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Effetto Ucraina, in Italia è corsa all'acquisto di bunker: "Isteria ingiustificata"
Da tgcom24.it del 28 febbraio 2022

Un'azienda specializzata nel settore si dichiara subissata dalle richieste delle famiglie italiane di rifugi per proteggersi dalle possibili conseguenze della guerra

Dopo lo scoppio della guerra nel cuore dell'Europa, la preoccupazione degli italiani per la loro sicurezza cresce e in molti corrono ai ripari, anzi ai rifugi antiatomici. "Le richieste per la realizzazione di bunker sono improvvisamente aumentate: un'isteria ingiustificata". A lanciare l'allarme l'imprenditore Giulio Cavicchioli titolare di un'impresa mantovana specializzata nella realizzazione di bunker e rifugi.
Secondo l'imprenditore si tratterebbe di "un'avvilente corsa all'acquisto spinta da un impulso emotivo". La sua azienda "Minus Energie", che produce a Lucerna, ha collaborato con la Nato e l'Aviazione italiana e da anni importa sistemi per la realizzazione di costruzioni di massima sicurezza ma adesso ha a che fare con "un'ingiustificata isteria dovuta alla paura della guerra anche qui in Italia e questo mi dispiace molto", spiega Cavicchioli.

Da giovedì scorso riceve in media una decina di richieste al giorno, tra mail e telefonate: "Molte arrivano da gente sprovveduta e disorientata sul da farsi mentre finora una decina di persone si sono attivate concretamente per realizzare un bunker sotto la propria villa". Le richieste - spiega ancora Cavicchioli - arrivano soprattutto da professionisti e gente benestante del Centro e Nord Italia che desiderano "proteggere la loro famiglia". Ai timori per le pandemie adesso si sono aggiunti quelli per i disastri di natura chimica e nucleare, ovviamente alimentati dall'inizio della guerra in Ucraina. L'imprenditore specifica poi che non si tratta di una clientela estremamente facoltosa visto che spesso i ricchi dispongono già di jet o elicotteri che per loro costituiscono già una valida via di fuga. Mentre i costi dei rifugi variano tra i 50 e 90mila euro.

 

“Da Bergamo al Mediterraneo”: un volume per raccontare la storia delle Mura e delle fortificazioni veneziane
Da ecodibergamo.it del 26 febbraio 2022

L’abbraccio delle Mura di Bergamo (©Studio Da Re)

Da Bergamo al Mediterraneo. Fortezze alla moderna della Repubblica di Venezia”. Questo il titolo completo del volume presentato ieri presso la sala conferenze della sede di Sant’Agostino dell’Università degli Studi di Bergamo. Lo sbocco editoriale di “Panorama Mura” del Museo delle Storie di Bergamo, un progetto di ricerca scientifica nato grazie all’affidamento del Comune di Bergamo della valorizzazione storica delle Mura bergamasche riconosciute patrimonio dell’Umanità Unesco nel 2017, unitamente alle fortificazioni di Peschiera del Garda, Palmanova, Zara e Sebenico (Croazia) e Cattaro (Montenegro).

“Con questo volume, il Museo delle Storie realizza un’importante tappa nel percorso di valorizzazione delle ‘Mura di Bergamo’, contribuendo a modificarne la percezione comune”, spiega Roberta Frigeni, direttrice del Museo delle Storie di Bergamo. “Il lavoro di ricerca di cui il volume è esito, infatti, invita il lettore a comprendere la fortezza di Bergamo non come entità̀ autonoma, bensì̀ entro la più̀ ampia dimensione territoriale del sistema difensivo della Serenissima, e alla luce del contesto delle trasformazioni dell’Europa del Rinascimento”.
Un percorso variegato dunque, attraverso le opere di difesa veneziane sorte tra il XVI e XVII secolo, tracciato dal comitato scientifico di cui fanno parte personalità del mondo accademico italiano, esperti di fortificazioni e della Repubblica di Venezia: Alessandro Brodini (Università̀ degli Studi di Firenze), Matteo Di Tullio (Università̀ degli Studi di Pavia), Francesco Paolo Fiore (Sapienza Università̀ di Roma), GianMaria Labaa (Istituto Italiano dei Castelli), Elisabetta Molteni (Università̀ Ca’ Foscari Venezia), Marco Pellegrini (Università̀ degli Studi di Bergamo), Aurora Scotti del Politecnico di Milano. E Monica Resmini Università di Bergamo, cocuratrice del volume e a sua volta autrice di uno dei saggi.

Copertina del volume “Da Bergamo al Mediterraneo”, Nomos edizioni

Gli otto contributi sono l’esito di una serie di conferenze tenute a Bergamo (e disponibili su Youtube) in collaborazione con Ateneo Scienze Lettere ed Arti di Bergamo, Biblioteca Civica Angelo Mai, Archivi storici comunali e Segretariato Unesco. Il tema è sviscerato attraverso molteplici punti di vista e un approccio interdisciplinare: si tratta, naturalmente, di architettura, ma anche di gestione militare, economica e finanziaria, di politica difensiva e gestionale, di iconografia e documentazione grafica. E ancora, rivoluzione militare, la nascita degli stati moderni, l’affermarsi della figura dell’ingegnere-soldato.
Lo sguardo si allunga oltre il caso bergamasco e abbraccia un disegno più ampio, utile a gettare nuova luce sui motivi che fanno del “nostro” e degli altri sistemi difensivi un Patrimonio Unesco. E che passa attraverso una maggiore comprensione del periodo storico in cui le Mura furono progettate e realizzate, dei motivi che portarono la Serenissima a dotarsi di un simile apparato difensivo. “Il volume prende in considerazione un contesto territoriale vasto, di problematiche e soluzioni, con confronti e analisi diversificate”, racconta Monica Resmini. “Ci sono aspetti delle fortificazioni che in parte sono comuni, altri che non lo sono. Ogni fortezza ha le sue peculiarità, dipendono in particolare dal sito in cui la fortezza è realizzata, dal contesto morfologico. Quella di Bergamo è una fortezza di monte, con particolarità ed esigenze ben specifiche”.

Nel saggio che chiude il volume, dal titolo “Una fortezza gagliarda e stravagante: modelli e disegni”, Resmini si concentra proprio sui disegni relativi alla fortezza di Bergamo e alle sue fasi di realizzazione. “La fortezza di Bergamo ha richiesto un cantiere molto lungo: ha una storia pluridecennale. Parte nel 1561 ma arriva al XVII secolo, quindi quasi settant’anni di cantiere. Questo farsi progressivo ha prodotto molti disegni ma anche dei modelli, dei quali però oggi non resta traccia”.
Il suo studio parte dall’analisi di alcuni dei 49 disegni del progetto delle mura bergamasche registrati già a metà del XVIII secolo, e che rappresentano “una quantità ridotta rispetto alla sterminata mole di disegni che dev’essere stata prodotta nel corso di questo lungo cantiere”. “Questi disegni ci aiutano a capire il farsi della fortezza, sono fondamentali per descrivere e valutare le scelte progettuali” spiega. “Soprattutto i disegni rappresentano i diversi momenti del cantiere, e in particolar modo dei punti più problematici: penso al baluardo della Fara, che ha prodotto una serie di disegni proprio per la sua difficoltà di realizzazione”.
L’opera di fortificazione bergamasca nasce progressivamente, si sviluppa nel corso di decine di anni, e questo lento progredire è accompagnato da una grandissima quantità di documenti scritti, relazioni, lettere, disegni. Si parla anche di sette modelli di legno la cui esistenza è registrata a metà Settecento, ma dei quali non rimane traccia. “Ad oggi non sono stati rintracciati”, commenta Monica Resmini, “non sappiamo perciò quanto fossero dettagliati”. Anche questo aspetto è oggetto di approfondimento del suo saggio.

Il libro è in vendita da oggi, sabato 26 febbraio, presso i bookshop del Convento di San Francesco (Piazza Mercato del fieno 6/a, Bergamo) e di Palazzo del Podestà̀ (Piazza Vecchia, Bergamo) al prezzo di 24,90 €. Online sul sito di Nomos edizioni.

 

La Grande Muraglia Cinese tra le 7 meraviglie del mondo
Da mountlive.com del 23 febbraio 2022

Una lunghissima serie di mura (oltre 21mila km) dichiarata Patrimonio dell'Umanità Unesco

La Grande Muraglia (長城, 长城, Chángchéng ), nata come Wanli changcheng (萬里長城, 万里长城, Wànlǐ Chángchéng , Grande Muraglia di 10.000 Lǐ ) è una lunghissima serie di mura situate in Cina. Di sicuro tra le opere dell’uomo più imponenti, è stata dichiarata dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità nel 1987 e inserita nel 2007 fra le sette meraviglie del mondo moderno.

Costruita a partire dal 215 a.C. circa per volere dell’imperatore Qin Shi Huang (秦始皇, Qín Shǐ Huáng , Ch’in Shih-huang , letteralmente “Primo Imperatore della dinastia Qin”) – lo stesso a cui si deve il cosiddetto Esercito di terracotta di Xi’an – la sua lunghezza è stata considerata, fino a poco tempo fa, di 6.350 chilometri con altezze variabili.
Dalle misurazioni effettuate nel 2012 con più recenti strumentazioni tecnologiche (raggi infrarossi, GPS), la Grande Muraglia risulterebbe lunga 8.850 km (di cui circa 350 km di trincee e circa 2.250 km di difese naturali), con uno sviluppo complessivo di 21.196 chilometri misurandone tutte le ramificazioni, circa 2 500 in più di quelli stimati.

Storia

Ai cinesi erano familiari le tecniche per costruire le mura già dal periodo della primavera e autunno tra l’VIII e il V secolo a.C. Durante questo periodo e il successivo Periodo dei regni combattenti, gli Stati di Qin, Wei, Zhao, Qi, Yan e Zhongshan costruirono ampie fortificazioni per difendere i propri confini. Costruite per resistere all’attacco di armi come spade e lance, fra queste pareti furono inserite terra e ghiaia.
Qin Shi Huang prevalse su tutti gli Stati avversari e unificò la Cina nel 221 a.C., istituendo la dinastia Qin; con l’intenzione d’imporre il dominio centralizzato e di prevenire il riemergere dei signori feudali, ordinò la distruzione delle sezioni di muro che dividevano il suo impero lungo i precedenti confini statali. Per definire e difendere il territorio dell’impero rispetto al popolo Xiongnu del nord, ordinò la costruzione di nuove mura per collegare le restanti fortificazioni lungo la frontiera settentrionale dell’impero. Trasportare la grande quantità di materiali necessari per la costruzione era difficile, quindi i costruttori cercarono sempre di utilizzare risorse locali. Le pietre delle montagne furono utilizzate sulle catene montuose, mentre la terra battuta fu utilizzata per la costruzione in pianura. Non sono stati rinvenuti documenti storici intatti che indichino l’esatta lunghezza e il corso delle mura della dinastia Qin. La maggior parte delle mura antiche si è erosa nel corso dei secoli. Il costo umano della costruzione non è noto, ma è stato stimato da alcuni autori che centinaia di migliaia – forse vicino al milione – di lavoratori morirono nella costruzione delle mura durante la dinastia Qin. In seguito le dinastie del nord, fra cui la Han e la Sui, ripararono, ricostruirono o espansero varie sezioni della Grande Muraglia pagando molto per difendersi dagli invasori del nord. Le dinastie Tang e Song non costruirono alcun muro nella regione, in modo sostanziale. Le dinastie Liao, Jin, Yuan, che governarono la Cina settentrionale durante la maggior parte dei secoli X-XIII, costruirono alcune mura difensive nel XII secolo situate, comunque, molto a nord della Grande Muraglia, nell’odierna Mongolia sia interna sia esterna.

Periodo Ming

L’idea di una Grande Muraglia fu ripresa nuovamente durante la dinastia Ming nel XIV secolo, dopo la sconfitta dell’esercito Ming da parte degli Oirati, nella battaglia della Fortezza di Tumu. I Ming non erano riusciti a ottenere una vittoria chiara sulle tribù della Manciuria e della Mongolia dopo le battaglie successive, e il conflitto che ormai durava da lungo tempo stava indebolendo l’impero; i Ming adottarono una nuova strategia per tenere lontane le tribù nomadi: la costruzione di muri lungo il confine settentrionale della Cina. Riconoscendo il controllo mongolo stabilito nel deserto di Ordos, il muro seguì il bordo meridionale del deserto invece di incorporare la piegatura del Fiume Giallo.
A differenza delle fortificazioni precedenti la costruzione Ming era più forte e più elaborata impiegando mattoni e pietra piuttosto che terra battuta. Si stima che siano state costruite fino a venticinquemila torri di guardia lungo il muro. Poiché le incursioni mongole continuarono periodicamente nel corso degli anni, i Ming dedicarono notevoli risorse per riparare e rinforzare le mura; le sezioni vicino alla capitale Ming di Pechino furono particolarmente fortificate. Anche il famoso generale Qi Jiguang riparò e rinforzò il muro, tra il 1567 e il 1570: aggiunse mattoni a sezioni in terra battuta e costruì milleduecento torri di guardia da Shanhaiguan a Changping per la vigilanza riguardo all’avvicinamento di predoni mongoli. Fra il 1440 e il 1460, i Ming costruirono anche un cosiddetto “Muro di Liaodong”; simile in funzione alla Grande Muraglia (della quale, in un certo senso, era un’estensione), ma più semplice nella costruzione, il Muro di Liaodong racchiudeva il cuore agricolo della provincia Liaodong, proteggendolo contro eventuali incursioni dai mongoli Jurched, Oriyanghan da nord-ovest e gli jurchen dello Jianzhou da nord. Mentre pietre e piastrelle furono utilizzate in alcune parti del Muro Liaodong, la maggior parte del muro era in realtà semplicemente realizzato con terra battuta e corredato di fossati su entrambi i lati.
Verso la fine della dinastia Ming la Grande Muraglia contribuì a difendere l’impero dalle invasioni Manciù che ebbero inizio intorno al 1600. Anche dopo la perdita di tutta la regione Liaoning, l’esercito Ming mantenne il controllo dell’altamente fortificato passo Shanhai, impedendo ai Manchu di conquistare il cuore della Cina. I Manciù furono finalmente in grado di attraversare la Grande Muraglia, nel 1644, dopo che Pechino era già stata conquistata dai ribelli di Li Zicheng; già precedentemente i Manciù avevano attraversato la Grande Muraglia più volte per razziare, ma questa volta fu per conquistare. Il 25 maggio le porte a Shanhaiguanfurono aperte dal comandante generale Ming Wu Sangui alleatosi con i Manciù, nella speranza di usarli per espellere i ribelli da Pechino. I Manciù s’impadronirono velocemente di Pechino, e dopo aver sconfitto sia la dinastia Shun (fondata dai ribelli) sia la restante resistenza Ming, stabilirono il governo della dinastia Qing su tutta la Cina.

Sotto il governo Qing i confini della Cina si estesero oltre le mura e la Mongolia fu annessa all’impero, quindi, si interruppe la costruzione della Grande Muraglia. D’altra parte, il cosiddetto Salice Palisade, seguendo una linea simile a quella del muro Ming Liaoning, è stato costruito dai governanti Qing in Manciuria; il suo scopo, però, non era per difesa ma per il controllo delle migrazioni.
• Nome cinese: 长城 (Chángchéng, “Lunga muraglia”)
• Posizione: attraversa 15 province della Cina Settentrionale, tra cui Pechino
• Lunghezza: 21196,18 chilometri
• Altezza: dai 5 agli 8 metri
• Inizio e fine: inizia con il passo Jiayuguan nel Gansu e finisce sulla costa Est, a Shanhaiguan
• Quando è stata costruita: oltre 2.300 anni fa
• Riconoscimenti: Sette Meraviglie del Mondo Moderno, Patrimonio UNESCO (1987)

Descrizione

La posizione della Grande Muraglia Cinese è principalmente nel nord della Cina, luogo che presentava il maggior pericolo di invasioni barbariche. Si possono trovare, tuttavia, anche alcune sezioni nella parte meridionale del Paese, che nel loro insieme vengono chiamate Grande Muraglia del Sud.

Nonostante non ci sia un consenso unanime sulla definizione della Grande Muraglia Cinese, fatto che rende l’intero corso della Grande Muraglia difficile da descrivere nella sua interezza, il percorso della linea principale della Grande Muraglia che segue le costruzioni Ming può essere tracciato.
Il passo di Jiayu, situato nella provincia di Gansu, è il termine occidentale della Grande Muraglia Ming. Sebbene fortificazioni Han come il passo di Yumen e il Yangguan esistano più a ovest, le pareti ancora esistenti che portano a questi passaggi sono difficili da rintracciare. Dal passo di Jiayu il muro viaggia in modo discontinuo lungo il Corridoio Gansu e nei deserti di Ningxia, dove entra il bordo occidentale del Fiume Giallo a Yinchuan. Qui le prime grandi mura erette durante la dinastia Ming tagliano attraverso il deserto Ordos verso il bordo orientale del Fiume Giallo. Lì al passo di Piantou (偏头 关) nella città di Xinzhou, in provincia di Shanxi, la Grande Muraglia si divide in due con la “Grande Muraglia Esterna” (外长城) che si estende lungo il confine della Mongolia con lo Shanxi in provincia di Hebei, e la “Grande Muraglia Interna” (内长城) che si estende verso sud-est dal passo di Piantou per circa quattrocento chilometri, attraversando passaggi importanti come il passo di Pingxing e il passo di Yanmen prima di ricongiungersi con la Grande Muraglia Esterna a Sihaiye (四海冶), nella Contea di Yanqing, Pechino. Le sezioni della Grande Muraglia vicino al comune di Pechino sono particolarmente famose: erano frequentemente rinnovate e sono regolarmente visitate dai turisti al giorno d’oggi. La Grande Muraglia Badaling vicino a Zhangjiakou è il più famoso tratto della muraglia, e per questo è stato il primo tratto a essere aperto al pubblico dalla Repubblica Popolare Cinese; un seguente tratto fu reso visitabile ai dignitari stranieri. A sud di Badaling c’è il passo di Juyong; utilizzato dai cinesi per proteggere la loro terra, questa sezione del muro aveva molte guardie per difendere Pechino, capitale della Cina. Realizzata in pietra e mattoni dalle colline, questa porzione della Grande Muraglia è di quasi otto metri di altezza e cinque metri di larghezza.

Ai margini del Golfo di Bohai si trova il Passo di Shanai, la fine tradizionale della Grande Muraglia conosciuto anche come “Il primo passaggio sotto il cielo” (天下第一关). La parte del muro che incontra il mare è chiamata “Vecchia testa di Drago” (老龙 ) ed è all’interno del complesso del passo di Shanhai. Tre chilometri a nord di Shanhaiguan c’è il Grande Muro di Jiaoshan (焦山长城), il sito della prima montagna della Grande Muraglia. Quindici chilometri a nord-est da Shanhaiguan c’è Jiumenkou (九门 )  che è l’unica parte del muro che fu costruita come un ponte.

Caratteristiche

Prima dell’uso di mattoni, la Grande Muraglia era stata costruita principalmente utilizzando terra battuta, sassi e legno. Durante la dinastia Ming, tuttavia, i mattoni furono utilizzati in molte aree della parete, così come lo furono i materiali come piastrelle, calce e pietra. Le dimensioni e il peso dei mattoni li rendeva più facili da lavorare rispetto alla terra e alla pietra, accelerando la costruzione. Inoltre, i mattoni potevano sopportare più peso e durare per più tempo rispetto alla terra battuta.
D’altronde, la pietra può sopportare il proprio peso meglio dei mattoni, ma è più difficile da lavorare; di conseguenza, le pietre tagliate in forme rettangolari sono state utilizzate per la fondazione e per i passaggi pedonali interni ed esterni. La stragrande maggioranza del muro è edificata con merli per la difesa; questi sono alti poco più di trenta centimetri e larghi poco più di venti; dai parapetti le guardie potevano controllare il terreno circostante. La comunicazione tra le unità dell’esercito lungo la lunghezza della Grande Muraglia, tra cui la possibilità di chiamare rinforzi e avvertire le guarnigioni riguardo ai movimenti nemici, era di grande importanza: svariate torrette di segnalazione sono presenti sulle cime delle colline o in altri punti alti lungo il muro in modo da renderle facili le segnalazioni. I cancelli di legno forse erano usati come una trappola contro quelli che li attraversavano. Caserme, scuderie e armerie furono costruite vicino alla superficie interna del muro.

Condizione

Mentre alcune porzioni a nord di Pechino e vicino a centri turistici sono state conservate e anche ampiamente rinnovate, in molti luoghi la muraglia è in rovina. Alcune sezioni del Muro sono anche soggette a graffiti e ad atti vandalici. Alcune parti sono state distrutte perché la muraglia ostacolava nuove costruzioni. Più di sessanta chilometri della muraglia in provincia di Gansu potrebbero scomparire nei prossimi venti anni per via dell’erosione causata da tempeste di sabbia. In alcuni punti l’altezza del muro è stata ridotta da più di cinque metri a meno di due metri. Le torri di avvistamento quadrate che caratterizzano le immagini più famose del muro sono scomparse completamente. Molte sezioni occidentali del muro sono state costruite utilizzando il fango, piuttosto che mattoni e pietra, pertanto, sono più sensibili all’erosione. Nel mese di agosto 2012, una sezione di trenta metri della muraglia, nella provincia di Hebei (nord della Cina) è crollata dopo giorni di forti piogge continue.

Turismo

La Muraglia è uno dei siti turistici più visitati al mondo. È un capolavoro dell’architettura difensiva antica che ancora oggi continua ad affascinare visitatori ed esperti. Il suo snodarsi lungo le colline e le montagne cinesi, circondata dalla natura, crea scenari suggestivi e unici. Una meta prediletta anche per i fotografi. La maggior parte delle sezioni più famose sono nei dintorni di Pechino. Le sezioni più belle da visitare:
• Mutianyu
• Jinshanling
• Jiankou
• Simatai
• Huanghuacheng

Curiosità

Pare sia possibile vedere la Muraglia Cinese dallo spazio. Attorno a questo capolavoro architettonico sono nate numerose storie e leggende.
Le più famose sono tre: la leggenda di Meng Jiangnü, la storia della “zuppa di metallo” e la leggenda di Xifengkoi.

 

Ucraina, le basi militari in Puglia verso il «preallerta operativo»
Da corrieredelmezzogiorno.it del 22 febbraio 2022

Di Cesare Bechis

Deciso l’incremento della «prontezza». Esercitazioni della portaerei Cavour

È molto probabile che le basi militari pugliesi, alla luce dell’invasione dell’Ucraina ad opera della Russia, siano messe in preallerta operativo. Nel pomeriggio si è riunito il Consiglio Supremo della Difesa, convocato dal presidente Sergio Mattarella, per esaminare la situazione e decidere quale potrà essere eventualmente l’ulteriore coinvolgimento delle forze armate italiane. Nel frattempo è stato deciso l’incremento della «prontezza». Non sarebbe la prima volta che dalle postazioni della Puglia, sia dell’Aeronautica che della Marina militare, potrebbero partire — se occorresse — contingenti a supporto di azioni di pattugliamento e di sicurezza. È già accaduto ai tempi del Kosovo, (quando il livello di allerta nelle basi militari pugliesi fu innalzato allo stato «bravo»).

LA CAVOUR Intanto la portaerei Cavour, di stanza nella stazione navale di Taranto, per fronteggiare, a scopo di deterrenza e sicurezza nazionale, la presenza di navi russe ha partecipato nei giorni scorsi a un’esercitazione nel Mediterraneo, insieme con Stati Uniti e Francia, mentre la fregata Margottin è già in mar Nero. L’Aronautica militare ha già schierato una squadriglia di 4 caccia Typhoon in una base aera rumena.

IL TERZO ROC In Puglia, a Gioia del Colle in provincia di Bari, c’è il 36esimo stormo con il gruppo di caccia Tornado e un sistema missilistico antiaereo, a Martina Franca — per quanto in stand by — il terzo Roc (Regional operation center) con le apparecchiature di comunicazione e controllo per tutte le forze armate e la Nato. A Taranto (Grottaglie) la Marina Militare ha la sede dove sono di stanza gli elicotteri di Maristaer e gli aerei a decollo verticale, mentre la base navale ha la certificazione Nato. Inoltre ospita la sede del Dipartimento militare marittimo dello Ionio e del Canale d’Otranto, delle forze d’altura e del Comando sommergibili.

BATTAGLIONE SAN MARCO Le strutture militari più importanti della Marina e dell’Aeronautica sono inserite nella catena operativa della Nato. A Foggia (Amendola) l’Aeronautica opera con il 32esimo stormo, a Galatina (Lecce) con il 61esimo. A Brindisi è di stanza il Battaglione San Marco della Marina militare.

 

A SANLURI L'UNICA FORTEZZA MEDIEVALE ANCORA ABITABILE: UN TEMPO TEATRO DI BATTAGLIE, OGGI MUSEO
Da sardegnalive.net del 22 febbraio 2022

Detto anche castello di Eleonora d'Arborea risale al XII, e oggi è ripartito in quattro musei che raccolgono parte della storia isolana

Di: Giammaria Lavena

Nell’Italia medievale, in cui eventi e personaggi di spicco si sono avvicendati in rapida successione, la Sardegna dei Giudicati ha conosciuto un lungo periodo di contrasti e lotte al potere. Un ricchissimo scorcio di storia di cui ancora oggi l’Isola è testimonianza diretta, principalmente nella sopravvivenza di quelli che si manifestano come emblema di quel preciso periodo storico: i castelli. Ottantotto: sono le fortezze medievali sarde giunte ai giorni nostri, ognuna con la propria storia e tradizione, accompagnate da miti e leggende che ne arricchiscono il profilo. Di questi, in gran parte caduti in rovina e abbandonati all’ineluttabile trascorrere del tempo, soltanto uno si è conservato in tal modo da risultare tutt’oggi abitabile. Si tratta del castello di Sanluri, detto anche di Eleonora d’Arborea, sebbene sia incerto un soggiorno nel maniero della giudicessa. Situato nella parte centro-meridionale della Sardegna, nella provincia del Medio Campidano, fu teatro di episodi decisivi della storia isolana. Edificio fortificato e con funzione in passato militare, risalente al XII secolo, oggi è diventato un museo di grande fascino, un tempo strategica roccaforte al confine tra i giudicati di Cagliari e Arborea.

CONTRASTI E SUCCESSIONI. Fu edificato, tra il 1188 e il 1195, per volere del giudice Pietro I di Arborea. Oltre che difensivo, il maniero aveva uno scopo residenziale e, secondo un documento del 1355, venne fortificato in appena 27 giorni per volere di Pietro IV d’Aragona, e fu scenario degli scontri fra il Giudicato d’Arborea e la Corona aragonese nel 1409, che videro le truppe spagnole prevalere, conquistando definitivamente la residenza fortificata. Successivamente divenne dimora, perdendo la sua funzione militare, in un susseguirsi di proprietà di nobili famiglie spagnole, dai De Sena agli Aymerich, passando per gli Henriquez, fino a giungere ai conti Villa Santa nel 1925, attuali proprietari.

LA FORTEZZA AL SUO INTERNO. Il mastio del maniero fu realizzato in forma rettangolare, ripartito in tre piani, con due torrette quadrangolari: la cinta muraria aveva mediamente uno spessore di due metri e fu innalzata, sotto la direzione dell'architetto Berengario Roich, su richiesta del re Pietro IV d'Aragona. La struttura presenta una pianta quadrangolare, con lati da 26 metri, mentre le quattro torri angolari merlate sono raccordate da mura alte 12 metri. All’interno della corte, a cui si accede dall’ingresso principale, una scala a T in pietra, che porta al primo piano del cosiddetto palazzo. L’antica fortezza è ricca di sale e affascinanti ambienti: lo studio del conte generale Nino Villasanta, le sale Gondi e le stanze della caccia e delle regine, con arredi rinascimentali. Al piano terra si trova invece il salone delle milizie, in memoria dei caduti sardi della Grande Guerra, ove è possibile ammirare armi, armature e bandiere donate al conte da Emanuele Filiberto di Savoia.

OGGI UN MUSEO. La fortezza venne ristrutturata nel XX secolo ad opera del generale stesso, che la adibì a museo-abitazione. Oggi il castello è ripartito in quattro ambienti museali, due conservanti cimeli e documenti dei conflitti mondiali, delle campagne d’Africa e del ventennio fascista, una recante una suggestiva collezione di circa 400 opere realizzate con una cera speciale (Museo delle ceroplastiche: il più grande in Europa del genere), da grandi artisti del passato quali Ammannati, Susini, Zumbo, Giambologna, Piamontini e Mazzafirri. Infine, la quarta si identifica nel quartiere feudale, con arredi, dipinti e sculture tra XVI e XIX secolo. Alcuni cimeli sono oggi d'importanza nazionale; fra questi il tricolore della Vittoria, che dalla torre di San Giusto consacrò Trieste all'Italia il 3 novembre 1918, e il bollettino della Vittoria, originale sottoscritto dall’allora maresciallo d'Italia Armando Diaz.

Foto: Enrico Spanu

 

Le Batterie, la Rinascente e il fortino napoleonico del Circeo
Da vipiu.it del 20 febbraio 2022

Di Simona Vitagliano

I resti del fortino napoleonico, visuale panoramica. Credits: pagina FB “Circeo: l’incanto della Maga Circe, figlia del Sole”.

I panorami selvaggi offerti dal promontorio del Circeo hanno incantato italiani e forestieri sin da tempi antichissimi. Sono stati in tanti, qui, a costruire residenze e case da sogno per condividere con pochi eletti la tranquillità e l’atmosfera del posto; non ultima Anna Magnani, che ha voluto la sua villa a Punta Rossa, a picco sul mare, realizzando il desiderio di una vita.

Ed è proprio dalla zona di Punta Rossa che oggi partiamo per scoprire due rifugi del territorio che non sono famosi tra i turisti: la Rinascente e le Batterie del Circeo.

La Rinascente – Quella conosciuta tra i residenti come la Rinascente è una scogliera molto ampia facilmente raggiungibile dal parcheggio di Via Grotta delle Capre (indicazioni: prima traversa sulla sinistra di Via del Faro, prima scalinata sulla destra). Di solito è frequentata dagli amanti dei tuffi, ma non mancano i visitatori più tranquilli che, sugli scogli più spaziosi e levigati, stendono il telo mare e si rilassano a prendere il sole. L’acqua, qui, è sempre piacevolmente pulita e cristallina.

Le Batterie – Sempre arrivando da Via del Faro, superando il centro storico di San Felice Circeo ed immettendosi in Via delle Batterie, si può arrivare, appunto, alle Batterie di Punta Rossa. Chi c’è stato assicura che si tratti di un vero angolo di paradiso.
Vi si accede attraverso una comoda discesa asfaltata ma, una volta arrivati, ci si ritrova in un piccolo tratto di costa incorniciato da un’altra scogliera e terminante con due calette naturali in cui il mare è sempre limpido e a prova di snorkeling. D’altronde, i fondali puliti, trasparenti e brulicanti di rocce aiutano: pesci e molluschi di ogni tipo vi si rintanano e si nascondono fra gli anfratti creati dalla natura. Il posto è raccolto ma parecchio versatile: le spiagge di ciottoli, nei weekend più caldi dell’estate, possono ritrovarsi un po’ affollate, ma c’è sempre la possibilità di rintanarsi sugli scogli, godendosi da lì le acque color smeraldo che scintillano al sole. Parliamo di un contesto prettamente wild: povero di servizi e decisamente selvaggio, ma a due passi dai litorali più famosi e attrezzati del Circeo e della Riviera di Ulisse. Grazie al fondale basso, oltretutto, è spesso scelto anche da famiglie con bimbi piccoli. In genere, per tutta la durata della bella stagione, i residenti costruiscono e mettono a disposizione una capanna di legno che aiuti a ripararsi dal sole.

I resti del fortino napoleonico sul Circeo. Credits: zingarate.

L’altra caletta si trova sotto il fortino napoleonico: una lingua di mare protetta dalle rocce che sfumano verso una spiaggetta di ciottoli e ghiaia bianca.
Il fortino napoleonico – Sul Circeo, si sa, è impossibile passeggiare senza inciampare nella storia. E così, spostandosi tra una caletta e l’altra in zona Punta Rossa, ci si imbatte in un fortino napoleonico a picco sul mare. L’effetto scenico è incredibile: a fare da sfondo c’è il Monte Circeo e in primavera il circondario è un pullulare di ginestre; in autunno, invece, domina il profumo del rosmarino che spunta dal terreno. Della struttura, purtroppo, non resta molto: una garitta con le feritoie per le baionette e qualche parete vista mare, il tutto all’interno di quel che rimane delle mura perimetrali. Venne costruita dalle guardie francesi a presidio di San Felice Circeo nel 1811, per difendere la costa dopo la distruzione delle Torri Cervia, Moresca e Fico da parte degli inglesi. All’epoca faceva eco ad un altro fortino “a vasca” di cui, purtroppo, non ce ne è pervenuta alcuna traccia materiale. La fortificazione venne utilizzata anche durante la Seconda Guerra Mondiale dalle truppe italo-tedesche come punto di osservazione.
Dopo anni di abbandono, nel 2015 è stato assegnato l’incarico per un progetto di recupero. L’iniziativa era partita dagli stessi cittadini che, stanchi dei continui saccheggi e vandalismi (l’architrave che si trovava all’ingresso è stata trafugata e molte stanze appaiono deturpate da scritte e incisioni), hanno consegnato al Ministero dei Beni Culturali una raccolta firme che fungesse da sollecito; ben consci del potenziale turistico-culturale che una struttura del genere possiede.

Ad oggi, nonostante tutto, non sembra sia ancora cambiato molto. Ma il fascino di questo fortino affacciato sul mare, a un passo dalle calette delle Batterie del Circeo, rappresenta un’occasione imperdibile, per gli amanti della storia del territorio, per fare un tuffo… nel passato.

 

Castello Ferrara, antiche mura medievali emergono dagli scavi, archeologi al lavoro per ricostruire l'intero perimetro delle fortificazioni
Da cronacacomune.it del 18 febbraio 2022

Ferrara, 18 feb - Dall'ultima tranche dei lavori di ripavimentazione davanti al Castello estense emergono porzioni delle antiche mura che ‘chiudono il cerchio' sul perimetro delle fortificazioni di epoca, verosimilmente, medievale. L'approfondimento archeologico è in corso - a cura dei professionisti di Phoenix archeologia (incaricata dal Comune), coordinati dalla dottoressa Chiara Guarnieri - e sfocerà, insieme alle altre scoperte e ai nuovi elementi raccolti nel corso dei lavori, in elaborati a disposizione di scuole, cittadini, ricercatori.

"Quest'ultima porzione di scavi ha rispettato le attese: siamo infatti riusciti a connettere gli elementi acquisiti con quelli emersi nel corso degli ultimi lavori in loco, che risalgono al 2010, mettendo a sistema anche i dati raccolti nelle precedenti tranche di interventi - spiega Guarnieri - . L'ultimo rilievo, in particolare, ci ha consentito di fare luce su un tratto di muratura che si collega con quella posta alla fine di corso Martiri della Libertà, e già emersa nei precedenti scavi, pertinente al vallo delle mura e alla Porta dei Leoni.

Con questa operazione riusciamo così a ipotizzare le forme storiche delle strutture che erano presenti in zona, riconducibili all'epoca medievale". Lo scavo è stato messo in sicurezza, sono stati realizzati i rilievi, acquisita la mappa fotografica ed attualmente è in corso la realizzazione del nuovo strato di sottofondo su cui saranno posati i nuovi cubetti di porfido, di dimensioni maggiori rispetto ai precedenti, per migliorare le performance della strada e assorbire il traffico pesante.

Al termine di questa fase, realizzata con la posa a mano, tra le ‘fughe' del porfido sarà posata una speciale ghiaia a grana grossa dello stesso materiale, quindi una resina Mapestone joint: un legante poliuretanico per la sigillatura che conferisce stabilità, elasticità e capacità di drenaggio alla nuova pavimentazione.

 

Exilles e Fenestrelle, un'alleanza Forte per puntare al Pnrr
Da lunanuova.it del 17 febbraio 2022

Pare che la Regione abbia cambiato idea, ripensando alla destinazione dei fondi del Pnrr alla Palazzina di caccia di Stupinigi dopo i mugugni provenienti dalle valli.

Così le altre eccellenze di architettura militare della provincia torinese, come il Forte di Fenestrelle e quello di Exilles, che fino a pochi giorni fuori sembravano irrimediabilmente tagliati fuori dalla distribuzione dei fondi europei per la ripartenza post-Covid, potrebbero tornare in lizza per una fetta della grossa torta europea.

Ma soltanto stare ad aspettare le eventi sarebbe controproducente, così l’Unione montana Alta valle Susa, unitamente al Comune di Exilles, ha inviato una lettera con precise richieste sia al presidente della Regione Alberto Cirio che al sindaco metropolitano di Torino Stefano Lo Russo...

 

Nel Bresciano tra castelli e fortificazioni - Itinerari
Da quotidiano.net del 13 febbraio 2022

Di Graziella Leporati

Brescia – Quando si parla di castelli, il pensiero corre immediatamente alla Valle d’Aosta. Eppure i lombardi (e non solo) , a pochi km da casa, possono passeggiare fra torri e bastioni circondati da parchi e giardini che, in primavera, cominciano a fiorire, in un mondo quasi fuori dal tempo. La provincia di Brescia, infatti, conta una rete di castelli,torri di guardia e fortificazioni che costituiscono un punto di interesse per i visitatori. Si parte dal capoluogo, Brescia, dove il Castello domina la città dall’alto del Colle Cidneo, sulle cui pendici si arrampica il più grande vigneto cittadino d’Europa. E’ una delle fortezze più imponenti e meglio conservate della penisola. Oltre il monumentale portale d’ingresso si apre un borgo , con edifici immersi nel verde dove passeggiare fra giardini e belvedere. Da non dimenticare una visita al Museo delle Armi Luigi Marzoli, una delle più importanti raccolte europee di armi e armature antiche, ospitato nel Mastio Visconteo. I più avventurosi si possono inoltrare anche nei sotterranei, prenotando una visita guidata con l’Associazione Brescia Underground. Per assaporare il gusto di un ponte levatoio ancora funzionante bisogna spostarsi a Padernello per visitare il medievale Castello che si affaccia sulle acque dell’ampio fossato da cui è circondato e che possiede al suo interno alcune sale ancora arredate con mobili antichi. Una passeggiata conduce fino al Ponte San Vigilio, artistico intreccio di rami di castagno su un piccolo corso d’acqua, suggestiva opera di land art di Giuliano Mauri. Visitabile è anche il Castello di Montichiari, che pare uscito da una favola, con le sue torri e merlature, il grande parco con alberi secolari e il giardino pensile. Costruito a fine Ottocento in stile neomedievale sulle rovine di un’antica rocca, era l’abitazione del conte Gaetano Bonoris, che aveva voluto riprendere i modelli architettonici dei castelli valdostani tre-quattrocenteschi, a cui si ispirano anche arredi, decorazioni, affreschi.

Poco lontano, si incontra la Rocca di Lonato del Garda, punto privilegiato per godere di una vista impareggiabile sul bacino lacustre. Nella Casa del Capitano si trova la Sala immersiva (in cui si viene avvolti da spettacolari immagini che sono un invito alla visita e alla scoperta del territorio del Garda) e, al piano rialzato, il Museo Civico Ornitologico. Nel grande parco che la circonda si snodano sentieri per passeggiate di notevole interesse botanico e naturalistico. Monumento nazionale, fra le più estese fortezze del Nord Italia, la Rocca è il cuore del complesso monumentale della Fondazione Ugo Da Como che comprende anche la Casa del Podestà, fra le Case Museo le più affascinanti della penisola, con le sue ricchissime collezioni d’arte, gli antichi arredi, la straordinaria biblioteca.
Sempre sul lago di Garda, indiscusso capolavoro di architettura militare duecentesca, la Rocca Scaligera di Sirmione, costruita da Mastino I della Scala, signore di Verona, come presidio e approdo per la sua flotta. Circondata delle acque, con possenti mura di cinta e la darsena ben protetta, si trova in posizione strategica all’ingresso della cittadina ed ospita un interessante Lapidario romano e medievale: val la pena di salire i 146 gradini che conducono al lungo camminamento di ronda e alla Torre Angolare, da cui si gode una vista eccezionale sul lago.
Una salutare camminata porta invece sul promontorio della Rocca di Manerba del Garda. La sua sagoma inconfondibile, coperta da una folta vegetazione, si scorge fin da lontano e, nell’immaginazione popolare, ricorda il profilo di Dante. Sulla sua cima, i Longobardi costruirono nell’VIII sec. un castello, ampliato nel corso dei secoli successivi e a lungo conteso per la sua posizione strategica da Guelfi e Ghibellini, Veronesi e Bresciani, fino a quando – alla fine del’700 – il Provveditore di Salò lo fece radere al suolo perché era diventato covo di malfattori. Riportati alla luce, i resti della Rocca costituiscono oggi il cuore del Parco archeologico, arricchito da un interessante museo. Altrettanto importante è l’aspetto naturalistico del promontorio, valorizzato dalla Riserva Naturale della Rocca e del Sasso di Manerba del Garda, dove è racchiusa una varietà di specie vegetali davvero unica: piante che appartengono a climi diversi e che qui convivono accomunate dalla presenza rassicurante del lago. Un’altra fortificazione unica nel suo genere è la Rocca d’Anfo, la più grande fortezza napoleonica d’Italia,a picco sul lago d’Idro. E’ articolata in un insieme di fortificazioni . Due i nuclei principali: la rocca veneziana, la più antica, a sud e quella napoleonica, che orla la parte settentrionale della montagna. Visitarla è una avventura sportiva e richiede scarponcini da trekking. Si può scegliere fra 3 itinerari di varia lunghezza, tutti percorribili solo con guida: il Percorso Napoleonico, il Percorso Panoramico e il Percorso dalla Serenissima al Regno d’Italia.
Su una delle due vette di Monte Isola, nel cuore del lago d’Iseo, svetta la sagoma della rinascimentale Rocca Oldofredi-Martinengo: dato che è di proprietà privata, la si può ammirare solo dall’esterno, ma vale veramente la pena di raggiungerla con una bella passeggiata fra boschi di castagni, campi coltivati e qualche raro vigneto, per godere – salendo ancora un po’ oltre – di un colpo d’occhio impareggiabile sul lago d’Iseo e le montagne che locoronano.
E infine, in Valle Camonica, ci si può tuffare nel Medio Evo visitando il Castello di Breno: vi si sale con una breve camminata dal centro cittadino e dall’alto si ha una spettacolare vista sulle montagne. Edificato come un insieme di torri e palazzi all’epoca di Federico I Barbarossa (1100 – 1200) e convertito a roccaforte militare sotto la Repubblica di Venezia (1400 – 1500), il castello rivela anche tracce preistoriche risalenti al VIII sec a.C. Camminando fra le sue stanze, si fa un viaggio affascinante tra diverse epoche, dalle mura merlate alla casa-torre signorile fino all’alta torre di 20 metri. Intorno, grandi spazi verdi in cui passeggiare e rilassarsi.

info: www.visitbrescia.it

 

La Liguria e la difesa militare sulle coste tra l’Ottocento e il Novecento
Da lavocedigenova.it del 12 febbraio 2022

La batteria di San Benigno sotto la Lanterna di Genova, durante un'esercitazione di inizio '900

Prima dei conflitti mondiali, la Liguria era già terra di difesa e fu armata a dovere. La collocazione geograficamente esposta non ha mai dato tregua alle coste liguri, costrette ad evolversi rapidamente per difendersi al meglio

Tra il 1871 e il 1880 l’Italia stanziò 66,6 milioni di lire per le fortificazioni del paese e più di 31 milioni per gli armamenti, una cifra totale che paragonata ad oggi potrebbe essere espressa in oltre 400 milioni di euro. Le Alpi Occidentali erano uno degli obiettivi principali dei lavori di fortificazione, assieme alle piazze marittime di Genova e La Spezia. Nel 1882 fu stipulata la Triplice Alleanza, con Germania e Austria-Ungheria, che consentì all'Italia di sospendere i costosi lavori di fortificazione della costa Adriatica e di risparmiare ingenti somme utili a fortificare la costa ligure.
Il pericolo più consistente erano i possibili attacchi da parte francese alle coste della regione Liguria, per cui furono progettati nuovi sbarramenti lungo i passi di collegamento tra la Liguria e la Pianura padana per evitare la minaccia di aggiramento. Inoltre, il progresso tecnologico di fine Ottocento portò alla realizzazione di grandi batterie costiere che però essendo fuori terra, rimanevano comunque esposte pericolosamente. A Genova vennero invece approntate undici batterie a difesa del fronte marittimo, la principale costruita alla base della Lanterna armata con pezzi da 320 mm.
A La Spezia, la "Torre Umberto I" segnò un nuovo progresso, con cupola corazzata e armamenti più evoluti. Il progetto dovette però scontrarsi con le difficoltà economiche nazionali, così il prototipo non ebbe seguito e si andò verso l'adozione di nuovi pezzi a tiro curvo, con una portata di tiro di otto chilometri.
La piazza di La Spezia, il principale arsenale marittimo italiano, fu munito di circa 30 opere armate con più di 300 cannoni, 170 dei quali con funzioni antinave, 100 per la difesa del fronte terrestre e 30 con doppio compito.
Il golfo della Spezia fin dai primi anni dell'Ottocento, grazie alla sua conformazione geografica, fu utilizzato quale arsenale militare dove forti e postazioni di artiglieria create durante gli anni sopravvissero fino all'inizio del conflitto mondiale, quando le necessità di protezione di uno dei maggiori arsenali del Regno d'Italia, fece sì che molte opere furono riarmate e altre costruite ex novo. I conflitti mondiali costrinsero la nazione ad attuare altre modifiche e a rivedere i piani.
E’ possibile seguire l’autore di questa rubrica sui social network per scoprire i nuovi progetti letterari e audiovisivi legati alla valorizzazione del territorio Ligure: Instagram- dario111982 Facebook- dario rigliaco autore Da segnalare inoltre, dello stesso autore di questa rubrica, disponibili su Amazon: “Case infestate e Ponti del Diavolo” e “Streghe, Diavoli e altre leggende italiane”.
Tante curiosità da scoprire su “Il medioevo in 333 risposte”, oppure le saghe celtiche e arturiane in: “Bretagna, miti misteri e leggende”, “Miti&Misteri della Liguria”, “Fiabe Liguri”, “Liguria da scoprire” o ancora “borghi imperdibili della Liguria”. Se sei a conoscenza di una leggenda o una storia da raccontare legata alla Liguria, e vuoi farla conoscere, oppure sei stato protagonista di fatto misterioso, puoi scrivere all’autore che la prenderà in considerazione: dariorigliaco@gmail.com.

 

Nel Bresciano tra castelli e fortificazioni
Da quotidiano.net del 12 febbraio 2022

Di Graziella Leporati

Brescia – Quando si parla di castelli, il pensiero corre immediatamente alla Valle d’Aosta. Eppure i lombardi (e non solo) , a pochi km da casa, possono passeggiare fra torri e bastioni circondati da parchi e giardini che, in primavera, cominciano a fiorire, in un mondo quasi fuori dal tempo.

La provincia di Brescia, infatti, conta una rete di castelli,torri di guardia e fortificazioni che costituiscono un punto di interesse per i visitatori. Si parte dal capoluogo, Brescia, dove il Castello domina la città dall’alto del Colle Cidneo, sulle cui pendici si arrampica il più grande vigneto cittadino d’Europa. E’ una delle fortezze più imponenti e meglio conservate della penisola. Oltre il monumentale portale d’ingresso si apre un borgo , con edifici immersi nel verde dove passeggiare fra giardini e belvedere. Da non dimenticare una visita al Museo delle Armi Luigi Marzoli, una delle più importanti raccolte europee di armi e armature antiche, ospitato nel Mastio Visconteo. I più avventurosi si possono inoltrare anche nei sotterranei, prenotando una visita guidata con l’Associazione Brescia Underground. Per assaporare il gusto di un ponte levatoio ancora funzionante bisogna spostarsi a Padernello per visitare il medievale Castello che si affaccia sulle acque dell’ampio fossato da cui è circondato e che possiede al suo interno alcune sale ancora arredate con mobili antichi. Una passeggiata conduce fino al Ponte San Vigilio, artistico intreccio di rami di castagno su un piccolo corso d’acqua, suggestiva opera di land art di Giuliano Mauri. Visitabile è anche il Castello di Montichiari, che pare uscito da una favola, con le sue torri e merlature, il grande parco con alberi secolari e il giardino pensile. Costruito a fine Ottocento in stile neomedievale sulle rovine di un’antica rocca, era l’abitazione del conte Gaetano Bonoris, che aveva voluto riprendere i modelli architettonici dei castelli valdostani tre-quattrocenteschi, a cui si ispirano anche arredi, decorazioni, affreschi.
Poco lontano, si incontra la Rocca di Lonato del Garda, punto previlegiato per godere di una vista impareggiabile sul bacino lacustre. Nella Casa del Capitano si trova la Sala immersiva (in cui si viene avvolti da spettacolari immagini che sono un invito alla visita e alla scoperta del territorio del Garda) e, al piano rialzato, il Museo Civico Ornitologico. Nel grande parco che la circonda si snodano sentieri per passeggiate di notevole interesse botanico e naturalistico. Monumento nazionale, fra le più estese fortezze del Nord Italia, la Rocca è il cuore del complesso monumentale della Fondazione Ugo Da Como che comprende anche la Casa del Podestà, fra le Case Museo le più affascinanti della penisola, con le sue ricchissime collezioni d’arte, gli antichi arredi, la straordinaria biblioteca.
Sempre sul lago di Garda, indiscusso capolavoro di architettura militare duecentesca, la Rocca Scaligera di Sirmione, costruita da Mastino I della Scala, signore di Verona, come presidio e approdo per la sua flotta. Circondata delle acque, con possenti mura di cinta e la darsena ben protetta, si trova in posizione strategica all’ingresso della cittadina ed ospita un interessante Lapidario romano e medievale: val la pena di salire i 146 gradini che conducono al lungo camminamento di ronda e alla Torre Angolare, da cui si gode una vista eccezionale sul lago.
Una salutare camminata porta invece sul promontorio della Rocca di Manerba del Garda. La sua sagoma inconfondibile, coperta da una folta vegetazione, si scorge fin da lontano e, nell’immaginazione popolare, ricorda il profilo di Dante. Sulla sua cima, i Longobardi costruirono nell’VIII sec. un castello, ampliato nel corso dei secoli successivi e a lungo conteso per la sua posizione strategica da Guelfi e Ghibellini, Veronesi e Bresciani, fino a quando – alla fine del’700 – il Provveditore di Salò lo fece radere al suolo perché era diventato covo di malfattori. Riportati alla luce, i resti della Rocca costituiscono oggi il cuore del Parco archeologico, arricchito da un interessante museo.

Altrettanto importante è l’aspetto naturalistico del promontorio, valorizzato dalla Riserva Naturale della Rocca e del Sasso di Manerba del Garda, dove è racchiusa una varietà di specie vegetali davvero unica: piante che appartengono a climi diversi e che qui convivono accomunate dalla presenza rassicurante del lago. Un’altra fortificazione unica nel suo genere è la Rocca d’Anfo, la più grande fortezza napoleonica d’Italia,a picco sul lago d’Idro. E’ articolata in un insieme di fortificazioni . Due i nuclei principali: la rocca veneziana, la più antica, a sud e quella napoleonica, che orla la parte settentrionale della montagna. Visitarla è una avventura sportiva e richiede scarponcini da trekking. Si può scegliere fra 3 itinerari di varia lunghezza, tutti percorribili solo con guida: il Percorso Napoleonico, il Percorso Panoramico e il Percorso dalla Serenissima al Regno d’Italia.
Su una delle due vette di Monte Isola, nel cuore del lago d’Iseo, svetta la sagoma della rinascimentale Rocca Oldofredi-Martinengo: dato che è di proprietà privata, la si può ammirare solo dall’esterno, ma vale veramente la pena di raggiungerla con una bella passeggiata fra boschi di castagni, campi coltivati e qualche raro vigneto, per godere – salendo ancora un po’ oltre – di un colpo d’occhio impareggiabile sul lago d’Iseo e le montagne che locoronano.
E infine, in Valle Camonica, ci si può tuffare nel Medio Evo visitando il Castello di Breno: vi si sale con una breve camminata dal centro cittadino e dall’alto si ha una spettacolare vista sulle montagne. Edificato come un insieme di torri e palazzi all’epoca di Federico I Barbarossa (1100 – 1200) e convertito a roccaforte militare sotto la Repubblica di Venezia (1400 – 1500), il castello rivela anche tracce preistoriche risalenti al VIII sec a.C. Camminando fra le sue stanze, si fa un viaggio affascinante tra diverse epoche, dalle mura merlate alla casa-torre signorile fino all’alta torre di 20 metri. Intorno, grandi spazi verdi in cui passeggiare e rilassarsi. info: www.visitbrescia.it

 

L'obbligo tutto elvetico di avere ognuno il proprio bunker antiatomico
Da tvsvizzera.it del 11 febbraio 2022

Benché, in nome della sua neutralità, la Svizzera non sia mai entrata in guerra, il Paese ha comunque un suo esercito e oltretutto vanta un numero di bunker antiatomici ben più alto di molti altri Stati pronti a ricorrere alle armi. Ecco perché.

Di Marija Miladinovic

Il primo passo verso la neutralità elvetica risale al 1516, quando, a un anno di distanza dalla battaglia di MarignanoLink esterno – l’ultimo conflitto armato combattuto dalle truppe confederate e conclusosi con una cocente sconfitta a opera dell’esercito francese – la Svizzera stipulò con l’allora re di Francia, Francesco I, un trattato di pace. Un principio ribadito e sedimentato poi nel 1815 quando nel corso del Congresso di ViennaLink esterno, vennero internazionalmente riconosciute la neutralità e l’inviolabilità della Svizzera.

Ma se la possibilità che la Confederazione entri in guerra è ridotta ai minimi termini, allora perché ci sono oltre 360’000 rifugi antiatomici distribuiti in tutto il Paese e pronti ad ospitare, in caso di emergenza, tutti gli 8,7 milioni di cittadini elvetici? Il loro numero è infatti ben più elevato in Svizzera rispetto a molti altri Stati, anche quelli che negli ultimi decenni hanno davvero attraversato guerre oppure che minacciano attacchi in un prossimo futuro. Be’ il motivo è semplice. Perché lo dice la legge federale.

«Ogni abitante deve disporre di un posto protetto raggiungibile in tempo utile dalla sua abitazione» e «i proprietari d’immobili sono tenuti a realizzare ed equipaggiare rifugi in tutti i nuovi edifici abitativi», recitano infatti gli articoli 45 e 46 della Legge federale sulla protezione della popolazione e sulla protezione civileLink esterno. Una legge introdotta nel 1963 quando, anche la neutrale Svizzera, così come il resto del mondo sentiva la minaccia atomica e temeva un’eventuale invasione sovietica.

Più rifugi che persone

Ragion per cui, nella maggior parte degli edifici costruiti a partire dagli anni ‘60 esiste un rifugio. Ai 360’000 bunker costruiti in case, istituti e ospedali, si aggiungono anche 5’000 rifugi pubblici, raggiungendo così un grado di copertura che addirittura supera il 100% della popolazione.

Sette piani per 20'000 persone

Restando in tema di bunker civili, nel sottosuolo della città di Lucerna se ne trova uno davvero fuori dal comune. Costruito per proteggere fino a 20’000 persone da un possibile attacco nucleare, il rifugio lucerneseLink esterno, al momento della costruzione nel 1976, era il più grande al mondo nel suo genere. Con i suoi sette piani, potrebbe essere considerato un vero e proprio quartiere sotterraneo in cui alloggiare in caso di catastrofe.
Ma se la legge obbliga i proprietari di abitazioni ad allestire una costruzione di protezione, perché crearne anche di pubbliche? Perché, nel caso i privati non avessero per qualche motivo adempito a quest’obbligo, possono comunque garantire ai propri inquilini e a sé stessi un posto in un rifugio pubblico. Naturalmente questo è possibile versando però un pagamento sostitutivo.

Il segretissimo “Opera 1102”

Tra i vari siti sotterranei, quello di Amsteg, nel canton Uri, è forse il più particolare. Sì, perché si tratta di un bunker segretissimoLink esterno. Il motivo di tanta discrezione è dovuto al fatto che la struttura – denominata “Opera 1102” e pensata durante la Seconda Guerra Mondiale – è stata costruita per ospitare il Governo federale in caso di invasione delle truppe naziste.

Ma oltre che per garantire la sicurezza, il nascondiglio era stato concepito anche per offrire ai membri del governo un certo confort. Al suo interno, i rappresentanti politici avrebbero infatti potuto disporre di una camera singola, i funzionari sarebbero stati alloggiati in camere doppie, mentre il personale di servizio in camere multiple con lettini.

Considerati ancora utili

A cadenza regolare, negli anni, la politica federale è sovente tornata ad affrontare il tema della reale necessità di queste costruzioni e puntualmente arriva alla stessa conclusione. Ossia che i bunker antiatomici rimangono utili, non solo in caso di conflitto armato, ma anche per far fronte ad eventuali attacchi terroristici con armi nucleari, ad incidenti chimici o a catastrofi naturali.

Sono una giornalista basata a Lugano con un nome che rivela le origini della mia famiglia. Ho lavorato per i quotidiani Corriere del Ticino e Giornale del Popolo, in politica e cronaca, sulla carta stampata e sui media digitali. Mi piace portare un po’ di Svizzera italiana nel resto del Paese e del mondo. Iniziali: MaMi

 

La storia del bunker (con piscina) a Las Vegas in vendita per 5,2 milioni di euro
Da idealista.it del 9 febbraio 2022

Scendere in questo bunker a Las Vegas (Stati Uniti) significa entrare in una capsula del tempo. Il proprietario originale ha costruito questo imponente rifugio sotterraneo di quasi 1.500 metri quadrati negli Anni '70. La proprietà comprende tre camere da letto, una piscina, due  asche idromassaggio, un barbecue e persino un campo da minigolf. A sei anni dalla vendita all'asta, questa casa bunker torna sul mercato per 5,9 milioni di dollari, circa 5,2 milioni di euro.

Nessuno in questa strada tranquilla in una delle periferie di Las Vegas potrebbe credere che a soli otto metri sottoterra si trovi questo peculiare edificio dallo stile del tutto antiquato. La casa ha moquette verde, è piena di specchi, finiture dorate e una cucina decorata con piastrelle rosa.
Il rifugio dispone anche di una porta blindata, due ascensori, un generatore elettrico, rilevatori di fumo e un sistema che permetteva il contatto con la superficie. La proprietà è commercializzata da Berkshire Hathaway Home Services Nevada Properties su Realtor.com.

All'esterno, le pareti sono decorate con paesaggi naturali e i soffitti sono stellati, illuminati da decine di lampade che possono essere attenuate per ricordare l'alba o il tramonto.
La casa è stata costruita nel 1971 dall'uomo d'affari Jerry Henderson, che temeva una catastrofe nucleare durante gli anni della Guerra Fredda e la sua ossessione lo ha spinto a vivere sottoterra fino alla sua morte avvenuta nel 1983. Tale era la sua ossessione che ha costruito anche un altro bunker nel Colorado.

 

Batteria, opere di restauro per 380mila euro Leo Lupi: "Fruibili i percorsi delle fortificazioni"
Da iltelegrafolivorno.it del 8 febbraio 2022

In fase di restauro la Batteria, i camminamenti e gli accessi alle fortificazioni della ‘piazzaforte’ della città, tra la muraglia del Forte Stella e la residenza napoleonica di Villa dei Mulini. Lavori per 380.000 euro che sono stati finanziati per 180.000 euro con il Fondo per gli investimenti delle isole minori per 200 mila euro con fondi regionali erogati attraverso il bando ‘Città murate’. L’area interessata comprende la Batteria, realizzata al piede della muraglia del Forte Stella, il fabbricato che vi insiste, la cisterna fuori terra, il tunnel sotterraneo che consente l’ingresso alle fortificazioni sottostanti ed il relativo percorso di accesso dalla parte interna della città. L’intervento riguarda inoltre la viabilità che consente l’ingresso alla batteria, una peculiarità della piazzaforte perchè il percorso conserva ancora parte dell’originaria pavimentazione in coccio - pesto grezzo, formato da inerti delle spiagge locali e scaglie di laterizio e calce. Il progetto di restauro prevede le opere finalizzate all’accesso e valorizzazione della Batteria rivolte alla creazione di itinerari connessi a interventi di carattere sociale e culturale. La conclusione dei lavori entro fine giugno. "L’intervento – evidenzia l’assessore Leo Lupi - permette di creare un percorso pubblico alle fortificazioni della zona nord della città rendendo accessibili in sicurezza spazi finora interdetti valorizzando anche il piccolo immobile presente".

 

Portoferraio: restauro della “Piazzaforte”, lavori in corso
Da tenews.it del 7 febbraio 2022

La conclusione degli interventi affidati alla ditta 'Coprola' di Senigallia (Ancona), è prevista entro la fine del mese di giugno.

Dall’ufficio stampa del comune di Portoferraio

Sono in corso di svolgimento i lavori di restauro, recupero e riqualificazione della batteria, dei camminanti e degli accessi alle fortificazioni della ‘piazzaforte’ della città ubicati tra la muraglia del Forte Stella e la residenza napoleonica di Villa dei Mulini. Lavori del costo complessivo di 380.000 euro che sono stati finanziati per 180.000 euro con il Fondo per gli investimenti delle isole minori relativo al triennio 2020-2022 e per 200 mila euro con fondi regionali erogati attraverso il bando ‘Città murate’.
L’area interessata comprende la Batteria, realizzata al piede della muraglia del Forte Stella, il fabbricato che vi insiste, la limitrofa cisterna fuori terra, il tunnel sotterraneo che consente l’ingresso alle fortificazioni sottostanti ed il relativo principale percorso di accesso dalla parte interna della città. L’intervento riguarda inoltre la viabilità che consente l’ingresso alla batteria, che fa parte del primo impianto della città fortificata e, per tipologia costruttiva, rappresenta una peculiarità della piazzaforte perchè il percorso conserva ancora
parte dell’originaria pavimentazione in coccio – pesto grezzo, formato da inerti delle spiagge locali e scaglie di laterizio e calce , intervallato da due strisce di basole in pietra di calcare locale di colore beige che servivano per la movimentazione dei carri. Il progetto di restauro prevede le opere finalizzate all’accesso e valorizzazione della Batteria rivolte alla creazione di itinerari connessi a interventi di carattere sociale e culturale di una parte delle fortificazioni attualmente interdette alla pubblica fruizione. Per l’immobile che vi insiste è, infatti, prevista una destinazione d’uso a spazi museali, con il relativo allestimento del locale principale a sala espositiva ed il locale limitrofo destinato ad accettazione e servizi per portatori di handicap.
“I lavori – spiega il progettista e direttore dei lavori, l’architetto Elisabetta Coltelli dell’Ufficio Tecnico Comunale – prevedono lo sfalcio della vegetazione infestante presente sulla Batteria, al fine di riportare alla luce l’originaria forma e gli spazi della fortezza militare oltre alla messa in sicurezza delle troniere con ringhiere identiche a quelle già presenti nelle restanti fortificazioni oggetto di recenti opere di restauro e cancelli da posizionare sia all’ingresso del “cammin di ronda” che unisce l’area alla residenza napoleonica dei Mulini sia all’uscita del tunnel sotterraneo. È inoltre prevista la realizzazione della necessaria impiantistica idrica, elettrica ed antincendio oltre alla videosorveglianza ed antintrusione, al condizionamento dei locali ed all’illuminazione esterna dell’area limitrofa al fabbricato, del principale percorso d’accesso all’edificio e della muraglia del Forte Stella confinate con l’area interessata”.
La conclusione dei lavori, affidati alla ditta ‘Coprola’ di Senigallia (Ancona), è prevista entro la fine del mese di giugno. “L’intervento – aggiunge l’assessore ai lavori pubblici Leo Lupi – permette di creare un percorso pubblico alle fortificazioni della

 

Restauro di fortificazioni e camminamenti storici
Da quinewselba.it del 7 febbraio 2022

Sono iniziati gli interventi nella parte alta del centro storico per valorizzare i percorsi. Il costo complessivo delle opere è 380mila euro

PORTOFERRAIO — Sono iniziati a Portoferraio i lavori di restauro, recupero e riqualificazione della Batteria, dei camminanti e degli accessi alle fortificazioni della 'piazzaforte' della città, situati tra la muraglia del Forte Stella e la residenza napoleonica di Villa dei Mulini.
Il costo complessivo degli interventi è di 380mila euro e sono stati finanziati per 180mila euro con il Fondo per gli investimenti delle isole minori relativo al triennio 2020-2022 e per 200mila euro con fondi regionali erogati attraverso il bando ‘Città murate’, come si legge in una nota del Comune di Portoferraio.

L'area interessata comprende la Batteria, realizzata al piede della muraglia del Forte Stella, il fabbricato che vi insiste, la limitrofa cisterna fuori terra, il tunnel sotterraneo che consente l’ingresso alle fortificazioni sottostanti ed il relativo principale percorso di accesso dalla parte interna della città. L'intervento riguarda inoltre la viabilità che consente l’ingresso alla batteria, che fa parte del primo impianto della città fortificata e, per tipologia costruttiva, rappresenta una peculiarità della piazzaforte perchè il percorso conserva ancora parte dell’originaria pavimentazione in coccio - pesto grezzo, formato da inerti delle spiagge locali e scaglie di laterizio e calce , intervallato da due strisce di basole in pietra di calcare locale di colore beige che servivano per la movimentazione dei carri.

Il progetto di restauro prevede le opere finalizzate all’accesso e valorizzazione della Batteria rivolte alla creazione di itinerari connessi a interventi di carattere sociale e culturale di una parte delle fortificazioni attualmente interdette alla pubblica fruizione. Per l'immobile che vi insiste è, infatti, prevista una destinazione d’uso a spazi museali, con il relativo allestimento del locale principale a sala espositiva ed il locale limitrofo destinato ad accettazione e servizi per portatori di handicap.
" I lavori – spiega la progettista e direttrice dei lavori, l'architetto Elisabetta Coltelli dell'Ufficio Tecnico comunale - prevedono lo sfalcio della vegetazione infestante presente sulla Batteria, al fine di riportare alla luce l’originaria forma e gli spazi della fortezza militare oltre alla messa in sicurezza delle troniere con ringhiere identiche a quelle già presenti nelle restanti fortificazioni oggetto di recenti opere di restauro e cancelli da posizionare sia all’ingresso del “cammin di ronda” che unisce l’area alla residenza napoleonica dei Mulini sia all’uscita del tunnel sotterraneo. È inoltre prevista la realizzazione della necessaria impiantistica idrica, elettrica ed antincendio oltre alla videosorveglianza ed antintrusione, al condizionamento dei locali ed all’illuminazione esterna dell’area limitrofa al fabbricato, del principale percorso d’accesso all’edificio e della muraglia del Forte Stella confinate con l’area interessata".

La conclusione dei lavori, affidati alla ditta 'Coprola' di Senigallia (Ancona), è prevista entro la fine del mese di Giugno.

"L’intervento – aggiunge l'assessore ai Lavori pubblici Leo Lupi - permette di creare un percorso pubblico alle fortificazioni della zona nord della città rendendo fruibili ed accessibili in sicurezza spazi finora interdetti alla pubblica fruizione e valorizzando, con destinazione museale, il piccolo immobile presente, grazie anche al rifacimento del manto stradale dell’ingresso principale ed alla relativa illuminazione. Il progetto ha l’obiettivo di far comprendere, l’importanza dei capolavori di epoca medicea- orenese presenti a Portoferraio, che rappresentano un valore che va oltre la semplice conservazione, poiché questi monumenti fanno parte di un importante sistema ambientale complessivo, costituendo identità dei luoghi e occasione di destagionalizzazione turistica, con conseguente ritorno economico per l’intera isola".

 

Il veneto e le sue città murate: alla scoperta delle più belle
Da intalia.it del 6 febbraio 2022

Le città murate venete sono borghi di origini medioevali che grazie alle loro possenti cinte murarie hanno saputo mantenere intatto il loro fascino

Il Veneto è una regione che vanta mete e destinazioni di grande fama, come Venezia o Verona, che accolgono grazie al loro patrimonio e alle loro bellezze visitatori da tutto il mondo. Accanto a famose città ci sono anche altre piccole realtà e borghi che conservano una storia millenaria e siti di interesse davvero unici.

Tra le cittadine che meritano una visita ci sono sicuramente le famose “città murate” che, essendo state protette da imponenti strutture di fortificazione, hanno saputo mantenere intatto tutto il loro fascino. Oltre ad un patrimonio storico davvero unico queste località sono depositarie di tradizioni millenarie e di un ricco patrimonio enogastronomico. Se volete scoprire queste meravigliose realtà ecco un itinerario alla scoperta delle principali città murate venete.

GIORNO 1

Marostica

Famosa per essere nota come “la città degli scacchi” Marostica è un vero e proprio gioiellino che si trova in provincia di Vicenza. Il centro storico di Marostica si trova rinchiuso all’interno di mura medioevali che hanno per secoli protetto la città da invasioni nemiche. Nella cinta si inseriscono ventiquattro tra torri e rivellini e quattro porte d’accesso.

Marostica è famosa perché qui si svolge ogni due anni una tra le più suggestive rievocazioni storiche: una partita a scacchi con personaggi viventi. L’evento avviene nella famosa Piazza degli Scacchi, anche nota come Piazza Castello. La scoperta di Marostica comincia, quindi, proprio da questa splendida Piazza (nella foto in basso) che ha le sembianze di una scacchiera e ospita due edifici importanti per la città, il Castello Inferiore e il Doglione che negli anni è stato sede della Cancelleria comunale, archivio del Collegio dei notai, armeria e anche sede del Monte di Pietà. Il Castello Inferiore, invece, è una fortezza di pianta quadrangolare con un alto mastio ed è stato costruito dagli Scaligeri utilizzando pietra locale arenaria e calcarea. Attualmente all’interno è si trova il Museo dei Costumi della Partita a Scacchi e l’Armeria della Partita. Proseguendo la visita è possibile raggiungere a piedi attraverso un bellissimo percorso immerso nel verde il Castello Superiore.

Il Castello Superiore si trova in cima al Monte Pausolino e domina dall’alto la città di Marostica. Da qui è possibile ammirare una bellissima vista su Marostica e i suoi dintorni. Il centro storico ospita numerosi ristoranti in cui è possibile fermarsi per assaggiare ottimi piatti della cucina locale e se visitate Marostica nella stagione giusta non potete esimervi dall’assaggiare le sue ottime ciliegie.

Asolo

Una volta terminata la visita la città è possibile procedere verso la seconda tappa della giornata che è il meraviglioso borgo di Asolo, nota come “la città dai cento orizzonti”. Asolo è un piccolo borgo della provincia di Treviso che conquista tutti i suoi visitatori grazie al suo fascino e alla sua eleganza. La cinta muraria che circonda la città è stata costruita a difesa del borgo nel corso del XIV secolo, quando Asolo era contesa tra Verona, Padova e Venezia.

Il suo centro storico si gira rigorosamente a piedi e mentre percorrete le stradine acciottolate della città alzate la testa verso l’alto per ammirare la bellissima rocca che è considerata il simbolo del borgo. Da lassù è possibile ammirare un magnifico panorama che spazia dalle Dolomiti a Venezia.

Punto di partenza per una visita alla città è sicuramente Piazza Garibaldi dove è possibile trovare una fontana del XVI secolo ma anche numerosi bar e ristoranti che nel tempo hanno ospitato personaggi famosi come la famosa attrice Eleonora Duse e il poeta inglese Robert Browning. Ritenuta da molti come una meta romantica, Asolo è la città giusta dove soggiornare durante questo fine settimana alla scoperta delle città. Inserita nella lista “Borghi più belli d’Italia”, Asolo è una città che ospita piccole e accoglienti sistemazioni dove poter trascorrere un fine settimana in tranquillità.

GIORNO 2

Castelfranco Veneto

Il secondo giorno di questo itinerario alla scoperta delle città murate venete prevede come prima tappa Castelfranco Veneto. Castelfranco Veneto è una cittadina che sorge in posizione strategica tra le province di Treviso, Padova e Vicenza. La città è stata fondata dai trevigiani proprio come avamposto difensivo in caso di attacco nemico. Il nome “Castel-franco” deriva dal fatto che le persone che vivevano all’interno delle mura di questo castello erano libere (“franche”) dal pagamento delle tasse. All’epoca il nucleo centrale della città si trovava all’interno delle mura che presentavano due ingressi principali, Porta Treviso e Porta Padova, mentre ora l’accesso è garantito da quattro entrate.

Non tutti sanno che Castelfranco Veneto ha dato i natali al famoso pittore Giorgio Zorzi noto come “il Giorgione”. All’interno del suo centro storico è possibile visitare la Casa del Giorgione e il Duomo che conserva la sua famosa tela “Madonna in trono col Bambino”.

Cittadella

Forse la più famosa tra le città murate venete è proprio Cittadella, che è considerata una tra le meglio conservate non solo in Italia ma anche in Europa. Questa località si trova a meno di 14 km da Castelfranco Veneto ed è quindi possibile visitarla nel pomeriggio di questo seconda giornata. Qui è possibile ammirare un centro che ha saputo mantenere intatta nel tempo la sua possente cinta muraria fortificata verso l’inizio del XIII secolo. Questo borgo, infatti, è stato fondato da Padova con l’obiettivo di tutelare le zone di confine contro le città di Treviso e Vicenza.

A Cittadella è possibile percorrere il camminamento lungo le mura di cinta (nella foto in basso) e ammirare una vista stupenda sul nucleo più antico. La muraglia è lunga circa 1,46 km e vanta la presenza di ben 36 torri di varie dimensioni, mentre l’ingresso è garantito da quattro entrate. Accanto a Porta Padovana si trova ancora addossata la Torre di Malta, una costruzione voluta da Ezzelino III da Romano, come prigione per i suoi nemici.

 

La storia del castello di Longiano: “Borgo incendiato” tra distruzioni e contese
Da cesenatoday.it del 6 febbraio 2022

La storia dell'imponente struttura, protetta da una doppia cinta muraria, racconta anche della lunga contesa per la zona tra riminesi e cesenati. I primi cenni storici al castello risalgono al 1059

Suggestiva location di numerosi eventi, da concerti a mostre, e sede della fondazione Tito Balestra, con la galleria d'arte moderna e contemporanea, il Castello malatestiano di Longiano è nato come roccaforte militare contro le incursioni longobarde, per poi diventare una residenza nobiliare e in seguito una sede amministrativa comunale. Per due secoli proprietà dei Malatesta, è stato oggetto di diverse distruzioni che gli sono valse il titolo di “Borgo incendiato”.

Sono molti gli elementi interessati di questa costruzione: la Sala dell'Arengo e la Sala degli Affreschi, la grande terrazza panoramica che offre una vista spettacolare fino al mare, una corte, intitolata all'ultimo esponente della proprietà riminese, Carlo, che ospita una vasca cinquecentesca veneziana. Strutturalmente si riconoscono due torrioni, la loggetta, i sotterranei e l'antica torre civica.

La storia dell'imponente struttura, protetta da una doppia cinta muraria, racconta anche della lunga contesa per la zona tra riminesi e cesenati. I primi cenni storici al castello risalgono al 1059. I bastioni invece risalgono alla fine del 1200 quando l'area, di proprietà dei riminesi, fu a lungo contesa dai cesenati, con attacchi ripetuti: fu Gianciotto Malatesta a decidere di rinforzare la costruzione ed, oltre ai bastioni, in quel periodo furono eretti la torre civica ed il mastio.

Una nuova modifica arrivò quando papa Leone X concesse Longiano in feudo perpetuo ai conti Rangone di Modena: fu in questo momento che il castello venne utilizzato come residenza nobiliare. L'interno fu arricchito con gli affreschi ancora conservati in due stanze del complesso e la vasca veneziana nella corte. Si arriva poi ad un nuovo cambio d'abito, nel XIX secolo quando il castello diventa sede del municipio di Longiano fino al 1989, ed è in questo momento che è stata decorata la sala del Consiglio da Giovanni Canepa e Girolamo Bellani. Longiano durante la Seconda guerra mondiale è stata caposaldo della linea Gotica ed anche il castello subì danni, che furono recuperati con l'ultimo restauro.
Una volta spostata la sede del Comune in quella attuale, il castello è stato aperto al pubblico ospitando, appunto, la galleria di arte moderna e contemporanea.

 

Riscoperti bunker della Seconda Guerra Mondiale, lo straordinario lavoro della natura
Da primabrescia.it del 3 febbraio 2022

Già in estate potrebbero avvenire le prime esplorazioni.

Bunker della Seconda Guerra Mondiale a Roè Volciano.

Importante collaborazione da parte del comune

La riapertura è stata resa possibile grazie al sindaco Mario Apollonio che ha voluto riscoprire in prima persona queste strutture ritenendo fondamentale la valorizzazione del patrimonio storico. Non solo il Sindaco, ma tutto il Comune di Roè Volciano in particolare l'assessore al Turismo e Cultura, Stefania Tuana ed il consigliere delegato Stefano Bonelli hanno richiesto e voluto questa esplorazione ad opera di Xtreme Adventure ( associazione no profit di Brescia. Nasce dalla passione di un gruppo di amici per escursioni, esplorazione, avventura e tutto ciò porta a vivere nuove esperienze fuori dall'ordinario, rivalutando il territorio e la sua storia).

Una sorpresa

Questi bunker, si presume, chiusi da molti anni, ci hanno regalato una meraviglia inaspettata - hanno dichiarato da Xtreme Adventure - Superata la parete frangi-fiamma (tipica dei bunker del periodo) ci siamo trovati di fronte ad una sedimentazione calcarea su tutta la pavimentazione e stalattiti sulla parte superiore del bunker. Proseguendo nel percorso e superato un angolo a gomito ecco comparire una scalinata completamente ricoperta di calcare concrezionato. L'acqua infatti scorre costantemente passando da un'infiltrazione nella parte superiore della scala. In questo modo deposita anno dopo anno particelle di calcare, formando così splendide concrezioni di minerali. La natura sta prendendo possesso del tunnel trasformandoli in opere d'arte geologiche.

Patrimonio da proteggere

I bunker al momento non sono visitabili. Dopo i necessari controlli sulla sicurezza delle strutture, aver rimosso sporcizia e detriti che ostruiscono parzialmente gli ingressi, ma soprattutto aver adottato tutte le misure di preservazione si potranno aprire alle visite. I bunker di Roè Volciano sono un patrimonio storico e geologico che va valorizzato e protetto, facendo in modo che tutti possano aver la possibilità di ammirare. Siamo fiduciosi che per quest'estate si potranno organizzare le prime esplorazioni.

 

Da oggi aperta al pubblico l'ex Batteria San Felice
Da chioggianews24.it del 2 febbraio 2022

Di Alberto Zaggia

Da oggi, mercoledì 2 febbraio, riapre al pubblico l’area di pregio ambientale “Ex Batteria San Felice” a Sottomarina. Il 28 gennaio scorso, infatti, è stato approvato il collaudo tecnico-amministrativo delle opere di riqualificazione (che ha interessato accessi e percorsi; recinzioni; opera verde e arredo urbano), collaudo necessario per la successiva fruizione pubblica del bene.

Gli orari di apertura dell’Ex Batteria San Felice fanno riferimento alla deliberazione della giunta comunale n. 212 del 17/12/2020 e sono i seguenti:
◾ febbraio, marzo, aprile, ottobre dalle ore 10 alle 12.30 e dalle ore 15 alle 18;
◾ da maggio a settembre dalle ore 10 alle ore 12.30 e dalle ore 16 alle 20;
◾ lunedì e martedì chiuso per pulizia e sfalcio erba
◾ novembre, dicembre e gennaio chiuso per manutenzione

L’apertura al pubblico viene garantita dalla ditta Mosella Srl, prima concessionaria e poi dal 2018 proprietaria della suddetta area; così come è a suo carico la vigilanza e una manutenzione programmata dei manufatti di interesse storico esistenti sulla Batteria.
«Siamo orgogliosi di poter annunciare la riapertura al pubblico – comunica con una nota la società Mosella – il nostro impegno, non solo economico, per l’acquisto e la riqualificazione della Batteria San Felice è stato rilevante e la sistemazione dell’area è avvenuta conformemente alle disposizioni che l’Agenzia del Demanio e la Soprintendenza avevano indicato. Con l’occasione, desideriamo ringraziare i sopra citati Enti, che, assieme al Comune di Chioggia, in questi quasi tre anni di lavoro hanno manifestato la loro attenzione e messo in campo ciascuno le proprie competenze: di vigilanza e controllo, ma anche di supporto e collaborazione nei confronti di chi ha acquistato dallo Stato un bene patrimoniale, con l’intento e l’impegno di garantire e rispettare tutti i parametri ed i limiti, che sono posti a proprietà di questo tipo. Ci auguriamo – conclude – che tutti gli sforzi effettuati per la rivalutazione siano ripagati con l’educazione e con il rispetto delle persone che ne beneficeranno, onde evitare provvedimenti a difesa e tutela del bene».
«Ho già effettuato una visita e mi complimento di questo recupero stupendo – aggiunge il sindaco di Chioggia Mauro Armelao – ringrazio la società Mosella per aver avuto la volontà e l’assiduità nel lavoro di riqualificazione di quest’area di pregio ambientale e di metterla, da oggi, a disposizione della città e dei turisti. Gli orari rimarranno quelli concordati con la precedente amministrazione con deliberazione di giunta del dicembre 2020. Mi unisco all’appello fatto ai cittadini ovvero di utilizzare l’area in modo consono: confidiamo non vengano lasciate, ad esempio, sul terreno deiezioni canine o altri rifiuti e che l’arredo urbano sia rispettato».

 

Curiosità: Forte Quezzi, costruito in tre giorni e tre notti
Da genovatoday.it del 1 febbraio 2022

I lavori prima vennero abbandonati subito causa mancanza di fondi, poi ripresi di gran carriera e conclusi in soli tre giorni per salvare la città

Durante la guerra di successione austriaca, nel '700, Genova, alleata di Spagna e Francia, venne minacciata dall'avanzata dell'esercito austro-piemontese arrivato ad assediare le alture del vicino monte Ratti, sopra l'abitato di Quezzi
Da qui nacque dunque l'esigenza di rinforzare le strutture difensive della città: nel 1747 il primo ingegnere dell'esercito dell'Infante di Spagna annunciò l'inizio della costruzione di forti a Quezzi e Camaldoli. I lavori però si fermarono praticamente subito causa mancanza di fondi.
Bisognerà aspettare il 1800 per vedere sviluppi: in questo anno il generale napoleonico Massena - durante l'assedio di Genova da parte dell'esercito austro-russo - realizzò che un forte sulle alture di Quezzi poteva davvero avere un'enorme importanza strategica. Dunque ordinò con gran fretta la ripresa dei lavori del forte: "Questi travagli - recita il documento di Riccardo Dellepiane riportato da Aldo Padovano in "Il giro di Genova in 501 luoghi" - che dovevano durare almeno tre mesi, furono fatti in tre giorni e tre notti. Vi travagliarono con incredibile zelo i generali, gli ufficiali e i soldati. E il nemico fu così sconcertato dalla subita e inaspettata uscita di quelle fortificazioni che non più ardì attaccare quel forte né in tempo della sua costruzione, né dopo".

Il forte venne poi abbandonato, venne solamente riutilizzato dalla milizia fascista durante la seconda guerra mondiale che però demolì il primo piano delle caserme per stabilirvi la contraerea.