Bunker di Noach
Di
Tiziano De Col
PRIMA PARTE
La Germania Nazista approntò in questo
territorio nel periodo tra l’inverno del
1944 e la primavera del 1945 dei grandi
lavori per la costruzione di bunker e
gallerie. Questi lavori, condotti dall’
organizzazione TODT portarono alla
costruzione, sul solo massiccio del Monte
Celo, nella zona tra Noach e Roit, di 25
bunker finora censiti. Agli operai locali
che lavoravano per la TODT, i tedeschi
raccontavano che tutti questi lavori
venivano realizzati per il solo scopo di
tenere sotto controllo gli uomini in modo
che non si aggregassero alle formazioni
partigiane. Questo era vero solo in minima
parte, come effetto riflesso, visto che
tutti questi lavori rientravano nel progetto
di Hitler di realizzare, nel territorio
compreso tra il sud della Baviera, il Tirolo,
il Salisburghese, il sud- Tirolo (Alto
Adige) e le Dolomiti , un “ ridotto alpino”,
ossia una concentrazione di fortificazioni
atte ad autodifendersi come un unico sistema
fortificato. Questo progetto, la cui
localizzazione era tenuta segreta, veniva
però utilizzato dalla propaganda nazista
come sprono all’opinione pubblica tedesca
per continuare a credere in una
continuazione del Terzo Reich in un
territorio iperprotetto, dal quale poi il
nazismo avrebbe potuto gestire la sua
riorganizzazione per riconquistare la
potenza che stava perdendo. In questo
territorio, Hitler contava di poter portare
a termine la realizzazione della sua “arma
segreta”, probabilmente la bomba atomica
nazista, con la quale capovolgere le sorti
di una guerra che vedeva ormai come persa.
Per fare questo serviva però più tempo di
quanto la guerra sembrava concedergli ed
allora prese così corpo, su suggerimento di
Hofer, governatore nazista del Sod-Tirolo,
il progetto del “ ridotto alpino” o
“fortezza alpina”, denominato dai tedeschi
“Alpenfestung” e dagli Alleati “National
Redoubt” o anche “ Nazi’s last-stand” ossia
“ultimo luogo del Nazismo”. L’idea di una
“fortezza alpina” nella quale far convergere
le truppe tedesce in una eventuale ritirata
da sud e da nord, venne ad Hofer
presubibilmente durante una visita alle
fortificazioni della “ Linea Littorio” ,
strutture difensive anti asburgiche della
Grande Guerra che erano state adattate da
Mussolini nel dubbio di qualche “scherzo”
tedesco. Hofer capì che con poche
innovazioni, la “Linea Littorio” e la “Linea
Gialla”, linee italiane risalenti alla
Grande Guerra, potevano essere utilizzate
per la realizzazione di una cintuta
difensiva intorno al “cuore” dell’Alpenfestung.
Le strutture del Monte Celo e della stretta
dei Castei rientravano nella “Linea Gialla”
della Grande Guerra e quindi anche qui si
concentrò l’attività della TODT per
riutilizzarle in senso inverso. Ritardare
quindi l’avanzata alleata di qualche mese e
permettere così di protrarre la guerra fino
all’ottobre del 1945, mese in cui Hitler
pensava fosse pronta la bomba atomica
tedesca. A questo punto una domanda:
considerato l’uso alleato dell’atomica sul
Giappone dopo la caduta di Hitler, avrebbero
potuto gli alleati utilizzare l’atomica
anche sul “Nazi’s last-stand” nel caso i
nazisti fossero riusciti ad
asserragliarvisi e per evitare che in
qualsiasi modo la Germania nazista potesse
avere il tempo di realizzare la “sua”
atomica? Certamente questa non era una
felice prospettiva per le nostre vallate,
considerato che i Nazisti avevano scelto
nelle nostre zone, proprio le strette gole
d’imbocco della Valle del Mis, del Cordevole,
del Maè, del Piave per sbarrare il passo nei
fondovalle agli Alleati ed erigere così la
prima linea fortificata dell’ Alpenfestung.
In Agordino, nella gola dei Castei ed alle
pendici del Monte Celo, per continuare fino
a Forcella Moschesin ed in Val di Zoldo,
trovarono posto, ricalcando le
fortificazioni della Grande Guerra, bunker e
gallerie per ospitare truppe, munizioni e
viveri. Il sistema prevedeva la
realizzazione di sistemi fortificati di
fondovalle per impedire l’accesso alle
vallate, tali sistemi dovevano essere a
prova di attacco aereo e quindi realizzati
in caverna. Essi dovevano essere
completamente autosufficenti e quindi
predisposti per l’alloggiamento degli uomini
e lo stoccaggio dei viveri. Il progetto
prevedeva il trasferimento nell’
Alpenfestung di tutto lo stato maggiore
nazista, Hitler, Goering, Goebbels e Bormann
ovviamente compresi ed al loro seguito era
previsto il trasferimento di circa 250.000
S.S. da utilizzare come milizia interna alla
“ Fortezza Alpina”. Nei prossimi numeri del
nostro giornale analizzeremo le modalità con
cui questo doveva avvenire e perchè non
avvenne. Considereremo inoltre le fonti di
informazione ed i dubbi degli Alleati sull’
Alpenfestung, divisi sul dubbio che la
fortezza alpina fosse realtà o semplice
frutto della propaganda nazista. Per noi,
abitanti in questi luoghi, sicuramente una
certezza c’è, ed è quella dei bunker
presenti a pochi passi dalle case di La
Valle ed anche una sensazione s’impadronisce
di noi pian piano che iniziamo a comprendere
queste cose: la sensazione d’averla scampata
per poco.
Scala
d'uscita
SECONDA PARTE
Nei primi giorni di maggio del 1945, i
soldati della settima armata Americana,
spingevano i Nazisti verso Innsbruck, mentre
la terza armata Americana conduceva verso
Linz. Gli Alleati erano conviti di dirigersi
verso un complesso sistema fortificato,
difficilissimo da espugnare, da loro
chiamato “National Redoubt” e dai Nazisti
era chiamato “Alpenfestung”. I rapporti
dell’ intelligence alleata davano per certa
l’esistenza di questa “fortezza alpina”,
composta da bunker e fabbriche sotterranee,
nella quale i Nazisti speravano di
asserragliarsi per guadagnare qualche mese
di tempo per la costruzione di armi segrete
con le quali poi ripartire dalle Alpi alla
riconquista dell’Europa. Le notizie in
possesso dei servizi segreti Americani
davano per certa l’esistenza di questa
struttura che doveva avere una larghezza
longitudinale di 300 Km circa e una
profondità latitudinale di 100 Km circa e
come già detto in precedenza essa aveva come
baricentro la zona di Salisburgo, in questa
zona, gli Alleati si attendevano una
resistenza fanatica da parte dei Tedeschi,
attuata con vaste azioni di guerriglia che
dovevano partire dai bunker nascosti sui
monti per colpire l’esercito Alleato. A
questo scopo, le notizie in possesso dei
comandi Americani davano per certo
l’avvenuto trasferimento nell’ Alpenfestung,
dei reparti più fidati ed addestrati delle
SS (Schutzstaffel), in tutto circa 250.000
uomini. In effetti l’esercito alleato non
trovò la resistenza prevista e quindi si
pensò e si continua a pensare che l’Alpenfestung
sia stato solo frutto della propaganda
Nazista. Noi sappiamo che così non fu,
considerando la grande mole di bunker
presenti sul monte Celo e sulla stretta dei
Castei, così come in Valle del Mis, a Malga
Foca (in Comune di La Valle Agordina) ed a
Forcella Moschesin, sul confine tra Agordino
e Val di Zoldo. 23 bunker finora censiti
nella zona di Noach-Roit ; 3 a Malga Foca; 7
a forcella di Forca sui Colli di Fades; 1 a
Forcella Moschesin; 7 in prossimità del
Sasso di San Martin in Comune di Rivamonte
Agordino; 3 in prossimità di Agre in Comune
di Sedico, per un totale provvisorio di 44
bunker in prossimità del massiccio del Monte
Celo. Difficile pensare che siano puro
frutto della propaganda Nazista. Gli Alleati
avevano attivato un progetto di spionaggio
chiamato ULTRA, con il quale intercettavano
e decifravano le comunicazioni radio degli
alti comandi Nazisti. Alcuni storici sono a
tutt’oggi convinti che Eisehower sia rimasto
vittima dei propri preconcetti credendo
nell’esistenza dell’ Alpenfestung. Il fatto
di non aver trovato la resistenza attesa
portò gli Alleati a pensare che non
esistesse niente, invece le strutture
esistevano, ma erano in via di completamento
e probabilmente il solo ritardo di un mese
avrebbe permesso a Hitler di installare le
sue truppe nel territorio della “fortezza
alpina”. Infatti, alcuni dei bunker sul
monte Celo, erano stati anche centinati con
centine in legno e foderati con faesite e
carta catramata, mentre i pavimenti erano in
cemento con le canalette per drenare le
infiltrazioni d’acqua. Essi sono
prevalentemente scavati nella dolomia
principale, molto compatta ed hanno grosse
coperture rocciose tali da renderli
praticamente invulnerabili ai bombardamenti.
Il materiale di scavo veniva disperso sul
territorio esterno in modo da evitare le
ricognizioni aeree. I ragazzi più giovani al
lavoro con la Todt, venivano occupati nel
disperdere i materiale di scavo sulle
scarpate e non rendere così identificabile
dagli aerei la localizzazione dei bunker.
Tant’è che anche al giorno d’oggi, per
alcuni bunker, si arriva davanti
all’ingresso o all’uscita senza riscontrare
tracce di sentieri d’accesso o di discariche
di materiale di risulta, come invece si
riscontra per le postazioni in caverna della
precedente Grande Guerra. In un resoconto
Alleato si legge che: a partire dal maggio
1945, l’Alpenfestung cessò di essere un
mistero e diventò leggenda. Una leggenda che
in parte è disponibile ai nostri occhi,
quindi una ben strana leggenda ! Alla fine
della guerra, il generale Eisehower ebbe a
dire che: “…per molte settimane noi abbiamo
ricevuto rapporti sulle intenzioni Naziste,
che erano, alla fine, di trasportare la
crema delle SS, Gestapo, ed altre
organizzazioni fanaticamente devote ad
Hitler, nelle montagne comprese tra il sud
della Baviera, ovest Austria e nord Italia.
Essi pensavano di bloccare i tortuosi passi
montani e tenere così indefinitivamente
contro gli Alleati…… L’evidenza era chiara,
che i Nazisti intendevano attuare questo ed
io decisi di non dare loro l’opportunità di
attuarlo.”
Sul come gli Alleati agirono per impedire il
trasferimento dei Nazisti nell’Alpenfestung
lo tratteremo nella prossima parte.
Uscita dal bunker
Approfondimento: L’Organizzazione Todt
(chiamata comunemente TOT) Quando parliamo
della Todt (comunemente chiamata Tot dai
valligiani), forse non sappiamo
effettivamente di che tipo di organizzazione
si trattava. Queste poche righe possono
aiutare a capire il funzionamento della
struttura. L’Organizzazione Todt prese il
nome dal suo fondatore, l’ingegnere Fritz
Todt. Essa venne costituita nei primi anni
’30, ma in quel periodo non divenne mai
un’appendice del partito Nazista, mantenendo
una sua peculiarità ed indipendenza
operativa. Era vista però dagli Alleati come
il “braccio ingegneristico” del regime
Nazista, tant’è che era effettivamente era
un’organizzazione militare configurata come
un’agenzia governativa. Le due “menti”
dell’organizzazione furono lo stesso Todt e
l’architetto Albert Speer che già lavorava a
stretto contatto con Hitler e Goering per
allestire le mega-scenografie dei raduni e
comizi Nazisti. Ufficialmente la Todt fu
costituita il 28 giugno 1933 con la
definizione di “Reichsautobahnen”, ed al suo
comando fu messo ovviamente l’ing. Todt con
la qualifica di Ispettore Generale.
L’Organizzazione costruiva acquedotti,
ponti, strade, linee difensive e bunker
all’interno del territorio germanico.
Durante la costruzione della “Linea
Sigfrido”, nel 1938, Todt sperimentò una
fattiva collaborazione tra il governo
tedesco e le imprese locali, in questa
collaborazione il governo forniva i
materiali e la manodopera, mentre le imprese
locali fornivano le basi tecniche. L’ing.
Todt morì, in un dubbio incidente aereo l’ 8
febbraio del 1942 e le redini dell’intera
organizzazione furono prese in mano da
Albert Speer che convertì la Todt intera
alla costruzione di manufatti bellici ed
introdusse dei contratti fissi tra
organizzazione ed imprese per la gestione
dei lavori. Così, tra il 1942 ed il 1943 la
Todt costruì il Vallo Atlantico e le
fortificazioni in Norvegia, continuando
anche la costruzione di bunker nel
sottosuolo tedesco. Durante gli ultimi mesi
del 1944, la Todt iniziò a lavorare anche in
Agordino, nella fattispecie sulla stretta
dei Castei e Monte Celo, ma anche in Valle
del Mis, per la costruzione della “cintura
esterna”, fatta di trincee e bunker a
protezione dell’ Alpenfestung.
Fonti: Combat Studies Institute – Kansas;
L’organizzazione Todt – Alessandra Belleli;
Eisenhower, Berlin, and the National Redoubt
– Jeff Korte; Departement of History –
Universtity of Saskatchewan; Altausse –
Oscar den Uijl; Il Ridotto Valtellinese –
Guerracivile.it; The Alpenfestung – Jeroen
Eeckelaers (Belgium); La strage dell’aprile
del 1945 e la resa del 75° Corpo d’armata –
Ezio Manfredi (“l’impegno” 3 dicembre 2001 –
Istituto per la storia della resistenza e
della società contemporanea nelle province
di Biella e Vercelli); History MMAS Example
– Combat Studies Institute – Kansas; O
Reduto Alpino – Rui Martin; American
Intelligence Efforts Regarding Nazi and
Early Postwar Austria – Professor Sigfried
Beer (Karl Franzes Universitat – Graz –
Austria); Central Europe – The U.S. Army
Campaigns of World War II – General Gordon
O.Sullivan – United States Army.
TERZA PARTE
Il mancato trasferimento dei Nazisti nell’Alpenfestung
Uscita dal bunker
Durante l’ultimo mese di guerra, nella
primavera del 1945, inspiegabilmente, gli
Alleati lasciarono campo libero all’Armata
Rossa nel prendere Berlino. Come mai questa
decisione, di lasciare ai Russi la capitale
della Germania ? I comandi Alleati erano
convinti che ormai fosse in atto il
trasferimento dei gerarchi Nazisti verso il
sud della Germania, nella zona Alpina e
precisamente nell’Alpenfestung, chiamato
dagli Alleati anche German National Redoubt.
Questa convinzione era così forte che si
pensava che Hitler con i suoi fedelissimi
fosse già sulle Alpi, tanto da tralasciare
Berlino per concentrarsi sul sud della
Germania ? Sembrerebbe di sì !
Gli Alleati dovevano quindi concentrarsi su
un target: il centro della Germania ed il
Nord, Berlino compresa, oppure il centro con
il sud, ossia l’Alpenfestung o ridotto
Alpino. La SHAEF (Supreme Headquarters,
Allied Expeditionary Force), decise quindi
di concentrarsi sul sud della Germania per
eliminare ogni possibilità di concentrazione
di Nazisti sulle Alpi da dove poi sarebbe
stato molto difficile snidarli e lasciare
quindi la conquista di Berlino ai Russi con
le conseguenze di divisione della Germania
poi accadute.
Il cuore dell’Alpenfestung era Berchtesgaden,
il “nido d’aquila” di Hitler, lì lui voleva
asserragliarsi, dopo aver abbandonato
Berlino, insieme ai suoi fedelissimi e da lì
organizzare la resistenza Nazista. Il 22
Aprile del 1945, Hitler prese la decisione
di rimanere a Berlino e non traferirsi più a
Berchtesgaden, il 30 Aprile si suiciderà nel
bunker di Berlino con l’Armata Rossa
distante poche centinaia di metri. L’Alpenfestung
era visto dagli Alleati come probabile base
del gruppo di fanatici guerriglieri chiamato
WerWolf e sicuramente l’area, montuosa ed
impervia, era già di per sè una buona difesa
per cui si fosse ritirato in quelle valli.
Gli alleati trovarono opere di difesa già
realizzate a nord ed a sud (quindi nelle
nostre zone) rispetto all’Alpenfestung.
Nelle zone a sud erano state utilizzate
anche parte delle fortificazioni italiane
della Grande Guerra, la cosiddetta Linea
Gialla, che passa proprio sul Monte Celo.
Già dal 1943 la Wehrmacht aveva iniziato a
sorvegliare e monitorare l’area alpina in
questione. Dopo l’ 8 settembre del 1943, la
Wehrmacht, a seguito dello sbarco di ingenti
forze alleate in Italia, diede l’ordine di
fortificare le Alpi meridionali, la lenta
risalita degli Alleati lungo la penisola
italiana diede tempo ai Nazisti di concepire
qualcosa di più che una semplice linea
difensiva, infatti nel 1945, la ricognizione
aerea da parte del SHAEF evidenziava più di
20 zone nelle quali si stavano costruendo
fortificazioni sotterranee, caverne
artificiali nelle quali doveva venir
stoccato, stando ai rapporti di spionaggio
della SHAEF, materiale bellico e viveri per
200.000 persone per 18 mesi. L’assenza dal
fronte di alcune divisioni di SS, dopo la
battaglia delle Ardenne, cominciò a
preoccupare gli Alleati, i quali pensarono
ad un inizio della concentrazione di truppe
nell’Alpenfestung. La grande preoccupazione
degli Alleati era che restasse, sulle Alpi,
una grande concentrazione di fanatici
Nazisti dediti ad azioni di guerriglia e
pronti ad azioni suicide, in quella che
doveva essere la zona di influenza Americana
nel dopoguerra. La prova provata
dell’esistenza dell’Alpenfestung era che
Hitler aveva deciso di trasferirvici , ma
non solo questo, si aggiunse anche che un
rapporto spionistico del 10 Aprile 1945,
dava per certo un numero di veicoli pari a
circa 2000, in trasferimento verso
Berchtesgaden, centro dell’Alpenfestung. Un
altro rapporto dell’intelligence Alleata,
dava come presenti nel sud della Germania, i
due terzi di tutte le forze Naziste che
potenzialmente potevano asserragliarsi nella
zona Alpina, sempre rapporti segreti davano
per certo l’impiego di 20.000 o 30.000
operai per realizzare le opere di difesa
nella zona alpina (gli operai che lavoravano
per la Todt). Il perimetro della “fortezza
alpina” percorreva, nel territorio italiano,
per sommi capi, quel che era il confine di
Stato prima della Grande Guerra, in questo
modo i Nazisti potevano pienamente
utilizzare, in senso inverso, le difese
italiane del ’15-’18. Mussolini volle
imitare i Nazisti e pensò di realizzare “in
proprio” un’altra “fortezza alpina” in
Valtellina, con gli stessi presupposti di
difendibilità che aveva l’Alpenfestung, per
questo fece concentrare molti uomini delle
Brigate Nere proprio in quella zona, in
primavera del 1945. Il piano fallì per il
grande ritardo con il quale iniziarono i
lavori, comunque sembra che i Nazisti
fossero anche disposti ad accogliere
Mussolini e quel che restava della
Repubblica Sociale Italiana nell’Alpenfestung.
A metà aprile del 1945, il maresciallo
Kesserlin aveva dato ordine di attrezzare la
difesa dell’Alpenfestung, ma fu scioccato
quando, recatosi a verificare di persona i
lavori, vide il grande ritardo che questi
avevano accumulato, la sua preoccupazione fu
grande, perchè grande era l’importanza che
lui dava alla “fortezza alpina”. Quando,
verso la fine di Aprile, anche il generale
Von Hangle, controllò i lavori dell’Alpenfestung,
rimase attonito per il grande ritardo
accumulato dai lavori e per il completo
scoordinamento di truppe e mezzi all’interno
dell’area. Il generale von Hangle, al suo
arrivo, era convinto di trovare 250.000
uomini nella “fortezza alpina”, ma trovò
solo non combattenti e funzionari, nessuna
divisione operativa era installata
nell’area. Quando, il 4 maggio del 1945,
penetrando da nord, gli Alleati entrarono
nell’Alpenfestung, si trovarono di fronte
circa 60.000 uomini, non sufficentemente
armati e disorganizzati. La sorpresa fu però
grande, quando, calcolate tutte le truppe
tedesche che si erano arrese nell’area dell’Alpenfestung,
nei dintorni di Salisburgo e Innsbruck, si
arrivò al numero di 250.000-300.000. La non
funzionalità della difesa dell’area fu
dovuta al ritardo con cui Hitler ordinò la
sua attivazione, il 24 Aprile 1945 e del
ritardo con il quale indicò le modalità di
attivazione, emanate il 29 Aprile. Non vi fu
dunque il tempo, per i Nazisti, di
organizzarsi sulle Alpi in una estrema
difesa e l’avanzata degli Alleati verso il
centro-sud della Germania, spaccò la stessa
in due impedendo ad Hitler di muoversi da
Berlino e bloccando tutti i trasferimenti
verso il sud, verso le Alpi.