Di
Stefano Ardito
Per due settimane ogni anno, dal lontano
1952, Trento diventa la capitale mondiale
della cultura di montagna. Alpinisti,
scrittori e registi si incontrano in un
Festival dove i film e gli eventi dedicati
alle pareti e alle vette si affiancano a
pellicole, incontri e mostre dedicati
all’esplorazione e all’ambiente. Ma Trento è
una città di montagna tutto l’anno. Migliaia
di residenti, e molti studenti fuorisede, si
dedicano alle pareti, alle vette e ai
sentieri dei dintorni. Basta un’ora, dalla
città e dalle rive dell’Adige, per
raggiungere alcuni dei luoghi più famosi
delle Alpi come le Dolomiti di Fiemme, di
Fassa e di Brenta, le falesie del Lago di
Garda, le foreste ai piedi del Cevedale e
dell’Adamello.
Sono quasi solo i trentini, invece, a
percorrere i sentieri delle piccole cime che
circondano la città, e che meritano di
essere conosciute e percorse anche da chi
arriva da lontano. Sono percorsi piacevoli
soprattutto in primavera e in autunno,
quando sulle vette più alte c’è ancora (o
già) neve. L’elenco comprende il boscoso
massiccio della Marzola, il Soprasasso che
domina Trento da ovest, il sorprendente
Monte Calisio e il Monte Celva, rivestito
dal bosco anche sulla vetta. Contribuiscono
al fascino di questi percorsi le opere
costruite dai genieri di Vienna in
previsione della Prima Guerra Mondiale. Per
difendere la città e la strada del Brennero
da uno sfondamento italiano lungo la valle
dell’Adige o la Valsugana, lo Stato Maggiore
austroungarico realizzò le fortificazioni
della Festung Trient, la “Fortezza Trento”.
Oggi mura, trincee e feritoie, spesso ben
restaurate, ricordano questa memoria
difficile. Tra il 1915 e il 1918, però, le
fortificazioni intorno a Trento non furono
coinvolte nei combattimenti, che invece
devastarono l’Ortigara, la Valsugana, i
Lagorai e altre zone dei dintorni. Oltre
agli ottimi segnavia degli itinerari locali,
realizzati dalla SAT, s’incontrano quelli
del Sentiero di San Vili e del Sentiero
della Pace. Il primo, che segue le tracce di
San Vigilio, scende dalle Dolomiti di Brenta
al capoluogo. Il secondo, lungo oltre 500
chilometri, segue il confine del Trentino
con la Lombardia e il Veneto, e quindi il
fronte della Grande Guerra.
L’anello del Soprasasso
(300 metri di dislivello, 2.30 ore, E)
Il Soprasasso, Sorasass in dialetto, è un
tavolato calcareo che si allunga tra la
Paganella e il Monte Bondone, e che si
affaccia da ovest su Trento. Questo
itinerario tocca caverne e casematte
austro-ungariche, e utilizza con il Sentiero
di San Vili, che collega Madonna di
Campiglio con Trento. Dal borgo di Cadine,
che si raggiunge in auto o in bus, si
raggiunge l’area da pic nic del Fer de Cavàl
(507 metri, 0.15 ore se a piedi), dove un
tabellone illustra i sentieri della zona.
Una strada sterrata porta all’incrocio delle
Quattro Strade e alla radura della Poza dei
Pini (720 metri, 0.30 ore), dove s’incontra
il Sentiero di San Vili. Si sale sulla
strada militare del Rovaiol toccando una
trincea austro-ungarica, poi si traversa in
direzione degli Stoi, cinque ricoveri
militari in caverna che sono stati più tardi
utilizzati da boscaioli. Questo tratto,
panoramico e a tratti aereo, conduce al
belvedere di Pontesel (780 metri, 1 ora),
dov’erano altre batterie in caverna. Si
scende verso nord, per una stradina e poi su
un sentiero, si tocca la Poza de la Casara
(710 metri), si piega a sinistra e si torna
al punto di partenza (1 ora).
Da Villamontagna al Monte Calisio
(da 440 a 500 metri di dislivello, da 2.30 a
3.30 ore, E)
Il Monte Calisio, che chiude a nord la conca
di Trento, tocca i 1097 metri, ed è difeso
verso la valle dell’Adige da alte pareti.
Questa camminata si svolge lungo vecchie
strade militari e tocca vari stoi (tunnel)
austroungarici. Si può partire dal borgo di
Villamontagna e dai successivi posteggi,
oppure dal Forte restaurato di Civezzano.
Dalla piazza di Villamontagna (593 metri) si
sale per Via per Campel fino a un primo e
poi a un secondo posteggio (757 metri, 0.30
ore se a piedi dal paese), ombreggiato da
alti pini. Si continua a piedi sulla
stradina (segnavia 403), si va a sinistra a
un bivio, e si devia verso una calcara
restaurata. Il sentiero passa sul versante
di Trento, tocca una sbarra e sale alle
caverne degli Stoi bassi (910 metri).
Continuando per una ripida rampa si esce sul
crinale, si va a sinistra e si raggiunge la
croce di vetta (1097 metri, 1 ora), intorno
alla quale sono i resti di alcune
fortificazioni austro-ungariche. In discesa,
seguendo i segnavia 402, si torna al
posteggio alto (1 ora) e poi al paese (altre
0.30 ore).
Da Oltrecastello al Monte Celva e al Forte
Roncogno
(520 metri di dislivello, 2.45 ore a/r, E)
Anche le opere fortificate del Monte Celva,
che dominavano la strada che collega il
capoluogo con Pergine e prosegue in
direzione di Bassano facevano parte della
Fortezza Trento, che avrebbero dovuto
bloccare uno sfondamento italiano. Ai piedi
della montagna sorge il piccolo Forte
Roncogno, restaurato come le opere sulla
cima. Si parte dalla frazione di
Oltrecastello (482 metri), che si raggiunge
dal centro di auto o in bus. A piedi, si
traversa il borgo, si sale per un viottolo e
si raggiunge una stradina asfaltata che
porta a un bivio (630 metri, 0.30 ore),
all’ingresso del bosco. Un ripido sentiero
(segnavia 419) tra i faggi e poi tra i pini
porta alla vetta (1000 metri, 1 ora), dove
sono i resti di una postazione di
artiglieria. Si scende sul crinale opposto
alla sella dell’Osservatorio (860 metri),
con tunnel e trincee restaurate. Un sentiero
scende a mezza costa al Forte Roncogno (804
metri), si continua sulla strada asfaltata e
poi, prima del Passo del Cimirlo, si piega a
destra per una stradina. Un viottolo porta
al borgo di Celva e al percorso dell’andata,
che si segue fino a Oltrecastello (1.15
ore).
Dai Bindesi al rifugio e alla batteria
Maranza
(470 metri di dislivello, 2.45 ore a/r, T/E)
Il boscoso massiccio della Marzola, tra la
Valsugana e Trento, è una classica meta di
escursioni. La sua vetta, 1738 metri, è un
ottimo belvedere. Molto più in basso, i
macigni dei Bindesi sono stati la prima
palestra di alpinisti come Giorgio Graffer,
Marino Stenico e Bruno Detassis. Nel 1963,
la SAT ha costruito qui un rifugio dedicato
a Pino Prati. Il rifugio Marzola, privato, è
stato realizzato ristrutturando una malga a
1072 metri di quota. Il viottolo che li
collega offre una passeggiata che può essere
proseguita verso alcune postazioni
austro-ungariche, o in direzione della cima.
Il rifugio Pino Prati ai Bindesi (604 metri)
si raggiunge in auto o salendo in bus a
Grotta di Villazzano (472 metri) e
proseguendo a piedi (0.30 ore in più). Un
sentiero costeggia i massi dei Bindesi e poi
sale nel bosco (segnavia 412) verso il Sas
del Piocio e il rifugio Maranza (1072 metri,
0.45 ore). Un viottolo porta ai ruderi della
Batteria Maranza (o Primo Forte, 1090 metri,
0.30 ore a/r). In discesa si può seguire la
carrareccia del Giro della Marzola, e
passare per il bosco di Prà Zoan (1.15 ore).
La salita dal rifugio Maranza al bivacco
Bailoni e alla Marzola richiede dalle 3 alle
3.30 ore a/r.