Una delle torri con sullo sfondo il Rocciamelone
Di Erika Ambrogio
Partenza: Claviere (TO) 1760 mt
Quota massima: Monte Chaberton 3130 mt
Dislivello complessivo : circa 1500 mt
Difficoltà: F+/PDGiro
ad anello: si
Note tecniche: salita senza grosse
difficoltà tecniche ma nella parte finale
presenta dei tratti esposti e passaggi di
primo e secondo grado. Giro ad anello. E’
possibile visitare il forte ed altre opere
del Vallo Alpino presenti nella zona.
Storia in breve: la Batteria dello Chaberton o Forte dello Chaberton è situata in territorio francese dal 1947 a seguito del trattato di pace. E’ la struttura difensiva più alta delle Alpi . I lavori furono avviati nel 1898 sotto la guida del maggiore del Genio Luigi Pollari Maglietta. Fu completata tra il 1914 ed il 1915 . Durante la prima guerra mondiale il forte fu disarmato ed i cannoni della batteria furono trasportati sul fronte orientale. Questo perché il Regno d’Italia si era alleato a Francia, Russia ed Inghilterra. Durante il fascismo fu nuovamente armato.La batteria dello Chaberton assunse la denominazione di batteria 515a GaF Nel 1940 la fortezza divenne attiva attaccando la Francia, ma quest’ultima il 21 giugno del 1940 attaccò a sua volta lo Chaberton e con degli obici mise fuori uso 6 delle 8 torrette.Anche la teleferica venne distrutta. Dopo il trattato di pace del 1947, la Francia ordinò lo smantellamento del forte.
Casamatta B14
Descrizione:
Finalmente si parte: non vedo l’ora di
salire in vetta al Monte Chaberton e
visitare il forte.
Arrivati a Claviere da Cuneo, subito dopo le
prime abitazioni parcheggiamo l’auto e ci
avviamo per una stradina, sulla nostra
destra, il cui cartello indica “Sentiero
Batteria Alta/Madonnina”. Dopo pochi passi
un altro ci precisa “ Batteria Alta h 1,30”.
Ci addentriamo così nel sentiero che
attraversa una foresta costituita
essenzialmente da pini di varie tipologie.
Innalzandoci possiamo scorgere tutto
l’abitato di Clavière. Intanto il sole sta
sorgendo. Procediamo per il ripido sentiero,
mentre il cielo si fa sempre più chiaro ed
azzurro.
Più avanti scorgiamo un opera, la prima sul
nostro cammino. E’ la B14 (610a GaF),
un’opera costruita in caverna realizzata tra
il 1931 ed il 1932 che a seguito del
trattato di pace è passata in territorio
francese e non è quindi stata distrutta. Per
paura di non trovare l’ingresso e non
sprecare tempo, visto che il giro
programmato è piuttosto lungo, entriamo
della feritoia della casamatta. Come per
altre opere è presente la piastra corazzata
che chiudeva la feritoia dell’arma. Iniziamo
la nostra esplorazione: l’Opera è
grandissima e molto complessa. In alcuni
tratti la volta risulta lesionata per cui
cerchiamo di non soffermarci troppo in
quelle zone. Girovagando capiamo che
l’ingresso principale doveva essere quello
in cui davanti è presente un muretto in
pietra a secco.
Polveriera B14
Poco lontano appare una scaletta a pioli. Incuriositi saliamo ed arriviamo ad un piccolo locale che ospitava la fotofonica. Poi scorgiamo il basamento su cui alloggiavano le cisterne dell’acqua, il ricovero con alcune staffe di ferro, un altro con alcune prese d’aria . Nell’opera sono presenti numerose scale che ci permettono di andare da un livello ad un altro. Giungiamo poi al locale cucina, dove sono ancora presenti alcune tubazioni dell’aria filtrata ed una nicchia con un vecchio ripiano in legno. Le casematte che contiamo sono in totale quattro più un osservatorio in cui sono presenti delle staffe che quasi sicuramente servivano per sostenere i telefoni. Dalla feritoia dell’osservatorio possiamo volgere lo sguardo su tutto il vallone del Rio Gimot. Percorrendo l’opera perveniamo altresì alla polveriera ottocentesca in mattoni. E’ strano veder quella zona molto più simile ai giorni nostri, molto più curata nei dettagli, con probabili vetri a doppio infisso.
Uscendo dall’opera e tornando sulla traccia iniziale possiamo scorgere le prese d’aria ed i camini di aerazione della Batteria Alta. E’ bene prestare attenzione perché questi camini sono privi di protezione ed è quindi probabile che ci si cada dentro. Poco dopo raggiungiamo la Caserma della Batteria Alta du Petit Vallon (2185 mt) e la cabina elettrica: la visita è veloce. Poco avanti scorgiamo lo schieramento in barbetta. Proseguiamo sul sentiero evidente e saliamo di dislivello raggiungendo la cresta che ci permetterà di arrivare sotto la parete dello Chaberton.
Visto il luogo dove ci troviamo indossiamo il casco. Da qui seguiamo un esile traccia proprio sotto l’imponente Chaberton: attaccati alla parete possiamo notare ancora alcuni pali di legno e delle parti in metallo appartenenti alla vecchia teleferica. Quest’ultima partiva da Cesana Torinese, arrivava in prossimità della sesta torre ed era adibita solo al trasporto dei materiali. Interessante sapere che i cavi portanti della teleferica sorreggevano il cavo elettrico che alimentava la Batteria e le varie opere fortificate poste a difesa del Colle Chaberton.
Scorgiamo una freccia rossa che ci indica la direzione del percorso. Sono presenti anche degli spit utili per legarsi. Noi avanziamo, seguendo dei bollini rossi in alcuni punti, ed ad intuito in altri. I passaggi sono tutti di primo grado, massimo di secondo, senza a mio parere difficoltà particolari. Ovvio che è necessaria molta cautela in quanto anche una banale caduta ci porterebbe a scivolare giù lungo l’intera parete. Inoltre per chi soffre di vertigini, sicuramente è meglio evitare questa via di accesso allo Chaberton.
Cima dello Chaberton e Centro 112
Prestando attenzione al pietrisco sotto le rocce, agli sfasciumi, raggiungiamo i pali della teleferica, alcuni canaletti ed una corda che ci agevola nello superare un masso. Proseguiamo aiutandoci con le mani e finalmente raggiungiamo la vetta del Monte Chaberton a 3130 mt. L’emozione è tanta, era da parecchio tempo che desideravo salire qui in cima. Se solo non ci fossero quei nuvoloni si godrebbe di un panorama unico a 360°. Non importa, siamo qui a respirare aria di libertà ed ad approfondire un’altra parte della nostra storia. Sulla spianata è ancora presente del filo spinato. A destra appaiono le otto torri. Tante volte ho provato ad immaginarmi il forte dello Chaberton, ma da qui vicino è davvero impressionante.
Scendiamo a ci avviciniamo alle famose torri
in mattonelle di cemento. Entriamo
all’interno di una di esse: sono presenti
delle scale elicoidali in metallo . Sopra la
torre sono ancora ben evidenti le enormi
viti prigioniere dove alloggiava la
casamatta girevole ed al cui interno era
posizionato il cannone costruito
dall’Ansaldo. Scendiamo ed arriviamo sul
piazzale dello Chaberton.
Sono rapita ed affascinata dall’imponenza di
questo forte: entriamo all’interno dello
stesso attraverso un grosso portone.
Scorgiamo subito il locale cucina e quello
viveri ed un vecchio telefono e poi
attraverso un corridoio raggiungiamo il
passaggio per la polveriera. Appare una
prima rampa di scale equipaggiata a destra
con mancorrente ed a sinistra con il sistema
di trasporto dei proiettili. La seconda
rampa è completamente ghiacciata. Era dotata
di un binario porta proiettili che è coperto
dal ghiaccio: si dice che gli artiglieri
chiamassero questa zona “galleria del
ghiaccio”.
Subito siamo tentati di indossare i ramponi
che ci eravamo portati ed a volgere lo
sguardo più in basso, ma poi per fortuna la
mia parte razionale mi suggerisce che è
pericoloso e di lasciar perdere.
Così, un po’ delusi, risaliamo le scale ed
iniziamo il tour all’interno . Nel locale
generatori è presente la carcassa di un
vecchio motore, nel locale adibito a legnaia
dei contenitori in eternit per l’acqua. Poi
è un alternarsi di riservette delle torri e
di camerate, alcune delle quali munite di
tramezzi e le cui pareti appaiono ancor
colorate. In una di queste è visibile questa
scritta “quando il cannone tuona è la patria
che chiama”.
Perveniamo ad una torretta dove è presente
il locale latrine, mentre al piano superiore
dovevano esserci dei pannelli elettrici ed
il trasformatore del forte. A questo punto
non ci resta che cercare le due uscite
situate praticamente sotto lo Chaberton.
Entriamo nell’uscita definita “2” o di
“sinistra” e procediamo fino a quando
arriviamo ad un punto in cui è chiusa. Da un
piccolo foro in basso a destra possiamo
notare la presenza di acqua e ghiaccio. In
una zona della galleria è anche presente
un’apertura che mi risulta essere stato il
punto di osservazione della Batteria.
Usciamo ed andiamo a verificare l’uscita “1”
o di “destra”. E’ praticamente ostruita dal
ghiaccio. Forse riusciremo a passare
strisciando sullo stesso, ma non conoscendo
la struttura dello Chaberton optiamo per non
proseguire ed evitare di finire chissà dove.
Purtroppo affrontando il discorso con una
persona esperta del Vallo Alpino ho poi
saputo che quello era l’unico modo per
raggiungere la galleria delle centine. Vorrà
dire che dovrò tornare lassù.
Sul lato destro della montagna sono presenti
altre strutture : la casermetta ufficiali
con il tetto completamente ceduto e la
casermetta della truppa, anch’essa molto
deteriorata in cui è possibile notare ancora
alcuni particolari come la cisterna
dell’acqua, il soffitto ed il pavimento in
legno e dei comignoli. Facciamo anche una
visita presso la finestra della polveriera
che risulta però completamente ostruita dal
ghiaccio. Decidiamo di scendere dallo
Chaberton per la via denominata normale,
ovvero la mulattiera che parte da Claviere
per compiere un giro ad anello. I fianchi
della montagna sono invasi da filo spinato.
Passiamo davanti al Corpo di Guardia e poco
dopo scorgiamo in lontananza qualche muretto
distrutto: sono quelli del Ricovero 2, il
primo che vediamo, e del Ricovero 1.
Superiamo quindi il Colle dello Chaberton ed
avvicinandoci al Ricovero 2 notiamo nella
parete della Punta Trois Scies delle
feritoie.
Le otto torri dello Chaberton
Le raggiungiamo sperando di poter entrare da
quelle, invece i buchi sono troppo piccoli
per permettere il nostro passaggio.
Girovaghiamo su e giù tra le rocce in cerca
di un ingresso, senza esiti positivi,
pensando che forse qualche scarica di pietre
lo abbia coperto. Un vero peccato,
sopratutto non essersi informati prima di
ciò che c’era intorno allo Chaberton. Saprò
inseguito che si trattava del Centro 111 e
che l’ingresso si trovava praticamente sulla
labile traccia che avevamo percorso per
andare alla feritoie
Volgendo lo sguardo per ritornare verso il
Colle delle Chaberton (2690 mt), ecco che
con stupore notiamo altri due malloppi,
proprio nelle vicinanze di dove, mezz’ora
prima, eravamo passati. E’ il centro 112,
un’ opera in caverna realizzata tra il 1931
ed il 1932.
Nonostante il tempo stringa, non resistiamo
e lo visitiamo. Entriamo attraverso una
scaletta in ferro in una botola di accesso e
davanti troviamo subito un enorme portone in
metallo, tenuto aperto dai massi e dalla
terra che sono caduti dall’alto.
Nell’ingresso e nei successivi corridoi
notiamo che le tubazioni sono state
installate. Vediamo sulla nostra destra il
locale generatori e successivamente
approdiamo nel locale ricovero: interessanti
i raccordi per le condense. Perveniamo al
malloppo per la mitragliatrice dove è
presente anche la fotofonica posta in
direzione dell’Opera 111.
Il tempo oggi è trascorso troppo in fretta,
ma è ora di affrontare la “via normale” e
tornare a Claviere.
Camminiamo fino al colle dello Chaberton e
ci dirigiamo in direzione Clavière. Si
tratta di una vera e propria escursione,
semplice semplice, ed infatti sono molto le
persone che incontriamo. Giungiamo ad un
altro segnavia presso le Plateau des Baisses
(2137 mt). In lontananza vediamo già qualche
palazzo, ma la strada è ancora lunga.
Proseguiamo fino a raggiungere un per così
dire “incrocio” presso Bergerie des Baisses
(2080 mt) e seguiamo il sentiero con
indicazione Claviere per Rio Secco. Dopo
circa 2,5 km perveniamo nei pressi
dell’abitato: l’intensa giornata è quasi al
termine. Non ci resta che rifocillarci e
tornare a casa.