Molinaro (presente anche il
consigliere Franco Baritussio), è intervenuto in rappresentanza del presidente
della Regione Friuli Vg, Renzo Tondo. Presenti anche il presidente della
comunità Montana Ivo Del Negro e numerosi sindaci del Canal del Ferro e della
Valcanale e dei centri carinziani. Nei discorsi è stato sottolineato come sulle
tragedie delle guerre i popoli europei siano riusciti a costruire, nella seconda
parte del secolo scorso un lungo periodo di pace. Il forte Hensel che cadde il
16 maggio, fu ricostruito per essere semidistrutto dai bombardamenti della prima
guerra mondiale. Oggi si presenta con resti ormai camuffati dalla folta
vegetazione sul versante soprastante la galleria Forte, sulla strada statale
verso Tarvisio, ma la comunità di Malborghetto è impegnata per salvaguardare la
struttura che ritiene una testimonianza storica da valorizzare e che, quindi,
non deve andare dispersa. Una mostra in tema “1797, 1805, 1809 - 1813. I
Francesi erano qui!” allestita nel Palazzo veneziano di Malborghetto sarà
visitabile fino al mese di luglio. Giancarlo Martina
Si celebrano i duecento anni della
battaglia di Forte Hensel
Messaggero Veneto — 15 maggio 2009
pagina 15 sezione: UDINE
MALBORGHETTO. La battaglia di Forte Hensel, che vide di fronte gli eserciti
napoleonici e asburgici, compie 200 anni. Un anniversario che sarà celebrato con
una serie di manifestazioni . L’appuntamento è per venerdì, proprio nel giorno
in cui, nel 1809, iniziò l’assalto al Forte che poi prese il nome del capitano
austriaco che lo difese strenuamente, Friedich Hensel. Il programma prevede la
deposizione di corone al monumento Rauch nel rio Malborghetto allestito nel
centenario del 1909 (ore 9), una seconda deposizione di corone al monumento
Hensel o del leone sotto il forte (ore 10) e, alla presenza di autorità civili e
militari, la cerimonia rievocativa in piazza a Malborghetto di quei giorni
terribili (15-17 maggio 1809), in cui il paese venne in gran parte ridotto in
cenere (ore 12,30). Seguirà il rancio nel tendone appositamente allestito nel
rio Malborghetto dai Pompieri Volontari del luogo, con dispensa ai partecipanti
di pastasciutta e vino da parte dell’Ana e il gulasch e vino da parte delle
truppe austriache; il tutto sarà accompagnato dai suoni delle bande militari.
Alle 17 infine, sarà inaugurata nel Palazzo Veneziano la mostra rievocativa
intitolata “I Francesi erano qui…” sulla storia militare e soprattutto civile
della Valcanale di quel periodo, allestita dal Comitato Hensel in collaborazione
con la Comunità Montana. (a.c.)
Luoghi e protagonisti della Grande guerra
il Corriere delle Alpi — 14 maggio
2009 pagina 24 sezione: PROVINCIA
PEDAVENA. La Grande guerra ha segnato profondamente il territorio feltrino. E
per raccontare la memoria dei luoghi dove la gente comune ha combattuto in
difesa della patria è in programma stasera alle 20.30 nella sala Guarnieri di
Pedavena un incontro di presentazione al libro “15-18. Dal passo San Boldo a
Cima Grappa: sulle tracce della Grande Guerra”. Organizzato dal comune di
Pedavena insieme alla biblioteca su iniziativa della libreria Agorà di Feltre,
l’evento rientra nella rassegna “Dentro la storia” dedicata al ricordo della
prima guerra mondiale. I relatori Marco Rech e Orazio Andrich illustreranno al
pubblico presente l’album cartografico che ripercorre le tragiche vicende del
conflitto sui campi di battaglia a cavallo delle provincie di Belluno e Treviso.
Oltre il passo San Boldo sono individuati il distaccamento dell’aviazione a
Santa Giustina, i cimiteri di guerra nel feltrino, le trincee del monte Vallina
tra Vas e Segusino, il forte Leone di Cima Campo ad Arsiè. E ancora: le
fortificazioni sul monte Palòn e il Tomba e sulle dorsali del monte Grappa fino
all’ossario sacro alla patria che ospita i resti di più di 22 mila soldati
italiani e austroungarici. Il testo, corredato da cartine dettagliate, foto e
schizzi d’epoca si propone ai lettori come una guida ai siti della Grande
guerra. Per informazioni il numero di telefono è 0439 301818. (sco)
Forte Mezzacapo, parte l'iter per
vincolarlo
la Nuova di Venezia — 13 maggio 2009
pagina 21 sezione: CRONACA
ZELARINO. Sono in corso le operazioni da parte della Soprintendenza ai beni
culturali per vincolare forte Mezzacapo, l’ex struttura del campo trincerato di
Mestre di via Scaramuzza. Nei giorni scorsi uno degli architetti della
Soprintendenza ha fatto alcune fotografie nell’area del forte, primo passaggio
tecnico per la concessione del vincolo. Notizia giudicata molto positivamente da
chi si sta impegnando per una effettiva riqualificazione dell’intero complesso,
anche alla luce di due finanziamenti concessi dal Comune per il ripristino
dell’area del Mezzacapo: 90.000 euro per la manutenzione agli alberi e alle aree
verdi e 80.000 per le operazioni di rimozione e smaltimento dei componenti in
amianto. Di fatto, una volta che il Mezzacapo sarà vincolato, da una parte si
riconoscerà il valore storico-architettonico del forte, dall’altra tutti i
lavori di restauro al suo interno si svolgeranno con il beneplacito della
Soprintendenza, che avrà modo, ad esempio, di analizzare i tipi di materiale
utilizzati nella fase di ripristino. E per quanto riguarda l’inizio dei lavori
veri e propri, i cittadini e le associazioni che si battono per il Mezzacapo
hanno avuto assicurazione che la riqualificazione del complesso comincerà a
breve. Va ricordato che alcune persone hanno provveduto lo scorso autunno a un
radicale pulizia dell’area attorno alla «casetta del maresciallo». (m.t.)
Monte Ricco, aggiudicati i primi lavori
il Corriere delle Alpi — 30 aprile
2009 pagina 30 sezione: PROVINCIA
PIEVE DI CADORE. Il Comune di Pieve ha aggiudicato, mediante procedura aperta,
l’appalto dei lavori di restauro, consolidamento e valorizzazione del complesso
storico architettonico del forte di Monte Ricco e della Batteria Castello,
ubicati sulla sommità del colle omonimo, sovrastante il centro storico di Pieve.
Il progetto esecutivo del primo stralcio dell’opera (primo lotto) è stato
redatto dal gruppo di progettazione coordinato dall’architetto Luigi Girardini
della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per le
Province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso, ed era stato approvato dalla
giunta comunale nel corso della seduta del 24 aprile 2008. Questo primo stralcio
messo in appalto, per un importo di 1.147.845,96 euro, riguarda esclusivamente
il forte di Monte Ricco, mentre il restauro di Batteria Castello sarà bandito
con un’ulteriore gara. Il criterio di aggiudicazione è stato quello dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, secondo le norme di legge. Il lavoro è stato
aggiudicato all’impresa Eurocostruzioni SpA di Limena (Pd). L’assegnazione dei
lavori è stata fatta lo scorso 26 febbraio tramite la determinazione esecutiva
firmata dal responsabile dell’area tecnica e tecnico-manutentiva. Con questo
documento sono stati approvati i verbali di gara e aggiudicati in via definitiva
i lavori stessi alla vincitrice della gara di appalto. «La vicenda di questa
assegnazione», spiega il vicesindaco Alberto Tabacchi, «è un po’ complessa,
perché arriva dopo un ricorso al Tar fatto dall’impresa padovana Eurocostruzioni.
Il TAR ha infatti rilevato una anomalia burocratica nella determinazione fatta
dall’ufficio tecnico comunale di Pieve lo scorso 22 ottobre, con la quale i
lavori del primo stralcio per il restauro, consolidamento e valorizzazione del
forte di Monte Ricco venivano aggiudicati in via definitiva alla ditta
Tecnimpresa Fontana srl di Ponte nelle Alpi. Il ricorso al TAR dell’impresa
padovana», aggiunge Tabacchi, «portava all’individuazione, nel documento che
assegnava alla ditta bellunese il lavoro, l’assenza di alcuni dati. Fatto questo
che ha portato all’annullamento del documento, ed all’indizione di un secondo
bando di gara, che si è concluso con la vittoria della ditta padovana, lo scorso
4 dicembre. Dal verbale di questa gara è partita la seconda determinazione che
ha portato all’assegnazione dei lavori non più all’impresa bellunese ma alla
ditta Eurocostruzioni SpA di Limena». (v.d.
Recupero delle fortificazioni, una chance
per il turismo
Messaggero Veneto — 17 aprile 2009
pagina 09 sezione: UDINE
UDINE. Le fortificazioni della Grande Guerra presenti in Friuli Venezia Giulia
possono essere una risorsa per tutto il territorio. Rivalutare i forti e
inserirli in una rete di siti storici dal respiro europeo è una sfida che
potrebbe avere importanti ripercussioni sul turismo di tutta la regione. E
questo è l’obiettivo del Military Historical Center, che ha organizzato un
convegno internazionale di due giorni, domani e domenica, inizio alle 9.30, al
circolo ufficiali di Udine, dedicato appunto alle fortificazioni della Grande
Guerra. Ai lavori parteciperanno storici provenienti da Austria, Francia e
Polonia, perché capire come sono gestite reti di forti nel resto d’Europa è
molto utile per sviluppare il sistema in sede locale. Ma alla tavola rotonda
prenderanno parte anche alcuni architetti, che discuteranno sulle diverse
possibilità di riqualificazioni di queste strutture. I forti, infatti, possono
essere trasformati, pur mantenendo intatte le loro caratteristiche, in musei di
storia militare e comunque in luoghi di sicuro interesse e richiamo turistico.
Nel corso del convegno si parlerà in modo approfondito di tutte le
fortificazioni risalenti al primo conflitto mondiale presenti sul territorio
friulano, e cioè: Chiusaforte, Osoppo, Montefesta, Tarcento, Rive d’Arcano,
Fagagna, Precenicco e Beano. E ieri mattina, durante la presentazione
dell’evento, il presidente dell’associazione, Roberto Machella, ha sottolineato
l’importanza di una rivalutazione di questi luoghi: «È necessario inserire il
sistema fortificato del Friuli in un contesto europeo – ha detto in particolare
– e le esperienze di Paesi come Francia e Polonia possono essere illuminanti per
una proficua gestione del nostro patrimonio storico. Per esempio, la zona di
Verdun, in Francia, attrae 400 mila visitatori l’anno, perché tutti i siti
risalenti alla Grande Guerra sono inseriti in un percorso di turismo storico già
molto consolidato. Anche in Friuli vogliamo raggiungere questo obiettivo». Il
convegno internazionale segna l’inizio di un percorso triennale che ha come fine
ultimo proprio la rivalutazione delle fortificazioni. E al punto di vista degli
storici si affiancherà una riflessione da parte degli architetti, che devono
trovare le soluzioni per rendere queste opere ancora più interessanti per il
grande pubblico. «In quest’opera di rivalutazione – ha continuato il presidente
– è molto importante anche il coinvolgimento di tutte le amministrazioni locali,
che forniranno il loro supporto per programmare eventi e congressi all’interno
di questi siti». Insomma, il fine è quello di creare una rete che possa attirare
il maggior numero di visitatori possibile. Un modo intelligente per evitare che
le fortificazioni del Friuli siano dimenticate. Renato Schinko
Centoventi firme per aprire Forte Tron
la Nuova di Venezia — 07 aprile 2009
pagina 22 sezione: CRONACA
MARGHERA. Oltre 120 firme sono state raccolte domenica scorsa in piazza Cosmai a
Ca’ Sabbioni per l’apertura in tempi brevi di Forte Tron. Il Forte, che è ancora
in gestione al Demanio, dovrebbe essere reso fruibile dal Comune a cui è stato
affidato. Recentemente era partita anche l’idea di fare all’interno del Forte un
consiglio comunale straordinario. A chiedere la riapertura immediata del Forte è
il consigliere Paolino D’Anna, capogruppo della formazione Amici Popolari che
con diversi simpatizzanti ha organizzato dei gazebo nel rione per ottenere
questo risultato con una petizione. «In poche ore abbiamo superato il centinaio
di firme - dice - per avere la riapertura del Forte che ora è nel degrado e
abbandonato a se stesso. All’interno della struttura infatti ci sono ancora
rifiuti di ogni tipo e nei fossati circostanti pullulano topi e insetti di ogni
genere». Forte Tron secondo D’Anna potrebbe diventare un punto di riferimento
per le associazioni di volontariato per tutta la città e soprattutto per la
Municipalità di Marghera. Poi, l’annuncio: «Continueremo a raccogliere firme
anche domenica prossima, questa volta a Malcontenta. A fine mese le consegneremo
in Comune». (a.ab.)
Convenzioni ponte per i Forti
la Nuova di Venezia — 31 marzo 2009
pagina 23 sezione: CRONACA
ZELARINO. Spunta la possibilità delle «convenzioni ponte» per garantire chi cura
le strutture nella partita dei forti della terraferma. È emerso durante la
presentazione della ristampa del volume «Forti di Mestre. Storia di un campo
trincerato», operazione curata da Claudio Zanlorenzi dell’associazione «Dalla
guerra alla pace», presente ieri alla conferenza stampa tenutasi al centro
civico di Zelarino insieme agli assessori Laura Fincato (Lavori pubblici) e
Pierantonio Belcaro (Ambiente). Proprio uno dei tecnici di quest’ultimo
assessorato, l’architetto Costantini, ha ricordato come sia in atto una forte
richiesta all’assessorato al Patrimonio che porti alla realizzazione di
«convenzioni ponte», uno strumento che garantirebbe chi opera per la
riqualificazione dei forti in attesa che gli stessi diventino a tutti gli
effetti di proprietà comunale. Ipotesi quella delle convenzioni ponte che non è
dispiaciuta ai rappresentanti delle tante associazioni che operano all’interno
dei forti dell’ex campo trincerato, che hanno anche colto l’occasione per
segnalare i problemi con i quali si trovano a fare i conti giorno dopo giorno.
L’incontro di Zelarino, comunque, era pensato soprattutto per la presentanzione
della ristampa del volume già edito nel 1997, con scritti di Zanlorenzi, Piero
Brunello, Fabio Brusò e Gianni Facca. Nata anche grazie all’interessamento di
Comune e associazione StoriAmestre, il libro ha un pregio essenziale: quello di
inquadrare da subito la nascita del campo trincerato di Mestre in un ambito
europeo più ampio, quello delle difese stabili attorno alle città più importanti
realizzate a partire dagli anni attorno al 1860. Tante immagini, a cominciare
dalla cartolina riportata in copertina dedicata al «III gruppo Mestre» del V
reggimento di artiglieria da fortezza. All’interno del volume, poi, una
curiosità è rappresentata dal prontuario distribuito all’esercito austriaco alla
fine dell’Ottocento, contenente le tecniche di attacco al complesso difensivo
rappresentato dai forti. Tracce dal passato, insomma, con novità anche per il
futuro, visto che è stato confermato che sono previsti interventi a due forti
della Municipalità, il Mezzacapo e il Gazzera, con il primo che sarà interessato
dalla bonifica dell’amianto ancora presente e da un intervento che riguarderà
gli alberi e le piante. (Maurizio Toso)
«Intanto mettiamo vincoli sugli ex forti»
il Corriere delle Alpi — 17 marzo
2009 pagina 30 sezione: PROVINCIA
VALLE. L’amministrazione comunale di Valle non assisterà passivamente
«all’ingiustizia derivata dalla proposta dell’Agenzia del Demanio di Venezia di
acquistare le ex fortificazioni per l’ingente importo di 220.000 euro». E’
quanto fa sapere il sindaco Matteo Toscani con una nota diffusa ieri. In attesa
dell’incontro romano che il senatore Gianvittore Vaccari sta organizzando e
della lettera di protesta che il sindaco a breve inoltrerà alle massime autorità
dello Stato con riferimento sia alla stima assolutamente inadeguata e sia,
soprattutto, alla sperequazione rispetto al trattamento riservato a Trentino e
Friuli, dove questi beni vengono ceduti gratuitamente, nella seduta del
consiglio comunale prevista per domani si tratterà tra le altre cose proprio
degli ex forti di Venas. In tempi record è stata infatti elaborata una variante
al prg per vincolare puntualmente quasi un ettaro di terreno comprendente le
fortificazioni con le relative pertinenze. Praticamente, una volta adottata la
variante, sulle fortificazioni non si potrà apportare alcun tipo di modifica
strutturale e, in ogni caso, la destinazione dovrà essere di pubblico interesse.
Con la variante quindi, qualsiasi appetito speculativo verrà meno ed i beni
diventeranno conseguentemente cedibili solo ad un ente pubblico. «Rispetto ad
uno Stato che, in questo caso, pensa solo a raccogliere qualche briciola per
tentare di rimpinguare casse sempre più avide di denaro», spiega Toscani, «è
giusto che il Comune persegua l’interesse del territorio e si cauteli. Questi
beni, come già accade nelle Province a noi confinanti, devono essere restituiti
gratuitamente o, al limite, a prezzi ragionevoli ed equi. Farò il possibile
affinché questo avvenga e, se non ci riuscirò, non smetterò di gridare allo
scandalo».
Scoprire il "campo trincerato" bolognese
Il Domani di Bologna - 12 marzo 2009
Alla. Casa della Conoscenza L'ottocento torna in vita .
Questo pomeriggio la Casa della Conoscenza di Casalecchio (via Porrettana 360)
ospiterà alle 18 un lungo viaggio n& tempo alla scoperta dei luoghi e aneddoti
della più importante struttura fortificata dell'ottocento casalecchiese .Un
gigantesco triangolo di 450 metri di base e 300 metri per lato, 16 bocche di
fuoco e un presidio di oltre 1000 soldati questi i numeri della 'Testa di Ponte
sul Reno", la maggiore opera di tutto il "Campo trincerato" di Bologna
realizzata a Casalecchio di Reno dopo il 1861, Per spiegare l'esistenza di
questa grandiosa struttura, Vittorio R . Vacchetti ci riporta ai primi anni del
Regno d'Italia quando a Bologna, città a soli cinquanta chilometri dal confine
Austro-Ungarico e caposaldo militare, era fortissima la preoccupazione di un
attacco austriaco, L'incontro, a ingresso libero, sarà anche l'occasione per
spiegare quali furono le sorti dell'opera a seguito della costruzione, pochi
anni dopo, di batterie sulla sinistra del fiume Reno. (P . Pi )
«Vogliono 220mila euro per ruderi già
nostri»
il Corriere delle Alpi — 01 marzo
2009 pagina 28 sezione: PROVINCIA
VALLE. «Un’inaccettabile sperequazione rispetto al Trentino Alto Adige e al
Friuli». Così il sindaco di Valle, Matteo Toscani, definisce la vendita degli ex
forti di Venas. L’Amministrazione da tempo si sta impegnando per riaverli, in
parte è già riuscita a riavere la strada che arriva lassù. La Regione ha già
accordato 50 mila euro per l’acquisto dei forti, ma la cifra che il Demanio
chiede è parecchio superiore. «Dopo quasi 15 anni di attesa», spiega Toscani,
«mi è stato comunicato ufficiosamente il prezzo con cui l’Agenzia del Demanio di
Venezia procederà con la vendita degli ex Forti di Pian dell’Antro». Il Comune,
per diventare proprietario di un’area di poco pregio e delle relative
fortificazioni, dovrà spendere 220 mila euro. Vero? «Esatto. L’importo», spiega
il primo cittadino di Valle, «è di gran lunga superiore al valore di mercato del
bene, trattandosi di manufatti dal grande pregio storico e culturale ma in
pessime condizioni di manutenzione e, di fatto, del tutto inutilizzabili. Parte
della struttura, tra l’altro, è stata fatta esplodere dall’esercito italiano
alla fine della Grande Guerra per evitare l’eventuale utilizzo da parte del
nemico austriaco. La proposta del Demanio per quanto mi riguarda è da
rigettare», afferma Toscani «perché non tiene conto dell’effettivo valore dei
forti, trascurando anche il fatto che si tratta di ruderi inutilizzabili». Un
errore di stima? «La stima sembra fatta da chi non consoce minimamente la realtà
delle cose. Purtroppo, alla gravità della sovrastima, si aggiunge anche la beffa
della ingiustizia per cui i beni ex militari nelle confinanti regioni Trentino
Alto Adige e Friuli vengono ceduti gratuitamente ai Comuni, notoriamente con
bilanci assai più floridi di quelli bellunesi e veneti. Per cercare di ovviare
alla spiacevole situazione è stata subito impostata una variante urbanistica, da
approvare il 18 marzo, per porre un forte vincolo sull’area e sulle strutture
onde evitare eventuali speculazioni. Ho preso altresì contatti col senatore
Vaccari per concordare un appuntamento urgente a Roma, al ministero delle
Finanze, che ha incaricato l’Agenzia del Demanio della vendita dei forti». Cosa
intende fare in più? «Scriverò anche una lettera in cui, senza troppa
diplomazia, chiederò alle massime autorità dello Stato se la Costituzione è solo
un pezzo di carta da calpestare senza timore o se invece, come io penso e spero,
la Carta da cui dovrebbe derivare un trattamento dignitoso ed equo per tutti i
soggetti appartenenti alla Repubblica. Per quanto mi riguarda si tratta
dell’ennesimo affronto ad un territorio che si è sempre dimostrato leale con le
istituzioni e, soprattutto, esempio di laboriosità ed onestà. Se questo è il
trattamento riservato, sarà bene riflettere ed agire per evitare di subire
silentemente l’ennesimo sopruso. In ogni caso», conclude Toscani, «mi batterò
con forza e determinazione affinché, correttamente, l’area venga restituita,
dopo cento anni di occupazione, senza che il Comune debba sborsare denaro».
Forte Mezzacapo, manca ancora una firma
la Nuova di Venezia — 19 febbraio
2009 pagina 22 sezione: CRONACA
ZELARINO. Forte Mezzacapo? Di fatto proprietà del Comune, che potrà dirsi però
padrone a tutti gli effetti della struttura dopo un ultimo adempimento dal parte
del Ministero della Difesa. È questa la notizia emersa nel corso di un incontro
avuto dai responsabili della Municipalità di Chirignago-Zelarino con i vertici
dell’assessorato comunale al Patrimonio. Il dettaglio da superare è di natura
formale, e rappresenta l’ultimo passaggio da attendere per definire conclusa la
vicenda: il Ministero della Difesa, vecchio proprietario del forte di via
Scaramuzza a Zelarino, dovrà rendere pubblico l’avvenuto trasferimento dell’area
al Comune di Venezia, atto dopo il quale il Mezzacapo sarà ufficialmente del
Comune. Un adempimento formale necessario, che però non bloccherà in nessun modo
l’opera di risanamento dell’intera area. Va ricordato, infatti, che per
rimettere in sesto Forte Mezzacapo, su un totale di 220 mila euro messi a
disposizione dall’amministrazione comunale per fare manutenzione nelle ex
postazioni del campo trincerato di Mestre, è stata ritagliata una consistente
fetta di 90 mila euro, somma che servirà tra le altre cose a finanziare la
bonifica della struttura dalla presenza dell’amianto, problema questo che si è
rivelato meno grave del previsto, visto che i crolli di alcuni edifici non hanno
causato la dispersione del materiale nel terreno. La settimana scorsa, inoltre,
c’è stato un incontro che ha visto protagonisti i responsabili di Municipalità,
Veritas e dell’associazione «Dalla guerra alla pace» per valutare la situazione
delle piante presenti all’interno del forte: una parte di queste dovrà essere
abbattuta, un’altra risanata. (m.t.)
Tagliati gli alberi malati sarà smaltito
l'amianto
la Nuova di Venezia — 15 febbraio
2009 pagina 27 sezione: CRONACA
ZELARINO. Sarà effettuato un intervento approfondito e necessario sugli alberi
di forte Mezzacapo, l’ex postazione del campo trincerato di Mestre di via
Scaramuzza a Zelarino. È questo il risultato di un incontro che si è tenuto
venerdì e che ha visto protagonisti Municipalità di Chirignago-Zelarino, Comune,
associazione «Dalla Guerra alla Pace e Veritas». Il punto di partenza è
semplice: nella parte interna del forte si è riscontrato la necessità di
abbattere alcune piante e di potarne altre, operazione che non riveste solo
importanza dal punto di vista del verde pubblico, ma è anche preliminare alle
operazioni di smaltimento dell’amianto presente ancora nella struttura. La buona
notizia è che le spese per gli interventi sugli alberi non andranno a intaccare
i 90 mila euro ricavati dai 220 mila messi a disposizione dal Comune per il
risanamento di tutti i forti dell’ex campo trincerato, visto che il costo
dell’operazione sarà sostenuto dall’assessorato all’Ambiente, presente
all’incontro di venerdì con alcuni suoi tecnici. Un altro passo avanti per la
riqualificazione del Mezzacapo è stato fatto, insomma, va anche detto che grazie
all’impegno di volontari è stata completamente ripulita dalle erbacce l’area
della «casetta del maresciallo», edificio a un solo piano che si trova
all’esterno del forte e che un tempo non era visibile per chi transitava lungo
via Scaramuzza. (Maurizio Toso)
Col Vidal, il forte compie 100 anni
il Corriere delle Alpi — 15 febbraio
2009 pagina 39 sezione: SPETTACOLO
D opo le iniziative di valorizzazione turistica dell’intero comprensorio di Pian
dei Buoi, fiorite sull’onda del restauro della casermetta di Sora Crepa negli
anni ’90 del secolo scorso, e soprattutto dopo i progetti Interreg
Italia-Austria e l’iniziativa di Messner sul Rite agli esordi del terzo
millennio, erano in molti a sperare che anche per il forte di Col Vidal sopra
Lozzo di Cadore si aprisse una nuova era. Si auspicava da più parti che esso,
adeguatamente valorizzato e restaurato, potesse divenire un eccezionale
documento di “archeologia” militare. Non è stato proprio così e il poderoso
impianto che incombe sulla Val Ansiei è arrivato alla veneranda età di 100 anni,
senza vedersi curate adeguatamente le naturali magagne del tempo. Ai sabotaggi
italiani del novembre 1917 e alle distruzioni austriache dell’ottobre 1918, si
sono aggiunti decenni di abbandono per le sue strutture e per la sua storia.
L’impianto fortificatorio venne costruito all’inizio del ‘900 dal Genio italiano
su Col Vidal, per dar protezione all’opera bassa di Col Piccolo (Vigo di Cadore)
e battere la zona di Danta e gli sbocchi della Val Piova e della Mauria. Il
progetto di massima del forte fu steso nel 1909 e poi, sulla base del successivo
progetto tecnico-esecutivo, il ministero stanziò per i lavori la somma di
400.000 lire. In considerazione della sua alta valenza strategica, superiore per
certi aspetti perfino a quella del vicino Tudaio (m. 2114), si decise anzitutto
di dar corso alla costruzione della strada Lozzo - Col Cervera - Col Vidal.
Questa nel 1910 era già sbozzata, ma intervennero diatribe tecniche e
giudiziarie, tanto che i lavori durarono più a lungo del previsto. L’arteria,
detta comunemente dalla popolazione Strada del Genio, portava (e porta) da Lozzo
(m. 753) a Col Vidal (m. 1880), con una lunghezza di circa 18 chilometri, un
dislivello di 1127 metri e con una pendenza massima del 12-13%. Essa risale
prima verso ovest con molti tornanti la zona di Roncole, Larcede, Pecol e Campo
di Croce e, una volta aggirata l’orrida frana di Mizzoi, punta con andamento
quasi rettilineo verso il forte, attraversando le falde di Col Cervera. Nel 1911
però il direttore dei lavori Pecco, implicato in pesanti accuse relative ai
sistemi di lavoro e di amministrazione dei lavori della strada e del forte,
venne sottoposto a inchiesta e perfino rinchiuso in carcere a Belluno. Dopo un
lungo processo, egli poté continuare la sua carriera militare, ma intanto i
lavori del Vidal erano stati affidati ad un altro direttore, il maggiore
Bianchi. Per agevolare l’attività sull’altopiano venne costruita nel 1911 una
teleferica, sotto il controllo dell’ing. Benedetto della casa Brown-Boveri di
Zurigo, che saliva da Le Spesse fino a Pian del Formai, a quota 1830. Nel 1914
l’intero forte era completato e nell’estate di quello stesso anno si poteva
provvedere al suo armamento, ultimato in ottobre. L’impianto si basa su un
insieme articolato di manufatti, complementari tra loro e uniti da una complessa
rete di collegamenti e difese. L’elemento principale era naturalmente la
batteria corazzata, i cui 4 pozzi potevano ospitare altrettanti cannoni da 149 A
con copertura pesante (cupole Armstrong), del peso di 180 quintali, ma quella
che resta quasi intatta ancor oggi è la grande caserma, costruita sul fronte di
gola della batteria e scavata nella viva roccia. Lunga circa 45 metri e alta
quasi 10, era dotata di vasche sotterranee, servizi igienici e grandi locali
adibiti a deposito e laboratori, e, attraverso una rampa in salita, lunga più di
100 metri, era collegata direttamente con la soprastante batteria. Pur
sussidiato da tutta una serie di opere complementari (si pensi alle gallerie
dette 5 imbocchi poco sotto la cima), il forte venne tagliato fuori dal vivo
delle operazioni durante i primi due anni del conflitto e subì periodici
depauperamenti in uomini e mezzi. Nelle tragiche circostanze del dopo-Caporetto
rimase pressoché inattivo, anche forse perché un’azione di fuoco sul nemico
avanzante da Casera Razzo avrebbe avuto conseguenze tremende per i paesi dell’Oltrepiave.
Durante il periodo di occupazione austriaca molto materiale dei depositi del
Vidal e delle zone limitrofe fu trasportato a valle da prigionieri russi, che
utilizzarono pure delle slitte trainate da cani. La batteria fu fatta saltare
dagli austriaci alle 11.45 del 21 ottobre 1918, con notevole anticipo
sull’effettiva ritirata dal Cadore, condividendo l’identica sorte di tutti gli
altri impianti della Fortezza Cadore-Maè. Sorte paradossale: costruiti per
fermare gli austriaci, furono distrutti proprio da questi per non...
ritornarceli!
Mezzacapo, per la bonifica saranno
impiegati 90 mila euro
la Nuova di Venezia — 03 febbraio
2009 pagina 20 sezione: CRONACA
ZELARINO. Spuntano 90.000 euro per forte Mezzacapo, l’ex postazione
dell’esercito di via Scaramuzza. Nel capitolo di 220.000 euro stanziato dal
Comune per la manutenzione dei forti del campo trincerato di Mestre, infatti,
una fetta sostanziosa è stata ritagliata proprio per il Mezzacapo, la struttura
che necessita tra l’altro in modo urgente di una bonifica dell’amianto. La
decisione di destinare i 90.000 euro verrà ufficializzata a breve, nel frattempo
però c’è da registrare l’ottimismo di Ivo Chinellato, consigliere municipale a
Chirignago-Zelarino con delega ai forti. «Questa è senza dubbio una buona
notizia - afferma Chinellato - Avendo a disposizione 90.000 euro si possono fare
altre cose a forte Mezzacapo: oltre a bonificare l’amianto, si potrebbe pensare
ad esempio, accordandosi con Veritas, a una messa in sicurezza delle piante
pericolanti. E sfruttare l’occasione per ricoprire i magazzini in muratura». Le
preoccupazioni circa la presenza di amianto a Forte Mezzacapo erano sorte
soprattutto dopo una serie di crolli di alcune strutture all’interno dell’area
recintata del forte: la paura era che l’amianto, sbriciolandosi, fosse penetrato
nel sottosuolo, rendendo così più complicata la bonifica. Ipotesi, questa, che
però non si è verificata, rendendo così più facile la riqualificazione del
Mezzacapo. (m.t.)
Grande guerra a Canevoi
il Corriere delle Alpi — 24 gennaio
2009 pagina 24 sezione: PROVINCIA
PONTE NELLE ALPI. Conferenza sulla Grande guerra con Roberto Mezzacasa, sabato 7
febbraio alle 10, alla scuola media “Sandro Pertini” di Canevoi di Ponte nelle
Alpi. L’incontro, che fa seguito ad uno già proposto a Soccher nel novembre
scorso, vedrà Mezzacasa illustrare ai ragazzi, anche con l’ausilio di immagini,
la “Linea gialla” nel Bellunese e la condizione della popolazione civile prima e
dopo Caporetto. L’incontro con i ragazzi è stato organizzato dalla docente
Donatella De Pra, e all’incontro parteciperanno anche alcune persone che hanno
aiutato Mezzacasa nelle sue ricerche storiche sul campo e in biblioteca. La
conferenza sarà ripetuta alle 11 per un secondo gruppo di ragazzi. La “Linea
gialla” era la linea di fortificazioni e strutture militari lungo la quale si
sarebbe dovuta sviluppare l’estrema resistenza di fronte agli austro-ungarici
durante la Grande guerra.
Forte Tron al Comune «La Rumiz acceleri
l'iter»
la Nuova di Venezia — 22 gennaio
2009 pagina 24 sezione: CRONACA
MARGHERA. «Chiedo all’assessore al Patrimonio, Mara Rumiz, di farsi interprete
della richiesta che da molto tempo la Municipalità avanza: accelerare l’iter per
avere al più presto in gestione forte Tron, perché torni ad essere un’oasi
faunistica. Il forte può diventare luogo frequentato da molte persone per la sua
collocazione, l’ambiente circostante e la tranquillità; nel periodo estivo
potrebbe essere un luogo di teatro». È questa la richiesta che fa il presidente
della Municipalità, Renato Panciera, per evitare situazioni di degrado e per
velocizzare l’iter di consegna della struttura al Comune. «A tutt’oggi - dice -
la struttura è di proprietà del Demanio e dal giugno 2006 è stata presa in
consegna dal 5º Reparto Infrastrutture dell’Esercito con sede a Padova per la
bonifica. Non è stato formalizzato alcun passaggio, in quanto deve essere
effettuato il sopralluogo della Soprintendenza ai Beni architettonici riguardo i
lavori di ripristino, in particolare il ponte di accesso, danneggiato durante le
operazioni di bonifica». Sulla questione della convocazione di un consiglio
straordinario nel forte, Panciera la rivendica come competenza propria. Il vice
presidente della Municipalità, Bruno Polesel, e il delegato Valdino Marangon
però ribadiscono: «La decisione di fare un consiglio di Municipalità nel forte è
stata comunicata dallo stesso Panciera in giunta qualche giorno fa». (a.ab.)
Forte Tron nel degrado, Consiglio per
salvarlo
la Nuova di Venezia — 20 gennaio
2009 pagina 20 sezione: CRONACA
MARGHERA. Un consiglio di Municipalità a forte Tron per porre all’attenzione del
Comune un patrimonio dimenticato che va recuperato al più presto: diventerà
parco pubblico e casa delle associazioni di Marghera, Ca’ Sabbioni e
Malcontenta. La richiesta del consiglio parte dai consiglieri di Municipalità,
Nilo Dal Molin, Bruno Gianni e Mario Tolomio a cui si affianca anche il delegato
ai Lavori pubblici Valdino Marangon. Il vicepresidente della Municipalità, Bruno
Polesel, concorda e annuncia: il consiglio si farà a febbraio, tempo
permettendo, alla presenza del sindaco. «Da mesi - spiegano i consiglieri di
municipalità Dal Molin e Tolomio - sono stati eseguiti lavori per sistemare il
ponte del forte che era disastrato, ma il problema è che la struttura è stata
trasformata in una discarica abusiva ed è frequentata da vandali. Recentemente
il forte, che è stato acquistato dal Comune, è stato interessato da
un’operazione di bonifica da ordigni bellici compiuta da una ditta
specializzata. Cosa si aspetta a recuperarlo? Per quale motivo il comune di
Venezia lo ha comprato dal Ministero della Difesa? Per lasciarlo nel degrado?».
Da tempo la Municipalità di Marghera denuncia il fatto che la recinzione della
struttura è stata divelta in alcuni punti e che la zona verde è diventata regno
di gare più o meno lecite di motocross ma anche di traffici illeciti, dallo
spaccio della droga alla prostituzione. «Così non si può andare avanti - dice il
delegato Marangon - Un consiglio di Municipalità straordinario magari alla
presenza del sindaco Cacciari servirebbe a rilanciare i progetti per il suo
utilizzo». Con Marangon concorda il vicepresidente della Municipalità Bruno
Polesel. «Questa struttura - dice - che si trova in via Colombara è destinata a
diventare un parco pubblico a ridosso del bosco del Brombeo e anche la casa
delle associazioni di Marghera. Qui si potranno organizzare anche eventi
musicali estivi. Per questo un consiglio di municipalità si terrà a febbraio
all’interno del Forte, ovviamente tempo permettendo. Sarà un modo di aprire alla
cittadinanza un bene pubblico da troppo tempo abbandonato. La presenza del
sindaco è gradita». (Alessandro Abbadir)
La bonifica a forte Mezzacapo Terreno
circostante non inquinato
la Nuova di Venezia — 17 gennaio
2009 pagina 24 sezione: CRONACA
ZELARINO. Arriva una buona notizia per forte Mezzacapo, l’ex base dell’esercito
di via Scaramuzza. Nei giorni scorsi, infatti, tecnici dell’assessorato
all’Ambiente hanno effettuato un sopralluogo nell’area, concentrandosi in
particolare nell’appezzamento delimitato dalla recinzione principale. Se
l’obiettivo era capire il livello di inquinamento da amianto, materiale
utilizzato spesso nelle strutture militari, la bella sorpresa è che
l’inquinamento stesso riguarda solo alcuni fabbricati e non il terreno
circostante: una notizia, questa, che arriva in controtendenza alle ipotesi più
pessimistiche avanzate in passato. Il crollo di alcuni fabbricati a causa del
maltempo, infatti, aveva fatto temere che l’amianto, sbriciolandosi, potesse
essere penetrato nel terreno sottostante, eventualità questa che avrebbe fatto
lievitare notevolmente i costi della bonifica, operazione considerata necessaria
prima di riconsegnare il forte Mezzacapo alla collettività. Inserito nel lotto
che comprendeva anche i forti Gazzera e Pepe, l’ex base di via Scaramuzza è
stata a lungo in stato di assoluto abbandono, utilizzata un’ultima volta
nell’estate 2005 per fare brillare due ordigni bellici. In attesa che l’intero
forte venga rimesso in sesto e diventi un punto di riferimento per Zelarino, da
segnalare l’intervento in corso da parte dell’associazione «Dalla guerra alla
pace», che in pochi mesi è riuscita a ripulire completamente l’area attorno alla
«casetta del maresciallo», l’edificio che serviva da alloggio al sottufficiale
comandante di forte Mezzacapo fino all’abbandono dello stesso da parte
dell’Esercito. Un tempo semi nascosta dalla vegetazione, ora la casetta è ben
visibile da chi transita in automobile lungo via Scaramuzza. (m.t.)
Forte Poerio diventerà un parco pubblico
la Nuova di Venezia — 13 gennaio
2009 pagina 26 sezione: PROVINCIA
MIRA. Forte Poerio a Mira, che era destinato a diventare un centro per
lavoratori immigrati, diventerà un parco pubblico e nel giro di un anno a parco
tecnologico. Queste le intenzioni del Comune di Mira, che ha già avviato in
questi giorni la ripulitura dell’area per destinare la struttura e il parco alla
cittadinanza già con l’inizio di marzo. Il Forte però resterà inaccessibile.
Mancano i soldi per recuperare l’edificio. La struttura è stata acquistata dal
Demanio militare all’epoca della giunta Marcato. Ad annunciare l’operazione è
l’assessore al Verde e ai Parchi Silvia Carlin. «L’area di Forte Poerio nel
breve periodo - dice la Carlin - e cioè nel giro di qualche settimana diventerà
un parco e a marzo sarà aperto al pubblico. Il parco che è ampio diversi ettari
ha visto nel corso di questo mesi, la manutenzione straordinaria del verde, alla
messa a dimora di nuove piante, alla recinzione dell’area e piantumazione di una
siepe, e la ristrutturazione del ponte Bailey». Saranno costruiti anche
panchine, percorsi ciclabili, con un intervento che si aggira sui 100 mila euro.
Ma non solo. Il parco diventerà il primo parco tecnologico della provincia di
Venezia. «L’idea nel lungo periodo - dice Carlin - è quella di trasformare
l’area in un parco tecnologico che avrà come tema le energie pulite. Saranno
realizzati percorsi ed impianti fotovoltaici per la produzione dell’energia,
impianti eolici con dimostrazioni effettive del risparmio che si può ottenere
con l’utilizzo di queste energie. Sarà il primo parco del genere in tutta la
provincia». Per portare a termine questa operazione serve oltre un milione di
euro, con fondi che sarebbero necessari anche per aprire l’edificio che in
questo momento è in decadenza. «Quando apriremo il parco a marzo - dice Carlin -
Forte Poerio resterà chiuso. Non ci sono i fondi per renderlo fruibile alla
cittadinanza. Si parlerà della sua sistemazione in un secondo momento». Il
recupero di Forte Poerio a parco pubblico mette definitivamente la parola fine
sull’utilizzo dell’area come centro di accoglienza per lavoratori immigrati
regolari. Una ipotesi che era stata presentata dal comune di Mira lo scorso
anno. Ma ha dovuto fare marcia indietro dopo le proteste furiose delle forze di
opposizione e dei comitati cittadini. Soddisfazione per la destinazione a parco
arriva anche dalla Lega. «Questa soluzione - dice il capogruppo del Carroccio
Cesare Renier - è migliore del centro immigrati e di più buon senso». -
Alessandro Abbadir
Dai forti cadorini al terremoto
il Corriere delle Alpi — 03 gennaio
2009 pagina 41 sezione: SPETTACOLO
Sul terremoto calabro-siculo del 28 dicembre 1908 molto si è scritto a livello
scientifico e molto si ricorda in questi giorni, ad un secolo esatto di distanza
dal tremendo sisma che colpì alle 5.21 di un lunedì, con gli abitanti immersi
nel sonno. Ma a 100 anni distanza vale la pena di ricordare un particolare dei
soccorsi, invero non molto noto, che lega la nostra piccola patria alpina ai
suoi naturali antipodi politici e culturali. All’inizio del 1909 due compagnie
Minatori del 5º Reggimento, dipendenti dall’Ufficio Genio di Belluno ed
impiegate da anni nella costruzione del Forte di Col Piccolo e di altri impianti
in Oltrepiave, furono inviate a Reggio Calabria per provvedere ai più urgenti
bisogni di demolizione e ricostruzione. Si trattava per lo più di umili soldati
provenienti da tutte le parti d’Italia, che avevano imparato ad amare il Cadore
vivendo per lo più nei fienili di Laggio, Pelos e Piniè e che venivano impiegati
per costruire postazioni, strade ed osservatori incentrati sulla stretta di Tre
Ponti. Non se la passavano poi tanto male, guadagnandosi spesso qualche premio
extra con gli straordinari e partecipando vivacemente alla vita, anche
religiosa, della piccola comunità, la quale, da parte sua, vedeva nei lavori in
corso qualche opportunità di progresso e guadagno. Li comandava dal 1904 quel
capitano (poi maggiore, colonnello e generale) Ferdinando Pecco, che fu il padre
riconosciuto della moderna fortificazione cadorina e che legò in seguito il suo
nome ad una paradossale vicenda giudiziaria a causa di presunte tangenti nei
lavori. Questo torinese vecchio stampo, ingegnere colto e coscienzioso, divenuto
profondo conoscitore ed estimatore del Cadore, fu chiamato dunque coi suoi
genieri ad operare sul luogo del disastro, trasferito dai boschi e dalle
forcelle della catena Tudaio-Brentoni per venir immerso nella scena apocalittica
di Reggio Calabria posta in stato d’assedio. Certo sul posto furono fatti
affluire da ogni parte d’Italia zappatori, pontieri, ferrovieri, telegrafisti,
ecc., ma si può ben dire che il compito più ingrato spettò proprio ai minatori,
che dovevano aprirsi la via anche a colpi di mina, recuperando i morti ed
abbattendo tutti gli edifici pericolanti. Un brusco trapasso davvero, dagli
ambiziosi forti in cemento dalla cupola corazzata in acciaio-nichelio, simboli
di un’Italia che voleva indossare i panni di potenza emergente, agli strazi
indescrivibili di una situazione tragica che metteva a nudo tutti i nostri
limiti economici. A Reggio la 2ª e la 3ª compagnia Minatori del 5º Reggimento
Genio furono particolarmente impiegate nella demolizione e nello sgombero delle
macerie avendo a disposizione scale “Porta”, ponti provvisori, mine ed altri
attrezzi di circostanza. Nel libro di Nicoletti Altimari (“L’opera prestata
dalle truppe del Genio nelle regioni colpite dal terremoto”, Roma, 1910) vengono
descritti i meriti del Pecco e dei suoi uomini, anche con l’ausilio di
interessanti fotografie e cartine. Le demolizioni più importanti furono quelle
della caserma Mezzacapo e della stazione centrale, mentre altri lavori
determinanti furono il riatto della strada Reggio-Catona, lo sgombero della
polveriera di Campo Calabro, il recupero dei beni del Museo Civico... Questi
soldati, compiendo le operazioni più pericolose, ovvero quelle che gli operai
civili avevano paura di fare, resero un servizio assai prezioso, collaborando
inoltre alla sepoltura delle vittime e alla costruzione di bare, richieste a
migliaia in quei drammatici frangenti. Ma vi è un ulteriore fatto che rende
onore al Pecco: il capitano fece numerose osservazioni sui modi in cui i
fabbricati della città avevano resistito o meno alla scossa di terremoto,
compilando in proposito un’interessante memoria riassunta nella citata opera
dell’Altimari. Il nostro, prendendo in esame i disastri già avvenuti col
terremoto del 1783, analizzava i modi di costruire tipici dell’800, evidenziando
le maggiori negligenze nelle costruzioni dell’ospedale, del conservatorio, della
casa della gioventù, del Palazzo Catizzone, della caserma Mezzacapo, nonché di
moltissime altre case, le cui pecche maggiori riguardavano la scadentissima
muratura, la struttura dei tetti, l’assenza di chiavi in ferro... Sulla base di
tali constatazioni egli avanzava una serie di consigli per la ricostruzione
(fondazioni, piante, tipi di solai, incavallature...), consigli che denotavano
in lui davvero grande esperienza e professionalità. Il ministro della Guerra
apprezzò il suo dinamismo e la sua intraprendenza e lo premiò pure con
un’onorificenza. Ma il destino del Pecco rimaneva tutto cadorino e l’Oltrepiave
attendeva lui e i suoi genieri per altri lavori ed altre vicissitudini
giudiziarie, che avrebbero portato di lì a poco ad un vero terremoto negli alti
vertici militari italiani del tempo. Walter Musizza Giovanni De Donà