UNA
MAPPA DEI "TESORI" PIU' SUGGESTIVI DELLA
REGIONE, DALLE AREE INTERNE ALLA COSTA
L’AQUILA – Abruzzo, terra di miti e
leggende, di paesaggi aspri e incontaminati
che raccontano saperi antichi, e di castelli
inerpicati che rievocano la storia e
tradizioni millenarie. Un grande museo di
architettura militare a cielo aperto, fatto
di fortezze rudi e torri maestose che,
dall’alto dei loro promontori, dominano
incontrastate i paesaggi, richiamando quella
sensazione di sospensione nel tempo che
tanto piace ai turisti moderni.
L’obiettivo della breve guida che
proponiamo, frutto di testimonianze dirette
e delle consultazioni di archivi della
Regione Abruzzo, dei Comuni e delle
Associazioni che nel corso degli anni tanto
hanno lavorato per conservare la memoria
storica, è ricostruire un itinerario che
attraversando l’intera regione, dalle aree
interne alla costa, restituisca una mappa di
alcuni dei Castelli simbolo che
custodiscono, ciascuno con la sua
particolarità, scrigni di storia, leggenda e
architettura.
ROCCA CALASCIO
Meta, negli ultimi tempi, di migliaia di
visitatori da ogni parte del mondo, si
tratta di uno dei luoghi più suggestivi di
tutta la regione, la cui origine si perde
nei secoli. Inserito nel 2012 tra i 15
castelli più belli d’Europa dal National
Geographic, si trova nell’omonimo comune di
Calascio, in provincia dell’Aquila, su un
crinale a 1.460 metri di altitudine, sulla
valle del Tirino e l’altopiano di Navelli,
oltre che a poca distanza dall’altopiano di
Campo Imperatore e in posizione rialzata
anche rispetto al borgo sottostante.
Una fortezza militare di spettacolare
bellezza, dove una volta entrati, si riesce
ancora respirare appieno quella cultura
montanara e transumante tipica dell’Abruzzo
interno, che gli è valsa tutta la notorietà
di cui oggi riesce a godere, sia come sito
turistico, che come set di numerose
pellicole internazionali. Fino a qualche
anno fa, infatti, erano poche le persone a
conoscenza del fatto che la struttura fosse
stata stata utilizzata come ambientazione
per numerose produzioni cinematografiche,
ricevendone anche un discreto ritorno di
immagine. Il primo lungometraggio ambientato
alla Rocca è Amici miei – Atto IIº, nel
1982. Nel 1985, è stata invece la volta di
Ladyhawke, in cui il castello, allora non
ancora restaurato, era il rifugio
dell’eremita impersonato da Leo McKern. Ha
poi ospitato il set dei film Il nome della
rosa (1986), Il viaggio della sposa (1997) e
L’orizzonte degli eventi (2005). Ma
non solo. La Rocca è ben visibile anche in
alcune scene del film interamente girato tra
Sulmona, Castel del Monte, Capestrano,
Calascio e Castelvecchio Calvisio e con
George Clooney come protagonista, The
American (2010), ed è stata anche anche il
set di alcune serie televisive, tra cui le
produzioni della Rai La Piovra 7 – Indagine
sulla morte del commissario Cattani (1995) e
Padre Pio (Italia, 2006).
Turisticamente parlando, è più o meno
nell’ultimo ventennio che è divenuta famosa,
visto che si trova nel cuore del Parco
Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della
Laga ed è dotata di fascino particolare,
anche grazie alla natura incontaminata da
cui è circondata. Come dichiara ad
AbruzzoWeb il sindaco di Calascio, Ludovico
Marinacci, sono stati “circa 60mila gli
italiani che, lo scorso anno, hanno deciso
di visitare la Rocca” e ne sarebbero stati
molti di più se solo il Covid non avesse
imposto limitazioni agli spostamenti
internazionali.
“Si tratta – precisa Marinacci – di conteggi
approssimativi, basati principalmente sui
numeri del bus navetta che conduce i turisti
dal centro abitato alla Rocca, visto che per
l’accesso alla struttura non è previsto
l’acquisto di nessun biglietto e molti di
loro decidono di arrivare direttamente a
piedi”.
In particolare, sono stati 19.305 i
biglietti interi, comprensivi di viaggio
andata e ritorno, venduti nel 2020; 11,195,
invece, i ridotti. Senza contare i concerti
e gli eventi organizzati al suo interno
nelle settimane di alta stagione. Basti
pensare inoltre che l’hashtag #roccacalscio,
solo nell’agosto scorso, contava su
Instagram ben 55.716 post. Questo perché
oltre a rappresentare, il perfetto luogo di
partenza per una serie di escursioni e
trekking nella natura dell’appennino, con la
bella stagione, la Rocca è anche sede di
interessanti manifestazioni culturali.
Nei suoi pressi si trova, infine, la
chiesetta di Santa Maria della Pietà che,
pur essendo chiusa al pubblico, per la
particolarità della sua pianta ottagonale e
per le dimensioni inusuali rispetto al
paesino, insieme alla fortezza conferisce al
paesaggio un fascino senza pari.
CASTELLO CALDORA-CANTELMO
Spostandoci un po’ più a sud, un’altra
struttura di grande valore storico e
architettonico si trova invece nel cuore
della Valle Peligna. Il castello Castello
Caldora – Cantelmo, il più antico castello
d’Abruzzo, edificato nel centro storico di
Pacentro, dalla piazza principale del paese.
La sua fondazione è antecedente al periodo
compreso tra la fine del ‘300 e l’inizio del
‘400, quando anzi viene ristrutturato per la
prima volta. Alcuni fanno risalire la sua
costruzione addirittura tra l’XI ed il XIII
secolo, periodo in cui venne sicuramente
eretta la torre mozza situata nord-est.
Dominando incontrastato la Valle Peligna, il
Castello Caldora faceva parte, come Calascio,
di un vasto sistema di difesa militare. Un
sistema che comprendeva altri sei castelli,
tra cui quelli di Anversa e di Roccascale.
Tra i “luoghi del cuore” del Fai (Fondo
ambiente italiano), dopo un recente
restauro, è visitabile in alcune delle sue
aree e a breve sarà anche aperta anche una
delle torri che, una volta accessibile,
offrirà ai visitatori una vista senza pari
sul centro abitato e su tutto il paesaggio
circostante. Un paesaggio che solo la
regione più verde d’Europa è in grado di
offrire.
CASTELLO CANTELMO
Ai piedi della Valle Peligna, sempre in
provincia dell’Aquila, si trova inoltre
l’omonimo castello Cantelmo di Pettorano sul
Gizio. Nato come forte militare, è stato
costruito su una pianta irregolare con
quattro torrioni situati sulle mura del
complesso. La fortificazione, lasciata per
anni in uno stato di abbandono, è stata
oggetto di diversi restauri a partire dagli
anni novanta. Restauri che hanno permesso
l’apertura al pubblico e l’allestimento di
mostre permanenti, quali “Gli uomini e la
montagna”, “Mostra dei carbonai” e “Reperti
archeologici di epoca romana”.
CASTELLO PICCOLOMINI
Dalla fusione di elementi medioevali e
rinascimentali prende forma il fiabesco
Castello Piccolomini di Celano, che di
affaccia su quello che una volta era un
lago, ora piana del Fucino, ed è protetto da
una possente cinta muraria, con camminamenti
e bastioni. I lavori di costruzione
iniziarono intorno al 1392 per volontà di
Pietro Berardi, conte di Celano, e
proseguirono fino al 1463 quando Antonio
Todeschini-Piccolomini, nipote di papa Pio
II, portò a termine la monumentale opera.
Edificato inizialmente come struttura
difensiva e trasformato in seguito in nobile
residenza, fu distrutto in buona parte nel
1915 a causa di un terribile terremoto, ma
straordinari interventi di restauro gli
riconsegnarono il suo originale splendore.
Il monumento è sede del Museo d’Arte Sacra
della Marsica e della Collezione Torlonia di
Antichità del Fucino.
Secondo la leggenda, esisterebbe un tunnel
che unisce il Castello al Convento di Santa
Maria in Valleverde, legata alla storia di
Jacovella da Celano e del suo amore
contrastato con il Conte.
ORSINI-COLONNA
“Ad exitum seditiosis Avejani”, un monito ad
eventuali rivolte, una traccia emblematica
del castello Orsini-Colonna, monumento
nazionale e simbolo di Avezzano, in pieno
centro cittadino, in piazza Castello. Il
castello Orsini-Colonna, di probabile
fondazione medievale, fu ricostruito nel
1490 per volere di Gentile Virginio Orsini
che poi ha dato la denominazione alla
struttura e sul portale ogivale compare la
frase che in realtà rappresenterebbe proprio
lo scopo per cui la fortezza fu concepita
dall’ingegnere Francesco di Giorgio Mantini,
al servizio degli Orsini. Nel 1565 il
castello poi fu ampliato e dotato di un
grande giardino rinascimentale per volere di
Marcantonio Colonna che poi dotò la
struttura anche di un ingresso monumentale e
trionfale in onore della battaglia di
Lepanto. I Colonna si presero cura del
castello fino al 1806, quando in seguito
all’abolizione dei Feudi, presero i Lante
della Rovere il controllo sulla struttura ,
fino al 1905 quando fu acquistata dal
vicesindaco di Avezzano , Francesco Spina
che lo trasformò in parte in albergo, in
parte in una scuola ed un’altra porzione fu
utilizzata dal Tribunale di Avezzano.
Il castello ospita mostre di arte
contemporanea nelle sale espositive
dedicate. È sede dell’omonimo
museopinacoteca. La Galleria d’Arte Civica
Moderna raccoglie importanti testimonianze
dell’evoluzione culturale dal secondo
Dopoguerra ad oggi (sculture, pitture e
grafiche) ed è una delle principali
attrattive di Avezzano.
FORTEZZA DI CIVITELLA DEL TRONTO
Arroccata sulle dolci colline del Teramano
si trova infine la fortezza Civitella del
Tronto. Un tempo appartenuta a Filippo II
d’Asburgo, Re di Spagna, è considerata una
delle più grandi e importanti opere di
ingegneria militare in Europa visto che, in
contemporanea, dominava dall’alto sia lo
Stato Pontificio che il Regno di Napoli.
Situata a 600 metri di altitudine, nel cuore
della provincia, venne edificata su una
probabile preesistente rocca medievale e
completamente trasformata a partire dal 1564
da Filippo II d’Asburgo, il re di Spagna,
che, a seguito di un’eroica resistenza dei
civitellesi contro le truppe francesi
guidate dal Duca di Guisa, ne ordinò la
costruzione.
Il suo aspetto, oggi, è molto simile a
quello di allora, nonostante i Borboni, a
cui nel 1734 si passò il controllo della
zona, vi abbiano apportato diverse
modifiche. Lasciata in uno stato di totale
abbandono nel 1861, anno del cosiddetto
assedio Piemontese, fu depredata e demolita
dagli stessi abitanti del luogo. Oggi, però,
è accessibile a tutti visitatori, e questo
grazie ad un importate intervento di
restauro curato dalla Sovrintendenza
dell’Aquila a ridosso degli anni Ottanta.
La visita si sviluppa attraverso tre
camminamenti coperti, le vaste piazze
d’armi, le cisterne , i lunghi camminamenti
di ronda, i resti del Palazzo del
Governatore, la Chiesa di San Giacomo e le
caserme dei soldati. Il panorama di cui si
riesce a godere dall’alto della fortezza
lascia senza fiato, sviluppandosi a partire
dall’antico centro abitato sottostante, per
poi proseguire con i massicci del Gran
Sasso, della Laga, della Maiella, dei Monti
Gemelli fino addirittura al Mare Adriatico.
Al suo interno è inoltre visitabile il Museo
delle Armi, diviso in quattro sale, dove
sono conservate armi e mappe antiche, queste
ultime connesse alle vicende storiche del
centro abitato di Civitella del Tronto, che
tra le altre cose ha aderito al circuito dei
“borghi più belli d’Italia”.
CASTELLO DI ROCCASCALEGNA
Storia e leggenda fanno da cornice al
suggestivo castello di Roccascalegna, borgo
medioevale di 1.200 anime, situato sulle
colline che circondano il fiume Sangro. Con
tutta probabilità, i fondatori di
Roccascalegna furono i Longobardi che, a
partire dal 600 d.C., occuparono stabilmente
l’attuale Molise e l’Abruzzo meridionale,
dopo essere discesi dall’Italia
settentrionale. Conseguenza di ciò fu
l’allineamento delle guarnigioni Bizantine
sulle rive dell’Adriatico. Nella logica di
tale conflitto si spiega la costruzione
della Torre d’Avvistamento, prima, e del
Castello, in seguito, sull’imponente ammasso
roccioso che domina la valle del Rio Secco
(affluente dell’Aventino) proprio ad opera
dei Longobardi.
La leggenda più famosa inerente il Castello
di Roccascalegna ha per protagonisti Corvo
de Corvis e l’editto dello “Jus Primae
Noctis”. Pare che nel 1646 il fantomatico
Barone abbia reintrodotto questa prassi
medievale, in forza della quale ogni novella
sposa del Feudo di Roccascalegna dovesse
passare la prima notte di nozze con lui
invece che con il marito. Non si sa bene se
una sposa novella, o se il marito,
travestito a sua volta da sposa, abbia
accoltellato il Barone nel talamo nuziale ed
egli, morente, abbia lasciato la propria
impronta della mano insanguinata su di una
roccia della torre, crollata poi nel 1940.
Benché si provasse a lavare il sangue dalla
roccia, continuava a riaffiorare e ci sono
tutt’oggi persone anziane che sostengono di
aver visto la “mano di sangue” anche dopo il
crollo.
“Roccascalegna è un luogo che resta nel
cuore – dice il sindaco Domenico
Giangiordano – La prima cosa che si nota
arrivando al paese è sicuramente l’imponente
fortezza che si erge come a protezione di
tutto l’abitato. Ma cominciando a camminare
per le stradine ci si accorge subito
dell’accoglienza della nostra gente, del
sorriso dei miei concittadini che salutano i
turisti e cercano di illustrare la storia e
la bellezza del castello o improvvisano un
itinerario. Questa è la vera nostra forza,
credere che anche un piccolo Borgo si possa
vivere di turismo. Sono tante le attività
nate al di sotto del Castello e nel paese,
famiglie che cominciato a investire e vivere
quasi solo di turismo”.
CASTELLO ARAGONESE
Nelle notti di burrasca alcuni pescatori
raccontano di sentire ancora i lamenti di
una principessa e alzando lo sguardo, verso
il castello affacciato sul mare, ogni volta
riaffiora la “leggenda della Ritorna”, la
storia di un amore sfortunato tra la bella
figlia del Re e un ricco mercante.
Dal Castello Aragonese di Ortona è possibile
ammirare un lungo tratto della costa dei
trabocchi, le famose “macchine da pesca” che
costellano il tratto della costa abruzzese
tra San Salvo e Francavilla. Il castello ha
un’origine quattrocentesca legata appunto
alla dominazione aragonese nel territorio
abruzzese. Durante la Seconda Guerra
Mondiale, il castello venne bombardato nella
tristemente famosa Battaglia di Ortona e nel
1946 la parte più arroccata sulla collina
franò e il fortilizio perse una delle sue
quattro torri. Grazie ai lavori avviati nel
2001 dalla Soprintendenza per i Beni
Architettonici ed il Paesaggio dell’Aquila è
tornato agibile e riaperto al pubblico nel
2009.
Oggi nella torre ovest c’è un piccolo museo
con foto d’epoca e arredi e attraverso un
comodo percorso che parte dal Castello si
accede alla pista ciclabile che corre lungo
il litorale di Ortona; da visitare il Museo
della Battaglia, la Pinacoteca Basilio e
Michele Cascella, Museo Musicale, Riserva
Naturale Regionale Ripari di Giobbe,
Cimitero canadese, Cattedrale di San Tommaso
Apostolo.
CASTELLO DUCALE DI CRECCHIO
Un mistero avvolge il Castello Ducale di
Crecchio, sembra che salendo i gradini che
portano all’antica torre di avvistamento,
detta anche “Torre dell’ulivo”, si avvertano
presenze e lamenti provenire dalle mura a
motivo di un’antica leggenda secondo la
quale sarebbe stata utilizzata per
decapitare gli oppositori di uno dei
proprietari del castello fino all’avvento
della famiglia De Riseis quando fu piantato
sulla sua sommità un albero di olivo in
segno di pace. Un’altra leggenda narra che
nelle sale del Castello si odano i passi dei
fantasmi del De Riseis e della sua
bellissima amante o se ne scorgano le ombre
attraversare le stanze del Castello sospesi
nell’aria.
Il panorama che si può scorgere dal
castello, nel centro storico del borgo
medioevale di Crecchio, a pochi chilometri
da Ortona, abbraccia da una parte il mare,
dall’altra la montagna. Alcuni esperti
indicano che il Castello si sia sviluppato
da una torre preesistente detta “dell’Ulivo”
in stile duecentesco e che, nel corso dei
secoli, abbia subìto trasformazioni.
Difatti, la struttura da una forma difensiva
si modificò in struttura abitativa. Alla
fine della seconda guerra mondiale, il
castello di Crecchio, ospitò re Vittorio
Emanuele II con la sua famiglia nella sua
fuga da Roma. Il Castello subì gravi danni
in seguito ai bombardamenti ma su iniziativa
della Soprintendenza ai Beni Architettonici
dell’Aquila, fu restaurato nelle forme
attuali
Oggi ospita il Museo dell’Abruzzo Bizantino
ed Altomedievale, restituendo uno spaccato
della vita quotidiana dei bizantini in
Abruzzo tra il VI e il VII sec. d.C. e
permette di ricostruire le rotte commerciali
dell’Abruzzo bizantino con l’Oriente e con
l’Egitto in particolare. Il contesto
storico-economico evidenzia la situazione di
Crecchio e più in generale dell’Abruzzo,
diviso tra dominio longobardo all’interno e
bizantino sulla costa, aperto ai commerci
adriatici grazie al porto di Ortona.
PALAZZO D’AVALOS
Sempre rimanendo in tema di mostre
permanenti, non si può non citare Palazzo D’Avalos,
a Vasto, a ridosso della costa, su un colle
situato a 144 metri sul livello del mare, da
cui la cittadina domina incontrastata
l’estremo lembo meridionale del litorale
abruzzese sin da quando, nell’antichità, vi
si stanziarono le prime popolazioni greche,
illiriche e frentane. Quel luogo che, nel
nel 91 a.C., diverrà il municipio romano di
Histonium, un importante borgo marinaro
dell’Adriatico poi distrutto Longobardi, nel
corso medioevo.
Ricostruita come roccaforte durante la
signoria dei Caldora, acquistò discreta
importanza anche durante il periodo della
dominazione aragonese, divenendo il centro
dei possedimenti della famiglia D’Avalos, da
cui appunto prende il nome. Un castello, la
cui fondazione si fa risalire al 1300, ma
che fu ingrandito e abbellito nel 1427 da
Giacomo Caldora e che, nel 1566, fu anche
bersaglio dei turchi che decisero di
incendiarlo. Fu proprio allora che i D’Avalos
diedero inizio alla sua ricostruzione,
affidando i lavori a Fra’ Valerio De Santis,
conventuale di San Domenico che, nel corso
dei lavori, decise di apportare diverse
modifiche all’impianto originario.
E qualunque sia oggi la natura del
visitatore che fa il suo ingresso nel
palazzo, che sia un esperto o un semplice
appassionato d’arte, l’impressione istintiva
è la stessa: un’esplosione di emozioni che
solo il fascino di una dimora storica
perfettamente conservata è in grado di
generare.
Sulle pareti, infatti, sono posti degli
elementi della costruzione originaria che
rimandano al passato più remoto della città
di Vasto ma, spiega l’assessore con delega
alla cultura, Giuseppe Forte, “buttando
un’occhio all’esterno si riesce anche a
godere appieno delle bellezze paesaggistiche
tipiche della costa adriatica”.
Situata in pieno centro storico, la
struttura ospita al contempo il Museo civico
archeologico più antico d’Abruzzo e la
Pinacoteca comunale, ma anche la cosiddetta
mostra “Mediterrania”, allestita dal famoso
gallerista abruzzese Alfredo Paglione,
attraverso la donazione di ottanta dipinti
di otto artisti italiani e spagnoli presenti
tra le sue collezioni private. Al suo
interno è inoltre presente un Museo del
costume, mentre all’esterno, c’è un giardino
alla napoletana, restaurato nel 1997 che dà
direttamente sul mare. “Nel 2020 – precisa
Forte -, il palazzo ha ospitato circa 13mila
visitatori paganti solo nei mesi di luglio e
agosto, a testimonianza del fatto che si
tratta di un luogo di grande richiamo
artistico, culturale e turistico. Senza
contare le giornate gratuite e i diversi
eventi organizzati al suo interno che, nella
maggior parte deicasi, hanno sempre fatto
registrare il tutto esaurito”.