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Michele Sanmicheli architetto manierista tra Verona e Venezia
Da villegiardini.it del 31 dicembre 2022

Cappella Pellegrini nella Chiesa di San Bernardino a Verona - ©Garonzi Stefania (via wikimedia commons CC BY-SA 4.0)

Di Maria Giulia Parrinelli

Michele Sanmicheli è stato un urbanista ma anche un architetto civile e militare. Un vero lavoratore instancabile ed uno dei più grandi artisti manieristi della sua epoca. Assunto dalla Serenissima ha progettato molto anche a Verona e ha lavorato molto all’estero durante i suoi viaggi per conto del doge.

Indice dei contenuti dell'articolo

1. Stile
2. La formazione
3. Orvieto
3.1. Cappella Petrucci
4. I lavori per la chiesa
5. Michele Sanmicheli incontra Francesco Maria della Rovere
5.1. Porta Palio
6. La carriera da ingegnere militare
7. Le ultime opere

Stile

Michele Sanmicheli può essere considerato un manierista però, a differenza di artisti come Michelangelo e Giulio Romano, violò le regole classiche per poter mescolare elementi antichi con le esigenze moderne e non per stupire l’osservatore. Il suo stile è dunque inconfondibile ed è influenzato sia dagli architetti contemporanei di Verona e di Venezia ma anche da artisti rinascimentali come Raffaello ma soprattutto Bramante. Fu un grande studio di Vitruvio da cui imparò le regole architettoniche che però non seguì pedissequamente ma le applicò in maniera diversa e più moderna.

La formazione

Michele Sanmicheli è nato a Verona il 1484 in una famiglia di architetti. Si formò insieme al fratello ed al cugino Matteo Sanmicheli nella bottega di famiglia tenuta dal padre e dallo zio. Decise di trasferirsi nel 1505 a Roma una volta morti i genitori. Una volta a Roma studiò la scultura e l’architettura classica lavorando, probabilmente, come assistente di Antonio da Sangallo. Nella capitale potè frequentare le botteghe influenzate dal Bramante ed anche l’architetto e intarsiatore Fra Giovanni da Verona che lo introdusse alla corte papale. Così facendo divenne noto anche al di fuori della città.

Orvieto

Nel 1509 si trasferì a Orvieto e tre anni dopo ottenne un importante lavoro. Fu nominato capomastro del cantiere del Duomo di Orvieto, potè così seguire i lavori da vicino imparando moltissimo. Questa esperienza lo rese molto conosciuto e richiesto e gli vennero commissionate diverse opere private come per esempio la Cappella Petrucci nella chiesa di San Domenico a Orvieto.

Pianta della cappella Petrucci progettata da Michele Sanmicheli

Cappella Petrucci

La Cappella Petrucci è stata costruita da Michele Sanmicheli tra il 1516 ed il 1518. Si tratta di una cappella sepolcrale all’interno della chiesa di San Domenico a Orvieto sotto la tribuna dell’altare maggiore. Inspirandosi ai mausolei dell’antica Roma l’architetto ha progettato tre vani al quale si accede scendendo due scale asimmetriche. Purtroppo l’assetto attuale della cappella è diverso da quello progettato nel 500 a causa di diversi lavori alle cappelle superiori durante la fine del XVI secolo.

I lavori per la chiesa

Nel 1526 lavorò per il cardinale Alessandro Farnese che gli commissionò di preparate i primi disegni del Duomo di Montefiascone non lontano da Viterbo. Si trattava di un edificio che rimandava alla chiesa di Santa Maria di Loreto a Roma, a pianta ottagonale sormontata da una cupola bramantesca. Purtroppo a causa di un incendio nel 1670 questo edificio andò parzialmente distrutto e venne modificato radicalmente da Carlo Fontana.

Probabilmente grazie alla raccomandazione del cardinale Alessandro Farnese, Michele Sanmicheli potè lavorare anche per papa Clemente VII. Per il pontefice perlustrò e fece una relazione riguardante le fortificazioni settentrionali.

Michele Sanmicheli incontra Francesco Maria della Rovere

Decise di tornare nella sua città natia nel 1527. Prima però si fermò brevemente a Treviso, a Padova e a Legnano per studiare le opere di architettura militare. E sarà proprio a Legnano che Michele Sanmicheli incontrò Francesco Maria della Rovere che, conoscendo la sua fama e vedendo l’interesse per l’architettura militare, gli offrì la carica di ingegnere militare per Venezia.

Sempre nel 1527 progettò la cappella Pellegrini presso la chiesa di San Bernardino di Verona terminata poi tre anni dopo.
Sarà nel 1530 che Michele Sanmicheli venne ufficialmente nominato sovrintendente e tra il 1532 ed il 1547 progettò le porte monumentali di Verona, prima porta Nuova poi porta San Zeno ed infine porta Palio. Successivamente modificò la fortificazione di Verona aggiungendo diversi bastioni.

Porta Palio – ©Lo Scaligero (via wikimedia commons CC BY-SA 4.0)

Porta Palio

Progettata da Michele Sanmicheli e costruita tra il 1550 ed il 1561 Porta Palio è un accesso monumentale della città di Verona tra il bastione di San Bernardino e il bastione di Santo Spirito. Presenta una pianta rettangolare con un grande androne centrale senza pilastri aperto su un loggiato. Al piano superiore sono presenti diversi locali che un tempo erano adibiti al corpo di guardia.
La facciata principale è composta da quattro coppie di colonne leggermente distanziate tra loro che delimitano le tre campate principale che contengono delle porte al centro più grande e ai lati più piccole. Il lato che guarda la città invece presenta, invece, sei coppie di colonne e cinque aperture ad arco che lo avvicinano molto ad un grande portico.

Dettaglio di Porta di Terraferma a Zara – ©Fred Romero (Flickr CC BY 2.0)

La carriera da ingegnere militare

Nel 1534 Michele Sanmicheli venne incaricato di redigere un rapporto sulle difese e sulle fortificazioni della laguna. L’architetto delineò una ipotetica riprogettazione sulla base sia di difesa militare ma anche considerando una certa efficienza civile. Aveva tenuto conto anche delle problematiche del territorio rendendo questo lavoro tuttora attuale.
Fino al 1540 viaggiò moltissimo con il nipote per visitare e verificare le fortificazioni nei domini marittimi della Serenissima. Visitò per esempio la Dalmazia ma anche alcune città nell’attuale Croazia come Zara e Sebenico arrivando fino a Corfù e Creta.
Nonostante il molto lavoro tra la redazione del rapporto sulle difese e i viaggio gli fu commissionata la progettazione di alcune fortificazioni nella laguna come per esempio il forte di Sant’Andrea proprio di fronte al lido di Venezia.

Al ritorno dai suoi viaggi ad est lavorò ancora ad altre fortificazioni a Orzinuovi e Chioggia e diede diverse consulenze come per esempio sulla costruzione del palazzo della Ragione a Vicenza dove probabilmente incontro Andrea Palladio.

Le ultime opere

A causa delle sue condizioni di salute viaggiò sempre meno facendo rilievi a strutture difensive non lontane da Venezia. Nel 1540 tornò a Verona dove gli commissionarono diverse residenze realizzando anche la cupola della chiesa di San Giorgio in Braida. Tra le residenze più riuscite c’è sicuramente il palazzo Pompei della famiglia Lavezzola.
Dal 1541 al 1556 progettò altri palazzi, non solo a Verona come il palazzo degli Honorij ma anche a Venezia come palazzo Corner Mocenigo e palazzo Grimaldi e Rovigo con il palazzo Roncale. Michele Sanmicheli morirà a Verona nell’agosto 1559 dopo aver perso il nipote che aveva designato come suo successore.

 

Salvati 280 metri di mura del castello veneziano di Pola
Da lavoce.hr del 30 dicembre 2022

«Compiuto anche questo sforzo, in futuro avremo di fronte un’opera ben più complessa e costosa: il recupero della cinta esterna». Gracijano Kešac, direttore del Museo storico e navale dell’Istria guarda già al prossimo obiettivo

Di Arletta Fonio Grubisa

Se Venezia ha il merito di averlo costruito, Pola avrà quello di averlo recuperato. É il fortunato destino riservato al Castello di Pola, a differenza di quello capitato a tante altre fortezze di secolare memoria sparse e inghiottite nella macchia in penisola. Paladino, sostenitore e difensore valoroso dei suoi bastioni, è l’ente ospitato dentro al maniero, il Museo storico e navale dell’Istria, che con pluriennale impegno si è addossato la non invidiabile e immane responsabilità della salvaguardia con milioni di investimenti assegnati a forze riunite. Ministero della Cultura della Repubblica di Croazia, Regione istriana, Città di Pola, Regione Veneto, Europa e fondi relativi, tutti, chi più chi meno, compreso il salvadanaio museale hanno contribuito nel corso degli anni a far sì che un siffatto patrimonio architettonicoculturale che sormonta la città ottenga una degna manutenzionee ancora una più incisiva valorizzazione.

Fossato più sicuro

L’ultima missione di recupero patrimoniale è stata appena compiuta e celebrata ieri con una passeggiata attraverso tutte le cortine, in cima al Castello, preceduta da una conferenza stampa per comunicare più nel dettaglio la conclusione dell’opera di ricostruzione delle strutture murarie di supporto nel fossato della fortezza. Protagonisti del giro di ricognizione, il direttore dell’ente museale Gracijano Kešac, nei panni di capogruppo, il presidente della Regione istriana Boris Miletić, la sovrintendente dell’ufficio ministeriale per la tutela del patrimonio storicomonumentale, Lorella Limoncin Toth, il sindaco di Pola, Filip Zoričić ai quali si è infine unito anche l’assessore regionale della cultura Vladimir Torbica. È spettata proprio a Kešac l’opportunità di esibire il bell’aspetto delle strutture in pietra che si estendono ora ordinate, e non più pericolanti o quasi diroccate, tutto attorno al canale che circonda il Castello mostrando le strategie di difesa messe in campo nei secoli scorsi.

Le costruzioni portanti

Un altro esigente lavoro è finito dopo quattro fasi di manovra partita ancora dal 2018, poi interrotta a causa della crisi epidemica e ripresa con nuova lena nel 2021. Da quanto comunicato ieri, è stato appena finito un grosso recupero conservativo di costruzioni portanti danneggiate dai rovi e che in determinati punti erano finite per crollare del tutto. Oltre alla rimozione della sterpaglia e di tante pianticelle e solidi arbusti che nel tempo hanno formato viluppo è stata eseguita la ricostruzione – con tecnica e configurazioni identiche a quelle originarie – di parte del muretto che si estende a oriente, a metà strada tra il Castello e il Piccolo teatro romano, ora rivalorizzato da parte del Museo archeologico istriano, nonché il restauro del muro di supporto rivolto a meridione. Ecco finalmente visibile un passaggio a gradini che a differenza di prima permette di incamminarsi dentro al fossato per poi salire in direzione dell’area del teatrino antico. Tutto questo diventa ancora di più parte integrante del futuro percorso da passeggiata turistico-culturale, organizzata nell’area dello storico Castrum ora occupata dalla fortezza di Antoine De Ville.

I partner coinvolti

Questo progetto di recupero, realizzato sulla base dello studio architettonico di Eligio Legović, di Parenzo, a opera della Kapitel s.r.l., Gimino e vigilanza dell’Ufficio polese della Sovrintendenza ministeriale al patrimonio storico e per la parte edilizia dalla s.r.l. Istra inženjering, ha condotto verso la salvezza ben 280 metri di struttura muraria dallo spessore fino a una media di 95 centimetri, con un investimento complessivo nell’ordine di 921mila kune. Un grazie al supporto dato è stato rivolto alla Regione istriana (che ha contribuito con 453mila kune), al Ministero della Cultura (200mila), alla Città di Pola (160mila) e alla Pro loco cittadina (30mila). Come poi precisato da Kešac, “il muro di sostegno dalla parte occidentale a livello d’ingresso era stato recuperato ancora nel 2008, perché a rischio di crollo totale ed era risultato una priorità per ragioni di sicurezza. Poi si era provveduto a tutto il resto. L’attenzione dovrà essere dirottata in futuro verso le due lunette ubicate nella parte orientale e meridionale del Castello, che sono ancora coperte dal terreno. Scoprirle sarà oltremodo interessante per risalire alle dimensioni e alla forma delle medesime, nonché provvedere ai recuperi successivi”.

Una nuova visuale su Pola

Compiacimento particolare è stato espresso per l’occasione da Boris Miletić nel vedere messo a frutto l’impegno finanziario della Regione che “ci tiene particolarmente a conservare il proprio patrimonio, in maniera equa e in ogni angolo della penisola”.
Da parte di Lorella Limoncin Toth ulteriori congratulazioni per  questo lavoro condotto a termine allo scopo di “aprire una nuova visuale della panoramica monumentale di Pola”, mentre Filip Zoričić ha confermato la volontà della Città di Pola di dare “ulteriori oboli alla conservazione di una storia che dentro ad un colle nasconde un castelliere preistorico, un castrum romano e un castello veneziano”.

Gli investimenti futuri

”Compiuto anche questo sforzo – ha rivelato Gracijano Kešac – maestranze e strumenti investiti nei restauri si sposteranno in direzione di un’opera ben più complessa e costosa: il recupero della cinta muraria esterna del Castello che secondo perizia finanziaria dell’Istituto croato per i restauri conservativi effettuata anni or sono dovrebbe costare 4,5 milioni di kune, ma che in realtà risulterà molto molto di più cara. Il progetto esecutivo è in fase di stesura, mentre i lavori avranno inizio nel 2024”.
Pure questo si aggiungerà al voluto traguardo assieme ai recuperi delle cortine, alla costruzione delle rampe, alla ristrutturazione del serbatoio d’acqua, nonché alla realizzazione del rivoluzionario progetto di costruzione dell’ascensore che dai rifugi porta al cortile del maniero, reso possibile nel 2020/21 con il contributo dei fondi europei erogati tramite meccanismi ITU (Investimenti territoriali integrati).

 

“Extra Moenia”: a Otranto passeggiata storica lungo le fortificazioni
Da lecceprima.it del 30 dicembre 2022

I Fossati di Otranto.

L’iniziativa a partire da via Delle Torri il 31 dicembre nella città dei Martiri

OTRANTO – Una passeggiata storico-archeologica lungo le fortificazioni di Otranto: è la proposta del 31 dicembre, fatta da Otranto Culture Aps, con partenza dai fossati, per visitare Torre Matta e conclusione sul Bastione Pelasgi. Partenza alle ore 10:30 da via Delle Torri (ingresso Fossati). L’iniziativa sarà curata dall’archeologa Giovanna Muscatello.

Il circuito murario e i fossati della città di Otranto custodiscono la storia del sistema di difesa del centro idruntino. Nell’ambito di un recente progetto di riqualificazione dei fossati della città è stato possibile compiere uno studio analitico delle strutture, attuando un nuovo processo di conoscenza delle evidenze storico-architettoniche e archeologiche che contraddistinguono questo importante contesto monumentale che comprende il circuito murario, l’ampio fossato, l’antemurale, il maestoso castello e i camminamenti sotterranei sino ad arrivare alla Torre Matta, posta a ridosso dell’area portuale.

La configurazione attuale del percorso fortificato, caratterizzato dal castello e dalle rondelle dalla forma troncoconica con toro marcapiano, è il risultato degli imponenti interventi di ricostruzione attuati dagli Aragonesi, dalla fine del ‘400 fino alla fine del ‘500, che ripristinarono il circuito murario, inglobando le strutture esistenti e potenziando il sistema di difesa.

Il fossato corre accanto al perimetro delle alte mura e del fortilizio, da Porta Alfonsina (ad ovest) sino a Porta Terra, vicina alla Torre Matta. Un’attenta lettura stratigrafica ha permesso la registrazione di quelle azioni che hanno pesantemente segnato l’apparato murario, come nel caso della “Torre Demolita” a ridosso della Torre Duchesca.
Inoltre, a ridosso del castello e del ponte di legno, che permette l’accesso alla città antica passando sui fossati, sono presenti alcuni ambienti ipogei che rappresentano, per il momento, l’unica testimonianza di camminamenti sotterranei all’interno dei fossati. Sino ad arrivare alla Torre Matta, uno dei più singolari monumenti della città, un bastione pentagonale edificato intorno alla metà del XVI secolo per potenziare le strutture difensive esistenti che ingloba al suo interno una parte di una torre circolare edificata alla fine del XV secolo creando un ambiente di grande suggestione, un unicum nel panorama dell’edilizia storica salentina.

La ricerca è stata condotta all’interno delle attività di sorveglianza dei lavori di riqualificazione dei fossati e di recupero della Torre Matta.

L’iniziativa sarà curata dall’archeologa, Giovanna Muscatello, specializzata in Rilievo e Analisi Tecnica dei Monumenti e Dottore di Ricerca in Topografia Antica. Esperta in tecnologie di rilevamento avanzate finalizzate allo studio e alla diagnosi delle strutture antiche, da anni si occupa di progetti di ricerca in Italia e all’estero mirati all’analisi dell’edilizia storica propria dell’archeologia dell’architettura. E dalla guida turistica accreditata dalla Regione Puglia, Laura Carone.

Costo: 10 Euro.
Durata: circa 1 ora e mezzo/2.
Per prenotazioni e info: 328.2918418 – 339.2261678 – otrantoculture@gmail.com.

 

Di base in base. La fitta rete militare Usa-Nato in Italia
Da infoaut.org del 30 dicembre 2022

Alea iacta est. Il dado è tratto. Le nuove bombe nucleari USA a caduta libera saranno dislocate in Europa entro la fine del 2022 con tre mesi di anticipo sul cronogramma fissato da Washington con i partner NATO.

Di Antonio Mazzeo

Si tratta di una prova di forza che alimenterà pericolosamente le già forti tensioni con la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina. Saranno un centinaio circa le armi che verranno ospitate nei bunker di cinque paesi: Belgio (base aerea di Kleine Brogel), Germania (Buchel), Paesi Bassi (Volkel), Turchia (Incirlik) e Italia (gli scali di Aviano-Pordenone e Ghedi-Brescia). Le nuove bombe saranno le B61-12, variante ammodernata delle più antiche B61. Esse avranno una potenza distruttiva regolabile, con quattro opzioni selezionabili a seconda dell’obiettivo da colpire. “L’impiego operativo, quindi, può essere calibrato a seconda dell’effetto desiderato e dell’importanza dell’obiettivo”, scrive Difesaonline. Rispetto alla bomba “madre”, le B61-12 saranno guidate da un sistema satellitare e potranno penetrare nel sottosuolo per esplodere in profondità. La National Nuclear Security Administration, l’ente del Dipartimento dell’Energia USA che si occupa delle scorte di armi nucleari, ha reso noti nel novembre 2021 i cacciabombardieri che saranno impiegati per sganciare le nuove armi atomiche: i Panavia PA-200 “Tornado”, gli F-15 “Eagle”, gli F-16 C/D “Fighting Falcon”, i B-2 “Spirit”, i B-21 “Raider” e i nuovi F-35A “Lighting II” acquistati pure dall’Aeronautica militare italiana e schierati nella base di Amendola (Foggia).

A Ghedi ed Aviano dovrebbero essere ospitate complessivamente dalle 30 alle 50 bombe B61-12 e nei due scali NATO sono in via di completamento i lavori di “rafforzamento” dei bunker atomici. Ghedi è sede del 6° Stormo dell’Aeronautica italiana con i “Tornado” nucleari, ma si sta addestrando da tempo all’impiego dei cacciabombardieri F-35 di quinta generazione. Ad Aviano le nuove bombe saranno impiegate dai cacciabombardieri F-16 dell’US Air Force. Nella base friulana sono state ampliate le piste e realizzati nuovi hangar e centri di manutenzione velivoli. Aviano è utilizzata pure dai grandi aerei cargo che trasportano i parà della 173^ Brigata aviotrasportata di US Army verso i maggiori scacchieri di guerra internazionali (recentemente in Iraq e Afghanistan, oggi in Europa orientale e in Africa).

La 173^ Brigata è uno dei reparti d’élite delle forze armate USA e ha quartier generale presso l’ex aeroscalo “Dal Molin” di Vicenza, una delle maggiori basi militari statunitensi in territorio italiano. Qualche mese fa nella città veneta sono stati avviati i lavori di realizzazione di 478 alloggi per il personale militare statunitense e famiglie (villette a schiera e diverse nuove palazzine all’interno della caserma Ederle e del cosiddetto Villaggio della Pace), con una spesa stimata di 373 milioni di dollari. Sono previste inoltre nuove infrastrutture viarie per rendere più rapido il collegamento delle basi vicentine con l’aeroporto di Aviano.

In verità sono innumerevoli i cantieri aperti per potenziare la rete militare USA-NATO e nazionale in Italia. Da qualche mese nella base siciliana di Sigonella è divenuto operativo l’AGS – Alliance Ground Surveillance, il sistema avanzato di sorveglianza terrestre dell’Alleanza Atlantica, basato su cinque grandi velivoli senza pilota RQ-4 “Phoenix”. Questi droni sono lunghi 14,5 metri e possono volare in tutte le condizioni ambientali e ininterrottamente per più di 30 ore, fino a 18.280 metri di altezza. Il sistema AGS è impiegato per le attività di intelligence NATO nel Mar Nero e ai confini con il territorio ucraino: le flotte e i reparti terrestri della Federazione russa vengono spiati in ogni loro mossa e i dati raccolti vengono messi a disposizione delle forze armate di Kiev per pianificare le operazioni contro l’invasore.

Da Sigonella decollano con cadenza quotidiana pure i grandi droni-spia “Global Hawk” di US Air Force e i pattugliatori marittimi P8A “Poseidon” di US Navy e delle forze aeronavali di Australia e Regno Unito, contribuendo all’escalation bellica in atto in Europa orientale. Il ruolo di Sigonella nelle strategie di guerra globale è tuttavia destinato a crescere ulteriormente: il Pentagono ha firmato un contratto del valore di 177 milioni di dollari con una società controllata dal colosso industriale Raytheon Technologies, per migliorare l’efficienza dei 14 terminali mondiali (tra cui Sigonella) inseriti nel sistema High Frequency Global Communications (HFGCS). Le stazioni dell’HFGCS trasmettono i cosiddetti EAM (messaggi di azione di emergenza) e altri tipi di codici di rilevanza strategica, compresi quelli per la conduzione di un attacco nucleare. Infine a Sigonella il ministero della Difesa ha avviato l’iter di esproprio di quasi 100 ettari di terreni per allungare le piste della base e consentire i decolli e gli atterraggi degli aerei cisterna per il rifornimento in volo dei caccia della NATO.

Altra infrastruttura chiave nei programmi di rafforzamento del dispositivo di proiezione avanzata delle forze armate italiane e alleate è la base di Pratica di Mare, Roma, sede del 14° Stormo dell’Aeronautica. Dallo scoppio della guerra in Ucraina, da Pratica di Mare decollano verso il Mar Nero e l’Est Europa i sofisticati velivoli Gulfstream E.550 CAEW per sorvegliare le operazioni dei reparti di guerra russi. I velivoli non sono semplicemente dei “radar volanti”, ma possiedono anche compiti di “gestione” delle missioni alleate nei campi di battaglia e di disturbo delle emissioni elettroniche. Dallo scalo romano partono inoltre gli aerei cisterna KC-767A utilizzati per il rifornimento dei velivoli italiani e NATO impiegati nella Air Policing Mission nello spazio aereo dell’Europa orientale. Velivoli cargo vengono impiegati da Pratica di Mare per trasportare i sistemi d’arma “donati” dal governo italiano alle forze armate ucraine.

Colate di cemento a fini bellici sono previste anche per la città di Pisa. Il Comando generale dell’Arma dei Carabinieri intende realizzare caserme e alloggi per militari e famiglie, poligoni di tiro e basi addestrative, in un’area di 73 ettari a Coltano, nel parco regionale di Migliarino–San Rossore –Massaciuccoli. Tra i reparti d’assalto dei Carabinieri che saranno insediati a Coltano ci sono il 1° Reggimento Paracadutisti “Tuscania”, il G.I.S.-Gruppo di Intervento Speciale e il Centro Cinofili, da decenni impiegati nei maggiori teatri di guerra in azioni di combattimento e nell’addestramento “anti-terrorismo” del personale militare di alcuni regimi africani e mediorientali. Il progetto di Pisa è funzionale al rafforzamento geostrategico della regione Toscana: la nuova cittadella dei Carabinieri si aggiungerà infatti alla grande base di stazionamento dei mezzi pesanti di US Army di Camp Darby, agli aeroporti di Pisa-San Giusto e Grosseto, al porto di Livorno, alle tante caserme dei parà della “Folgore”, al centro di ricerca militare avanzato (già nucleare) di San Piero a Grado, al comando fiorentino della Divisione “Vittorio Veneto” prossimo ad operare come Multinational Division South NATO per gli interventi dell’alleanza nelMediterraneo e in Africa.

L’hub bellico toscano si affiancherà così a quelli veneto-friulano (con Vicenza e Aviano); siciliano (Sigonella, il MUOS di Niscemi, la baia di Augusta, lo scalo di Trapani-Birgi e le isole minori di Pantelleria e Lampedusa); pugliese (le basi navali NATO di Taranto e Brindisi, gli aeroporti di Amendola, Gioia del Colle e Galatina); campano (il porto di Napoli e Capodichino, il Comando interalleato di Lago Patria); sardo (gli innumerevoli poligoni sparsi per tutta l’isola, Decimomannu, l’arcipelago della Maddalena)  All’orizzonte si profila inoltre lo sviluppo del complesso militare e industriale in Piemonte e Lombardia (in quest’area esistono già il centro di Cameri-Novara per la produzione degli F-35, il quartier generale dei NATO Rapid Deployable Corps di Solbiate Olona, i complessi Leonardo-Agusta a Varese, la base nucleare di Ghedi, le fabbriche di pistole, mitra e fucili nel bresciano). Lo scorso mese di aprile la NATO ha approvato il documento strategico che pone le basi dell’Acceleratore di innovazione nella difesa per l’Atlantico del Nord (DIANA) per promuovere la ricerca scientificotecnologica di centri accademici, start up e piccole e medie imprese sulle tecnologie emergenti che la NATO ha identificato come “prioritarie”: sistemi aerospaziali, intelligenza artificiale, biotecnologie e bioingegneria, computer quantistici, cyber security, motori ipersonici, robotica e sistemi terrestri, navali, aerei e subacquei a pilotaggio remoto, ecc. La città di Torino è stata scelta come prima sede europea degli acceleratori NATO: in una prima fase la sede di DIANA sarà ospitata nelle storiche Officine Grandi Riparazioni per essere trasferita dal 2026 nella Città dell’Aerospazio in via di realizzazione alla periferia ovest del capoluogo piemontese, grazie ad un finanziamento di 300 milioni di euro del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza (PNRT), più altri 800 milioni che dovrebbero giungere da una settantina di aziende del settore aerospaziale (Leonardo SpA in primis). Un’Italia ancor più armata e militarizzata a uso esclusivo delle forze armate USA e NATO e a beneficio e profitto delle industrie di morte.

Articolo pubblicato in “Dossier. Tutti troppo armati”, Mosaico di Pace, n. 10, dicembre 2022.

 

Da Carini alla Zisa, tutte le fortezze palermitane nella guida ai castelli della Sicilia occidentale
Da palermortoday.it del 29 dicembre 2022

Sono 56 i siti della provincia di Palermo censiti da CastleMap, un opuscolo in distribuzione gratuita negli aeroporti e in punti di informazione turistici

Dal Castello di Battalari di Bisacquino, passando dalla Zisa o da Carini, fino a quello di Vicari. Sono 56 i castelli della provincia di Palermo censiti in CastleMap, una guida dedicata proprio alle antiche fortezze della Sicilia occidentale.

In distribuzione gratuita negli aeroporti siciliani e nei punti d’informazione al turismo, la CastleMap è la prima ed unica mappa cartacea dedicata ai castelli siciliani. Edita da PassioneSicilia Edizioni, sfogliabile anche online. Un'iniziativa che, ha lo scopo di fare conoscere angoli meravigliosi della Sicilia al turista, non solo a chi arriva da fuori dell’isola ma anche a quel turista di prossimità che vuole esplorare nuove mete del territorio o organizzare una giornata diversa alla scoperta di piccoli borghi.

La CastleMap contiene più di 100 castelli della Sicilia Occidentale, di epoche diverse e molti dei quali ancora in ottime condizioni. Il tutto accompagnato da appositi spazi che offrono al turista degli spunti per organizzare delle escursioni noleggiando qualche mezzo e gustare i prodotti tipici del territorio, tra ristoranti, pizzerie, pub, bar, pasticcerie, birrifici. Un pacchetto completo per il turista che può visitare il castello presente nella mappa, sapendo in partenza se si tratta di un luogo pubblico, privato, in buone condizioni o un rudere e il suo secolo di costruzione, e che può organizzare il suo piano turistico con i suggerimenti tra le diverse categorie presenti.

"Da anni lavoriamo nel mondo del turismo realizzando prodotti editoriali diversi dai soliti prodotti in commercio – dichiara Nino Messina editore di PassioneSicilia Edizioni – riscontrando un notevole interesse soprattutto verso le nostre mappe che, anche se legate allo stereotipo di 'vecchio' perché di carta, realizzate con una grafica moderna, gratuite, oltre che cartacee anche sul web, offrono al turista la possibilità di conoscere la Sicilia sotto vari aspetti e nelle diverse sfaccettature del turismo che negli anni si è trasformato verso diverse tendenze come il turismo esperienziale, in forte aumento nell’ultimo periodo. Ecco perché, nei vari punti di distribuzione, le nostre mappe vanno a ruba. In pausa causa Covid – conclude Messina – diversi progetti vedranno la luce nel prossimo 2023. Nuove mappe saranno a disposizione dei turisti in arrivo in Sicilia cercando, nel nostro piccolo, di aiutare la destagionalizzazione del turismo siciliano che i numeri danno in forte crescita".

 

Il fascino invernale delle fortificazioni alpine
Da latitudeslife.com del 26 dicembre 2022

Veduta invernale del Forte di Fenestrelle ©Andrea Vettoretti Archivio Turismo Torino e Provincia

Da Fenestrelle ad Exilles, da Ventimiglia ad Aussois: suggestioni e proposte grazie ad un progetto di valorizzazione della Regione Piemonte

Giochi di luci e di ombre, incroci di strade e sentieri, crinali rocciosi che graffiano il cielo prima di involarsi verso il basso con dirupi improvvisi o morbidi declivi.

Una cerniera linguistica e culturale, ma anche un amalgama spesso inatteso tra uomo e natura che custodisce storie e leggende millenarie. Sorgono qui, nel cuore delle Alpi Occidentali, alcune delle fortificazioni militari più imponenti d’Europa, effigi di un tempo oscuro fatto di guerre e confini, ma anche testimonianza vivace delle abilità architettoniche del passato.

Dalla Liguria al Piemonte, dall’Italia alla Francia, sono tanti i forti che ancora oggi sorvegliano il transito di turisti e visitatori ergendosi a baluardo della storia e a presidio del tempo che è stato.

Monumenti da visitare o da accarezzare con lo sguardo, immersi in ambienti dalle imperdibili peculiarità gastronomiche,artistiche e naturalistiche.

Con questo spirito, allora, è nato il progetto “Salvaguardare”, promosso dalla Regione Piemonte, inserito all’interno del Piano Integrato Tematico (PITEM) Pa.C.E. e incardinato nell’Asse III “Attrattività del territorio” del programma transfrontaliero ALCOTRA Italia-Francia per la programmazione 2014-2020.

La volontà di riattivare il patrimonio socioculturale di un territorio a partire dalla valorizzazione di alcune fortificazioni, dunque, ma anche l’invito a frequentare angoli di montagna che si affacciano sul mare o che si specchiano nel cielo.

Sono quattro i siti fortificati rientranti nel progetto, pronti a sorprendervi in primavera e in estate con il loro carico di eventi, visite guidate ed escursioni nella natura.

Per chi non sapesse aspettare, però, ecco qualche consiglio per vivere appieno il fascino dei forti anche durante questi mesi invernali, per un’esperienza divertente e immersiva da trascorrere con gli amici o con la famiglia.

Una veduta aerea del Forte di Fenestrelle @Shutterstock

Il Forte di Fenestrelle

Concepita nell’autunno del 1727 dall’ingegner Ignazio Bertola, la struttura ha conosciuto l’inizio dei suoi lavori di costruzione nella primavera del 1728, con l’ultimo cantiere smobilitato soltanto nel 1850.

Costruita lungo il crinale della montagna per oltre 3 chilometri, occupa una superficie complessiva di 1.350.000 metri quadrati e un dislivello tra il primo e l’ultimo corpo di fabbrica di circa 600 metri. Misure imponenti che la rendono ancora oggi la più grande fortezza alpina d’Europa.

Aperto e visitabile durante l’intero periodo invernale grazie all’impegno dell’Associazione Progetto San Carlo che propone due diverse tipologie di visita (una più breve di un’ora con focus specifico sul Forte San Carlo e una più approfondita di tre ore che comprende anche la scala coperta, la polveriera, il Forte Tre Denti e la Garitta del Diavolo), il Forte ospiterà venerdì 30 dicembre dalle ore 9.00 alle ore 13.30, la manifestazione “La spesa in campagna” a cura di CIA Agricoltori delle Alpi-Fenestrelle paese.

Per chi volesse abbinare storia e sport invernali, invece, una tappa nella vicina Pragelato già sede olimpica per lo sci nordico o una ciaspolata tra le borgate di Usseaux (inserito tra i Borghi più Belli d’Italia) sono assolutamente consigliate.

Il Forte di Exilles @ Archivio Turismo Torino e Provincia

Il Forte di Exilles

Assimilabile tra i monumenti più antichi della Valle di Susa e considerato tra i sistemi difensivi più importanti del Piemonte, il Forte di Exilles affonda le sue radici in un’antichità parzialmente sconosciuta, con i primi documenti che ne attestano l’esistenza risalenti al VII secolo circa.

Rasa al suolo dai francesi nel 1796 e ricostruita per volontà di Vittorio Emanuele I tra il 1818 e il 1829, la struttura è stata disarmata nel 1915, perdendo ogni funzione militare a partire dal 1945.

Temporaneamente non visitabile, il Forte di Exilles domina comunque l’omonimo abitato che nei mesi invernali assume le sembianze di un piccolo presepe d’alta quota.

Tra i monumenti degni di nota, la bellissima parrocchiale dei SS. Pietro e Paolo risalente al XIII secolo, il caratteristico Museo della Grappa “Gianfranco Joannas”e le diverse borgate che impreziosiscono i pendii circostanti.

Gli amanti dell’escursionismo, invece, non potranno non visitare il Gran Bosco di Salbertrand: inserita tra le riserve naturali del Parco Alpi Cozie, l’area protetta si caratterizza per le pregiate abetine e gli estesi larici-cembreti che soprattutto nel periodo invernale si riempiono di sfumature inattese e cangianti.

Il Forte dell’Annunziata a Ventimiglia ©Fabio-Piuma

Il Forte dell’Annunziata

Realizzato per volere del governo sabaudo trail 1831 e il 1837 con l’intento di rafforzare i confini occidentali del regno, il Forte dell’Annunziata costituiva la ridotta del soprastante Forte San Paolo, voluto dai genovesi in seguito alla conquista di Ventimiglia nel 1222.

Declassata a caserma militare dopo la cessione di Nizza alla Francia e la conseguente cessazione di Ventimiglia come piazzaforte, la ridotta dell’Annunziata ha subito diversi lavori di restauro nel corso del Novecento che sono culminati nel 1931 con la realizzazione di un piano sopraelevato per ospitare dapprima un contingente di bersaglieri, quindi il Museo Civico Archeologico “Girolamo Rossi” dal 1989.

Una visita allo spazio museale, dunque, aperto anche durante le festività natalizie oppure una facile passeggiata verso Porta Canarda, l’unica porta romana rimasta integra tra le otto che un tempo circondavano l’abitato e raggiungibile in pochi minuti per mezzo di uno straordinario sentiero balcone a vista di Capo Mortola e della Costa Azzurra.

Il modo migliore per assaporare appieno il fascino del mare d’inverno, la cui irrequietezza imprevedibile ben si coglie anche dalla terrazza del Forte stesso.

Il Forte Maria Cristina fa parte delle Fortificazioni dell’Esseillon

I Forti dell’Esseillon

Conosciuti talvolta con l’epiteto di barriera dell’Esseillon, i forti sono costituiti da cinque differenti strutture realizzate tra il 1817 e il 1834 dall’allora governo del Regno di Sardegna e si estendono oggi tra i comuni francesi di Aussois e Avrieux.

Le singole strutture portano i nomi della famiglia reale (Vittorio Emanuele, Maria Teresa, Maria Cristina, Carlo Alberto e Carlo Felice) e sono state realizzate sul modello di Montalembert.

La Ridotta Maria Teresa in particolare, posta sulla riva sinistra del fiume Arc già nei confini amministrativi del Comune di Avrieux, è oggi uno spazio espositivo costituito da un percorso ludico e pedagogico pensato per avvicinare adulti e ragazzi alla scoperta della storia architettonica della barriera dell’Esseillon e, in generale, di quella dell’intera Savoia ed è visitabile tutti i martedì dal 3 gennaio all’11 aprile.

Per chi si trovasse ad Aussois nelle prossime settimane, invece, sono particolarmente consigliate la visita notturna natalizia del 24 dicembre, la discesa con gli sci “aux flambeux” del 31 dicembre e la sesta tappa de “La Grande Odyssee”, la celebre corsa internazionale di cani da slitta che transiterà proprio in zona il prossimo 13 gennaio.

Maggiori informazioni sulle fortezze piemontesi sono disponibili alla pagina del sito di Visit Piemonte.

 

Natale nei bunker
Da storicang.it del 26 dicembre 2022

Di Pia Brugnatelli

Come si festeggiava il Natale durante la Seconda guerra mondiale? Se vivevi a Londra, probabilmente in un bunker sotterraneo. Nel 1940 la capitale inglese era infatti reduce dal cosiddetto Blitz, il bombardamento continuato a cui la Luftwaffe sottopose il territorio britannico per cinquantasette giorni, a partire dal mese di settembre. L’ultimo attacco risaliva al 15 novembre, e moltissime famiglie erano rimaste senza casa. A causa del blackout furono proibite le carole natalizie, che avrebbero portato la gente per strada, ma i londinesi trovarono comunque il modo di riunirsi.

Questa foto mostra una festa con tanti bambini organizzata in uno dei rifugi sotterranei il 25 dicembre 1940. La maggior parte dei piccoli si trovava in realtà in campagna, dove era stata fatta evacuare all’inizio del conflitto, e molte famiglie rimasero divise, con gli uomini al fronte e i bambini lontani. Fu proprio a partire dal 1939, il primo Natale di guerra, che il discorso radiofonico del monarca – all’epoca Giorgio VI, il padre della regina Elisabetta – divenne una tradizione, volta a consolare e sostenere i propri sudditi durante quei tempi difficili.

 

IL BUNKER DEL SINDACO
Da lagazzettadisansevero.it del 26 dicembre 2022

Di Michele Monaco

Come dare torto all’ex Sindaco del Comune di La Spezia, GIORGIO PAGANO, il quale sostiene che…”LA FIGURA DEL SINDACO USCITA DALLA RIFORMA ELETTORALE DEL ’93 COME IL PERNO DI OGNI INTERVENTO RIFORMISTA, È INVECE FINITO IN GRAN PARTE PER ESSERE “L’ UOMO SOLO AL COMANDO” CHIUSO IN UN BUNKER CON IL SUO “CERCHIO MAGICO” DI FEDELISSIMI IN MODO DA BLOCCARE OGNI POSSIBILITÀ DI RICAMBIO PER ATTINGERE NUOVE ENERGIE DAL TERRITORIO”. Calando tutto questo su San Severo si spera che alle prossime elezioni comunali del 2024 vi siano CANDIDATI E COALIZIONI che con le loro proposte possano essere in grado di contrastare “l’uomo solo al comando”, anzi di metterlo completamente da parte e ricostruire dal basso LA FRATTURA TRA  POLITICA E TERRITORIO. Se ciò si concretizzasse, allora potrebbe affermarsi un’Amministrazione Comunale decisa ad intraprendere strade inedite e una nuova fase del riformismo sanseverese. E’ importante riflettere sulle ragioni che hanno portato nella nostra città ad un distacco clamoroso tra le Istituzioni e i cittadini. A tale proposito mi permetto, sommessamente, di segnalare un libro intitolato “CINQUE ANNI DI SOLITUDINE – MEMORIE INUTILI DI UN SINDACO” il cui autore è ROBERTO BALZANI (professore ordinario di storia contemporanea presso la Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali, Università degli studi di Bologna) e…udite, udite, anche Sindaco del Comune di Forlì alcuni anni fa. Anni in cui maturò la convinta rinuncia ad un secondo mandato. Il giornalista SALVATORE CARRUBA del settimanale “Panorama”, nel recensire il libro di cui sopra, sosteneva che le riflessioni del Sindaco BALZANI erano tutt’altro che inutili e meritavano di essere meditate dai suoi colleghi sindaci vecchi e nuovi. Riflessioni che possono servire a capire come il ciclo trentennale cominciato con la stagione dell’elezione diretta del primo cittadino si stia esaurendo e mostri sempre più i limiti dovuti a figure di sindaci inadeguati che scaricano le loro responsabilità e quelle dei loro assessori sui dirigenti, trincerandosi dietro i pareri dei tecnici quando non vogliono assumersi la responsabilità politica di un insediamento nocivo sul territorio (un esempio per tutti: il compostaggio), San Severo docet! INSEDIAMENTI MAI ANNUNCIATI ALL’ELETTORATO IN CAMPAGNA ELETTORALE, mai inseriti nelle linee programmatiche di mandato quinquennale e poi quando vengono portati in Consiglio Comunale per l’approvazione a colpi di maggioranza, NON VENGONO MAI sottoposti ad un referendum cittadino. Insomma, non si può PRENDERE IN GIRO il cittadino chiedendogli il voto su un programma per poi realizzarne un altro a colpi di maggioranza. Nemmeno TOTO’ LE MOKO’ faceva così!

 

Fra i telai c’era un rifugio antiaereo Sarà riaperto per non dimenticare
Da ilgiorno.it del 24 dicembre 2022

Il bunker realizzato dalla Frette come riparo dagli attacchi aerei nella seconda Guerra mondiale è ancora ben conservato con tanto di panchine dove le famiglie attendevano la possibilità di tornare alla luce

A volte lo spirito di una città si coglie anche da quello che sta sotto i piedi dei suoi abitanti. In piccolo, come a Napoli, Concorezzo restituisce l’idea di una solidarietà capace, nella ragedia, di annullare tutte le differenze.
Il tesoro sotterraneo del centro brianzolo tornato di recente alla luce diventerà una macchina del tempo per studenti e curiosi che sotto le sue volte a botte potranno comprendere le sensazioni di chi cercava riparo dalle bombe nella Seconda guerra mondiale.
La storia straordinaria è che il rifugio antiaereo della Frette fu aperto a tutti e non solo agli operai della filanda che potevano proteggersi fra le sue mura durante gli attacchi.
I primi erano stati loro, poi fu aperto agli altri.
Il vecchio opificio, gioiello dii archeologia industriale, è pronto a tornare agli antichi splendori grazie al restyling in arrivo. A scoprire il suo segreto sono stati Antonio e Giacomo Mandelli - padre e figlio, fotografi – che con le loro macchina al collo hanno scovato e immortalato il bunker ancora perfettamente conservato.
Con tanto di panchine dove le famiglie attendevano speranzose la possibilità di tornare alla luce.

Sentimenti che a fine restauro - "rigorosamente conservativo", sottolinea il sindaco Mauro Capitanio - potranno essere immaginati dai visitatori "soprattutto giovani", ma non solo. Il rifugio aprirà al pubblico in occasione di eventi particolari.
La nuova vita della piccola fortezza che non si vede è inserita nel piano di rinascita del polo Frette.
A prendersene cura sarà la vecchia proprietà, che torna in città non solo per valorizzare il patrimonio culturale del sito in via Dante, ma anche per ricominciare a lavorarci grazie a un grande progetto che prevede la presenza di uffici, design ed esperti di marketing, oltre ad un museo interattivo che sarà ospitato nella casa del custode con l’archivio storico.

 

Il Mamaor può diventare parco «Ma servono bonifiche e idee»
Da larena.it del 24 dicembre 2022

Di Alessandro Foroni

L’ex zona militare di Monte Mamaor può diventare un parco d’interesse locale con un rilievo provinciale. Ne è convinto il tecnico forestale Giovanni Bombieri, il quale ritiene che la sua realizzazione (Monte Mamaor ha una superficie di 65,69 ettari) possa avere un impatto ad ampio raggio. Bombieri lo ha ribadito durante un’apposita commissione consiliare cui è stato invitato assieme a una delegazione del Wwf veronese, che comprendeva il presidente Michele dall’Ó e i volontari Alessandro Bonetti e Luigi Facincani. L’intento dell’incontro era quello di mettere a fuoco le varie fasi per arrivare alla creazione di un parco d’interesse locale, le problematiche da affrontare e la sostenibilità economica dell’iniziativa. «Alla commissione consiliare», dichiara il 33enne tecnico forestale, «ho detto che bisogna andare per gradi. Solitamente si parte da uno studio approfondito della zona per poi rendere possibile una zonizzazione che permetta di individuare diversi gradi di tutela, con una regolamentazione delle attività consentite e la definizione delle azioni necessarie per la gestione e la tutela».

Bombieri che vanta esperienze di vario tipo, dalla collaborazione con vari enti regionali alla tutela di animali in via di estinzione come il leopardo delle nevi o il gatto di Pallas (con Wildlife initiative), ha sottolineato la necessità d’individuare delle funzioni specifiche per rendere economicamente sostenibile l’area. «Come in altri parchi d’interesse locale (vedi il Giarol Grande a Verona)», ha sostenuto l’esperto, «ci potrà essere una parte con funzione naturalistica, da tutelare integralmente, una parte destinata all’agricoltura, possibilmente biologica e con l’utilizzo di sementi antiche del territorio, coinvolgendo l’università e una parte sociale che magari guardi alle persone con disabilità e agli anziani. Tra le realizzazioni possibili, anche con la costituzione di un’Ati (associazione temporanea d’impresa), una fattoria didattica». Bombieri, che ha citato anche l’esperienza del laghetto del Frassino, con lo studio effettuato dal collega Michele Cassol, ha anche risposto alla domande su cosa fare con i cinghiali («Servono piani di abbattimento come sui Colli Euganei»), confermando la necessità di interventi di bonifica bellica e per l’amianto («Sono prioritari per iniziare»), oltre all’accatastamento delle decine di immobili presenti. La soddisfazione della commissione e del Wwf s’è espressa nella richiesta a Bombieri di preparare una proposta operativa comprendente la disponibilità ad eseguire l’analisi dello stato di fatto delle aree dal punto di vista naturalistico e la predisposizione del piano ambientale per il futuro parco, successivamente agli interventi di bonifica. In particolare, l’assessore all’Ecologia, Veronica Paon, ha ribadito l’intenzione di porre basi precise. «Vorrei a breve che s’approvasse una delibera per individuare la zona come parco d’interesse locale», ha rimarcato l’assessore, «e poi prendere spunto da altre esperienze.

Certo serviranno collaborazioni e fondi per effettuare le bonifiche. Mi piace l’idea che si possano tornare in quell’area, in cui i vincoli sono di non modificare la viabilità e non aumentare le volumetrie, a coltivare il pero misso (presidio Slow Food, ndr) e dei grani antichi, oltre a verificare la possibilità di piani intercomunali coi Comuni vicini, per creare una grande area verde». Un’area che, come ha affermato anche Bombieri, completerebbe l’offerta turistica già ricca della zona valeggiana, offrendo un parco selvatico complementare al Parco Sigurtà, facendo conoscere quest’area a livello nazionale.•.

 

Forte Carpenedo, Zaccariotto: «Dal 2015 più di 24 milioni investiti per le fortificazioni»
Da venetotoday.it del 23 dicembre 2022

L'assessore ai Lavori pubblici annuncia il nuovo stanziamento di 200 mila euro per la manutenzione e la messa in sicurezza del reperto

"Dal 2015 sono stati stanziati più di 24 milioni per prenderci cura dei Forti, elementi importanti della storia della Serenissima». L'assessore ai Lavori pubblici Francesca Zaccariotto introduce così lo stanziamento di altri 200 mila euro approvato in giunta nei giorni scorsi per la messa in sicurezza, il recupero e il miglioramento della fruibilità del Forte Carpenedo, con una serie di lavori che vanno dal rifacimento dell’impermeabilizzazione della copertura alla sistemazione delle lattonerie, dalla pulizia delle canalette di scolo a quella della facciata in pietra, dal consolidamento delle parti in calcestruzzo fino al restauro della balaustra metallica del traversone centrale e, per quanto riguarda il fronte d’attacco, dalla pulizia delle grondaie e integrazione dei pluviali in ghisa mancanti alla nettezza della facciata in pietra e la stilatura dei giunti.

«Con questo importante intervento - spiega Zaccariotto - s’intende porre rimedio a situazioni di degrado, legate all’azione degli agenti meteorologici e alla vetustà di alcuni elementi di un Forte che rappresenta uno degli elementi fondamentali di quelle che erano le fortificazioni veneziane nella terraferma. È nostro compito investire risorse per prendercene cura dato che rappresentano la nostra storia e la tradizione di quella Repubblica Serenissima che ha fatto grande Venezia nel mondo. In questi anni, come Comune abbiamo destinato più di 24 milioni di euro per la salvaguardia degli otto plessi fortilizi di terraferma del Comune: Mezzacapo, Carpenedo, Gazzera, Tron, Pepe, Rossarol, Manin, Marghera, e questo continueremo a fare perché le nuove generazioni possano scoprire questi luoghi e, attraverso quelle strutture, studiare e apprezzare il nostro passato».

 

Casematte, Tobruk e cannoniere: il fascino discreto delle fortificazioni militari
Da catanzaroinforma.it del 18 dicembre 2022

Un sistema diffuso di difesa della Seconda guerra giace misconosciuto lungo il perimetro urbano di Catanzaro

Di Raffaele Nisticò

Le riesci a scorgere, qui e là, solitarie e sdegnose sui costoni collinari oppure ingobbite e aggredite dalle erbacce lungo le strade rapido scorrimento. Sono le casematte, residui dei sistemi difesivi adottati dagli eserciti italiano e tedesco tra l’inizio e l’estate
del 1943 in previsione degli sbarchi e della possibile avanzata degli Alleati lungo la penisola. Circostanza che in effetti si verificò a partire dal luglio ’43 con lo sbarco alleato in Sicilia, ma che proprio per il rapido svolgersi degli eventi e il fulmineo avanzare delle truppe angloamericane non portarono all’utilizzo dei piccoli fortini militari. Perlomeno, da quel che si sa, non partì alcun colpo di mitraglia dal diffuso e finanche capillare sistema di difesa disegnato intorno alla città di Catanzaro, perfettamente adattato alla sua orografia attorno alle vallate dell’Alli della Fiumarella e del Corace, lungo il litorale marino e sui contrafforti collinari e premontani che la sorreggono e la circondano. Meglio così, certo. Ma ciò non toglie che le testimonianze in quanto tali vanno ascoltate, tenute di conto e, nel caso, preservate e custodite.

Dobbiamo alla caparbia volontà di ricerca di Mario Saccà, valente studioso della storia cittadina, molta, se non tutta, della documentazione e delle informazioni che qui riportiamo. In fondo, ci dice, Catanzaro deve la sua fortuna pregressa, e oggi fortemente messa in discussione, anche alla sua prerogativa di Comando regionale dell’esercito, cosa che accanto alla primazia giudiziaria e sanitaria e in parte ecclesiale, ha apportato alla sua cascina consuetudinaria molto del fieno che le è servito a fregiarsi della dignità di capoluogo regionale. Per questo, probabilmente, gli esempi di costruzioni difensive sono qui molto diffusi, anche se colpevolmente misconosciuti.

Le postazioni Tobruk

Per esempio, chi potrebbe pensare che all’interno della Pineta di Giovino insistono diversi residuati di postazioni che, all’improvviso, rompono il tappeto marrone degli aghi di pino e disegnano sul terreno la loro pianta oblunga e strana, a nulla assimilabile se non si fa riferimento a ciò che le sormontava e le completava: le postazioni Tobruk così chiamate in riferimento alla battaglia eponima durante la seconda guerra. Ce ne sono diversi esempi nella pineta.

Sono fortificazioni che originano manufatti ideati e costruiti dai fanti italiani durante le guerre d’Africa, dapprima in modo del tutto artigianale, un semplice di petrolio interrato, e successivamente, anche per l’interesse che suscitarono nell’esercito tedesco, realizzate in cemento armato per formare un piccolo bunker, una camera corazzata sormontata da una torretta circolare dalla quale un mitragliere controllava dietro la sua terribile arma.

Nella pineta ciò che rimane delle Tobruk giace senza alcuna recinzione, alla mercé tutto e di tutti, e ciò spiega lo stato in cui sono ridotte, ricettacolo di scarti e rifiuti, senza nemmeno una piccola indicazione grafica che le identifichi e le faccia conoscere per quel che sono.

Le casematte a cupola>

Accanto alle Tobruk, anche nella stessa pineta, verso la foce dell’Alli, si incontra l’altra tipologia di fortificazione, questa più comune e della quale ci sono diversi esempi, forse una trentina lungo il perimetro urbano di Catanzaro. Costruzioni di cinquesei metri di diametro in cemento armato, circolari, sormontate da una cupola leggermente schiacciata, feritoie visuali rettangolari lungo le pareti. Potrebbero sembrare a dei grandi elmetti militari piantati sul suolo e l’immagine, che concilia il contenente con il contenuto, è sempre sembrata appropriata semioticamente appropriata a chi scrive, fin da quando, ragazzino, si intrufolava curioso all’interno di un loro esemplare che ancora dovrebbe esserci nei campi dietro il Monacaro, rione di Catanzaro appartato ma panoramico, carattere sul quale torneremo. Di queste casematte, dalla struttura robusta e persistente nonostante l’incuria, ce ne sono di visibili percorrendo le statali e di più nascoste. Sulla 106, per dire, tre casematte sono sulla collina difronte il bivio di Giovino, accanto al Centro commerciale delle Fontane. Se ne incontra una, la più visibile di tutte, su via Lucrezia della Valle, proprio accanto alla strada, a sorvegliare l’argine della Fiumarella nel posto che una volta era chiamato Fumarolo, perché vi sboccavano gli sfiati dei fumi prodotti dai treni che percorrevano la galleria del Sansinato. Sopra al Sansinato, a guardare la vallata che si apre verso Marcellinara e Lamezia, un’altra casamatta, accanto al vecchio cementificio viale De Filippis. Poche centinaia di metri in linea d’aria verso Sud, a Germaneto, accanto alla Tenuta Calivello, un altro fortino. E verso est, invece, sull’altro costone al di là della Fiumarella, a sovrastare la stazione di Catanzaro Sala, la casamatta al Monacaro, località oggi occupata da edilizia residenziale pubblica costruita sul finire dei Sessanta, che deve il suo nome probabilmente a un insediamento monastico di cui però non c’è traccia né ricordo storico. Di sicuro c’era un lazzaretto, e, proprio dove la casamatta spaziava e controllava, i nobili catanzaresi assistettero all’evolversi della battaglia campale ingaggiata da spagnoli e francesi, le truppe di Carlo V e Francesco I, nel 1528 proprio alla confluenza della Fiumarella e del Musofalo, il cosiddetto Piede di Sala. Così perlomeno riferiscono le cronache di Gariano e D’Amato. Questo per dire della ottima visuale di per forza di cose dovevano godere le fortificazioni.

La cannoniera di Copanello

A proposito di visuali e di panorama, come non guardare con occhi grati quanto si vede dalle feritoie della cannoniera di Copanello. È una fortificazione costiera scavata nella roccia proprio davanti alla Galleria sulla 106. Vi si accede per uno scosceso passaggio dalla parte della vecchia strada chiusa al traffico perché insicura e franosa. Ma a dispetto di ciò, guardando in alto scorgono, permanenti e vigili, le due aperture che guardano l’amplissimo braccio di mar Ionio dalla sottostante foce dell’Alessi fino a Capo Colonna e oltre. Dietro la porta in ferro, due ambienti abbastanza spaziosi in cui sono ancora ben visibili le piazzole dove erano fissati i cannoni. Sul pavimento sparsi indumenti e vecchie scarpe. I cannoni non sono mai stati utilizzati, non si hanno notizie di sbarchi o tentativi da parte delle truppe alleate, mentre per quanto riguarda la prima guerra mondiale un sommergibile tedesco all’altezza della Marina di Catanzaro sparò qualche colpo verso la costa. È l’unico esempio di fortificazione del genere su tutta la costa del medio Ionio. Sulle pareti nessuna scritta, nessun graffito, ma forse si dovrebbero raschiare le incrostazioni per averne certezza. Su un muro, una piccola nicchia, forse un’immagine sacra. Che non guasta mai.

Conclusioni

Insomma, siamo circondati da testimonianze storiche e non ce ne rendiamo conto, in questo come in altri casi. Le fortificazioni interessano tutta la fascia costiera della Calabria. Per questo non sarebbe inopportuno pensare a un progetto di valorizzazione qual che rimane, ed è tanto, come abbiamo provato a sintetizzare per Catanzaro. In altre regioni lo si è fatto, e ci tocca ancora una volta citare Toscana ed Emilia-Romagna. Calabria Straordinaria, e va be’. Ma non solo alla Stazione Centrale

 

Le torri dell’Argentario ad Albinia
Da maremmanews.it del 18 dicembre 2022

Albinia: Pomeriggio d’autore quello trascorso ad Albinia lo scorso 15 dicembre dove, nella Sala Parrocchiale G.P.Frassati, lo storico Danilo Terramoccia di Porto S.Stefano, ha illustrato ai presenti come, dove e perché le torri costiere dell’Argentario e di tutta la Costa, furono protagoniste di quel periodo storico così denso di conflitti e scorrerie da parte dei corsari barbareschi. Con l’aiuto di diapositive e avvalendosi delle sue ricerche storiche, il Terramoccia, ha spaziato fra corsari, assedi, cavalleggeri e torrieri senza dimenticare di sottolineare la vita davvero precaria dell’epoca.

Presentato dalla giornalista Antonella Monti, lo storico invitato dall’Associazione Incontriamoci, con la sua relazione - conferenza (attualmente insegna all’Unitrè di Orbetello dopo aver trascorso quasi 40 anni in mare come ufficiale di macchina) ha interessato e coinvolto il pubblico presente rendendo il pomeriggio piacevole e di successo.

 

Sanremo: dal bunker antiaereo della guerra all'amore dei lucchetti il 'Belvedere' alla Madonna della Costa
Da sanremonews.it del 17 dicembre 2022

Anche se i numeri sono decisamente diversi, il ‘Belvedere’ della Madonna della Costa a Sanremo assomiglia al ‘Ponte Milvio’ di Roma, con i famosi lucchetti che sono diventato una tradizione dopo l’uscita del libro di Federico Moccia ‘Ho voglia di te’.

Il ‘Belvedere’ della Madonna della Costa hanno una storia differente, anche se alcuni giovanissimi innamorati, che si specchiano sulla città in un luogo dove poter ammirare Sanremo, sistemano alcuni lucchetti (con tanto di iniziali) per suggellare il loro amore.

E, curiosamente, il terrazzo dove vengono sistemati i lucchetti è stato creato dopo la guerra, per nascondere un bunker dove era stata sistemata una postazione contraerea che fu bersaglio e causa della distruzione delle zone vicine della Pigna, compresa piazza Santa Brigida. Dove ora c’è la fontana, infatti, era presente la porta di ingresso del bunker, ora murata.

Una storia, quella dei lucchetti sulla ringhiera del ‘Belvedere’, che avevamo già raccontato ma che, negli ultimi tempi sembra essere tornata di moda, visto che le prove d’amore sono aumentate.

 

Scoperto bunker della II guerra mondiale a Pietralata: stadio della Roma a rischio?
Da ilfaroonline.it del 17 dicembre 2022

A scoprire il bunker sono stati i residenti della zona del Comitato popolare Monti di Pietralata, che da tre generazioni curano i 3 ettari di verde

Roma – Un nuovo problema rischia di abbattersi su quello che dovrebbe essere il nuovo stadio della Roma. La costruzione della struttura, che dovrebbe sorgere a Pietralata, ora deve vedersela un bunker della seconda guerra mondiale. Secondo quanto riporta RaiNews, a scoprirlo sono stati i residenti della zona del Comitato popolare Monti di Pietralata, che da tre generazioni curano i 3 ettari di verde.

“Pulendo la zona, abbia scoperto questo bunker che veniva utilizzato come rifugio antiaereo ai tempi della seconda guerra mondiale. – commenta Flavio Fianco, portavoce del Comitato – C’è ancora tanto da scavare, ci saranno almeno altri 2 metri di terra di riporto dato che il bunker non viene utilizzato dai tempi della guerra”.

“Lo abbiamo ritrovato per caso – aggiunge – ripulendo tutta l’area abbandonata. Questa zona dovrebbe essere il parcheggio o l’area della ‘curva nord’ del nuovo stadio della Roma. Tutto il racconto che viene fatto su un’area degradata e sporca da parte della politica, vogliamo confutarlo”. Per ora dalle Istituzioni e dalla società giallorossa tutto tace.

 

Ostia, architettura militare, i bunkerini per la difesa dagli sbarchi alleati sono da tutelare
Da agronline.it del 16 dicembre 2022

Andrea Bozzi (Lista Calenda): Sono testimonianze preziose, altre sono scomparse, che vanno difese e valorizzate in primis come monito contro tutte le guerre, ma che rappresentano anche testimonianze di interesse storico, culturale e turistico

Il Consiglio del Municipio X all'unanimità ha approvato la mozione che chiede di tutelare e valorizzare le vestigia belliche rimaste sul nostro litorale, cioè le piccole fortificazioni o "bunkerini" costruiti durante la Seconda Guerra Mondiale dal Regio Esercito Italiano per fronteggiare eventuali sbarchi nemici, presi poi in carico dai Tedeschi dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, come quelli presenti, tra gli altri, all'Idroscalo di Ostia o presso L'Oasi della Lipu.

Sono testimonianze preziose, altre sono scomparse, che vanno difese e valorizzate in primis come monito contro tutte le guerre, ma che rappresentano anche testimonianze di interesse storico, culturale e turistico. L'obiettivo, come avvenuto recentemente nel Comune di Fiumicino con un bunkerino in via delle Acque Basse che stava per essere demolito, è salvaguardardarli dalla distruzione e poi farli rientrare nella tutela della Soprintendenza, che in quel caso ha affisso un cartello informativo che ne racconta la storia.

Nelle nostre Commissione ora avvieremo un percorso per raggiungere lo stesso obiettivo e lo faremo invitando esperti ed associazioni, come Sotterranei di Roma, che ringrazio. La nostra memoria va difesa e tramandata ai più giovani e le vestigia belliche ne sono una parte importante". È quanto dichiara Andrea Bozzi, capogruppo della "Lista Calenda" in Municipio X.

 

Base militare, il sindaco incontra il neo ministro Crosetto: "Escluse soluzioni al di fuori dal comune di Pisa"
Da pisatoday.it del 14 dicembre 2022

L’incontro per informare il ministro sul percorso interistituzionale svolto fino a oggi sul progetto di un centro polifunzionale di reparti specializzati dell’Arma dei Carabinieri

Incontro oggi a Roma per il sindaco di Pisa Michele Conti con il ministro della Difesa Guido Crosetto. Presente anche il consigliere regionale Diego Petrucci. L’incontro, durato circa un’ora, è servito per informare il neo ministro Crosetto del percorso interistituzionale svolto fino a oggi sul progetto di un centro polifunzionale di reparti specializzati dell’Arma dei Carabinieri a Pisa. Alla riunione ha partecipato anche il Generale Antonio Conserva, capo di Gabinetto del ministro della Difesa, che ha coordinato, fin dalla sua istituzione, il tavolo operativo composto da Ministero della Difesa, Regione Toscana, Provincia di Pisa, Comune di Pisa, Ente Parco San Rossore, Migliarino Massaciuccoli e Comando dell’Arma dei Carabinieri.

Il tavolo formale ha il compito di individuare ipotesi alternative al centro polifunzionale di 70 ettari, riallocando sul territorio le funzioni dei vari reparti dei Carabinieri, ma al di fuori del Parco, a eccezione del borgo di Coltano che potrà essere inserito nel progetto attraverso rigenerazione urbana degli immobili di proprietà pubblica.

"Ringrazio il ministro Crosetto per la disponibilità e per l’ascolto - esprime soddisfazione il sindaco di Pisa Michele Conti - l’incontro è stato proficuo e utile a trovare in tempi rapidi una soluzione positiva per l’Arma dei Carabinieri e per la comunità pisana. Era un passaggio doveroso quello di informare direttamente il nuovo ministro sul lavoro fatto fino ad adesso per individuare la soluzione migliore per ospitare a Pisa i reparti speciali dei Carabinieri, dopo aver evitato la realizzazione di una base di 72 ettari calata dall’alto dal Governo precedente. Al ministro Crosetto ho ribadito la nostra piena disponibilità a individuare una soluzione diffusa sul territorio comunale, da definire in tempi utili dal tavolo interistituzionale. Ho ricevuto rassicurazioni sul fatto che da parte del Ministero della Difesa sono escluse soluzioni ipotizzate al di fuori dal Comune di Pisa, per rispettare due condizioni necessarie: la vicinanza all’aeroporto militare e lo sviluppo del progetto prevalentemente su terreni di proprietà pubblica. Nel mese di gennaio - conclude Conti - sarà convocata un’altra riunione del tavolo interistituzionale dove potremo valutare, più nel dettaglio, la proposta progettuale che sarà presentata dall’Arma dei Carabinieri".

“Pontedera non è un'ipotesi percorribile per la base militare. Le prerogative del Ministero della Difesa sono la vicinanza ad un aeroporto militare e la disponibilità di terreni pubblici per non sovraccaricare di spese l’intera operazione. Questo è quanto emerso dall’incontro con il ministro Crosetto - interviene il consigliere regionale di Fratelli d'Italia Diego Petrucci - il buonsenso di un uomo delle Istituzioni quale si è dimostrato anche in questa occasione Guido Crosetto mette così fine alle ipotesi strampalate e non percorribili di Eugenio Giani, oltretutto non concordate né con le comunità locali, né con le altre istituzioni; e per di più con ingenti aggravi di spesa a carico delle amministrazioni pubbliche che sarebbero state costrette ad acquistare terreni dai privati".

 

Visita guidata: "Legnago, il leone di fiume"
Da veronasera.it del 13 dicembre 2022

Visita guidata: "Legnago, il leone di fiume" il 18 dicembre 2022. Legnago, vasto e importante Comune della Bassa Veronese. Da singole “case a corte” a vere e proprie contrade, la cui storia rimane in buona parte ancora da approfondire, nonostante gli importanti contributi fin qui offerti da valorosi studiosi, anche locali. Gli insediamenti preistorici sono ben rappresentati in zona; il nostro tour, infatti, partirà dal Museo Archeologico di Legnago, che vanta una collezione veramente straordinaria di reperti della storia della pianura veronese.

Terra interessata agli scambi economici, ma anche alla difesa militare: simbolo di Legnago è difatti il torrione che svetta nella piazza della Libertà. Di epoca medievale. rappresentava l’architettura militare locale, fortificata in ultima battuta nel 1405. Soltanto dopo I’annessione del Veneto al Regno d’Italia le cose parvero cambiare, nonostante le molte, moltissime servitù militari che ancora continuarono a sussistere. Il risentimento dei legnaghesi nei confronti di tutto quanto sapeva di coercizione esplose con rabbia, portando, e fu un vero peccato, alla cancellazione anche fisica e cioè alla completa distruzione, dei baluardi, delle mura, delle magnifiche porte che veneziani e austriaci avevano qui costruito, a compressione, ma anche a decoro della bella cittadina. Dopo una breve passeggiata, termineremo il tour una visita al Museo della Fondazione Fioroni. Si tratta di una casa-museo voluta fortemente dalla fondatrice, Maria Fioroni, che dedicò la propria vita alla ricerca e alla scoperta di reperti storici tutt’ora di inestimabile valore.

EVENTO GRATUITO e patrocinato dal Comune di Legnago in collaborazione con:

• Fondazione Museo Fioroni
• Pro Loco di Legnago
• Associazione Zephiri APS

PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA: https://eventi.venetosegreto.com.

 

Arrivano le nuove bombe nucleari dagli USA, anche sui caccia dell'Amendola
Da statoquotidiano.it del 10 dicembre 2022

Le nuove bombe nucleari tattiche statunitensi B61-12 a gravità potenziata saranno dispiegate in Europa entro la fine del 2022

FOGGIA, 10/12/2022 – Il dado è tratto. Il dado è tratto. Le nuove bombe nucleari tattiche statunitensi B61-12 a gravità potenziata saranno dispiegate in Europa entro la fine del 2022, tre mesi prima del programma stabilito da Washington con i suoi partner della NATO.

Si tratta di una dimostrazione di forza che alimenta pericolosamente le già alte tensioni con la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina. A molte di armi saranno ospitate nei bunker di cinque Paesi: Belgio (base aerea Kleine Brogel), Germania (Buchel), Olanda (Volkel), Turchia (Incirlik) e Italia (aerodromi di Aviano-Pordenone e Ghedi-Brescia). Le nuove bombe, variante modernizzata delle vecchie B61, avranno potere di distruzione regolabile, con quattro opzioni selezionabili a seconda del bersaglio da suonare.

Rispetto andato bomba “madre”, il B61-12 sarà guidato da un sistema satellitare e potrà penetrare nel sottosuolo per esplodere in profondità. The National Nuclear Security Administration, l’agenzia del Dipartimento dell’Energia statunitense preposta alle scorte di armi nucleari, ha annunciato nel novembre 2021 i cacciabombardieri che verranno utilizzati per sganciare le nuove armi atomiche: il Panavia PA-200 “Tornado”, il F -15 “Eagle”, l’F-16 C/D “Fighting Falcon”, il B-2 “Spirit”, il B-21 “Raider” e il nuovo F-35A “Lighting II” anch’essi acquistati dall’Aeronautica Militare e schierato sulla base di Amendola (Foggia).

In totale, a Ghedi e Aviano dovrebbero essere ospitate tra le 30 e le 50 bombe B61-12, e nei due aeroporti Nato sono in fase di completamento i lavori di “rinforzo” dei bunker atomici.

A Ghedi ha sede il 6° Stormo dell’Aeronautica Militare, dotato di Tornado a propulsione nucleare ma da tempo addestrato con cacciabombardieri F-35 di quinta generazione.

di Antonio Mazzeo.

 

Al baluardo San Pietro l'incontro sulle tre strutture fortificate della Repubblica di Lucca
Da luccaindiretta.it del 9 dicembre 2022

Protagoniste saranno la torre del Bargiglio, la torre di Montecatino e il castello di Castagnori

Tre strutture fortificate della Repubblica di Lucca: la torre del Bargiglio, la torre di Montecatino e il castello di Castagnori. Saranno loro le protagoniste del convegno che si terrà venerdì prossimo (16 dicembre) alle 17 nella Casermetta dell’associazione Balestrieri al baluardo San Pietro.

All’incontro interverranno Marco Brancoli Pantera, presidente dell’Offizio sopra le fortificazioni, Stefano Fazzi, coordinatore dell’Offizio sopra le fortificazioni, il professore Enrico Romiti che parlerà del Monte Bargiglio, l’occhio di Lucca, l’architetto Gian Luca Fenili che racconterà La torre di Montecatino e il geometra Giuseppe Mancini che illustrerà Il castello di Castagnori.

 

Mar Cinese Meridionale: le fortificazioni cinesi
Da insiderover.com del 6 dicembre 2022

INDICE DOSSIER
1. I "punti caldi" del pianeta: dove può scoppiare la prossima guerra
2. Mar Cinese Meridionale: le fortificazioni cinesi
3. Curili: quelle tensioni mai sopite tra Russia e Giappone
4. Gotland, la roccaforte sul Baltico
5. La “barriera” statunitense nel Pacifico Occidentale

Di Paolo Mauri

Il Mar Cinese Meridionale è un importante specchio d’acqua che mette in comunicazione l’Oceano Indiano con il Pacifico su cui si affacciano Indonesia, Vietnam, Filippine, Malaysia, Singapore, Brunei e Cina.

Attraverso di esso, e per il vitale Stretto della Malacca, passano ogni anno merci per un valore stimato di circa 3mila miliardi di dollari: tra il 2015 ed il 2016, ad esempio, il 60% del commercio marittimo globale passava attraverso l’Asia, con il Mar Cinese Meridionale che, da solo, rappresentava circa un terzo del traffico navale del mondo.

Quel mare è anche importante perché fonte di risorse ittiche e minerarie: si stima che ci siano, approssimativamente, riserve certe e probabili – ovvero di cui ne è stata fatta una valutazione con prospezioni geologiche – pari a 11 miliardi di barili di petrolio equivalente e 5380 miliardi di metri cubi di gas naturale.

Risorse naturali che fanno gola a tutti i Paesi rivieraschi, ma più ancora il Mar Cinese Meridionale è fondamentale per la sicurezza delle linee di navigazione di alcune nazioni asiatiche come il Giappone e la Cina, e, in ultima analisi, di tutta l’Asia orientale, come abbiamo visto.

Pechino teme particolarmente che i suoi avversari geopolitici (nella fattispecie gli Stati Uniti) possano, in caso di necessità, attuare il blocco di queste linee di navigazione grazie alla superiorità del proprio strumento navale: un timore che prende il nome di “Dilemma della Malacca”.

Mappa di Alberto Bellotto

Per cercare di contrastare la talassocrazia statunitense la Cina sta lavorando alacremente per dotarsi di una flotta d’alto mare (blue water navy): nel 2004, l’ex presidente Hu Jintao per la prima volta parlò di una “nuova missione storica” e introdusse il concetto per cui la Cina avrebbe dovuto difendere i suoi interessi non solo sul continente ma anche oltremare. Otto anni dopo, il XVIII Congresso del Pcc (Partito Comunista Cinese) stabilì che la Cina dovesse diventare una “grande potenza navale”. La dirigenza cinese sottolineò in particolare la necessità di dotarsi di “punti di approdo strategici” necessari a difendere gli interessi cinesi e a proiettare la propria influenza politica e militare nelle “regioni influenti”.

Questa proiezione di forza se ancora si sta delineando in embrione nei mari lontani – per il momento Pechino ha una sola base oltremare, a Gibuti, nel Corno d’Africa – è invece ben evidente proprio nel Mar Cinese Meridionale dove Pechino ha occupato alcuni isolotti degli arcipelaghi delle Spratly e delle Paracelso e ne ha costruiti di artificiali.

Occupazioni cominciate ben prima della nuova dottrina navale cinese determinata, in embrione, da Hu Jintao: nel 1946, la Cina si stabilì su alcune isole delle Spratly e all’inizio del 1947 si impadronì anche di Woody Island, nelle Paracelso. Dopo decenni di relativa quiete, alla fine degli anni ’70, col conflitto che vide Pechino contrapporsi al Vietnam unificato, la Cina penetrò maggiormente nelle isole disabitate, per poi riaffacciarsi nel 1988, in un secondo breve scambio “di cannonate” con Hanoi, che permise un altro ciclo di occupazioni da parte dei contendenti. Le prime vere attività di militarizzazione delle isole occupate risalgono al 1995, quando la Cina ha costruito dei bunker a Mischief Reef, ma solo recentemente, a partire dal 2013, Pechino ha cominciato sistematicamente a costruire installazioni aeroportuali che hanno uso “duale”, ovvero sia civile che militare.

La Cina aveva rassicurato che quanto stava facendo sulle isole occupate non avrebbe avuto finalità militari: parlando al fianco del presidente degli Stati Uniti Barack Obama al Rose Garden della Casa Bianca nel settembre 2015, il presidente cinese Xi Jinping offrì alcune assicurazioni sull’attività nelle isole allora, in particolare nelle Spratly, dove Pechino stava bonificato gli atolli e costruendo sette isole artificiali. “Le attività di costruzione che la Cina sta intraprendendo nelle isole Nansha (Spratly) non prendono di mira o hanno un impatto su nessun Paese e la Cina non intende perseguirne la militarizzazione”, aveva osservato Xi in quel momento. La realtà, poi, ha dimostrato il contrario.

Mappa di Alberto Bellotto

Ad aprile 2015 viene costruita una pista di atterraggio a Fiery Cross Reef, mentre nel 2016 Pechino comincia ad armare Woody Island e Fiery. A maggio 2018 bombardieri cinesi dimostrano, per la prima volta, con un video diffuso dai media di Stato, di poter usare una pista di atterraggio costruita, forse, su Fiery Cross Reef, ma potrebbe trattarsi anche delle isole di Subi o Mischief.

Nonostante in quegli arcipelaghi ci siano insediamenti di altri Paesi coinvolti nella contesa per il Mar Cinese Meridionale (come il Vietnam, le Filippine e la stessa Indonesia), è la Cina ad aver dimostrato di avere un piano concreto per l’occupazione di lungo termine: Pechino, nell’edizione di Naval and Merchant Ships di novembre/dicembre 2020, una rivista mensile con sede a Pechino molto vicina agli ambienti governativi e militari, ammette che le isole contese e da lei rivendicate sono parte integrante del suo strumento militare, e che, anche a discapito di certe criticità, sono fondamentali per “salvaguardare la sovranità cinese” e per “mantenere una presenza militare nelle profondità dell’oceano”. La strategia è chiara: quella serie di isole permette di allungare il braccio armato cinese dalla Cina continentale (isola di Hainan), sino quasi allo Stretto della Malacca, stabilendo un perimetro Anti Access/Area Denial con una tattica ben nota, ovvero quella del “salto della rana” che consiste nell’avere basi di appoggio in successione a determinate distanze in modo da poter fare da punto di appoggio per le operazioni militari.

Una tattica che, però, abbisogna dell’ottenimento della superiorità aeronavale, e proprio per questo Pechino negli ultimi anni ha dato grande impulso sia allo sviluppo di nuove unità navali (tra cui portaerei), sia alla missilistica (tra cui quella ipersonica) in funzione di contrasto alla presenza della U.S. Navy nel settore del Pacifico Occidentale.

Parallelamente alla presenza militare nel Mar Cinese Meridionale, Pechino sta lavorando anche dal punto di vista del regolamento internazionale: la Cina sta negoziando con dieci stati del Sudest Asiatico per elaborare un codice di condotta per quello specchio d’acqua, ma contemporaneamente ha stabilito, unilateralmente, che diverse categorie di navi dovranno comunicare i propri dati alla Guardia Costiera cinese (Msa – Maritime Safety Administration) prima di entrare nel Mar Cinese Meridionale. Il primo vero passo verso la nazionalizzazione di quel mare che, solo per una piccola parte (quella più settentrionale), ricade nella piattaforma continentale di Pechino e quindi nella sua Zona di Esclusività Economica (Zee).

 

Capua Città Fortezza, è successo per la domenica al museo
Da ondawebtv.it del 5 dicembre 2022

Di Luigi Fusco

-Capua si conferma come centro a vocazione turistica e culturale. Successo di pubblico per le strade dell’antica cittadina longobarda protagonista dell’evento “Capua Città Fortezza – monumenti e chiese aperti”, organizzato in occasione della prima domenica gratuita di dicembre dall’Assessorato alla Cultura, guidato dall’avvocato Vincenzo Corcione, e promosso dall’Amministrazione Comunale targata Adolfo Villani. I turisti, nella mattinata di domenica 4, hanno letteralmente invaso le strade della città per accedere all’interno dei vari monumenti aperti, ma anche per aderire ai tre percorsi di visita guidata condotti dalle Guide Turistiche Abilitate della Regione Campania: Capua Sacra, Capua Civile e Capua Fortificata.

Non solo chiese e palazzi storici sono stati resi fruibili, difatti, in via del tutto eccezionale, sono stati spalancati i varchi di accesso al Castello di Carlo V, straordinaria fortezza del Cinquecento inglobata dentro il Pirotecnico di Capua. La visita al suo interno è stata riservata ai militari in forza presso la locale Caserma “Oreste Salomone”. Un’opportunità che ha consentito anche alle autorità militari e civili del posto di fare il punto della situazione e di rinvenire lo stato di conservazione della struttura al fine di individuare soluzioni utili per inaugurare un vero e proprio intervento di restauro, da cui possano scaturire nuove proposte da destinare alla sua riqualificazione e alla sua valorizzazione turistica e culturale.

Il Castello di Carlo V o Cittadella Militare Spagnola è un vero e proprio gioiello di architettura militare che ha avuto in ruolo di grande importanza strategica nel corso delle varie guerre e dati tanti assedi che si sono tenuti a Capua nel corso delle varie campagne di conquista del Regno di Napoli.

Oltre le visite guidate, anche le passeggiate trekking, a cura di Capua Outdoor, che si sono svolte in prossimità dei fossati, e i CicloTour Guidati in e-bike di “Ciccio Bike And Tour”, che hanno portato i partecipanti fino alla Basilica Benedettina di Sant’Angelo in Formis, hanno ottenuto un enorme successo di pubblico.

Soddisfatti del risultato raggiunto sono state tutte le associazioni locali, gli enti istituzionali e gli istituti religiosi del territorio che hanno contributo all’organizzazione  della manifestazione: Pro Loco “Città di Capua”, l’Info Point “Capua Sacra”, “Capua il Luogo della Lingua”, “Capua Città che Legge”, il “Centro per il Libro e la Lettura”, “Capua Patto per la Lettura”, il Touring Club Italiano/Aperti per Voi, il Museo Provinciale Campano, il Museo Diocesano Sezione Episcopio e Damusa aps. Inoltre, il programma è stato definito grazie all’intervento e alla disponibilità della Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per le Province di Caserta e Benevento, dell’Agenzia Industriale Difesa – Stabilimento Pirotecnico di Capua, di Parrocchie Capua Centro, della Basilica Benedettina di Sant’Angelo in Formis e dell’Arciconfraternita del Santissimo Rosario di Capua.

 

Progetto base militare di Coltano: "Ancora silenzio", promosso question time
Da pisatoday.it del 5 dicembre 2022

Una città in comune e Rifondazione Comunista tornano sull'argomento con l'atto ispettivo nel prossimo Consiglio comunale di Pisa del 6 dicembre

A fine settembre scorso, in un incontro pubblico in Comune a Pisa, si illustrava il punto sul progetto della base dei Carabinieri a Coltano, con la previsione in itinere che comprendeva una dislocazione diffusa sul territorio. La mobilitazione contraria alla grande installazione militare non si è mai fermata e ora, Una città in comune e Rifondazione Comunista, tornano sul tema in quanto rilevano un "silenzio preoccupante da parte del Governo". Per questo la lista Diritti in Comune ha promosso nel prossimo Consiglio comunale di martedì 6 dicembre un question time al sindaco di Pisa.

"Sul progetto della nuova mega base militare a Coltano da noi scoperto e reso pubblico nello scorso marzo - scrive il gruppo in una nota - mentre tutte le forze politiche di centrodestra e centrosinistra lo tenevano ben nascosto, denunciamo ancora una volta un silenzio preoccupante da parte del Governo, della Regione Toscana e del Comune di Pisa. Sono passati oltre due mesi dall'ultimo tavolo interistituzionale e oltre sei settimane dall'insediamento del nuovo governo, e la cittadinanza non sa nulla di quali siano le intenzioni sulla realizzazione di questa infrastruttura da 190 milioni di euro".

"Pretendiamo risposte chiare e ufficiali - prosegue - per questo abbiamo presentato un question time che verrà discusso martedì 6 dicembre in apertura del Consiglio comunale, con il quale interrogheremo il sindaco, gli chiederemo se ha avuto contatti con l'ex venditore di armamenti, esponente di Fratelli d’Italia e oggi Ministro della difesa Guido Crosetto, e se e quando è stato riconvocato il tavolo interistituzionale. Dalla fine di marzo migliaia di cittadini e cittadine hanno preso parte alla mobilitazione che si è formata attorno a un rifiuto netto del progetto di base militare, a Coltano o altrove. Sono stati innumerevoli in questi mesi i momenti di presidio, di studio, di riflessione, di incontro, promossi dal Movimento No base, dal Comitato per la Difesa di Coltano e da moltissime associazioni e singoli/e che animano generosamente e senza sosta questa mobilitazione. Se qualcuno pensa di allungare i tempi e stancare la mobilitazione, ha fatto male i calcoli, l'attenzione della città sul tema è altissima e siamo sicuri/e che vigilerà sulle scelte che compirà la politica su questa questione".

 

Come salvare i castelli in un libro
Da thewaymagazine.it del 3 dicembre 2022

Italia, paese di castelli da recuperare. Nel saggio “Tutela e restauro dei castelli” (uscito per Marsilio Editori) (http://www.marsilioeditori.it) c’è descritto il contributo di Piero Gazzola (1908-1979) alla tutela e al restauro dei castelli, o meglio, delle architetture (https://www.thewaymagazine.it/travel/tutti-i-castelli-di-chi-hadormito- in-questo-letto/)fortificate. Approfondendo un capitolo inedito della ricerca dello studioso, offre una lettura della vicenda fortificazioni attraverso la lente della conservazione, con particolare riferimento alle acquisizioni teoriche maturate negli anni sessanta. L’ambito dei castelli, solo apparentemente settoriale, si rivela un osservatorio privilegiato per descrivere un più ampio spaccato della disciplina nel secondo Novecento, e la stessa azione di Gazzola per le strutture munite risulta ricentrata a favore del costruito esistente. In generale, le riflessioni che il saggio elabora si collocano nell’alveo degli studi rivolti al tentativo di rendere attuale l’architettura del passato, sono incentrate sulla relazione tra la dimensione diacronica delle fabbriche storiche e il rapporto sincronico da istituire con la contemporaneità e bilanciano cultura della conservazione e progetto.

Architetto, PhD in Architettura, è ricercatrice di Restauro architettonico all’Università Politecnica delle Marche e docente all’Università di Bologna. Svolge attività di ricerca su aspetti storico-critici e tecnici del restauro; è autrice di contributi dedicati ai temi della conservazione dell’architettura storica soprattutto fortificata, della valorizzazione e gestione del Dissonant Heritage, tra cui Il restauro dei castelli in Italia: 1964-2014 (tesi PhD 2017), La ricerca nel restauro dell’architettura fortificata italiana. Piero Gazzola: ruolo-significato attualità (2017), I bunker tedeschi a difesa della Linea Galla Placidia. Conservare un patrimonio dimenticato (2018). È membro effettivo della società scientifica sira (Società Italiana per il Restauro dell’Architettura).

 

Castelli e fortificazioni della Riviera di Levante (scheda)
Da nellanotizia.net del 2 dicembre 2022

Titolo: Castelli e fortificazioni della Riviera di Levante.

Luogo: Lavagna (Genova, Liguria), Levanto (La Spezia, Liguria) e Manarola di Riomaggiore (La Spezia, Liguria).

Date: 5 novembre 2013 (Lavagna), 13 agosto 2014 (Levanto) e 6 agosto 2015 (Manarola di Riomaggiore).

Tipo: conferenza.

Argomento: architettura e storia del Medioevo, del Rinascimento e dell’Età Moderna.

Descrizione: le tre conferenze Castelli e fortificazioni della Riviera di Levante condotte da Davide hanno esaminato le architetture fortificate e militari del Medioevo, del Rinascimento e dell’Età Moderna presenti lungo la costa del Levante ligure (negli odierni territori della Città Metropolitana di Genova e della Provincia della Spezia). I luoghi interessati dalla spiegazione sono situati fra il mar Ligure e l’Appennino settentrionale (Ligure e Tosco-Emiliano): il litorale che va dalla foce del fiume Magra a Genova e che comprende la Riviera spezzina (con la costa della Lunigiana, il Golfo dei Poeti e le Cinque Terre) e quella genovese (con il Tigullio e il Golfo Paradiso). Lo storico ha spiegato origini, evoluzione, caratteristiche e funzioni delle opere difensive costruite o ristrutturate lungo la Riviera Ligure di Levante fra l’XI (undicesimo) e il XVIII (diciottesimo) secolo. In questo periodo le varie comunità della Liguria orientale furono soggette a molti dominatori: gli Adorno, i Doria, i Fieschi, i Fregoso e i Malaspina (detentori di numerosi feudi levantini); i Visconti e gli Sforza (a capo del Ducato di Milano); i Paleologi (marchesi del Monferrato); i Valois (titolari del Regno di Francia); gli Aragona (signori dell’omonimo trono spagnolo e della Catalogna). Alcuni fra questi casati controllarono direttamente o tipologia delle fortificazioni medievali, rinascimentali e moderne presenti sulla costa del Levante ligure è multiforme. Davide ha analizzato le strutture presenti nelle seguenti località: Biassa (La Spezia), Bonassola, Camogli, Chiavari, Corniglia (Vernazza), Deiva Marina, Framura, La Spezia, Lavagna, Lerici, Levanto, Manarola (Riomaggiore), Moneglia, Monterosso al Mare, Porto Venere, Portofino, Rapallo, Riomaggiore, San Terenzo (Lerici), Santa Margherita Ligure, Sestri Levante e Vernazza. Lo storico ha intrecciato la lettura architettonica e cronologica dei fortilizi con i aspetti legati all’ambiente, all’arte, alla cultura, all’economia, alla politica e alla società. Fra i personaggi citati nell’illustrazione compaiono Simone Boccanegra, Teodoro II (Secondo) Paleologo, Carlo VI (Sesto) di Valois, Tomaso Fregoso, Filippo Maria Visconti, Cosimo de’ Medici, Alfonso V (Quinto) d’Aragona, Francesco Sforza Visconti, Carlo VII (Settimo) di Valois, Ibleto Fieschi, Galeazzo Maria Sforza, Ludovico il Moro, Andrea Doria, Carlo VIII (Ottavo) di Valois, Francesco I (Primo) di Valois-Angoulême, Carlo V (Quinto) d’Asburgo e Gian Luigi Fieschi.

Conduzione: Davide.

Note: le conferenze Castelli e fortificazioni della Riviera di Levante sono state preparate per la serie itinerante «Incontri castellani» (stagioni 2013, 2014 e 2015).

Telefono: 3 4 9 2 2 0 3 6 9 3.

Facebook: incontricastellani.

E-mail: e v e n t i @ t a n s i n i . i t. Web: www.tansini.it/it/castelli-e-fortificazioni-della-riviera-dilevante.html.

Fonte notizia www.inarce.com it eventi castelli-e-fortificazioni-della-riviera-di-levanteconferenzahtml

 

Susa: importanti lavori di restauro di Porta Savoia
Da lagendanews.com del 1 dicembre 2022

Nell’ambito della “Missione Custodire la bellezza dell’Obiettivo Cultura”, la Fondazione Compagnia di San Paolo è impegnata nel sostegno ai cantieri di restauro del patrimonio diffuso sul territorio piemontese ha finanziato per circa 250 mila euro il restauro di Porta Savoia a Susa. Tutto nasce dalla volontà dell’amministrazione comunale di realizzare un intervento di restauro e valorizzazione della Porta Savoia, una delle antiche porte principali della città, sita all’interno del centro storico e che costituisce un pregevole ed unico esempio di architettura militare romana della Valle di Susa. Un elemento di particolare criticità per la conservazione di Porta Savoia è rappresentata dalla pessima condizione degli intonaci presenti in corrispondenza dell’intradosso dell’arco e del fronte ovest, che si trovano in fase di distacco e sfarinamento. Inoltre si è riscontrato la presenza di umidità in corrispondenza dei primi tre metri della Torre Sud, dissesti nel locale inferiore della Torre Nord, infiltrazioni in corrispondenza della copertura di entrambe le torri e inaccessibilità del camminamento.

I LAVORI A SUSA

L’architetto Arianna Senore ha seguito un progetto d’intervento che prevede il restauro degli intonaci esterni, quello della Torre Nord delle porte di accesso alle torri. Inoltre la verifica delle infiltrazioni di acque meteoriche delle coperture in rame con intervento di risigillatura. Inoltre verrà sistemato un impianto di illuminazione e la creazione di percorso di visita, mediante installazione di una scala interna nella Torre Sud, del camminamento e della Torre Nord.

 

La storica Casamatta del lungomare di Mirto non c'è più... l'ha portata via il mare
Da ecodellojonio.it del 1 dicembre 2022

La struttura militare, conosciuta come "la cupola", realizzata durante la seconda guerra mondiale come postazione antiaerea si trovava nell'area Sic di Macchia della Bura, uno dei tratti di costa jonica interessato da costante erosione

CROSIA MIRTO - Uno degli ultimi residuati bellici che ricordano il "passaggio" di uno dei momenti più terribili del secolo scorso, non c'è più. La casamatta o la "cupola" - come la chiamano a Crosia Mirto - è stata distrutta e portata via dal mare. Già da tempo il piccolo fortilizio militare, che era stato realizzato in quello che oggi è il sito di interesse comunitario di Macchia della bura, in occasione della seconda guerra mondiale, come postazione antiaerea e come presidio contro le incursioni dal mare, era "sotto attacco" del tempo, delle intemperie e del mare.

Non trattandosi di patrimoni architettonici tutelati e protetti ma affidati solo alla cura e alla buona volontà dei cittadini, nessuno se n'è mai curato. Particolare la forma, circolare e quelle fondazioni realizzate in pietra a secco, che negli ultimi tempi erano venute fuori proprio a causa dell'erosione costiera. E poi la copertura in cemento e calce a forma rotonda, di cupola appunto, proprio per confondersi con la sabbia e soprattutto per non creare ombre a terra in modo da eludere le vedette aeree. Ieri il mare, spinto dal forte vento di Grecale, ha scritto l'ultimo capitolo della storia, quasi centenaria, di quella casamatta.

Ma la "caduta" dell'ultima casamatta riapre un altro problema, probabilmente più grave: quello dell'erosione costiera. L'amministrazione comunale di Crosia, guidata dal sindaco Russo, è da tempo che ha avviato - grazie anche ad un piano di investimenti straordinario - un Piano di ripascimento e tutela della costa. Circa quindici anni fa le prime scogliere artificiali in mare a Centofontane per arginare la forza del mare. A breve, invece, dovrebbe realizzarsi anche l'altro progetto di pennellatura e ripascimento nella zona di Pantano, nella costa a nord.