La
Linea Gustav Ortona - Cassino sulla BBC. La
geologa militare abruzzese Adele Garzarella
scelta per raccontare l'Abruzzo della
seconda guerra mondiale sul canale inglese
Yesterday Channel
Di Kristian Santucci
La Linea Gustav sulla BBC. Il canale inglese
Yesterday Channel ripercorre il perimetro
storico – laziale e abruzzese – di uno dei
più grandi sistemi difensivi mai costruiti.
Da Cassino alla costa d’Abruzzo, alla
scoperta della ‘Terra di Nessuno’ e delle
fortificazioni volute dai tedeschi per
respingere l’avanzata degli Alleati
angloamericani. Un tuffo nella storia della
Seconda Guerra Mondiale, accompagnato dalla
geologa militare abruzzese Adele Garzarella.
“Il Führer chiede che ciascuno tenga la
Linea Gustav fino all’estremo e fa
assegnamento sulla più accanita difesa di
ogni metro di terreno”.
Un ordine che sembra quasi sentire
riecheggiare, dall’eco della storia,
ripercorrendo la terra, la polvere, le
salite ripide e la sabbia da Cassino a
Ortona, sulle orme dell’esercito tedesco che
voleva sbarrare l’Italia agli Alleati. La
Linea Gustav protagonista, con il nostro
Abruzzo, di un episodio storico speciale,
che andrà in onda su Yesterday Channel
tematico storico, simile al nostro Rai
Storia ndr). In “WW2 from above“, questo il
titolo del programma, si racconterà della
Linea Gustav e di una pagina di storia
militare d’Abruzzo spesso poco conosciuta.
La puntata, da programmazione, sarà
trasmessa il prossimo 22 febbraio.
Parlando di storia, sembra quasi un
paradosso che Adele Garzarella – geologa e
assegnista di ricerca all’Università
D’Annunzio – sia stata contattata tramite la
piattaforma LinkedIn. L’esperta di geologia
militare ha raccontato com’è nata questa
preziosa
collaborazione alla redazione del Capoluogo.
“Nel 2019 ho preso parte a due congressi
storici. In particolare, a Padova si è
tenuto uno dei simposi più importanti
nell’ambito dell’International Congress of
Military Geology. In quest’occasione ho
presentato un lavoro sulla della Linea
Gustav. Un primo lavoro, in realtà, non
ancora pubblicato, ma di cui ho caricato l’abstract
sul mio profilo LinkedIn. È grazie a questo
progetto, trovato in rete, che la regia del
format è giunta a me. La prima mail mi è
stata inviata a febbraio 2020. Così sono
stati avviati i primi contatti e si è
proceduto all’organizzazione
dell’intervista”. Un’intervista registrata
lo scorso settembre e ora prossima alla
messa in onda. Al fianco di Adele Garzarella
ha lavorato lo storico inglese Rob Deere, ex
maggiore dell’Esercito inglese, attualmente
parte della Gilda delle Guide dei Campi di
Battaglia. Un’associazione che promuove la
conoscenza dei luoghi storici della
battaglie e organizza visite nei siti
storici.
“Abbiamo girato a Cassino, dopo numerose
difficoltà organizzative dovute alla
pandemia. Faccio ancora fatica a realizzare
quanto accaduto: a questo progetto, infatti,
hanno preso parte alcuni tra gli storici più
prestigiosi del mondo. Poter partecipare per
raccontare della Linea Gustav è stato un
grande onore”, ci spiega Adele Garzarella,
senza nascondere l’emozione.
Un percorso riprodotto in video anche con
l’aiuto di riprese dall’alto, realizzate con
i droni. A queste è seguita la ricostruzione
in 3D del terreno che ospitava la Linea
Gustav (operazione tutta italiana,
realizzata da un gruppo di professionisti
sardi ndr)
La Linea Gustav spiegata da Adele Garzarella
Cassino-Ortona: un asse strategico
all’inizio e alla fine della penisola –
andando da sinistra a destra – a solcare
l’Appennino. Cassino e Ortona, appunto,
ovvero gli storici capisaldi della Linea
Gustav. Proprio Cassino – con la sua Abbazia
– e Ortona infatti sono le città in cui gli
eserciti alleati hanno combattuto
maggiormente.
“La Linea Gustav è stato uno dei migliori
sistemi difensivi, ideato e strutturato dai
tedeschi. Un sistema non casuale, ma
studiato nei minimi dettagli, basato sulla
morfologia del territorio. I tedeschi hanno
sfruttato l’Appennino come avamposto
principale, che aveva nella Maiella,
passando per Roccaraso, le zone in cui erano
sistemate le trincee. dalla Maiella fino al
mare erano i fiumi a fare da trincee
naturali“.
Una linea difensiva costruita su quella che
diventò, in quegli anni, la “Terra di
Nessuno”. Da Gessopalena, passando per la
Maiella, fino a Fara San Martino e Casoli,
si venne a creare un fazzoletto di terra in
cui “se un paese era in mano ai tedeschi,
l’altro passava sotto il controllo degli
inglesi e così via. Preciso, poi, che non si
trattava di paesi disabitati, ma di
campagne, fattorie… C’erano cittadini che
non erano stati sfollati e che si
ritrovarono da un giorno all’altro nel
caos”.
Qui nacque la Linea Gustav.
Un sistema, tra l’altro, messo in campo in
tempi record. “I tedeschi impiegarono poco
più di un mese e mezzo per realizzare la
Linea Gustav. Decisero di muoversi in questo
modo e con questo sistema dall’ottobre del
1943 e riuscirono dopo soli 45 giorni a
realizzare il loro progetto, coinvolgendo
anche la popolazione locale, impiegata come
manovalanza“.
Uno dei migliori sistemi difensivi
soprattutto per l’efficacia dimostrata sul
campo di battaglia. Quello che vide,
settembre 1943 – data in cui la resa
dell’Italia agli alleati fu annunciata
pubblicamente – la popolazione civile subire
violenze, saccheggi e attacchi incessanti da
parte degli eserciti. L’Italia era tra due
fuochi, tra un Asse in cui restava la sola
Germania a difendersi strenuamente e le
forze Alleate (all’improvviso anche
dell’Italia) risalire la penisola per
liberarla dall’esercito tedesco. L‘Abruzzo?
Non ne uscì affatto indenne. All’ombra
dell’Appennino si consumarono tragedie umane
di sangue, soprusi e ingiustizia, mentre i
tedeschi fortificavano paesi ‘cancellati’,
trasformati in basi militari per respingere
i nemici.
Per capire l’efficacia della Linea Gustav
basta anche solo un dato.
“Dal loro arrivo sul Sangro, a novembre, gli
alleati pensavano di poter raggiungere Roma
per Natale. Il piano era il seguente: gli
americani sarebbero risaliti dal lato
tirrenico, giungendo a Cassino, mentre
l’armata britannica sarebbe risalita dal
lato adriatico, arrivando a Pescara. Poi
entrambi i fronti avrebbero dovuto
convergere su Roma, proprio intorno al
Natale del ’43. Non avevano minimamente
percepito che l’elemento naturale sarebbe
stato il loro primo nemico. Iniziarono a
capirlo vedendo che ci volle una settimana
per passare il solo fiume Sangro. Arrivarono
a Roma nel giugno del ’43“.
Questo è stata la Linea Gustav
Linea Gustav, l’inferno tra le montagne e i
segreti degli eserciti
“Nel mio intervento, con la troupe di WW2
from above, siamo andati oltre la semplice
storia. Ho raccontato le innumerevoli
difficoltà incontrate da chi ha combattuto
in mezzo alle montagne, sotto pioggia e
neve, fornendo informazioni specifiche
sull’esercito tedesco. Questo grazie a
un’ampia documentazione che posseggo sul
tema: cartografie dell’esercito tedesco,
trattati di geologia militare trovati negli
archivi. Perché non tutti lo sanno, ma negli
anni del Regime c’era una vera e propria
scuola di guerra. Materiale prezioso per la
lettura del territorio italiano a scopo
militare: utile a sapere, ad esempio, dove è
più facile combattere”.
Domande alle quali fondamentalmente gli
eserciti non avevano risposte precise.
“Nell’intervista ho spiegato, tra le altre
cose, che gli Alleati prima di combattere
contro i tedeschi avevano dovuto scontrarsi
con il Fiume Sangro, poiché l’ostacolo più
duro era la natura d’Abruzzo. A fermare i
carri armati c’era il fango prima di tutto“.
I tedeschi, tuttavia, avevano una marcia in
più. “La cosiddetta Organizzazione Todt. Per
far capire di cosa si tratta faccio un
esempio: come se oggi mettessimo insieme
Finmeccanica, Fincantieri e Protezione
Civile. La grande organizzazione era in
grado di occuparsi di tutto ciò che serviva
in un teatro di guerra. C’era personale che
costruiva ponti, strade, fortificazioni…Le
trincee che sono sul Monte Porrara sono
state costruite da questa organizzazione,
formata da geografi, geologi, rifornitori di
derrate alimentari, di munizioni. Una
struttura assolutamente geniale, che faceva
la differenza”.
Di contro al genio militare tedesco, c’erano
forza, dignità e un sogno chiamato libertà.
La svolta nella conoscenza della Geologia
militare per Adele Garzarella è nata
dall’incontro con un veterano polacco, il
Professor Wojtek Narebski. “Lui mi ha
raccontato tutta la storia del secondo Corpo
d’Armata polacco. Quasi nessuno ricorda
quale sia stata la loro importanza nelle
economie del conflitto mondiale. Furono
loro, dopo un’operazione rocambolesca, a
riuscire a piantare la propria bandiera
sull’Abbazia di Montecassino. Non gli
inglesi, né gli americani. E lui, il
professor Narebski, si innamorò della gente
italiana. Tende sempre a fare dei
parallelismi tra dignità del popolo polacco
e quella italiana. In particolare ebbe a che
fare con la formazione della Brigata Maiella
Entrambi, i polacchi e i partigiani
abruzzesi, erano accomunati da un obiettivo
comune: combattere per la libertà sono
tantissime storie nella storia. Storie di
fratellanza e di umanità, che arrivano
direttamente dal fronte. Chi combatteva lo
faceva unicamente per riacquistare una
libertà perduta”.
La storia di più armate e di una Guerra
Mondiale in cui l’Italia è stata al centro
degli equilibri delle maggiori potenze, al
centro di un destino da riscrivere.
Punto geografico di passaggio obbligato e
fondamentale ma ostile terra di conquista.
Un ruolo che poi, però, l’Italia stessa
sembra aver quasi dimenticato sui libri di
storia.
Perché?
“L’Italia si è comportata diversamente dagli
altri paesi che hanno vissuto la guerra.
Pensiamo alla Francia. Già dal ’46- ’47 fu
emanata una legge di tutela dei siti
storici. In Italia la storia è stata
profondamente diversa. Noi – e parlo
soprattutto dei paesi della Maiella e
dell’Aventino – abbiamo vissuto la guerra
per quasi otto mesi, tra il ’43 e il ’44 che
ne è stato tramandato deriva dai racconti
dei nostri nonni ed è un racconto
assolutamente drammatico. Se qualcuno,
nell’immediato dopoguerra, trovava un
caschetto di un soldato tedesco preferiva
utilizzarlo come vaso da notte e non
consegnarlo ad un Museo. Perché la guerra e
ogni cosa che la ricordava – quindi razzie,
eccidi e ogni tipo di violenza – doveva
essere annientata”.
Dalle pagine di storia dei nostri territori,
invece, si potrebbe costruire tanto, per
arrivare allo sviluppo di un turismo storico
che, in Abruzzo, avrebbe tutte le
possibilità di intrecciarsi alla peculiare
bellezza paesaggistica della regione.
“L’Italia ad oggi è uno dei teatri di guerra
meno visitati. Non ci sono percorsi
strutturati e attrezzati, non ci sono i
servizi minimi che ti portano a conoscere la
storia del territorio in cui ti trovi. Tra i
progetti che mi vedono coinvolta – continua
Adele Garzarella – c’è l’installazione della
cartellonista alla base della Maiella. Da
qui si può iniziare a valorizzare i nostri
siti, così importanti sotto il profilo
storico-militare”.
Non come i Kolossal hollywoodiani. Non come
la legge con cui la Francia ha difeso i suoi
luoghi della storia. L’Italia e l’Abruzzo
hanno scelto così. Lasciare il dolore alla
storia e la storia al suo dolore.
Il presente, oggi, potrà portare ad un nuovo
sviluppo e a una nuova Italia, che parta da
una storia che fa della guerra solo un
brutto ricordo. Historia magistra vitae.